SALVATORE PACELLI DAL CONSIGLIO PROVINCIALE AL PARLAMENTO CAP. XI
L’amara sconfitta per la circoscrizione territoriale di Benevento, il dilagare dei crimini della banda di C. Giordano, culminanti nei tragici fatti di Casalduni e Pontelandolfo, il sempre crescente potere degli ex borbonici e l’assoggettamento ad essi dei mortificati liberali avrebbero dovuto totalmente fiaccare la indomita tempra di Salvatore Pacelli.
Ma, sebbene vi fossero stati alcuni comprensibili momenti di sconforto e di isolamento, subito dopo le sciagurate giornate di Casalduni (si ricordi la missiva a Peppino Mastracchio) l’uomo politico di S. Salvatore non abdicò, lasciando in balia degli eventi le popolazioni del Circondano. Eccolo, infatti, candidato al Consiglio Provinciale di Benevento il 1863 ed eletto con un notevole suffragio di voti a Rocca dei Rettori. La elezione di Ungaro a Deputato, poi, sembrò dargli maggiore vigoria e più profondi motivi di lotta. Pacelli rappresentava, infatti, ed a buon diritto, una bandiera di sicurezza civica nel suo Circondano. Le stesse autorità, prima indifferenti e pigre, cominciarono finalmente ad aver fiducia completa di lui: ascoltavano ormai scrupolosamente i suoi suggerimenti, mettendoli in atto con cura. D’altra parte il comportamento di Michele Ungaro, lacobelli e compagni non davano garanzie. Tutti erano sospettosi, ormai, della loro complicità, diretta o indiretta, con i briganti e i reazionari. Purtroppo non vi erano prove, ma alcune circostanze, come l’attentato a Pacelli, l’assassinio di Cifarelli, il ritorno del Giordano proprio ad apertura della campagna elettorale del 65,il totale disinteresse di Ungaro nella lotta al brigantaggio avevano probabilmente convinto autorità e popolo di questa complicità. L’obiettivo principale divenne, allora, la distruzione della banda Giordano e Pacelli di concerto con l’autorità non abbandonò per un solo istante la lotta ai briganti. Riportiamo, perciò, dal carteggio Biondi, un documento importante, dal quale risulta evidente l’azione di Pacelli in prima persona contro il banditismo. Si tratta di una lettera, inoltrata dal Pacelli al Maggiore Bianchi della Guardia Nazionale in data 30-8-1868 e con cui si comunicavano preziose informazioni su alcuni affiliati alla banda (71),S. Salvatore, 30 agosto 1868On. Signor Bianchi,E’ ritornata oggi da me Nicoletta Maturo, moglie del Felice Raccio, del quale, stamane, le ho accennato qualche fatto ed ella me lo ha confermato:1) che ella, prima di divenire moglie del Raccio, sapeva che questi era stato nella banda del Giordano, senza che altri ne sapesse cosa;2) (il Raccio) che per disgusto avuto, lo scorso anno, con Leucio Rapuano di Leone, lo fece prendere dai briganti e che la notte, in cui fu catturato il Rapuano, il Raccio non disse niente in casa, e che tal fatto è noto pure ad un tale Antonio Ragioniello di Faicchio;3) che spesso il Raccio esce armato, di notte, e si ritira di buon mattino;4) che la sera precedente il ricatto di Franco Felice, egli mancò dalla dimora e che ora ne ha mancato altri due giorni, essendosi ritirato solo stamane, ragione per la quale, essa Maturo non può venire da lei costà, potendo suo marito impensierirsene e vendicarsene. Ha pure soggiunto, la Nicoletta, che suo marito le tiene celata ogni pratica e che si mostra burbero nei modi suoi; che minaccia spesso di interrarla, perchè non ha voluto donare a lui la roba sua; che vuole mettere a soqquadro tale roba, per dispetto, e per tale motivo la Nicoletta mi chiedeva consiglio, quasichè desiderasse far carcerare il marito, per riparare la roba. Io ho promesso di difenderla da tali angherie, purchè mi fornisca qualche notizia sul ricattato Franco. Ella, Signor Maggiore, potrà nel caso prendere quei provvedimenti che la maggior cognizione di tali asserzioni Le suggerirà opportunamente “.
