STATIO ANNONAE – APPROVVIGIONAMENTO DEL GRANO DI ROMA
LA STATIO
La Statio Annonae, l’istituzione che gestiva l’approvvigionamento e
garantiva la distribuzione di cibo al popolo romano, sorgeva in epoca
imperiale esattamente nel sito in cui sorge oggi la Basilica di Santa Maria in
Cosmedin in Roma, posta tra il Tevere, il Foro Boario e il Circo Massimo.
Ancor prima, però, quel luogo era stato sede dell’Ara Massima di Ercole,
santuario molto venerato in quanto protettore dei commerci e quindi dei mercanti
che pullulavano in quella zona per la navigabilità del Tevere che permetteva il
trasporto delle merci dall’oltremare a Roma.
Con l’insediamento della Statio Annona il tempio si mantenne, tanto è vero
che già nel I secolo a.c., Vitruvio cita un tempio a pianta rettangolare posto
all’ingresso del Circo Massimo e dedicato ad Ercole Invitto o Pompeiano.
Probabilmente il tempio citato è proprio quello adiacente all’Annona, di
cui peraltro si è rinvenuta l’ara esterna posta nelle fondamenta della chiesa.
Proprio per l’importanza del luogo, l’annona e gli edifici vicini
divennero sede fin dal VI sec. di una diaconia cristiana, che cancellò così
ogni traccia dei templi pagani e degli edifici pubblici romani, di tanta arte e
bellezza che gli edifici successivi non riuscirono ad eguagliare.
La prima piccola chiesa fu fatta costruire da papa Gregorio I, la cui
famiglia aveva grandi possedimenti nella zona, attorno all’inizio del VII sec..
cita un tempio a pianta rettangolare posto
all’ingresso del Circo Massimo e dedicato ad Ercole Invitto o Pompeiano.
Probabilmente il tempio citato è proprio quello adiacente all’Annona, di cui
peraltro si è rinvenuta l’ara esterna posta nelle fondamenta della chiesa.
Proprio per l’importanza del luogo, l’annona e gli edifici vicini divennero
sede fin dal VI sec. di una diaconia cristiana, che cancellò così ogni traccia
dei templi pagani e degli edifici pubblici romani, di tanta arte e bellezza che
gli edifici successivi non riuscirono ad eguagliare.
La prima piccola chiesa fu fatta costruire da papa Gregorio I, la cui famiglia
aveva grandi possedimenti nella zona, attorno all’inizio del VII sec..
All’epoca i papi venivano scelti infatti nell’ambito delle ricche famiglie
aristocratiche romane, che avevano accumulato soldi nelle battaglie o nei
traffici commerciali.
Papa Adriano I la fece ricostruire
alla fine dell’VIII sec. dentro la struttura dell’antica sede dell’Annona, di
cui la chiesa incorporò la struttura e il colonnato, dividendola in tre navate
e abbellendola di splendide decorazioni.
Da notare che i testi dicono che la Chiesa, seppur di notevoli proporzioni, fu
costruita dentro e non sopra l’Annona, e questo fa capire che la struttura
romana doveva essere ben più vasta della chiesa.
D’altronde se provvedeva all’approvvigionamento del grano e degli altri
prodotti basilari per l’alimentazione romana, si può capire quanto vasti
dovessero essere i suoi magazzini, quanti dovessero essere gli impiegati
addetti alla catalogazione e all’amministrazione dei beni e quanti gli operai
addetti al trasporto e all’immagazzinamento degli stessi.
Già questi splendidi
pavimenti cosmateschi se colpiscono per la loro bellezza, peraltro fanno
rabbrividire nel comprendere quanto belli e vasti fossero i pavimenti marmorei
originali, ricchi di marmi pregiati, tra cui i preziosissimi serpentino verde e
porfido rosso, cave estinte già al tempo della caduta dell’impero.
La chiesa e i suoi annessi furono poi affidati ad una colonia di monaci
greci che si erano rifugiati a Roma per sottrarsi alle persecuzioni degli iconoclasti e si erano stabiliti su
questa riva del Tevere, dove era già insediata la comunità greca ed era per ciò
nota come Ripa Greca.
