STORIA DE’ NOSTRI TEMPI DAL CONGRESSO DI PARIGI NEL 1856 AI GIORNI NOSTRI DI GIACOMO MARGOTTI (I) (VOL. III)
ELENCO DELLE LOGGIE MASSONICHE
Più volte abbiamo fatto notare l’importanza grande che ha per la storia la cognizione della potenza e delle arti della frammassoneria; imperocché tutto il gran lavoro della rivoluzione in Europa si fa per opera delle loggie massoniche. 1 principi sono tutti più o meno circondati e menati pel naso dagli affigliali della framassoneria. E questo basta per ispiegare come vedonsi sovente i sovrani stessi, che professano dottrine conservatrici e cattoliche, far guerra quando più, quando meno aperta alla Chiesa ed al suo Capo. Sarebbe cosa non meno curiosa che istruttiva l’avere un catalogo esatto di tutti i framassoni dell’Europa. Quanti uomini di Stato che passano per onest’uomini, che affettano un cattolicismo illuminalo e sincero, si vedrebbero risplendere nei primi gradi dell’esercito massonico!
In mancanza dei nomi di questi soldati sotterranei della falange infernale, abbiamo la rassegna dei varii reggimenti, brigate e corpi d’esercito. Noi accenniamo al Calendario massonico pel 1863 pubblicato a Berlino. Si sa che in Prussia la framassoneria gode di tutti i favori della Corte. Il regnante Sovrano di Prussia fu Grande Oriente quando era principe ereditario; ed ora a sua volta il principe ereditario è sottentrato nella carica di Grand’Oriente, la quale sembra spettar di diritto al primogenito della famiglia reale. Dal citato Calendario non possiamo conoscere il numero delle loggie del Portogallo e dell’Italia. Si dice solamente che il Portogallo e la Sicilia hanno ciascuno una Gran Loggia, con un numero indeterminato di succursali o Loggie semplici. Il grande maestro della Gran Loggia di Sicilia è Garibaldi. Pare che il signor Cordova non sia gran maestro, giacché il Calendario non riconosce una Gran Loggia in Piemonte. Ecco i particolari che troviamo nel Calendario:
In Francia il Grand’Oriente dirige 172 Loggie, e il Supremo Consiglio ha sotto di sé 50 Loggie. Il Belgio ha una Grande Loggia a Brusselle e 60 succursali; il granducato di Lucemborgo ha una Loggia e 2 succursali; la Svezia ha una Grande Loggia e 24 succursali; la Danimarca ha una Grande Loggia e 7 succursali; l’Olanda possiede la Great-Osten all’Aja con 68 succursali; la Grande Loggia d’Irlanda ha 307 succursali; la Grande Loggia di Scozia possiede 292 succursali, e quella di Londra 1021: sono in tutta l’Inghilterra 3 Grandi Loggie, a Londra, a Edimburgo, e a Dublino. La Svizzera ha la sua Grande Loggia Alpina a Losanna. La Grande Loggia Concordia a Darmstad nell’Assia dirige 7 succursali nell’Assia. La Grande Loggia d’Annover possiede 21 succursali; a Franco l’or tu sul Meno la Grande Loggia comanda a 10 succursali; la Baviera ha una Grande Loggia a Bayreulh con 10 succursali; Amburgo ha una Grande Loggia con 26 succursali; la Prussia ha 3 Grandi Loggie a Berlino, quella dei Tre Globi con 160 Loggie dipendenti; l’altra Germanica con 69 succursali; e la terza Yorkreal con 34. Sono in tutto il mondo 68 Grandi Loggie, 38 delle quali esistono agli Stati Uniti, ed altre in tutto il resto dell’America.
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Col mezzo delle Grandi Loggie, tutte le altre Loggie sono in comunicazione diretta e continua; ogni Grande Loggia ha i suoi rappresentanti presso le altre Grandi Loggie. Si fanno adunanze regolari ogni anno tra i Grandi Mastri, e, se occorre, anche radunanze straordinarie. Molti giornali speciali sono dedicati alla Framassoneria, come l’Officina, la Rivista Massonica, la Gazzetta dei Framassoni, i quali si pubblicano in Francia ed in Germania, ed altri altrove.
BIOGRAFIA
DEL EX-MINISTRO PIETRO BASTOGI
(Pubblicata il 3 aprile 1861).
