STORIA DE’ NOSTRI TEMPI DAL CONGRESSO DI PARIGI NEL 1856 AI GIORNI NOSTRI DI GIACOMO MARGOTTI (VI) (VOL. III)
GLI OSANNA DEI PAPICIDI AL SANTO PADRE PIO IX (Pubblicato il 24 marzo 1861).
Diciannove secoli fa «una gran turba di gente, avendo udito che Gesù andava a Gerusalemme, presero dei rami di palme, e gli uscirono incontro, gridando: Osanna, benedetto colui che viene nel nome del Signore, il Re d’Israele» (Vang. il San Giovanni, cap. XII). Pochi giorni dopo, quelle turbe gridavano a Filato: Crocifigi Gesù, e davano sulla faccia al Nazareno le palme medesime che avevano servito al suo trionfo!
A’ tempi nostri veggiamo rinnovarsi lo stesso spettacolo riguardo al Vicario di Gesù Cristo. Coloro che con inni, con poesie, con articoli, con discorsi gridavano osanna a Pio IX, ora colla stessa penna, che ne celebrò il nome benedetto, lo insultano, lo deridono, l’infamano, e rivolgono contro di lui quelle armi medesime che dicevano di voler impugnare a sua difesa.
E poiché molti avranno potuto dimenticare gli osanna degli anni scorsi, noi vogliamo ricordarli in questo articolo il quiale servirà dapprima a lodare il nostro glorioso Pontefice colla parola medesima de’ suoi nemici; poi a dimostrare le ignobili contraddizioni e le sordide ipocrisie dei suoi nemici; in ultimo farà vedere che cosa sia quell’opinione pubblica, che si proclama regina del mondo, come si formi, quanto duri, e dove riesca.
Gridavano osanna a Pio IX Massimo e Roberto d’Azeglio, Cavour, Don-Compagni, Bertoldi, Massari, Carutti, Gioberti, Farini, Mamiani, Pepoli che pubblicava sonetti a Bologna, Valerio e un’infinità d’altri veramente Pueri Hebraeorum, perché imitatori dell’affetto, della riconoscenza, della lealtà delle turbe giudaiche verso il Redentore!
Massimo d’Azeglio. «Pio IX è un uomo di gran mente e d’alto cuore, di saldo e risoluto animo, franco, aperto e leale nel suo operare. Pio IX è ricco delle più preziose doti, che possono far degno veramente un Principe della sua Corona, la fortezza e la lealtà. Pio IX ha fatto più per l’Italia in due mesi, che non hanno fatto in vent’anni tutti gl’Italiani insieme (1)».
(1) Vedi una lettera di Massimo d’Azeglio, Genova, 2 ottobre 1846. Nel suo libro poi dell’Emancipazione civile degli Israeliti. Firenze Lemonnier 1848, Massimo d’Azeglio scriveva: «Pio IX coll’aprire le braccia a tutti gli afflitti, coll’accogliere le loro preghiere, ascoltarne i lamenti, tergerne le lacrime; col ripetere quelle divine parole. «Venite a me voi tutti che siete nell’afflizione, ed io vi consolerò», seguì il grande esempio del Redentore; fu modello o vero ritratto di quella carità che è il compendio di tutta la leggo e ne forma il massimo de’ precetti: e tutti i consolati hanno detto: «Questa è veramente religione divina» (pag. 49). Pio IX, non è l’uomo del partilo, ma è l’uomo di Dio (pag 49). Pio IX il restauratore del senso religioso: l’uomo della civiltà, l’uomo da lauto tempo aspettato e sospirato sull’alto seggio che rimaneva vedovo e deserto (pag. 52). Pio IX benefica e consola (pag. 53). E tutto ciò (non possiamo abbastanza ripeterlo) perché Pio IX non è l’uomo del partito, ma l’uomo del cuor retto, l’uomo di Dio (pag. 54). Quel Pontefice (Pio IX) che nel porro rimedio ai mali del suo popolo, aveva mostrata tanta sete di giustizia, tanto ardore di carità, non poteva non commuoversi delle miserie degl’Israeliti; che son pure anch’essi suoi figli, che quantunque divisi di fede e di culto, sentono il desiderio, il bisogno di cercare in esso un padre, che in Ini già Io trovarono, e piegano ad esso riverenti se non sinora le intelligenze, certo gli affetti e le volontà (pag. 55).