Da questi la chiesa prese il nome di Santa Maria in Schola Greca, e divenne poi
nota come Santa Maria in Cosmedin, dalla parola greca kosmidion (ornamento),
probabile allusione al fatto che venne adornata pezzo a pezzo con i recuperi
dei resti antichi..
Diversamente dalla gran
parte delle chiese romane del periodo, questa chiesa non era sorta sulla tomba
di un martire. Tuttavia ebbe anch’essa la sua cripta, scavata purtroppo nel
podio della stessa Ara Massima.
Per questa ragione è possibile che il cosiddetto tempio di Vesta, che oggi si
crede tempio di Ercole fosse, come ci consegna la tradizione, effettivamente
dedicato alla Dea del focolare, perchè un tempio rettangolare era già vigente a
un centinaio di m da detto tempio.
Per esperienza sappiamo che in genere le tradizioni riportano la verità, tanto
che molti archeologi hanno scavato basandosi su queste e le loro aspettative
non sono mai state smentite, in tutto o almeno in parte.
Come d’altronde è probabile che la dedica rinvenuta a Ercole Olivario,
protettore dei mercanti di olive ed olii, non reperito all’interno del tempio
ma adiacente ad esso, venisse invece dal tempio rettangolare che giaceva
accanto all’Annona.
L’interno della chiesa è oggi costituito da tre navate, separate da
pilastri e da diciotto colonne di varia provenienza. Vale a dire che la
provenienza è l’Annona e il suo tempio.
L’altare di granito rosso posto sul fondo
dell’abside della Chiesa risalirebbe invece al 1123, ma stranamente ha l’esatta
forma a vasca caratteristica delle fontane romane poste soprattutto nelle
antiche terme, ma anche a decoro dei luoghi pubblici in genere. Tutto ne
farebbe presupporre una provenienza di epoca imperiale.
Come già detto, sul medesimo luogo da tempo
antichissimo si trovava l’Ara Maxima Herculis, di culto greco, che fin da tempi
lontanissimi erano penetrati in Roma anche grazie alla colonia della Magna
Grecia che aveva occupato tutto il sud della penisola italica.
Anche per il carattere di zona portuale e di commerci dell’aerea del Velabro
fin dalla più alta antichità, la zona, ad esso prospiciente, aveva culti e riti
di provenienza varia, ma soprattutto greca.
L’ara è stata identificata da diversi archeologi con il gigantesco blocco di tufo nel quale è scavata la cripta della chiesa, e vicino ad essa sorgeva un tempio di Ercole, che sopravvisse sino alla fine del XV secolo. la longevità del tempio fa capire quanto in realtà gli Dei pagani sopravvissero di molti secoli all’abbattimento legale e fisico delle divinità e dei culti pagani.
LE RIUTILIZZAZIONI
Le varie riutilizzazioni dei reperti romani derivarono da azioni diverse. prima
l’abbattimento selvaggio di edifici, statue, colonne, cornicioni, mosaici ecc.,
per la furia iconoclasta del cristianesimo che faticava tantissimo ad abbattere
una religione che anzitutto era viva da un millennio, ma che inoltre variava da
luogo a luogo in una miriade di Divinità con miti, immagini e nomi diversi.
Secondariamente, visto il pesante scadere delle arti che seguì la caduta
dell’impero sia per ragioni economiche ma soprattutto per la nuova religione
che guardava con sospetto qualsiasi pratica che non fosse intenta a glorificare
il Signore, le maestranze abilissime di cui Roma disponeva decaddero poco a
poco.
Così si pensò bene di rispolverare quell’arte tanto esecrata e tutto quel marmo
ormai diventato carissimo da acquistare.
Si iniziò a scavare i reperti spaccati e sotterrati, oppure si smontarono
direttamente gli edifici costruendone dei nuovi con destinazione diversa, molto
spesso religiosa, che si avvaleva però nell’ornamento dei resti della vecchia
costruzione.
In tal senso fu edificata la Chiesa di Santa Maria in Cosmden, così ricca di
mosaici tratti dai magnifici pavimenti romani da fornire una sia pur pallida
idea di come potesse esser superbamente bella e vasta la Statio Annonae
dell’epoca.
