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Scontri Dimenticati: La Battaglia del Garigliano (915)

Posted by on Giu 18, 2021

Scontri Dimenticati: La Battaglia del Garigliano (915)

La Battaglia del Garigliano, fatto d’armi avvenuto nel secondo decennio del X secolo, ha ricevuto poca attenzione dalla storiografia moderna sebbene abbia avuto una grande rilevanza nella storia della penisola.

Alla fine del VI secolo Minturnae era ancora una bella città romana, appollaiata sulla via Appia, quando i Longobardi la rasero al suolo. I cittadini si spostarono sul vicino colle di Traietto, dove fondarono un nuovo centro abitato. La zona doveva essere abbastanza fertile, visto che dopo poco tempo, attorno all’VIII secolo, il potere papale decise di mettere quel territorio alle sue dipendenze dirette, fondando il Patrimonium Traiectum. La città venne dotata di una cinta muraria, probabilmente nel IX secolo, quando le razzie dei saraceni si erano spinte fino alle mura di Roma (vedi Sacco di Roma e Battaglia di Ostia). Le mura non furono però sufficienti a fermare le sortite sempre più violente degli invasori islamici, che distrussero la città nell’883 e, cosa peggiore, occuparono in pianta stabile buona parte della pianura del Garigliano.

Con Traetto amministrata completamente dai musulmani, Roma e tutta l’Italia centrale non potevano considerarsi al sicuro. Al contrario di quello che potreste pensare, i cristiani ebbero qualche problema a fare fronte comune contro i musulmani. La colonia di Traetto era infatti una colonia di mercenari, che vendevano le loro prestazioni a principi, duchi e signori che affollavano il sud Italia in quel periodo. Detti musulmani erano anche riusciti a stabilire dei buoni rapporti con Docibile I, fresco fondatore (attorno all’870-875) di una nuova dinastia nel Ducato di Gaeta. Per “buni rapporti” intendo dire che Docibile fu catturato dai saraceni e liberato solo grazie agli amalfitani. Dopo questo episodio, si era affrettato a fare pace con i suoi sequestratori e aveva accettato anche l’inevitabile scomunica da parte di Giovanni VIII.

Un tentativo di Alleanza
Giovanni VIII convocò nell’875 a Traetto il principe di Salerno Guaiferio e i duchi Puleari di Amalfi, Landolfo di Capua, Docibile di Gaeta e Sergio II di Napoli, cioè le principali autorità politiche delle zone più soggette alle invasioni e in parte addirittura occupate dagli arabi. Fallì nel suo intento e fu costretto a pagare tributo, comperando nell’aprile dell’878 una tregua ai musulmani nella misura di 25.000 mancusi d’argento.

Ad ogni modo, lo stesso papa Giovanni VIII non aveva fatto nulla per risolvere la situazione del basso Lazio, anzi, il continuo concedere le terre dominate dai saraceni ora a Pandenulfo di Capua, ora a Docibile, portò proprio quest’ultimo a chiedere l’aiuto dei Saraceni di Agropoli.

Il papa doveva anche preoccuparsi della situazione, sempre più tragica, che andava delineandosi nei dintorni di Roma. Partendo da Traetto e da altre roccaforti, i Saraceni aumentarono il numero degli attacchi, arrivando ad occupare in pianta stabile Narni, Orte, la Valle del Sacco, Farfa e altre zone. Nell’articolo “Gli arabi nel Lazio nei secoli IX e X“, Giuseppe Cossuto e Daniele Mascitelli scrivono:

… avendo chiuso le vie di accesso a Roma, gli arabi imponevano tributi e riscatti a tutti pellegrini diretti alla città santa. Oltre alle scorrerie, gli arabi si dedicavano al consolidamento dei propri stanziamenti. Secondo quanto ci dice la cronaca di Liutprando, essi avevano creato sul Garigliano un vero e proprio nucleo di cittadella islamica, dove “custodivano donne figliuoli, prigionieri e bottino”. Avevano cioè dato vita a nuovi nuclei famigliari, probabilmente misti, e avevano fondato un centro forse anche dotato degli edifici chiave della città islamica: una sala di preghiera, se non una vera moschea, un serraglio e una bayt al-mâl, ossia una tesoreria dove si riponeva il bottino sottoforma di decime pagate dai fedeli e di tributi.