Ci giunge da Livorno stampata in un foglio volante la seguente curiosa Biografia:
«Grande era l’aspettazione del pubblico rispetto alla nomina del nuovo ministero. Ma se grande era l’aspettazione, più grande fu la sorpresa, o per meglio dire lo sbalordimento allorché conosciuti i nomi dei chiamati a comporto.
«La biografia di uno solo, cioè del ministro delle finanze sig. Bastogi, basterà a provare come un tal gabinetto potesse essere accolto dal pubblico con favore e rispetto.
«II sig. Bastogi formò già parte della Giovine Italia, ed ecco quali servigi le rese. Il Mazzini richiedeva per la spedizione di Savoia alcuni capitali che gli affiliali di Livorno avevano posti assieme all’oggetto di sovvenire i perseguitati politici. Fu tenuta consulta, quale fra gli altri, intervennero Bini, Dewit, Fauquet, Guerrazzi e Bastogi. Il Guerrazzi, che già savio era e avveduto abbastanza, si opponeva che quel danaro fosse inviato, essendoché, come egli faceva osservare, destinalo a scopo preciso dai contribuenti, perché la impresa ordinala sotto gli occhi delle polizie non poteva riuscire a buon risultato, ma piuttosto a far molte vittime invano. Il Bastogi opinava diversamente, si dovesse la impresa sovvenire coll’invio del raccolto danaro.
«II Governo ebbe intanto notizia del tentativo Mazziniano, e temendo vi corrispondessero i Toscani, fece imprigionare il Bini, il conte Alani, Guerrazzi Guitera ed altri. Il Bastogi rimasto libero, adunò allora di nuovo la consulta e la persuase a fare la spedizione del danaro. Noi già sappiamo quale trista fine ebbe quella spedizione e quanto fu per tutti infelice, talché non vale parlarne. Ma che fece il Bastogi? il Bastogi disertò dal campo della Giovine Italia, cangiò fede, o piuttosto non cangiò nulla, perché in esso alcuna fede non era ne poteva essere, come andiamo a vedere. Vennero i moti del 1847 e il Bastogi tanto i sbracciò a mostrarsi liberale italianissimo, che fu a Livorno eletto deputato al Parlamento Toscano.
Venne la restaurazione, e mutò sembianza, si mostrò uno dei più caldi partigiani del reggime austriaco.
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Strinse la mano al Baldasseroni e a Landucci, fece gl’imprestiti, che dovevano alimentare i Tedeschi in Toscana, e n’ebbe per senseria da Leopoldo II la croce di San Giuseppe. Accadde la rivoltura del 27 aprile, ed egli pure si rivoltò: sorrise ai nuovi reggitori, pervenne dopo incessanti sforzi a salire gli scanni parlamentari, a gridare bravo bravissimo! ai discorsi del conte Cavour, il quale sembra lo prendesse allora in grazia.
«Ecco l’uomo che nei gravi frangenti, in cui versa tuttora l’Italia ebbe il portafoglio di ministro delle finanze. Può trovarsi eguale e più distinto Camaleonte? Ma crede egli, il sig. Bastogi, poter lottare contro il sentimento nazionale e la pubblica opinione?».
PIETRO BASTOGI SUL CAMPIDOGLIO!
(Pubblicatoli 17 luglio 1864)
Mi pare potesse giovare alla dignità (??) ed agli interessi (??) del Nuovo REGNO ITALIA, che anche una Compagnia d’Italiani si accingesse al concorso». Lettera di Pietro Bastogi che domanda l’impresa delle ferrovie meridionali, letta tra gli applausi de’ deputati il 31 luglio 1862 (Ani uff. N. 819, pagina 3178).
Sarebbe impossibile trattar quest’oggi altro argomento che non fosse di Bastogi, di Susani e del disinteresse italianissimo. La Camera, Torino, l’Italia, l’Europa sanno ormai chi sieno coloro che volevano togliere Roma al Papa, e per qual fine gridassero tanto contro il dominio temporale. Ah! bisogna stamparselo bene nella memoria, e da quello che si dice e si sa, argomentare il resto che non si dice e s’ignora, ma che forse la giustizia di Dio aspetta altro tempo per rivelare a quel popolo imbecille che si lascia sempre gabbare, a quelle pecore matte che si fanno mungere e tosare, ed applaudono i tosatori. Popolo, popolo, conosci una volta i tuoi veri amici, ed impara a tue spese 1
Tra gli italianissimi che volevano salire sul Campidoglio tiene un luogo principale Pietro Bastogi, banchiere di Livorno, come colui che già da trentanni voleva conquistare Roma. Epperciò si era ascritto alla Giovine Italia del Mazzini insieme con Guerrazzi, Bini ed Enrico Mayer. Il Mayer viaggiava a Roma, dove fu conosciuto ed imprigionato, e Pietro Bastogi era cassiere del Comitato, come raccontò lo stesso Mazzini (1).