Ci accorgiamo così e gli archeologi lo confermano, che molte delle colonne
utilizzate nella chiesa sono di provenienza antica, sradicate e riutilizzate
seppur spesso di altezza e materiale diverso. Era tuttavia così caro il prezzo
di una colonna se ordinato a una cava e poi fatta eseguire, che sarebbe stato
pressocchè impossibile usufruirne.
Meglio dunque assemblare marmi diversi o far porre basi diverse sotto le
colonne affinchè raggiungessero l’altezza richiesta.
Nella foto si può notare che le due colonne di fondo della chiesa, parte
lisce e parte scanalate, sono state sollevate con delle basette di riesumate e
non identiche tra loro.
Ma pure le colonne del resto della chiesa hanno altezze diverse, marmi diversi
e sono state acconciate con basi che ne sistemassero l’altezza.
Ciò riguarda pure le
colonne del baldacchino sopra l’altare principale, tutte scanalate, anch’esse reperti romani riesumati
dalla Statio Annonae.
Il rifornimento del cibo per Roma era pertanto il chiodo fisso non solo del
pretore dell’Annona ma dell’imperatore stesso, che non voleva certamente
scontentare o peggio affamare il popolo romano col pericolo di veder scendere
in piazza un milione di persone, molto difficili da tenere a bada con la
guardia pretoriana.
Ragion per cui gli imperatori intelligenti se ne prendevano cura a loro volta e
si curavano di rammentarlo al polo tramite le monete, che erano all’epoca i
manifesti pubblicitari dell’imperatore.
Tutti usavano le monete, per cui non vi era pubblicità che potesse superarle, e
dunque niente di meglio che instillare nel popolo che l’imperatore e la Dea
Annona vegliassero unitamente sul popolo romano.
Questa Dea Annona fu talmente pubblicizzata e venerata nel culto ufficiale che
nell’Urbe il suo culto soppiantò di gran lunga quello di Cerere, peraltro
sentito molto di più dell’altra nelle campagne.
Tale tipo di moneta era così importante che fu usata da tutti gli
imperatori, come questa moneta aurea di vespasiano, fino a Filippo I (244-249).
L’ARA MAXIMA
Aldisotto della chiesa è stata scavata una cripta, che in realtà ha tolto
i massi di tufo all’Ara Maxima di Ercole che lì aveva il suo tempio, in qualità
di protettore dei commercianti, come testimonia anche l’epigrafe dedicata a lui
e trasferita nel tempio cosiddetto di Vesta, che sarebbe, non si sa perchè, un
altro tempio di Ercole, a si e no 100 m dall’altro tempio sempre di ercole.
Anche la cripta, come del resto la chiesa superiore riporta colonne romane
sottratte all’annona e pure magari al tempio di Ercole.
Il culto di Ercole Invitto, culto di origine greca che poi a Roma venne
sostituito con il culto di Sol Invicto e successivamente di Mitra Invicto
acquisito in oriente, non era dissonante coll’Ercole protettore dei commerci
via mare.
Infatti le navi romane si trovavano a sovente a combattere contro i pirati
che volevano depredarle dei preziosi carichi.
A Roma navigare significava commerciare e combattere insieme, per cui i
commercianti assoldavano sulle loro navi veri e propri soldati corredati di
armi e armature che si raccomandavano pertanto ad un Dio che molto aveva
navigato con i greci.
Questi infatti avevano navigato in lungo e in largo dalla Gracia e
per tutto il Mare Nostrum per fondare le tante colonie instauratasi sul
Mediterraneo e soprattutto in suolo italico dove avevano combattuto contro gli
autoctoni fondando la vasta Magna Grecia.
L’Ara Maxima del Tempio di Ercole era posta, come in tutti i templi, alla
base della grande scalinata che discendeva dal podio del tempio. I giganteschi
lastroni in pietra ne testimoniano l’età molto arcaica, di certo preimperiale,
e tutto fa pensare al podio del tempio coi suoi numerosi archi, su cui poggiava
la gigantesca Ara.
