Saggio storico sulla rivoluzione di Napoli del 1799 di Vincenzo Cuoco (seconda edizione) XXXV
Mancanza di comunicazione
Ma il governo, mentre si occupava della organizzazione apparente, trascurava o, per dir meglio, era costretto a trascurare, la parte più essenziale dell’organizzazione vera, che consiste nel mantener libera la comunicazione tra le diverse parti di una nazione. Sarebbe stato inescusabile il governo, se questa trascuratezza fosse stata volontaria; ma essa era una conseguenza inevitabile della scarsezza e della non buona direzione delle forze.
Se poca forza, ben ripartita, la quale avesse agito continuamente sopra tutt’i punti, o almeno sopra i punti principali, sarebbe stata bastante a prevenire, ad impedire, a togliere ogni male; molta, che agiva per masse e per momenti in un punto solo, non potea produrre che un debole effetto e passeggiero.
Le province ignoravano ciò che si ordinava nella capitale; la capitale ignorava ciò che avveniva nelle province. Si crederebbe? Non si pubblicavano neanche le leggi. Due mesi dopo la pubblicazione in Napoli della legge feudale, non fu questa pubblicata in tutto il dipartimento del Volturno, vale a dire nel dipartimento più vicino; e la legge feudale era tutto nella nostra rivoluzione.
Questa legge, che dovea esser nota ai popoli ai quali giovava, fu nota ai soli baroni che offendeva, perché questi soli erano nella capitale. Questa sola circostanza avrebbe di molto accelerata la controrivoluzione, se una parte non piccola della primaria nobiltà non fosse stata per sentimento di virtù attaccata alla repubblica, ad onta de’ non piccoli sacrifici che le costava.
Intanto circolavano per i dipartimenti tutte le carte che potevano denigrare il nuovo ordine di cose, e passavano per le mani de’ realisti, i quali accrescevano colle loro insidiose interpretazioni i sospetti che ogni popolo ha per le novità.
Questa mancanza di comunicazione fu quella che favorì l’impostura dei còrsi Boccheciampe e De Cesare nella provincia di Lecce; e di questa profittarono il cardinal Ruffo e tutti gli altri capi sollevatori, e riuscì loro facile il far credere che in Napoli era ritornato il re e che il governo repubblicano erasi sciolto. Essi erano creduti, perché il governo nelle province era muto, né più si udiva la sua voce. Ruffo dava a credere alle province che fosse estinta la repubblica: il Monitore repubblicano, al contrario, dava a credere alla capitale che fosse morto Ruffo. Ma l’errore di Ruffo spingeva gli uomini all’azione, e quello de’ repubblicani gli addormentava nell’indolenza; ed a Ruffo giovavano egualmente e l’errore de’ realisti e quello de’ repubblicani.