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Segreti di Pulcinella, segreti di Napoli

Posted by on Lug 22, 2020

Segreti di Pulcinella, segreti di Napoli

Chi è veramente Pulcinella? La maschera della commedia dell’arte e le varie versioni estere hanno ben poco in comune con il Pulcinella napoletano, personaggio nodale della cultura partenopea, il quale vive in stato quiescente nell’animo di tutti i napoletani, un popolo che come lui è maestro nell’arte di armonizzare gli opposti, e senza neanche contraddirsi.

Sono incalcolabili le teorie sull’origine di Pulcinella (Pulicenella in napoletano), ma rimane misteriosa la maschera più “imitata” al mondo. Dal XVII secolo in poi, infatti, ecco apparire Polichinelle in Francia, Punch in Inghilterra, Karagoz in Turchia, don Cristobal in Spagna, Kasperle in Austria, Petruska in Russia, Toneelgeken in Olanda, Hanswurst in Germania …, tutte falsificazioni che gli somigliano vagamente nella forma e per niente nel contenuto

Tornando all’originale, molti studiosi lo fanno risalire alle fabulae atellane (vedi n°2 in fondo alla pagina). Intorno al 1620 è un attore di Capua, Silvio Fiorillo, che lo fa diventare celebre introducendolo nella nascente commedia dell’arte. Ma prima di calcare le scene, Pulcinella apparteneva al popolo, che lo aveva plasmato con una miriade di simboli e significati, talmente stratificati e intricati nel corso dei secoli da far perdere la testa al più paziente dei ricercatori.

Di probabile nascita contadina e diventato poi cittadino, sembra essere un impasto di Maccus e Kikiricus, due maschere delle atellane, commedie licenziose rappresentate dagli Osci [[Popolo che occupava l’entroterra della Campania in epoca preromana, e appartenente alla stirpe dei Sanniti]] durante le festività rurali.

Non è solo l’origine del personaggio ad essere controversa, ma anche la sua simbologia dà luogo ad infinite interpretazioni. La più affidabile, a parer mio, è quella di Roberto De Simone, un’eccellenza assoluta in materia di tradizioni campane, autore di scritti unici nel campo, il quale afferma che Pulcinella rappresenta in tutto e per tutto l’universo popolare napoletano, che da millenni esorcizza le sue angosce esistenziali inventando simboli, danze e all’occorrenza anche personaggi.

Fra le sue mille sfaccettature, Pulcinella ne ha una che è lungi dall’essere divertente: la maschera nera dal naso adunco, l’incarnato cadaverico, il corpo deforme e la casacca bianca come un sudario, sono attributi legati alla morte; la sua voce gracchiante non è umana. Ed è proprio con la voce non umana che si poteva comunicare con l’aldilà… D’altronde, il nome così simile a “pulcino” conferma la sua origine di gallinaceo, e come un pulcino viene rappresentato mentre esce dall’uovo; così si chiude il cerchio, giacché la gallina è l’animale sacro di Persefone, regina degli inferi.

Così Pulcinella con il suo aspetto incarna la morte e le miserie umane, ma le scongiura anche grazie al suo cappello a forma di corno dell’abbondanza e i suoi modi farseschi. I ruoli che ricopre sono tanti quanti sono i difetti e le qualità di un popolo. Maestro della duplicitàPulcinella è comico e tragico, ingenuo e scaltro, affabile e arrogante, ricco e povero, codardo e impavido, disperatamente stupido e sorprendentemente astuto, e sempre capace di rinascere dalle sue ceneri, come ogni napoletano verace, che può e sa fare ogni mestiere, o ne inventa uno, per sopravvivere alle invasioni straniere, alle guerre incessanti, alla rabbia del Vesuvio … Come diceva giustamente Benedetto Croce: “Pulcinella non è un personaggio, ma una collezione di personaggi”.

La sua ambivalenza intrinseca e assoluta rispecchia perfettamente la cultura partenopea, nella quale impera la dualità. È teneramente innamorato ma è spesso lussurioso, ed il suo nome ha consonanza femminile; l’iconografia poi lo rappresenta talvolta mentre partorisce piccoli Pulcinella dalla gobba, fedele al mito dell’ermafrodito, altra costante della cultura napoletana. L’androgino Pulcinella fa rima con Verginella, nome attribuito dal popolo ad un suo grande benefattore, Virgilio, anch’egli sintesi del maschile e del femminile. Del resto per gli alchimisti, l’ermafrodita rappresenta l’essere perfetto, che racchiude in sé l’uomo e la donna, quindi l’intero universo.

Pulcinella ha il pancione, altra allegoria della maternità, ma anche della fame, perché è eternamente affamato. Sogna solo maccheroni, tanto per affermare le sue origini rigorosamente napoletane. Poi improvvisamente la sua pancia si trasforma in segno d’opulenza e lo si vede rimpinzarsi di lunghi maccheroni fumanti che afferra a piene mani per infilarli nella bocca spalancata: è quello che facevano i poveri di un tempo, quando per strada si vendevano piatti di pasta fumante spolverata di formaggio grattugiato.

Nonostante questo carattere distintivo e indelebile, per il grande regista romano Maurizio Scaparro Pulcinella è “la maschera del mondo….. Tutte le trovate futuriste, dadaiste, surrealiste, furono anticipate da Pulcinella, primo personaggio avanti lettera dell’avanguardia, dell’estremismo, della rivoluzione antiaccademica…” E Roberto Rossellini fa dire al suo Pulcinella: “Io sono un comico non un buffone”, perché per il celebre cineasta Pulcinella mantiene sempre integra la propria dignità, perché, aggiungo io, anche quando viene bastonato, non si ride di lui ma dell’altro.