Sappiamo del resto molto bene quanto il cristianesimo come religione ormai
imperante nell’antica Roma, dimenticando la civile tolleranza romana per ogni
altra forma di religione, cancellò fin la memoria degli Dei pagani e perfino dei
monumenti dell’antica Roma, perché APPROVVIGIONAMENTO DEL GRANO DI ROMA
LA STATIO
La Statio Annonae, l’istituzione che gestiva l’approvvigionamento e garantiva
la distribuzione di cibo al popolo romano, sorgeva in epoca imperiale
esattamente nel sito in cui sorge oggi la Basilica di Santa Maria in Cosmedin
in Roma, posta
tra il Tevere, il Foro Boario e il Circo Massimo.
Ancor prima, però, quel luogo era stato sede dell’Ara Massima di Ercole,
santuario molto venerato in quanto protettore dei commerci e quindi dei
mercanti che pullulavano in quella zona per la navigabilità del Tevere che
permetteva il trasporto delle merci dall’oltremare a Roma.
Con l’insediamento della Statio Annona il tempio si mantenne, tanto è vero che
già nel I secolo a.c., Vitruvio cita un tempio a pianta rettangolare posto
all’ingresso del Circo Massimo e dedicato ad Ercole Invitto o Pompeiano.
Probabilmente il tempio citato è proprio quello adiacente all’Annona, di cui
peraltro si è rinvenuta l’ara esterna posta nelle fondamenta della chiesa.
Proprio per l’importanza del luogo, l’annona e gli edifici vicini divennero
sede fin dal VI sec. di una diaconia cristiana, che cancellò così ogni traccia
dei templi pagani e degli edifici pubblici romani, di tanta arte e bellezza che
gli edifici successivi non riuscirono ad eguagliare.
La prima piccola chiesa fu fatta costruire da papa Gregorio I, la cui famiglia
aveva grandi possedimenti nella zona, attorno all’inizio del VII sec..
All’epoca i papi venivano scelti infatti nell’ambito delle ricche famiglie
aristocratiche romane, che avevano accumulato soldi nelle battaglie o nei
traffici commerciali.
Papa Adriano I la fece ricostruire alla fine dell’VIII sec. dentro la struttura
dell’antica sede dell’Annona, di cui la chiesa incorporò la struttura e il
colonnato, dividendola in tre navate e abbellendola di splendide decorazioni.
Da notare che i testi dicono che la Chiesa, seppur di notevoli proporzioni, fu
costruita dentro e non sopra l’Annona, e questo fa capire che la struttura
romana doveva essere ben più vasta della chiesa.
D’altronde se provvedeva all’approvvigionamento del grano e degli altri
prodotti basilari per l’alimentazione romana, si può capire quanto vasti
dovessero essere i suoi magazzini, quanti dovessero essere gli impiegati
addetti alla catalogazione e all’amministrazione dei beni e quanti gli operai
addetti al trasporto e all’immagazzinamento degli stessi.
Già questi splendidi pavimenti cosmateschi se
colpiscono per la loro bellezza, peraltro fanno rabbrividire nel comprendere
quanto belli e vasti fossero i pavimenti marmorei originali, ricchi di marmi
pregiati, tra cui i preziosissimi serpentino verde e porfido rosso, cave
estinte già al tempo della caduta dell’impero.
La chiesa e i suoi annessi furono poi affidati ad una colonia di monaci greci
che si erano rifugiati a Roma per sottrarsi alle persecuzioni degli iconoclasti
e si erano stabiliti su questa riva del Tevere, dove era già insediata la
comunità greca ed era per ciò nota come Ripa Greca.
Da questi la chiesa prese il nome di Santa Maria in Schola Greca, e divenne poi
nota come Santa Maria in Cosmedin, dalla parola greca kosmidion (ornamento),
probabile allusione al fatto che venne adornata pezzo a pezzo con i recuperi
dei resti antichi..
Diversamente dalla gran parte delle chiese romane del periodo, questa chiesa
non era sorta sulla tomba di un martire. Tuttavia ebbe anch’essa la sua cripta,
scavata purtroppo nel podio della stessa Ara Massima.
