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SETTE SETTEMBRE 1860: IL LADRO DI CAVALLI ARRIVA A NAPOLI E SPARISCE DI TUTTO!

Posted by on Set 9, 2022

SETTE SETTEMBRE 1860: IL LADRO DI CAVALLI ARRIVA A NAPOLI E SPARISCE DI TUTTO!

Nella notte tra il primo e due agosto del 1990 Saddam Hussein lanciò i suoi carri armati alla conquista del territorio dell’emirato del Kuwait, dimostrando così tutto il suo disprezzo per il Diritto internazionale e la sovranità di uno stato estero. Immediatamente intervenne il Consiglio di Sicurezza dell’ONUn(Organizzazione delle Nazioni Unite) condannando il gesto e intimando all’Iraq di ritirarsi immediatamente e senza contropartite. Dopo varie fasi con vicende diplomatiche alterne e convulse, il 28 febbraio 1991 fu sloggiato da un contingente internazionale e si ristabilirono di nuovo i confini tra i due paesi.

L’undici maggio del 1860, sbarcavano sulle coste siciliane presso Marsala, scortati da navi da guerra inglesi, un migliaio di persone venute dal Nord della penisola italiana guidati da un eccentrico guerrigliero che aveva fatto il giro del mondo per mare e per terra facendo i lavori più disparati come quello di comandante di navi schiaviste (fonte incerta ma tra i più eminenti storici la voce è insistente), impiegato in una fabbrica di candele a New York, combattente della Repubblica dell’Uruguay, era il nizzardo Giuseppe Garibaldi. Condannato a morte in contumacia da un tribunale piemontese per il tentato regicidio di Carlo Alberto di Savoia-Carignano, re del Piemonte prima della “conversione” al liberalismo e alla concessione di una carta costituzionale. Garibaldi non era un eroe. Per spiegare meglio il concetto, faremo delle distinzioni: Achille è l’eroe consapevole degli achei, egli è un semidio, i suoi genitori sono un re mortale e una nereide, una ninfa, quindi di natura immortale. Nel nostro caso è la classe di storici e agiografi che ha fatto il miracolo: Giuseppe Garibaldi nasce “uomo” e diventa eroe immortale. Non era un idealista, né lo divenne mai. Amava follemente l’avventura, il rischio, non lo studio e la teoria ma l’azione! Lui era così, già italiano prima ancora che contribuisse a crearla. Una specie di giocatore d’azzardo del caso. Egli era uno che amava osare, il suo comportamento aveva un doppio funzionamento: pubblico e privato. Lo dicono le scelte incoerenti che fece durante la sua vita. Le voci, non sicure, come si diceva prima, che lo vogliono traduttore di “coolies” cinesi dall’Asia alle Americhe lo rincorrono da sempre, ma a noi non interessa sapere per certo chi era e come la pensava al di fuori del discorso attinente alla spedizione nel Mezzogiorno italiano, un altro elemento è il presunto e oscuro fatto del furto di cavalli e la conseguente punizione del taglio del lobo dell’orecchio avvenuti in Perù. Sappiamo anche che la mitica camicia rossa dei suoi seguaci altro non era che stoffa per grembiuli da macellai (così il sangue degli animali sarebbe stato confuso col colore della stoffa) reperita dall’eroe in Sud America. Milleottantanove volontari che nella risalita del Mezzogiorno italiano divennero circa sessantamila.

Dopo una “trionfale risalita” attraverso tutto il Regno dove per poco non ci restava secco con la punta di una baionetta sul naso di un soldato napolitano, il faccendiere arrivò a Napoli il sette settembre di quell’anno. La città festeggiò o meglio, lo fecero i più interessati al lucro con una nuova monarchia lontana e interessata solo alle tasse ma anche chi in buona fede, credeva di aver trovato la soluzione a tutti i suoi problemi, poi la trovò emigrando nelle Americhe. A Napoli c’è anche una piazza intitolata a questa data, è quello spicchio urbano che divide la via Toledo con Sant’Anna dei Lombardi e ha come unico lato delimitato da un edificio: Palazzo Doria D’Angri da cui si affacciò salutando la folla, in quei momenti, a Castel Sant’Elmo, fortezza radicata sul punto più alto del Vomero, un cannoncino appostato e puntato sul ladro di cavalli, stava per sparare, non lo fece ed eccoci qua, forse non sarebbe cambiato nulla o forse sì. Sta di fatto che Napoli, quel pomeriggio di fine estate lasciava per sempre il suo ruolo di capitale vecchio di sette secoli per incamminarsi verso un destino amaro e decadente, chiariamo: la colpa non fu di Garibaldi, ma dei napoletani. Un volta, il comico Petrolini, durante un suo spettacolo, tormentato da uno spettatore che lo fischiava in continuazione dal loggione, esclamò: “Io nun ce l’ho con te ma con col tuo vicino che non ti butta de sotto!”.

Con lui a Napoli, sparì di tutto: mobili, suppellettili e oggetti preziosi dalle regge di Napoli e Caserta, per non parlare dei depositi aurei nelle casse del Banco di Napoli.

Ecco, io ce l’ho coi napoletani di allora (non allineati) che non mossero un dito!

Enzo Salatiello

P.S. questa foto ritrae il nizzardo con un orecchio parzialmente mutilato, trattamento riservato ai ladri di bestiame in America Latina!

Secondino

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