Dalle Memorie di Giuseppe Montanelli ricaviamo che cosa facesse Pietro Bastogi in sul principio della sua carriera rivoluzionaria per unire l’Italia.
Mazzini, Scritti editi ed inediti, Milano 1862, voi. id, pag. 315.
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«Durante l’agitazione della Giovine Italia quasi tutte le domeniche si recava a Pisa, e gli studenti suoi amici invitati a patriottici banchetti soleva inebriare degli spiriti mazziniani (1)». E pare che il Bastogi non abbia ancora smesso questa sua arte d’inebriare, giacchè il Deputato Piroli nella tornata del 15 di luglio 1864 ci disse che riuscì ad inebriare il deputato Susani, e tentò pure di inebriare il deputato Grattoni.
Per salire sul Campidoglio i mazziniani nel 1833 divisavano d’invadere prima il Piemonte, ed atterrare il trono di Carlo Alberto, conciossiache stimassero impossibile spogliare il Papa se prima non avessero distrutto la Casa di Savoia, che fu dei Papi sempre divotissima. Ma il granduca di Toscana Leopoldo II, che conosceva quali obbligazioni gli corressero verso il suo Reale congiunto, e non ignorava come, caduto un trono, difficilmente potesse reggersi il trono vicine, avuto sentore della spedizione di Savoia, facea tosto imprigionare i mazziniani della Toscana, e tra questi il Bini, il conte Alani, Guerrazzi, Giutera ed altri. Bastogi, invece, rimase libero, e poco dopo disertò il campo della Giovine Italia (2).
Venuto il 1848, il nostro eroe mostrossi de’ più caldi liberali, e gridò quanto n’ebbe in gola Viva Pio IX! e fu eletto deputato al Parlamento toscano. Ma scoppiata poi la repubblica, seppe ritrarsi in tempo, sicché dopo la ristaurazione strinse la mano al Baldasseroni ed al Landucci, imprestò danari al Granduca, e n’ebbe da Leopoldo Il la croce di San Giuseppe. Nell’ungere le carrucole il Bastogi fu valentissimo, e lasciava sempre una callaia aperta «da potersi ritrarre a salvamento».
Il 27 aprile del 1859 Bastogi gettossi con tutti gli altri contro il Granduca, fu deputato all’Assemblea toscana, dichiarò l’esautorazione dei Lorenesi, entrò in grande amicizia col conte di Cavour, e volea con lui andare a Noma.
Dopo l’annessione della Toscana, e la proclamazione del Regno d’Italia, il nostro Pietro veniva eletto ministro delle finanze dal conte di Cavour. Imperocchè ne’ primi mesi del 1861 l’avvocato Saverio Vegezzi avendo abbandonato questo ministero, fu eletto in sua vece il 22 di marzo il cavaliere Bastogi. Il quale continuò ad essere ministro delle finanze dopo la morte del Cavour, insieme col Ricasoli, col Minghetti, col Menabrea, col Peruzzi, e ebbe in mano le nostre finanze quasi per lo spazio di un anno, dal 22 di marzo del 1861 al 3 di marzo del 1862.
Come ministro delle finanze Bastogi istituì il Gran Libro del debito pubblico del Regno d’Italia, Libro immenso che si viene scrivendo di nuovi debiti ogni giorno, e che finirà per essere gettato sulle fiamme secondo le profezie di due deputati, Mauro Macchi, e Gregorio Sella; il primo dei quali disse nella Camera, che quando pur fossimo nella necessità «di gettare alle fiamme il Libro del debito pubblico, purchè con ciò ci fosse concesso il bene supremo di viver
(1) Memorie sull’Italia e principalmente sulla Toscana dal 1814 al 1850. Vol. I, Torino 1853, pag. 10.