Per questa ragione è possibile che il cosiddetto tempio di Vesta, che oggi si
crede tempio di Ercole fosse, come ci consegna la tradizione, effettivamente
dedicato alla Dea del focolare, perchè un tempio rettangolare era già vigente a
un centinaio di m da detto tempio.
Per esperienza sappiamo che in genere le tradizioni riportano la verità, tanto
che molti archeologi hanno scavato basandosi su queste e le loro aspettative
non sono mai state smentite, in tutto o almeno in parte.
Come d’altronde è probabile che la dedica rinvenuta a Ercole Olivario,
protettore dei mercanti di olive ed olii, non reperito all’interno del tempio
ma adiacente ad esso, venisse invece dal tempio rettangolare che giaceva
accanto all’Annona.
L’interno della chiesa è oggi costituito da tre navate, separate da
pilastri e da diciotto colonne di varia provenienza. Vale a dire che la
provenienza è l’Annona e il suo tempio.
L’altare di granito rosso posto sul fondo dell’abside
della Chiesa risalirebbe invece al 1123, ma stranamente ha l’esatta forma a
vasca caratteristica delle fontane romane poste soprattutto nelle antiche
terme, ma anche a decoro dei luoghi pubblici in genere. Tutto ne farebbe
presupporre una provenienza di epoca imperiale.
Come già detto, sul medesimo luogo da tempo
antichissimo si trovava l’Ara Maxima Herculis, di culto greco, che fin da tempi
lontanissimi erano penetrati in Roma anche grazie alla colonia della Magna
Grecia che aveva occupato tutto il sud della penisola italica.
Anche per il carattere di zona portuale e di commerci dell’aerea del Velabro
fin dalla più alta antichità, la zona, ad esso prospiciente, aveva culti e riti
di provenienza varia, ma soprattutto greca.
L’ara è stata identificata da diversi archeologi con il gigantesco blocco di tufo nel quale è scavata la cripta della chiesa, e vicino ad essa sorgeva un tempio di Ercole, che sopravvisse sino alla fine del XV secolo. la longevità del tempio fa capire quanto in realtà gli Dei pagani sopravvissero di molti secoli all’abbattimento legale e fisico delle divinità e dei culti pagani.
LE RIUTILIZZAZIONI
Le varie riutilizzazioni dei reperti romani derivarono da azioni diverse. prima
l’abbattimento selvaggio di edifici, statue, colonne, cornicioni, mosaici ecc.,
per la furia iconoclasta del cristianesimo che faticava tantissimo ad abbattere
una religione che anzitutto era viva da un millennio, ma che inoltre variava da
luogo a luogo in una miriade di Divinità con miti, immagini e nomi diversi.
Secondariamente, visto il pesante scadere delle arti
che seguì la caduta dell’impero sia per ragioni economiche ma soprattutto per
la nuova religione che guardava con sospetto qualsiasi pratica che non fosse
intenta a glorificare il Signore, le maestranze abilissime di cui Roma
disponeva decaddero poco a poco.
Così si pensò bene di rispolverare quell’arte tanto
esecrata e tutto quel marmo ormai diventato carissimo da acquistare.
Si iniziò a scavare i reperti spaccati e sotterrati, oppure si smontarono
direttamente gli edifici costruendone dei nuovi con destinazione diversa, molto
spesso religiosa, che si avvaleva però nell’ornamento dei resti della vecchia
costruzione.
In tal senso fu edificata la Chiesa di Santa Maria in Cosmden, così ricca di
mosaici tratti dai magnifici pavimenti romani da fornire una sia pur pallida
idea di come potesse esser superbamente bella e vasta la Statio Annonae
dell’epoca.
Ci accorgiamo così e gli archeologi lo confermano, che molte delle colonne
utilizzate nella chiesa sono di provenienza antica, sradicate e riutilizzate
seppur spesso di altezza e materiale diverso. Era tuttavia così caro il prezzo
di una colonna se ordinato a una cava e poi fatta eseguire, che sarebbe stato
pressocchè impossibile usufruirne.
