Alta Terra di Lavoro

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Spirito sindacale nella media Valle del Liri tra scioperi e proteste luddiste

Posted by on Lug 31, 2018

Spirito sindacale nella media Valle del Liri tra scioperi e proteste luddiste

Nel 1860 l’industria tessile meridionale contava all’incirca 1.200 opifici e impiegava 48.000 persone: nella sola Valle del Liri lavoravano 12.000 operai, esattamente il 25% dell’intera forza lavoro dello specifico settore.

Così come numerosi erano i lavoranti a domicilio diffusi soprattutto nel settore manifatturiero. Le condizioni non erano, certamente, idilliache: gli orari erano pesanti (dalle 10 alle 12 ore giornaliere, con le autorità regnicole di pubblica sicurezza, però, molto attente nel controllarne il rispetto e, soprattutto, la chiusura domenicale e delle festività di precetto) i salari molto bassi, le condizioni igieniche all’interno delle fabbriche precarie anziché no. Niente di molto diverso, comunque, da ciò che accadeva nelle fabbriche del settentrione d’Italia e del resto d’Europa. Ad ogni modo, tutto sommato, si riusciva a sbarcare decentemente il lunario quando altrove si moriva letteralmente di fame e di inedia. In un contesto siffatto non tardò a manifestarsi e a diffondersi sempre più il cosiddetto “spirito sindacale”. Proprio dalla Valle del Liri, infatti, iniziarono le rivendicazioni da parte dei lavoratori e le prime acute divergenze con il ceto padronale. Nel 1837, ad Arpino, si verificò il primo sciopero o, per lo meno, una delle prime forme di protesta operaia nell’Italia meridionale. Nel maggio di quell’anno alcuni operai del Lanificio Carfagna protestarono vivacemente contro l’introduzione nello stabilimento di alcune moderne macchine meccaniche che, indubbiamente, avrebbero agevolato la produzione ma, nel contempo, portato ad un massiccio licenziamento di mano d’opera. “Spirito sindacale” che da allora in poi si mantenne sempre molto vivo e frizzante. Basti pensare che nel maggio del 1852, nel Lanificio Polsinelli di Isola Liri, scoppiò una sommossa di natura “luddista”. Ned Ludd era un operaio tessile inglese che nel 1799 distrusse un telaio meccanico perché convinto che l’eccessiva meccanizzazione del lavoro fosse la causa primaria della disoccupazione e dei salari bassi. Tornando ad Isola Liri duecento operai, temendo la perdita del posto di lavoro, gettarono nelle acque del fiume una macchina che avrebbe dovuto facilitare la scelta delle lane. E i timori degli operai non erano infondati: “il lupo”, così si chiamava quel marchingegno meccanico introdotto nelle fasi preliminari della lavorazione, riusciva a svolgere il lavoro di ben 30 operai. Polsinelli, di fronte a tale atto, licenziò tutti i dipendenti e chiuse la fabbrica. Dovette intervenire il sottointendente di Sora che, con non poche difficoltà, indusse la proprietà a riaprire lo stabilimento e a riassumere gli operai, mentre i promotori della eclatante protesta vennero arrestati. Poi, però, furono rilasciati in quanto si accertò che l’azione di protesta era stata provocata dall’arroganza del figlio del direttore dello stabilimento, tale Alessandro Dephacons, belga, che nei giorni precedenti aveva offeso pesantemente i lavoratori definendoli inutili e parassitari. E così gli operai vennero scarcerati mentre in prigione ci finì il figlio del direttore. A dimostrazione che il sistema statale borbonico non era certo quella “negazione di Dio” che si volle far credere dalla perfida Albione.  

fonte testo e foto

http://www.linchiestaquotidiano.it/news/2018/05/24/spirito-sindacale-nella-media-valle-del-liri-tra-scioperi-e/22127

                        

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