— 271 —
E contro questo Pio IX leva ora la voce Massimo d’Azeglio nelle sue Quistioni urgenti. Oh pueri Hebraeorum!
Roberto d’Azeglio. «L’elezione di Pio IX fu una delle più stupende manifestazioni dell’intervento divino nella cosa umana. Pio IX evocò i suoi popoli alla dignità dell’ordine legale, applicò con volontà spontanea il principio fratellevole del Vangelo alla condizione civile dei sudditi. Pio IX coll’eloquente esortazione dell’esempio traeva i Principi ad imitare l’azione santa del Vicario di Gesù Cristo (1)». E più tardi Roberto d’Azeglio si scatenava parecchie volte nel Diritto contro questo santo e grande Pontefice. Oh Pueri Hebraeorum!
Camillo Cavour. «Pio IX, il sommo Pio è uno de’ più zelanti Pontefici che siasi seduto mai sulla cattedra di S. Pietro. Con modo energico e nobile seppe difendere i suoi diritti ed arrestare colla sola potenza della parola odiose invasioni (2)». Ed ora Camillo Cavour invade gli Stati del Papa, spoglia Pio IX, e gli rivolge a colpa l’energica e nobile difesa de’ suoi diritti! Oh Pueri Hebraeorum!
Carlo Bon-Compagni. «Evviva Pio IX! è il grido con cui l’Italia inaugurò il suo risorgimento. Evviva Pio IX! è il grido in cui si esprime il pensiero che si debba spingere a nuovi destini la nazione, pensiero di ossequio verso la religione e la Chiesa, di cui egli è Capo (3)». Ed ora Bon-Compagni vuole spingere a nuovi destini l’Italia gridando Abbasso Pio IX! Oh Pueri Hebraeorum!
Lorenzio Valerio. «Non è Pio che piega davanti lo straniero per fini secondarii; perocché se abbraccia nel suo amore tutta quanta l’umanità come Pontefice non cessa d’essere italiano, e fortissimo italiano come Principe (4)». E Lorenzo Valerio, nel 1860, andava governatore nelle Marche tolte a Pio IX, e lagnavasi della resistenza del fortissimo Principe! Oh Pueri Hebraeorum!
Domenico Camiti. «Pio IX è quel grande che Italia tutta riconosce per messaggiero della sua redenzione divina (5)». Ed oggi il Canuti raccoglie negli archivi dello Stato gli atti della sublime riconoscenza dimostrata a questo grande che veniva nel nome del Signore. Oh Pueri Hebraeorum I
Carlo Luigi Farini. Costui beneficato straordinariamente dal Santo Padre Pio IX lo eccitava a difendere le proprietà della Chiesa, e prometteva di condurre sotto i vessilli di Sua Santità una legione straniera (6). E poi andò dittatore a Bologna, ed emissario a Ciamberì per ottenere licenza di distruggere l’esercito del Papa sotto pretesto ch’era formato di stranieri. Oh “Pueri Hebraeorum.
Marco Minghetti. Costui pure voleva nel 1848 che dai Romani «si nominasse una deputazione, la quale portasse al trono di Sua Santità
(1) Concordia, 3 gennaio 1848.
(2) Risorgimento, 14 gennaio 1848.
(3) Risorgimento del gennaio 1848.
(4) Concordia, 1848, N° 8.
(5) Le Feste Torinesi, ecc. pag. 10.
(6) Indirizzo a Pio IX, 1 agosto 1848.