(2) Biografia del Bastogi stampata a Livorno nel marzo del 1861, e ristampata a Torino il 5 aprile dello stesso anno
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liberi, poco a noi premerebbe (1)», e l’altro soggiunse d’aver egli pure «volontà di gettare alle fiamme quel Gran Libro che si chiama il Libro del debito pubblico (2)».
Nel maggio del 1861 Pietro Bastogi chiedeva ed otteneva dalla Camera un prestito di cinquecento milioni effettivi, prestito che aggravava i poveri Italiani di oltre a settecento milioni. Noi siamo certi che di questi milioni non andò disperso nemmeno il becco d’un quattrino. Imperocchè, se più tardi il Bastogi largheggiò danaro a coloro che lo aiutarono, diè danaro proprio; ma nessuno può dire che tacesse altrettanto col danaro dello Stato.
Pietro Bastogi radunava i milioni per andare a Roma e salire sul Campidoglio, e già sperava di piantarci la sede delle sue operazioni finanziarie. Se per la riuscita della sua impresa delle strade meridionali il Bastogi lece tutto quello che fu detto il 15 luglio 18&4 nella nostra Camera dei deputati, che cosa non avrà fatto egli mai in un. anno di ministero per riuscire nell’altra impresa infinitamente maggiore, l’impresa di salire sul Campidoglio? Non sappiamo se abbia trovato a Roma qualche Susano, ma ci pare incredibile che almeno non l’abbia ricercato!
Bastogi Ministro divenne conte, e mostrò la strada a tutti coloro che desideravano un titolo, giacchè il 4 di luglio 1861 presentava alla Camera dei deputati il disegno d’una tassa sul conferimento dei titoli di nobiltà: pel titolo di principe, L. 50 mila; di duca, 40 mila; di marchese, 30 mila; di conte, 20 mila; di visconte, 15 mila; di barone, 10 mila; ed assoggettò anche ad una tassa la collazione dei benefizi ecclesiastici!
Nel carnevale del 1862 cadde Bettino Ricasoli, e con lui Pietro Bastogi, il quale non potendo piti servire l’Italia come ministro, si diè a servirla come banchiere, e stabilì la società delle ferrovie meridionali, unicamente, per un caldo e fervente amore di patria. E per mettersi in grado di rendere alla patria questo servigio, Bastogi spese e regalò oltre un milione, e mancò al rispetto dovuto ai deputati. Ohi amor di patria, quid non murtalia pectora cogis (3).
La sede centrale della società delle ferrovie meridionali fu stabilita in Torino, ma nella polizza d’affitto del palazzo che dovea servire di residenza al Bastogi, questi volle che fosse una condizione, vale a dire che il contratto restasse sciolto, qualora la sede del governo italiano passasse a Roma. E il padrone del palazzo accettò ridendo la clausola, imperocchè egli teneva per certo che i Bastogi non andrebbero mai a risuscitare sulle rive del Tevere i brutti tempi che Giugurta imprecava.
Altro che andare a Roma! a poco a poco si vennero a scoprire certe maccatelle che diedero luogo ad una proposta fatta dal Mordini il 21 maggio del 1864, per ricercare se mai nella Camera a proposito delle ferrovie meridionali ci fossero stati corrottori e corrotti. E l’inchiesta fu fatta, e il suo risultato riuscì contro Pietro Bastogi, in guisa che egli non potrà mai più rialzare il capo. Il povero Pietro andò sul Campidoglio, ma per essere precipitato dalla Rocca Tarpea.
(1) Atti uff. della Camera, tornata del 27 giugno 1860, N” 107, pag. 416.
(2) Atti uff. della Camera, loc. cit. , pag. 417.
(3) «Tutti ricordiamo i sensi patriottici, onde (Bastogi) accompagnava la sua proposta» Relazione uff. sull’inchiesta, pag. 12.
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E qui considerate come la giustizia di Dio si renda sempre più terribile nei suoi castighi contro coloro che ruppero guerra a Pio IX. Il conte di Cavour è il primo colpito, e muore nel meglio della sua carriera. Giuseppe Garibaldi non muore no, ma riceve una palla rattazziana nel malleolo d’un piede, e dura gli anni infermo senza poter guarire. Peggio tocca a Luigi Farmi, che perde il bene di quell’intelletto che Iddio gli uvea dato potentissimo, e di cui egli osò fare si strano abuso. E Pietro Bastogi più disgraziato di questi tre è diffamato solennemente nella Camera dei deputati!
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