Meglio dunque assemblare marmi diversi o far porre basi diverse sotto le
colonne affinchè raggiungessero l’altezza richiesta.
Nella foto si può notare che le due colonne di fondo della chiesa, parte
lisce e parte scanalate, sono state sollevate con delle basette di riesumate e
non identiche tra loro.
Ma pure le colonne del resto della chiesa hanno altezze diverse, marmi diversi
e sono state acconciate con basi che ne sistemassero l’altezza.
Ciò riguarda pure le colonne del baldacchino sopra
l’altare principale,
tutte scanalate, anch’esse reperti romani riesumati dalla Statio Annonae.
Il rifornimento del cibo per Roma era pertanto il
chiodo fisso non solo del pretore dell’Annona ma dell’imperatore stesso, che
non voleva certamente scontentare o peggio affamare il popolo romano col
pericolo di veder scendere in piazza un milione di persone, molto difficili da
tenere a bada con la guardia pretoriana.
Ragion per cui gli imperatori intelligenti se ne prendevano cura a loro volta e
si curavano di rammentarlo al polo tramite le monete, che erano all’epoca i
manifesti pubblicitari dell’imperatore.
Tutti usavano le monete, per cui non vi era pubblicità che potesse superarle, e
dunque niente di meglio che instillare nel popolo che l’imperatore e la Dea
Annona vegliassero unitamente sul popolo romano.
Questa Dea Annona fu talmente pubblicizzata e venerata nel culto ufficiale che
nell’Urbe il suo culto soppiantò di gran lunga quello di Cerere, peraltro
sentito molto di più dell’altra nelle campagne.
Tale tipo di moneta era così importante che fu usata da tutti gli imperatori,
come questa moneta aurea di vespasiano, fino a Filippo I (244-249).
L’ARA MAXIMA
Aldisotto della chiesa è stata scavata una cripta, che in realtà ha tolto i
massi di tufo all’Ara Maxima di Ercole che lì aveva il suo tempio, in qualità
di protettore dei commercianti, come testimonia anche l’epigrafe dedicata a lui
e trasferita nel tempio cosiddetto di Vesta, che sarebbe, non si sa perchè, un
altro tempio di Ercole, a si e no 100 m dall’altro tempio sempre di ercole.
Anche la cripta, come del resto la chiesa superiore riporta colonne romane
sottratte all’annona e pure magari al tempio di Ercole.
Il culto di Ercole Invitto, culto di origine greca che poi a Roma venne sostituito con il culto di Sol Invicto e successivamente di Mitra Invicto acquisito in oriente, non era dissonante coll’Ercole protettore dei commerci via mare.
Infatti le navi romane si trovavano a sovente a combattere contro i pirati che volevano depredarle dei preziosi carichi.
A Roma navigare significava commerciare e combattere insieme, per cui i commercianti assoldavano sulle loro navi veri e propri soldati corredati di armi e armature che si raccomandavano pertanto ad un Dio che molto aveva navigato con i greci.
Questi infatti avevano navigato in lungo e in largo dalla Gracia e per tutto il Mare Nostrum per fondare le tante colonie instauratasi sul Mediterraneo e soprattutto in suolo italico dove avevano combattuto contro gli autoctoni fondando la vasta Magna Grecia.
L’Ara Maxima del Tempio di Ercole era posta, come in tutti i templi, alla base della grande scalinata che discendeva dal podio del tempio. I giganteschi lastroni in pietra ne testimoniano l’età molto arcaica, di certo preimperiale, e tutto fa pensare al podio del tempio coi suoi numerosi archi, su cui poggiava la gigantesca Ara.
Sappiamo del resto molto bene quanto il cristianesimo come religione ormai imperante nell’antica Roma, dimenticando la civile tolleranza romana per ogni altra forma di religione, cancellò fin la memoria degli Dei pagani e perfino dei monumenti dell’antica Roma, perchè tutto doveva essere distrutto e riedificato con nuove formule che cancellassero ogni traccia del passato impero romano.
fonte read:https://www.romanoimpero.com/2017/08/statio-annonae-approvvigionamento-del.html