— 272 —
le espressioni della sua devozione ed inalterabile attaccamento (1)». E poi mostrò il suo inalterabile attaccamento al Papa colla Nota verbale che scrisse percento di Camillo Cavour, e lo dimostra oggidì come ministro dell’interno in Torino. Oh Pueri Hebraeorum!
II generale Durando. Onesto generale diceva ai soldati: «Le vostre spade unite a quelle di Carlo Alberto devono concordi muovere all’esterminio dei nemici di Dio e dell’Italia, e di quelli che oltraggiarono Pio IX (2)». E invece queste spade sono dirette oggidì contro Pio IX medesimo! Oh Pueri Hebraeorum.
Filippo De-Boni. Onta alla turpe gentaglia che va gridando osceni improperii contro Pici IX. Gli Italiani debbono concedere se fa di mestieri la vita per onorare di non domabile difesa la costanza di Pio, le ragioni del suo principato. La causa del Papa è la nostra, la sua gloria è nostra gloria, e il suo trionfo sarà pure un nostro trionfo (3)». E poi questo Filippo De-Boni nel Diritto del 29 di gennaio 1860 esclamava: Le porte infernali prevaleranno contro la Roma dei Papi! Oh Pueri Hebraeorum.
Giuseppe Massari. Pio IX è il sommo sacerdote, il mansueto levita d’Italia, Carlo Alberto ne è il sommo guerriero, il forte Maccabeo. Innanzi alla mansuetudine del primo ed alla fortezza del secondo insiem congiunte ed intrecciate, s’infrangeranno le ani della frode ed i soprusi della violenza (4)». Ed ora il Massari si fa il sostenitore di queste arti e di questi soprusi adoperati contro Pio IX! Oh Pueri Hebraeorum.
E per chiudere questa enumerazione che potrebbe protrarsi all’infinito, ricorderemo la Gazzetta Piemontese, ora Gazzetta del Regno d’Italia, che chiamava Pio IX «l’angelo che ha salvato l’Italia (o)»; ricorderemo la Gazzetta del Popolo che nelle disgrazie d’Italia consolavasi perché vive Pio IX (6) ricorderemo l’omaggio delle guardie nazionali lombarde all’immortale Pio IX rigeneratore d’Italia; ricorderemo Gavazzi che in Padova alla piazza dei Signori impone solennemente il nome di Pio IX; ricorderemo Giuseppe Bertoldi che canta:
Giunto è l’eletto servo di Dio,
Il mansueto, il giusto, il Pio,
La salda pietra del Vatican.
Nel 1848 Pio IX era chiamato l’arcangelo della terra, l’apostolo dell’amore, che cinto d’olivo e armato di carità rompe il regno dell’odio, fuga le tenebre del pregiudizio e siringe i popoli nel bacio fraterno. Il nome di Pio IX era detto la verga di Mosè, la stella di salute, il nome dissipatore di ogni odio, di ogni ruggine antica.
Pio IX era un uomo maraviglioso, l’amico più famigliare dei cittadini e il mecenate degl’intelletti più instancabile e più munifico del suo Pontificato il solo trentunesimo giorno avrebbe bastato a colmar di gloria il più lungo regno».
Protesta del 23 novembre 1848.
Proclama, 5 aprilo 1848.
La Congiura di Roma, pag. 100, 194, 165.
Le feste Torinesi ecc. pag. 18.
Gazzetta Piemontese, 5 moggio 1848.
Gazzetta del Popolo, 27 giugno 1848.
