Schegge di Storia 4/ Palermo 1866: quando i Savoia misero a ferro e fuoco la città ammazzando migliaia di cittadini
uesta rubrica – curata da Giovanni Maduli – ci racconta, attraverso scritti e testimonianze, la storia di un popolo – il popolo del Sud Italia – che si ribellava all’occupazione da parte dei piemontesi dopo la ‘presunta’ unificazione italiana. Sono testimonianze incredibili di un genocidio che ancora oggi viene tenuto nascosto. Oggi parliamo della ‘Rivolta del Sette e mezzo’ di Palermo. Una rivolta contro i Savoia oppressori repressa nel sangue
di Giovanni Maduli
componente della Confederazione Siculo – Napolitana e vice presidente del Parlamento delle Due Sicilie – Parlamento del Sud®, Associazione culturale
Continuando l’excursus di testimonianze relative al periodo post unitario che difficilmente possono essere soggette a “interpretazioni” o “valutazioni” diverse da ciò che effettivamente sono e denunciano, sulla ‘Rivolta del Sette e Mezzo’ a Palermo (QUI UN ARTICOLO SULLA ‘RIVOLTA DEL SETTE E MEZZO’ DI PALERMO), ad esempio, da una lettera dell’ufficiale Antonio Cattaneo del 3° Reggimento Granatieri, apprendiamo:
“Vi posso assicurare che qualche vendetta la facemmo anche noi, fucilando quanti capitavano, anzi il giorno 23 condotti fuori Porta circa 80 arrestati colle armi alla mano il giorno prima, si posero in un fosso e ci si fece tanto fuoco addosso finché bastò per ucciderli tutti. In una chiesa entrato un ufficiale e alcuni soldati, visti due frati che suonavano a stormo li fucilò con le corde in mano. Davanti alla Vicaria uno speziale si rifiutò di far qualche cosa ad un ferito, fu fucilato alla sua porta, e lo stesso giorno essendo stato fatto prigioniero un mascalzone che per 5 notti m’aveva tenuto desto pel suo grido all’erta
sentinella, ed essendo stato tradotto nelle carceri, io volea fucilarlo, ma, essendo in mano al potere giudiziario, m’accontentai di strappare una carabina di mano ad un guardiano, e, messo l’assassino tra me e il guardiano, ci demmo tante calciate di fucile nei fianchi, tanti pugni e tanti e poi tanti schiaffi che fu per forza portato in prigione finché non stava più ritto”.
– Gigi Di Fiore, Contro storia dell’unità d’Italia, Edizioni Focus Storia, pag. 243.
Foto tratta da palermotoday
– Tommaso Romano, Sicilia 1860 – 1870, Una storia da riscrivere, ISSPE Edizioni, pag. 161.
Ancora, da un numero del giornale di Firenze Il Contemporaneo dell’agosto 1861, veniamo a sapere che:
“Morti fucilati istantaneamente: 1.841; morti fucilati dopo poche ore: 7.127; feriti: 10.604; prigionieri: 6.112; sacerdoti fucilati: 54; frati fucilati: 22; case incendiate: 918; paesi incendiati: 5; famiglie perquisite: 2.903; chiese saccheggiate: 12; ragazzi uccisi: 60; donne uccise: 48; individui arrestati: 13.629; comuni insorti: 1.428“.
– “Il Contemporaneo”, giornale di Firenze, agosto 1861
Gigi Di Fiore, noto studioso del periodo pre e post unitario, ci fa sapere che:
“Gli orrori, in una guerra senza regole dove in ballo c’era spesso la lotta per la sopravvivenza, erano ricorrenti. Cadaveri evirati dai briganti, ufficiali piemontesi suicidi, donne stuprate dall’una e dall’altra parte, prostitute aggredite dai bersaglieri che ne abusavano senza pagare, squadriglie di volontari pronti a ogni tipo di azione arbitraria sui contadini…Il quadro di quella guerra si completava con centinaia di masserie assaltate, intere greggi sterminate, familiari di briganti imprigionati. Il taglio della testa dei capi delle bande era regola diffusa.”