Storia: Antonella Grippo su Bbc History
(Lettera Napoletana) Nell’Italia appena unificata, gli interessi di Inghilterra e Francia, le potenze che più avevano lavorato contro il Regno delle Due Sicilie, si scontravano attraverso i rispettivi uomini di fiducia: Cavour, Garibaldi, Mazzini, Ricasoli, i “padri della Patria” secondo la retorica risorgimentale, divisi da un odio insanabile.
È il quadro che traccia, ricostruendo i rapporti degli ambasciatori a Torino di Francia ed Inghilterra, la studiosa Antonella Grippo, in un articolo sull’ultimo numero del mensile BBC History (n. 82, febbraio 2018), “Garibaldi e Cavour, ‘padri della Patria’ e nemici”, con il quale comincia la collaborazione con la rivista.
L’articolo, che ricostruisce gli schieramenti politici alla vigilia della seduta del nuovo Parlamento italiano del 18 aprile 1861 a Palazzo Carignano di Torino, è tratto dal libro di Antonella Grippo e Giovanni Fasanella “Italia oscura. Dal Risorgimento alla Grande Guerra. La storia che non c’è sui libri di scuola” (Sperling & Kupfer, Milano 2016, pp.560, € 19,90).
L’ambasciatore francese Henry d’Ideville (1830-1887), spettatore della seduta, scrisse un rapporto segreto a Napoleone III,Imperatore di Francia. Impietoso ed ironico, d’Ideville descrive “il semidio” Garibaldi, leader del Partito d’Azione, avvolto nel poncho sudamericano che copriva la camicia rossa, con «la fisionomia di un profeta o, se preferite, di un vecchio commediante», con “gli occhi coperti da grossi occhiali”, i “foglietti scompaginati” davanti a sé, tra i quali “non ritrovava il filo delle sue idee”, con i suoi compagni che cercavano di “suggerirgli i passaggi dimenticati” mentre pronunciava “frasi incoerenti e senza seguito”.
«La questione che più premeva risolvere a Garibaldi – scrive Antonella Grippo – era quella dei “volontari” che lo avevano affiancato nella conquista del Sud ed ora erano in conflitto con l’esercito regolare e con il governo di Torino». «Il suo oppositore diretto era il ministro della Guerra, generale Manfredo Fanti che (…) non voleva neppure lontanamente sentire parlare di integrare tutta la “marmaglia” garibaldina nel Regio Esercito».
Va ricordato che tra le “Camicie rosse” di Garibaldi figuravano numerosi pregiudicati ed avventurieri di diversi Paesi, che mal si sarebbero integrati in un esercito regolare.
«Ma Fanti era solo l’oppositore diretto e occasionale di quella schermaglia parlamentare – aggiunge Antonella Grippo – il nemico di Garibaldi tra quei banchi era Cavour (…) che riteneva Garibaldi “assai dannoso”. Era stato un male necessario, ma ora rischiava di diventare un rimedio peggiore della cura».
E dietro Garibaldi si muoveva – Cavour lo sapeva bene – “il suo sobillatore in esilio, Giuseppe Mazzini”.
Cavour vide Garibaldi “urlare ed inveire contro di lui, additandolo minacciosamente” e “scattò in piedi per protestare”. «In aula si scatenò la bagarre: alcuni deputati si alzarono dai settori garibaldini, scesero di corsa nell’emiciclo e circondarono il banco del Governo. Uno di loro agitò il pugno minaccioso sotto il naso del primo ministro. Si infiammò una rissa furibonda, con grida, insulti di ogni genere e minacce contro Cavour, diventato paonazzo».
È la prima e significativa fotografia del Parlamento italiano, di una Nazione artificiale e senza identità comune, dove i rappresentanti di interessi inconfessabili ed agenti di potenze straniere si affrontano con tutti i mezzi.
Quanto al presidente della Camera, Urbano Rattazzi (1808-1873), esponente della Sinistra storica, alleato di Cavour ma in fase di avvicinamento a Vittorio Emanuele II con l’obiettivo di sostituirlo, l’ambasciatore francese scrive nel suo rapporto che Cavour “lo vide vigliaccamente coprirsi e scansarsi dalla sua poltrona”, una reazione, per il diplomatico, “molto singolare” e “comunque incomprensibile”.
Il problema dei “volontari” garibaldini era solo uno dei motivi di contrasto tra Garibaldi (e Mazzini che lo ispirava) e Cavour. Le opinioni del cosiddetto eroe dei due mondi – scrive Antonella Grippo – «spesso coincidevano con l’agenda geopolitica della potenza che, più di ogni altra, aveva favorito e aiutato, anche economicamente, la nascita del nuovo Stato: l’Inghilterra».
Ed un lungo e dettagliato rapporto dell’ambasciatore inglese a Torino, Sir James Hudson (1810-1885) personaggio di primo piano nelle trame unitarie, inviato al Ministro degli Esteri britannico Lord John Russel, ritrovato un secolo e mezzo dopo negli Archivi di Stato inglesi getta altra luce sui rapporti segreti ed inconfessabili dei personaggi politici del cosiddetto Risorgimento.
È il 22 maggio 1861. Poco più di un mese dopo la rissa al parlamento di Torino, Cavour è in cattive condizioni di salute. Nella sua abitazione si svolge una riunione riservata con il ministro dell’Interno, Marco Minghetti (1818-1886), Bettino Ricasoli(1809-1880), capo della maggioranza parlamentare, ed un deputato romano, Luigi Silvestrelli (1827-1867). Mentre l’Inghilterra, dopo essersi liberata del Regno delle Due Sicilie, bastione del Papato, spingeva per la soluzione della cosiddetta “questione romana”, cioè l’attacco a Roma per dare un colpo definitivo al potere temporale della Chiesa, Cavourera in quel momento più vicino agli interessi della Francia, dove i cattolici premevano su Napoleone III per l’invio di truppe in difesa del Papa, voleva frenare mazziniani, garibaldini e – scrive Antonella Grippo – “i loro referenti inglesi” .
Ricasoli, un massone toscano “apertamente filo-inglese”, accusava Cavour di essere “segretamente d’accordo con il disegno francese di un’Italia federale”. Cavour morì due settimane dopo prematuramente ed in circostanze piuttosto misteriose.
Della riunione riservata giunse all’ambasciatore britannico Hudson una dettagliata relazione, poi ritrovata negli Archivi di Stato inglesi di Kew Gardens.
«È facile supporre – osserva Antonella Grippo – che la “quinta colonna” di Hudson (…) fosse proprio Ricasoli. Supposizione –conclude la studiosa – che trova una conferma lampante grazie a un altro biglietto conservato negli archivi inglesi, indirizzato daRicasoli proprio all’ambasciatore Hudson solo due giorni dopo la scomparsa di Cavour, quando ebbe da Vittorio Emanuele IIl’incarico di presidente del Consiglio . “Caro amico esco dal re ed ho accettato. Ora penseremo a fare il meglio possibile. Ti amo, Tuo Ricasoli” . (LN119/18)
fonte
editorialeilgiglio.it