— 273 —
Egli era «il più amoroso e il più santo dei Vicarii di Cristo, l’eletto del Signore, la cui anima creata a sua immagine possiede tutti i segni della divinità; egli era adorabile per bontà ed ingegno; era l’apostolo degli infelici». I rappresentanti del suo popolo gli dicevano fra le altre cose: «Noi veniamo a dirvi che vi amiamo come nessun Pontefice fu amato giammai; noi vi amiamo tanto, che faremmo di voi un Dio, se Gesù Cristo nostro Signore non fosse il solo e vero Dio della terra e del ciclo (1)». Uno storico soggiungeva: «Nessun Principe della terra conquistò l’affetto de’ suoi sudditi in più largo ed unanime modo. Se Pio IX fosse vissuto diciannove secoli prima, i signori de l mondo gli avrebbero innalzato altari al Campidoglio». E poco dopo lo stesso storico ripigliava: «Il primo nome che i Romani insegnano ai loro fanciulli non è più quello dei loro padri, ma quello di Pio IX: il primo vagito che esce dalla culla non è un grido di dolore, ma una voce di felicità, il nome di Pio IX; la maledizione che maledice si consola e torna a benedire nel nome di Pio IX; il nome di Pio IX è venerato dai Romani in tutte le loro gioie, invocato in tutte le loro sventure, gridato in mezzo alle tempeste della vita. Pio IX è la fortuna di Roma; e gl’Italiani tutti tengono gli occhi continuamente fissi sopra di lui, come i magi sulla stella d’oriente (2)».
Chi avrebbe detto che gli ebrei dopo avere accolto tra le palme il Redentore l’avrebbero poi crocifisso! E chi avesse detto nel 1848 che tutti questi panegiristi di Pio IX l’avrebbero ingiuriato, spogliato, tormentato! Ma siccome l’avvenuto nella persona di Gesù Cristo era una conseguenza delle predizioni delle Sante Scritture, e convenne che Cristo patisse ed entrasse così nella sua gloria; così conviene che Pio IX soffra ad onore della sua Chiesa e a confusione de’ suoi nemici.
E fin dal 1847 e 48 Pio IX si aspettava a questo strazio, e diceva: Dopo la domenica delle palme giunge il venerdì Santo (3). E giunse ben presto, e sebbene aspettato non meno terribile. Ma prima di permettere che il Vicario di Gesù Cristo fosse spogliato, Dio ha voluto che ne fosse proclamato il regno dai medesimi spogliatoi; prima che le lingue malediche calunniassero Pio IX, furono costrette dalla forza della verità a celebrarne le lodi.
Questo Pontefice che ora spacciano vittima dei raggiri altrui, è quel desso che da sé incominciò la grande opera del risorgimento italiano; e l’ostinazione che gli rinfacciano, è quella stessa fermezza e costanza che già commendarono in lui. L’iniquità si smentisce da sè, e gli ebrei Deicidi condannavano se medesimi, uccidendo Colui che aveano prima acclamato il Benedetto che viene nel nome del Signore.
Noi non mutiamo linguaggio a seconda degli eventi. Siamo con Pio IX sempre. Con lui nei giorni gloriosi del 1848, con lui nell’esilio di Gaeta, con lui nel suo trionfale viaggio del 1857, con lui ne’ patimenti che ora soffre nella sua medesima Roma. Abbiamo applaudito Pio IX nei giorni dell’osanna, ora piangiamo e preghiamo appiè della sua croce.
(1) Storia delle rivoluzioni italiane di G. Massara. Torino, 1859, voi. 1, pag. 372, 258, 259, 262, 211. 288, 323, 324, 369, 374.
(2) Questo storico è citato dal Mascara, che però non ne dice il nome. Vedi Storia delle rivoluzioni italiane, pag. 384, 385.
(3) Lafond, la voie douloureuse des Papes. Paris 1860, pag. 201.
— 274 —
CHI MUTO? PIO IX O I LIBERTINI? RISPOSTA AL SENATORE VACCA (Pubblicato l’11 aprile 1861).
Il senatore Vacca, nella tornata del 9 di aprile 1861, manifestò la speranza che Pio IX, favellando con se stesso e con Dio, tornerebbe ai pensieri del 1848. Signor Vacca, oggi le nostre parole saranno dirette a voi, e vi proveremo, signor Vacca, che Pio IX è sempre il Pontefice del 1848, ch’egli non ha mutato menomamente, che ha lo stesso cuore, gli stessi affetti, i medesimi intendimenti del 1848. Ma voi e i vostri, signor Vacca, mutaste invece e linguaggio, e disegni e convinzione.
