SALVATORE MISDEA (SOLDATO CALABRESE VITTIMA DI UNA TRISTE STORIA DI RAZZISMO REGIONALE)
Salvatore Misdea nacque a Girifalco il 17 gennaio 1862 da Pietrantonio e da Maria Rosa Marinaro.
Dopo aver trascorso nel paese natio la sua gioventù fu chiamato nel 1882 per servire la Patria, prima presso il Distretto Militare di Catanzaro e il 25 gennaio dell’anno successivo a Napoli.
Nella caserma Pizzofalcone della città partenopea fu subito oggetto di continui e pesanti atti di razzismo di tipo regionale, aumentato in modo notevole dopo il 1860, e di nonnismo da parte di alcuni suoi colleghi del Nord Italia a tal punto che il 13 aprile 1884, dopo l’ennesima provocazione e soprattutto dopo aver ricevuto uno schiaffo da parte di caporale solo per aver difeso due calabresi, esasperato sparò quarantotto colpi del suo fucile contro coloro che lo avevano perseguitato fin dal suo arrivo, uccidendo sette militari e ferendone altri tre in modo grave.
Il breve processo penale contro Salvatore Misdea si svolse presso il Tribunale Militare di Napoli dal 19 al 29 maggio del 1884 e si concluse con la condanna alla pena capitale mediante fucilazione del fante calabrese.
La relativa richiesta di grazia fu respinta sia dal Tribunale Militare di Guerra e Marina e sia dal cosiddetto “re buono”, Umberto I.
Così alle ore 4.20 antimeridiane del 21 giugno 1884 finì a Bagnoli l’esistenza di Salvatore Misdea. Prima di essere ucciso il condannato, con voce commossa ma chiara, chiese perdono alle famiglie delle vittime e a tutti i suoi superiori.
Al soldato che gli bendò gli occhi disse: “Ora vedrai come muore un calabrese”.
La condanna a morte del fante calabrese fu emanata dopo alcune gravi incongruenze avvenute durante il processo, ovvero: le false testimonianze, forse perché minacciati o forse per paura, dei due militari calabresi Colistra e Trovato, per difendere i quali Salvatore aveva ricevuto lo schiaffo dal caporale. Ma, il fatto più grave: la nomina a perito di parte della difesa di Cesare Lombroso, il padre del razzismo postunitario, causa principale degli episodi accaduti il 13 aprile.
I razzismo contro Salvatore Misdea continuò anche dopo la sua morte.
Infatti, Cesare Lombroso nel suo libro“Misdea e la nuova scuola penale”, che scrisse con il suo collega Leonardo Bianchi subito dopo il processo, raffigurò sulla copertina il volto del fante calabrese come se fosse un giovane microcefalo.
In realtà sul un giornale del 1884 Salvatore Misdea è rappresentato come un ragazzo normale. Inoltre, su un articolo del Corriere della Sera la giornalista che in precedenza aveva incontrato l’imputato in carcere scrisse testualmente: “Ho veduto il Misdea e gli ho parlato. Non è brutto, non ha piglio feroce, anzi è piuttosto bello di volto ……”.
Questi due documenti convergenti rendono giustizia al povero Misdea, almeno sul suo reale aspetto fisico.
Francesco Antonio Cefalì
* Tratto dal libro “1884…Salvatore Misdea! Follia criminale o determinazione di un soldato del Sud?”, scritto da Francesco Antonio Cefalì e dal criminologo Domenico Romeo
Ennesimo misfatto della cultura savoiarda!