A Napoli, il teatro San Carlino, demolito nel 1884, era quasi esclusivamente dedicato a farse dette “Pulcinellate”, interpretate da attori specializzati che si tramandavano quest’arte da padre in figlio. Questo “passaggio di potere” avveniva spesso sulla scena in presenza del pubblico. Ineguagliato anche dai suoi discendenti, il più grande Pulcinella di tutti i tempi fu Antonio Petito (1822-1872). Altre sale erano dedicate alle “guarattelle”, un termine che risale al XVI secolo, e che sta ad indicare gli spettacoli di marionette senza fili, nei quali Pulcinella non mancava mai. A tal proposito è interessante sapere che in queste rappresentazioni, egli non è più un servitore, ma una specie di “buffone di corte”, ribelle e insolente, che non esita a sfidare anche i più forti di lui.

Un’ultima curiosità: Pulcinella non sta mai zitto, e perciò nacque la locuzione “segreto di Pulcinella”.

Contrariamente alle maschere della commedia dell’arte che sono oramai stereotipate, e compaiono di tanto in tanto sulla scena o nel periodo di Carnevale, a Napoli, Pulcinella è onnipresente : nei negozi di souvenir e nelle gallerie d’arte, a teatro dove i più grandi attori (Eduardo De Filippo, Massimo Troisi, Massimo Ranieri…) hanno brillato indossando la maschera nera dal becco di uccello. (video: Omaggio a Pulcinella: Eduardo, Troisi e
Pino Daniele
).

Nel centro storico, gli è stato dedicato anche un busto, opera del famoso scultore Lello Esposito, che ha dedicato una vita ai Pulcinella.(video dell’inaugurazione del busto di Pulcinella nel centro storico di Napoli).

Nelle vie principali, si rivedono le “guarattelle” e artisti di strada con l’inconfondibile costume. Anche la lingua napoletana è permeata da Pulcinella per le numerose locuzioni nelle quali lo si nomina (vedi giù n°1).

Insomma, Pulcinella è immortale e farà parte della vita dei Napoletani fin quando il sole illuminerà il Vesuvio.

Maria Franchini


1. Qualche locuzione, proverbio e aforisma «pulcinelleschi»

– Dicette Pulicenella : Nce stanno cchù ghiuorne ca sasicce
Disse Pulcinella : ci stanno più giorni che salsicce (in un anno).

– Dicette Pulicenella: I’ nun so’ fesso, ma aggi’ ‘a fà ‘o fesso, pecché facenno ‘o fesso, ve pozzo fà fesse!
Disse Pulcinella : io non sono scemo, ma devo fare lo scemo, perché facendo lo scemo vi faccio scemi (vi imbroglio).

– A carocchia a carocchia Pulicenella accerette ‘a mugliera.
A scappellotto, a scappellotto, Pulcinella uccise la moglie.

– Dicette Pulicenella: ‘a meglia mmedicina? Vino ‘e cantina e purpette ‘e cucina…
Disse Pulcinella : la migliore medicina ? vino di cantina e polpette di cucina…

– Dicette pulicenella: pe mare nun ce stanno taverne.
Pulcinella disse : a mare non ci sono taverne (nessun riparo).

– Dicette Pulicinella: a cca’ me trase e p’ ‘o culo m’jesce
Disse Pulcinella: da qua mi entra e per il culo mi esce. (parla che il muro ti ascolta).

– Dicette Pulicinella: mangiammo e bevimmo finché c’è uoglio a ‘sta lucerna, chi sa’ si all’auto munno c’è lanterna, chi sa’ si all’auto munno c’è taverna.
Disse Pulcinella: mangiamo e beviamo finché c’è olio nella lanterna, chissà se all’altro mondo c’è una lanterna, se all’altro mondo c’è una taverna.

– Dicette Pulicinella: ‘Nu maccarone vale cchiù ‘e ciente vermecielle
Disse Pulcinella: un solo maccherone vale cento vermicelli (una persona valida vale cento fannulloni).

– A’ Pullecenella ‘o vedono sulo quanno va ‘ncarrozza.
Vedono Pulcinella solo quando va in carrozza ( quando sta bene)

– Manna’ ‘o paese ‘e Pullecenella
Mandare al paese di Pulcinella (mandare al diavolo)

– Pulicenella, quanno nun tene che dicere, arape e chiure ‘a vocca
Quando Pulcinella non ha niente da dire, apre e chiude la bocca.

2. Le fabulae atellane

Le farse licenziose improvvisate dai contadini osci di Atella (Campania) durante le feste campestri riscuotono, fin dal IV secolo a. C., un successo che durerà cinque secoli, soprattutto per merito degli autori latini che se ne ispirano. Le commedie atellane comportano sempre gli stessi quattro personaggi principali : Maccus, vorace e stupido; Bucco, il fanfarone ; Pappus, il vecchio sciocco libidinoso; Dossenus, il gobbo furbo, e altre figure secondarie come, per esempio, Kikiricus dall’aspetto di un animale dalla voce chiocciante. Secondo alcuni autori, la commedia dell’arte deriverebbe dalle atellane che, pur sempre d’impronta osca, risentirono degli influssi di due culture predominanti in Campania, la greca e l’etrusca, giacché Atella si trova fra Napoli e Capua. La documentazione sulle atellane è scarsa, molto probabilmente per la censura esercitata sui monaci copisti, a causa del linguaggio scurrile e irriverente dei testi, che prendevano di mira anche il Cristianesimo.

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