E dapprima Pio IX non potò mutare la sua natura, la sua mente, il suo cuore, la sua persona. Egli è sempre quel Principe provido, avveduto, intelligentissimo, che governa da sé, che non cede mai né a sollecitazioni, né ad inganni. Mutarono invece brutamente i libertini, che nel 1848 acclamavano Pio IX come un grande uomo di Stato, uno de’ più zelanti Pontefici, l’Arcangelo della terra, l’Apostolo dell’amore, la stella di salute, l’eletto del Signore, ed ora osano rappresentarcelo come lo zimbello delle altrui volontà, la vittima dei maneggi di palazzo.
I libertini non ci dicevano forse nel i848, che Pio IX, salito sul trono, tenne testa ad antiche costumanze, a molteplici pretese, e da solo resistè a forti opposizioni, e fe’ prevalere la sua politica in vantaggio dello Stato e della Chiesa? Ed un Principe così fermo come potè in un tratto divenir debole, tentennante, arrendevole alle voglie di coloro che lo circondano?
Pio IX non mutò nel volere i suoi sudditi sottoposti al proprio impero. Agli amnistiati facea sottoscrivere una carta, dove riconoscevano Pio IX loro Sovrano legittimo, e promettevano parola d’onore «di non abusare in alcun modo e tempo dell’atto della sua sovrana clemenza, e di compiere fedelmente a tutti i doveri di buoni e leali sudditi».
Mutarono invece i libertini, che allora giuravano sulla propria testa e su quella de’ figli di essere fedeli infino alla morte a Pio IX; giuravano di spargere il sangue per lui, quando ne venisse il bisogno; giuravano pel segno di redenzione; e taluno rinunziava alla sua parte di paradiso, se mai tradito avesse il giuramento che legavate a Pio; ed ora la maggior parte di que’ spergiuri affliggono e combattono il generoso Pontefice, che loro concesse sì largo perdono!
Pio IX oggidì, come nel 1848, vuole sostenere ad ogni costo i diritti della Santa Sede, e non cedere un palmo solo delle terre Pontificie. Egli non mutò, e non muta su questo punto. Mutarono invece i libertini, che dodici anni fa proponevano al Papa di allargare il suo dominio temporale in Italia, come Pio IX dichiarava nella sua Allocuzione del 29 di aprile 1848; ed ora reputano dannoso all’Italia ch’egli continui a dominare in un angolo solo della Penisola!
— 275 —
Pio IX è nel 186) quel medesimo Pontefice, che protestava nel 1847 contro gli occupatori di Ferrara «volendo conservare indenni i sacri diritti della Santa Sede». Mutarono invece i libertini, che allora con Camillo Cavour applaudivano a quella nobile ed energica protesta, e chiamavano odiosa invasione l’occupazione ferrarese; ed ora mille volte peggiori degli Austriaci, vogliono invadere la stessa Roma, e bestemmiano Pio IX perché si difende!
Non mutò il gran Pio che oggidì, come sempre, reputa utile alla Chiesa ed all’Italia il civile Principato de’ Papi. Mutarono i libertini, che nel 1848 scrivevano essere questo civile Principato «intimamente collegato così collo splendore del Cattolicismo, come colla libertà e coll’indipendenza d’Italia»; ed ora vogliono abolirlo, e rovinare l’Italia, e perseguitare la Chiesa.
Non mutò il gran Pio che, coll’innumerevole schiera de’ suoi santi predecessori, stimò sempre che la terrena podestà del Pontefice nulla avesse di contrario all’Evangelio. Mutarono i libertini, che prima proclamavano con Gioberti «il dominio temporale del Papa tanto giovare a tutelare la Santa Sede nel giro della regione» ed ora traggono fuori interpretando a sproposito regnum meum non est de hoc mundo!