 La loro presenza nella zona divenne talmente opprimente che il monaco Benedetto di Sant’Andrea ebbe a scrivere:

REGNAVERUNT AGARENI IN ROMANO REGNO

La “questione araba” rimase aperta per diverse decadi. Docibile, scheggia impazzita del centro italia e signore – formalmente- di Traetto, non sembrava interessato a combattere i saraceni, tanto che ancora nel 900 e nel 903 si preoccupò di attaccare la cristianissima Capua con milizie islamiche, salvo poi decidere di stringere una fitta rete di alleanze con longobardi e napoletani.

I tentativi di sradicare la presenza saracena continuarono all’inizio del X secolo, ma continuava a mancare l’apporto decisivo di Napoli e/o Gaeta. Ciò non deve meravigliare; oltre alla paura nei confronti dei saraceni, i signori campani avevano necessità di mantenere con loro – padroni del Nord Africa e della Sicilia – dei buoni rapporti commerciali.

Solo attorno al 910 papa Giovanni X iniziò ad organizzare una forza militare che fosse in grado di annientare i musulmani una volta per tutte. Si trattava di un papa cazzuto, guerriero, con una faccia da delinquente di prima categoria. A confermare questa ipotesi sta un’evidenza storica: comandò in prima persona le milizie romano-toscane nella battaglia del Garigliano.

I contingenti che si unirono alla Lega Cristiani provenivano da tutta Italia:

– Landolfo I e  Atenolfo II di Benevento;

– Gregorio IV di Napoli;

– Guaimario II di Salerno;

– Giovanni I di Gaeta;

– Alberico I di Spoleto, protospatario di Re Berengario (cui il papa aveva promesso la corona imperiale);

– Niccolò Picingli, strategos dell’Impero Bizantino;

Le operazioni iniziarono nel nord del Lazio e nei dintorni di Roma. I saraceni furono costretti alla ritirata (probabilmente verso il Garigliano o la Sicilia), mentre l’esercito papale procedeva verso sud. La roccaforte islamica del Garigliano fu stretta d’assedio all’inizio dell’estate. Le forze cristiane avevano circondato il nemico, tagliandogli anche l’accesso al mare grazie all’intervento delle navi napoletane, gaetane e bizantine. 

Da amante della storia, ammetto che pagherei oro per sapere com’era equipaggiato ogni singolo soldato che prese parte alla battaglia. Avendovi preso parte militari provenienti da tutto l’occidente (franchi di Berengario, longobardi, bizantini, milizie cittadine italiane), doveva esserci abbastanza materiale da mandare in arresto cardiaco anche l’oplologo più insensibile.

Le ostilità continuarono fino ad agosto, quando i saraceni, persa la fortezza, tentarono di raggiungere il mare e prendere la via della Sicilia. I soldati cristiani riuscirono ad intercettarli e a massacrarli, ponendo fine all’espansionismo musulmano nella penisola. 

Venuto a conoscenza della vittoria, Berengario si precipitò a Roma tanto che, secondo il Muratori, il 10 novembre 915 aveva già raggiunto Lucca. Nel dicembre 915,  il re d’Italia riceveva la corona imperiale nella Città Santa. 

Discendenti laziali dei Saraceni?

Saracinesco, piccolo paese a 40km da Roma, legherebbe il suo nome e il suo primo insediamento a un manipolo di Saraceni, che scampati alla sconfitta di Vicovaro (916) , loro inferta da Papa Giovanni X, si sarebbero rifugiati sui Monti Ruffi accettando la resa e il Battesimo. A sostegno di questa tradizione, che farebbe di Saracinesco un’isola etnica semitica, gli storici ottocenteschi riferivano l’esistenza tra la popolazione di nomi e cognomi arabi – Almansor, Morgante, Margutta – , sottolineando peraltro come gli abitanti medesimi fossero di «statura vantaggiosa e belli, con alcun che relativo all’origine araba»

Per approfondire l’argomento, mi sento di consigliare il recente volume di Marco Di Branco “915. La Battaglia del Garigliano“. A sette anni dalla scrittura di questo articolo, sono felice che uno storico abbia affrontato l’episodio della Battaglia del Garigliano in chiave monografica.

Questo Articolo è stato pubblicato per la prima volta il 27 Agosto 2012

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