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Saggio storico sulla rivoluzione di Napoli del 1799 di Vincenzo Cuoco (seconda edizione) XVII

Posted by on Ott 18, 2021

Saggio storico sulla rivoluzione di Napoli del 1799 di Vincenzo Cuoco (seconda edizione) XVII

Idee de’ patrioti

Quali dunque esser doveano le operazioni da farsi per spingere avanti la rivoluzione del regno di Napoli?

Il primo passo era quello di far sì che tutti i patrioti fossero convenuti nelle loro idee, o almeno che per essi vi fosse convenuto il governo.

Tra i nostri patrioti (ci si permetta un’espressione che conviene a tutte le rivoluzioni e che non offende i buoni) moltissimi aveano la repubblica sulle labbra, moltissimi l’aveano nella testa, pochissimi nel cuore. Per molti la rivoluzione era un affare di moda, ed erano repubblicani sol perché lo erano i francesi; alcuni lo erano per vaghezza di spirito; altri per irreligione, quasi che per esentarsi dalla superstizione vi bisognasse un brevetto di governo; taluno confondeva la libertà colla licenza, e credeva acquistar colla rivoluzione il diritto d’insultare impunemente i pubblici costumi; per molti finalmente la rivoluzione era un affare di calcolo. Ciascuno era mosso da quel disordine che più lo aveva colpito nell’antico governo. Non intendo con ciò offendere la mia nazione: questo è un carattere di tutte le rivoluzioni; ma, al contrario, qual altra può, al pari della nostra, presentare un numero maggiore o anche eguale di persone che solo amavano l’ordine e la patria?

Si prendeva però, come suol avvenire, per oggetto principale della riforma ciò che non era che un accessorio, ed all’accessorio si sagrificava il principale. Seguendo le idee de’ patrioti, non si sapeva né donde incominciare né dove arrestarsi.

Che cosa è mai una rivoluzione in un popolo? Tu vedrai mille teste, delle quali ciascuna ha pensieri, interessi, disegni diversi delle altre. Se a costoro si presenta un capo che li voglia riunire, la riunione non seguirà giammai. Ma, se avviene che tutti abbiano un interesse comune, allora seguirà la rivoluzione ed andrà avanti solo per quell’oggetto che è comune a tutti. Gli altri oggetti rimarranno forse trascurati? No; ma ciascuno adatterà il suo interesse privato al pubblico, la volontà particolare seguirà la generale, le riforme degli accessorii si faranno insensibilmente dal tempo, e tutto camminerà in ordine.

Non vi è governo il quale non abbia un disordine che produce moltissimi malcontenti; ma non vi è governo il quale non offra a molti molti beni e non abbia molti partigiani. Quando colui che dirige una rivoluzione vuol tutto riformare, cioè vuol tutto distruggere, allora ne avviene che quelli istessi, i quali braman la rivoluzione per una ragione, l’aborrono per un’altra: passato il primo momento dell’entusiasmo ed ottenuto l’oggetto principale, il quale, perché comune a tutti, è sempre per necessità con più veemenza desiderato e prima degli altri conseguito, incomincia a sentirsi il dolore di tutti gli altri sacrifici che la rivoluzione esige. Ciascuno dice prima a se stesso e poi anche agli altri: – Ma per ora potrebbe bastare… Il di più, che si vuol fare, è inutile…, è dannoso. – Comincia ad ascoltarsi l’interesse privato; ciascuno vorrebbe ottener ciò che desidera al minor prezzo che sia possibile; e, siccome le sensazioni del dolore sono in noi più forti di quelle del piacere, ciascuno valuta più quello che ha perduto che quello che ha guadagnato. Le volontà individuali si cangiano, incominciano a discordar tra loro; in un governo, in cui la volontà generale non deve o non può avere altro garante ed altro esecutore che la volontà individuale, le leggi rimangono senza forza, in contraddizione coi pubblici costumi, i poteri caderanno nel languore; il languore o menerà all’anarchia, o, per evitar l’anarchia, sarà necessità affidare l’esecuzione delle leggi ad una forza estranea, che non è più quella del popolo libero; e voi non avrete più repubblica.

Ecco tutto il segreto delle rivoluzioni: conoscere ciò che tutto il popolo vuole, e farlo; egli allora vi seguirà: distinguere ciò che vuole il popolo da ciò che vorreste voi, ed arrestarvi tosto che il popolo più non vuole; egli allora vi abbandonerebbe. Bruto, allorché discacciò i Tarquini da Roma, pensò a provvedere il popolo di un re sagrificatore: conobbe che i romani, stanchi di avere un re sul trono, lo credevano però ancor necessario nell’altare.

La mania di voler tutto riformare porta seco la controrivoluzione: il popolo allora non si rivolta contro la legge, perché non attacca la volontà generale, ma la volontà individuale. Sapete allora perché si segue un usurpatore? Perché rallenta il rigore delle leggi; perché non si occupa che di pochi oggetti, che li sottopone alla volontà sua, la quale prende il luogo ed il nome di «volontà generale», e lascia tutti gli altri alla volontà individuale del popolo. «Idque apud imperitos ‘humanitas’ vocabatur, cum pars servitutis esset». Strano carattere di tutti i popoli della terra! Il desiderio di dar loro soverchia libertà risveglia in essi l’amore della libertà contro gli stessi loro liberatori.

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