Come si vede, la moglie stessa del brigante Raccio, riconosceva solo in Pacelli chi potesse difenderla da eventuali rappresaglie da parte dei briganti. Ed ecco, come in data 31.8.1868 rispondeva per lettera al Pacelli, il delegato del Prefetto:Sotto Prefettura del circondano di Cerreto Sannita – GabinettoCerreto, 31 agosto 1868Gent.mo Sig. Pacelli,ho aspettato il risultato delle pratiche che la S. Vostra poteva aver fatto, riguardo alla moglie di Felice Raccio di Fontana Vecchia, e interessandomi di venire a capo di qualche cosa, chiedo se possibile, a volta di corriere, dirmi se ieri ha potuto vedere questa donna e quale deposizione ha fatto. Nel caso non l’avesse ancora veduta, abbia la compiacenza di riferirmi se debbo io chiamarla a Cerreto, oppure se Lei entro oggi può averne un risultato.
Colgo il presente incontro per dirmi… (72).
Successivamente, in data 15 settembre dello stesso anno, sempre dalla Sottoprefettura del Circondano di Cerreto il delegato Capo inoltrava una lettera al Pacelli con cui comunicava, non senza soddisfazione, le difficoltà in cui si trovava ormai la banda del Giordano, anche se non ancora totalmente sgominata. Scriveva il Capo delegato Landi:Sotto Prefettura del Circondano di Cerreto Sannita – Gabinettolì 15 settembre 1868Mio Egregio Don Salvatore,La ringrazio delle notizie che mi fornisce per conto del Franco Felice. Caro don Salvatore, quanto ci avrebbe guadagnato questo circondano, con un poco di legge eccezionale. Posso garantirvi che l’avrei purificato dal fanatismo che lo insozza.Le dò una spiacevole novella: mentre già molto speravamo prendere la banda intera del Giordano, quello che doveva essere la guida fuggì e l’avvisò. Sono sulle furie, per ciò, e guai se mi capita nelle mani.Per Petrucci don Vincenzo le mandai preghiera perchè mi proponesse un soggetto degno alle funzioni di Sindaco. La prego farmi tal proposta.Ringraziandola anticipatamente mi ritenga Suo devotissimo amico.P.S. – Il Maggiore è a Piedimonte. Forse verrà domani.
Dalla missiva si comprende chiaramente che Pacelli aveva ottenuto dalla moglie del Raccio informazioni sulla rapina di Felice Franco. Ma è soprattutto importante sottolineare che dalla stessa comunicazione Salvatore Pacelli, nonostante l’autorevole presenza nella circoscrizione del deputato Michele Ungaro, era ufficialmente ritenuto, l’unica garanzia di legalità e di rigore morale, assolutamente insospettabili, tanto che le stesse autorità governative, sia militari che civili, si dichiaravano in qualsiasi momento a sua completa disposizione e per ogni operazione: dalla indicazione di un Sindaco da nominare ad un qualsiasi altro provvedimento di loro competenza. Pacelli passava così ad organizzare politicamente ed amministrativamente il Circondano, preparando, al tempo stesso, il suo successo elettorale del 1876. Infatti nel 1875 già molti suoi amici e sostenitori guidavano le amministrazioni di numerosi comuni del Circondano. Ma Ungaro non poteva darsi per vinto e tramò un disegno veramente intelligente e come al solito spregiudicato. Come si sa, il 19 marzo 1876 la crisi del Gabinetto Minghetti si concludeva con l’incarico ad A. De Pretis. De Pretis alla Presidenza del Consiglio a soli 7 mesi dalla consultazione elettorale significava preparare con maggiore certezza il successo ai candidati della sinistra, ormai già largamente accreditati presso il corpo elettorale. Ungaro aveva capito perfettamente da che parte soffiava il nuovo vento di fronda e si preparava ad una nuova trasformazione politica. Invitò, perciò, il Ministro Nicotera a Cerreto. Nicotera tra lo stupore dei vecchi liberali, accettò l’invito, fissando la visita per il 21 agosto. Fu preparato il palco proprio sotto il balcone di Domenico Capuano (zi Mingo) ritenuto la guida spirituale dei liberali cerretesi. I liberali, comunque, preparavano la loro vendetta. Volevano, almeno far notare a Giovanni Nicotera tutto il loro disprezzo per l’On.le Ungaro. Infatti, come ancora si ricorda a Cerreto, esordì D. Domenico Capuano con un saluto, in gergo, dal balcone: “Buon giorno, Giuà – Servo – Accellenza – ch’è c e venut’a truà”?… Il Capuano faceva ironicamente notare che la visita di un vecchio liberale non poteva essere rivolta che a vecchi liberali. Durante la manifestazione il gruppo mantenne un atteggiamento distaccato e freddo. Alla fine della cerimonia, quando Nicotera scese dal palco, insieme alle autorità, si fece avanti l’insegnante Vincenzo Vittorio Barbieri, che offrì all’illustre ospite una pergamena, legata da un nastro tricolore e sulla quale era stata trascritta un’ode, che lo stesso Barbieri aveva composto in onore del Ministro (73). Nicotera ringraziò avviandosi al Palazzo della sottoprefettura. Nello studio del sotto-prefetto Fanelli lesse attentamente l’ode dell’estroso poeta, invitando poi alla lettura lo stesso sotto-prefetto. Il Fanelli, leggendo non riuscì a nascondere un certo turbamento. Contro Ungaro, il Barbieri ricordava un episodio, di cui fu nobile vittima lo stesso Nicotera: il processo di Sapri. Come si sa l’Ungaro era stato giudice Regio del Distretto di Sala e il Barbieri, perciò ricordava:“E il vile inquisitoreDi Sapri, che giammai di Patria inteseIn sè il possente amoreE sol de’ Despoti ai piaceri attese,Per farti i dì più gramiSul conto tuo vergò pagine infami”.
L’illustre uomo politico, dopo solo due giorni, convocò a Roma il Prefetto di Benevento Cordera, al quale affidò l’incarico di sostituire Ungaro, indicando una candidatura, che poteva essere proposta solo dal Vescovo della Diocesi di Cerreto, Mons. L. Sodo (74). Il Prefetto, infatti, si rivolse al Vescovo Sodo, proponendo, però, egli stesso i nomi e sottoponendoli all’approvazione dell’illustre pastore. Propose allora l’avvocato De Blasio di Guardia Sanframondi e l’Avv. Massone di S. Lorenzello. Monsignor Sodo, ricordò che il primo, valente civilista del Foro di Napoli, non doveva essere allontanato dalla carriera forense, per la quale rivelava particolare attitudine; che il secondo aveva già rifiutata la candidatura nel 65 e, quindi, non c’era motivo che venisse ancora invitato. Pertanto, ringraziando l’On.le Nicotera per la fiducia, senza alcuna esitazione, propose al Prefetto la candidatura di Salvatore Pacelli di S. Salvatore Telesino. Con la consultazione elettorale del 5.11 dello stesso anno Salvatore Pacelli venne eletto deputato, riportando un notevole successo. Ungaro contestò i risultati elettorali, ma circa due mesi dopo ed esattamente il 20 febbraio dell’anno successivo la Camera convalidò l’elezione di Pacelli. L’avvenimento segnò così il definitivo tramonto della carriera di Michele Ungaro. Un poeta anonimo di Cusano suggellò con una significativa satira non tanto il successo di Pacelli, quanto la fine dello strapotere degli ex borbonici. La satira si apre con i versi:“Dalla Camera un deputatoil telegrafo segnòCh’ai Signoridi CerretoScosse i nervi e il cor gelòCh’è avvenuto?… Il deputatoSalvatore, convalidatoCosa strana!!! e le querele,Le proteste dove sono?Or che mai farà Michele
Che a far niente mai fu buono?
di: G. SPADA
(71) – Carteggio Biondi. Lettera medita.
(72) – Carteggio Biondi. Lettera medita.
(73) – Vittorio Barbieri, liberale di fervida fede e tenace avversario di Ungaro aveva composta un’ode in onore del Nicotera, dove però sottolineava il trasformismo ed i trascorsi borbonici; non certamente degni di lode di M. Ungaro.
(74) – La famiglia Ungaro non era lontana dalla curia vescovile. D. Emanuele Ungaro, zio di Michele era un prelato di grande credito e prestigio presso la curia cerretese.
fonte
http://www.brigantaggio.net/Brigantaggio/Storia/Local/Cerreto/Capitolo_11.htm