Ah! signor Vacca, non è Pio IX che debba tornare a’ pensieri del 1848. Dite che ci ritorni il vostro collega il senatore Plezza, il quale scriveva il 1° di agosto del 1848, che togliere le Legazioni al Papa sarebbe «distruggere la sua indipendenza politica con gran detrimento della libertà religiosa».
Dite che ci ritorni il vostro amico, Luigi Farini, che nel 1848 eccitava il Santo Padre a difendere le proprietà della Chiesa, anche con legioni straniere e chiamava un’infamia il togliere al Romano Pontefice le sue provincie.
Dite che ci ritorni il ministro Marco Minghetti, che, al 25 di novembre del 1848, voleva che in Roma «si nominasse una deputazione, la quale portasse al trono di Sua Santità le espressioni della nostra devozione ed inalterabile attaccamento».
Signor Vacca, il Papa non muta. Egli è il rappresentante di Dio, che disse: Ego dominus et non mutar. Egli sta colla verità e colla giustizia, che sono ferme, costanti, immortali. Mutano invece i nemici del Papa, che sono gli empi, che sono gli stolti, de’ quali è detto nell’Ecclesiastico che Mutano come la luna.
Vedeteli questi stolti, signor Vacca! Nel 1848 volevano che il Papa si circondasse d’armi e d’armati, e bandisse la guerra all’Austria, e nel 1861 gridano perché il Papa si difende contro gl’invasori, ed ha un pugno di soldati a suo servizio! Allora il Vicario del Dio della pace potea conquistare le terre altrui, ed ora non può difendere le proprie!
Questi stolti, signor Vacca, pretendevano nel 1847 e 1848 che Pio IX fulminasse la scomunica contro i Tedeschi, e scrivevano che le censure ecclesiastiche erano un’arma formidabile in mano della Chiesa, e poteano atterrare i troni, i Re e gl’Imperatori; ed ora si pigliano giuoco della scomunica, e la dicono una spada senza punta ed un telum imbelle sine ictu!
— 276 —
Questi stolti, signor Vacca, una volta accusavano i Romani Pontefici d’avere chiamato gli stranieri in Italia, ed ora sono essi che danno l’Italia legata piedi e mani in potere degli stranieri, e sotto il bugiardo nome d’indipendenza inaugurano nella nostra Penisola la più obbrobriosa servitù.
Guardatevi attorno, signor Vacca, e troverete le persone che mutano ad ogni pie’ sospinto, che oggi sono repubblicani, domani monarchici, quando conservatori, quando demagoghi, prima colla giovine Italia, poi con Cavour, un giorno stipendiati dal Re di Napoli potente, l’altro suoi nemici, perché in esigilo. Costoro, signor Vacca, non hanno altro principio che il tornaconto, che l’interesse, che l’egoismo, epperò codardamente si rivolgono sempre verso il sole che sorge, e danno le spalle al sole che tramonta.
Voi e i vostri, signor Vacca, quante volte avete detto che la Santa Sede è ostinata, tenace, sempre la stessa; che non si vuole acconciare ai tempi, né abbandonare le sue tradizioni? E ora avete il coraggio di contraddirvi, e rappresentarci Pio IX, che la Gueronière dice ostinato, come una banderuola che muta secondo i venti? Un po’ di logica, signor Vacca, un po’ di buona memoria.
Pio IX non muta. Egli invece può dire al popolo d’Italia: «Mutatus es mihi in crudelem». Se Italia conobbe se stessa ed ebbe coscienza del suo essere e del suo potere, fu opera del regnante Pontefice. Ed ora l’Italia ne lo ripaga di questa guisa? Ah crudele! Ah sciagurata!
E ben a ragione Pio IX nell’ultima sua Allocuzione ripeteva quel detto di Isaia: «Mutaverunt ius!». La terra è infetta dai suoi abitatori, perché questi han trasgredite le leggi, han cambiato il diritto, hanno sciolta l’alleanza sempiterna. Leggete, signor Vacca, leggete quel capitolo d’Isaia che è il xxiv e vi troverete la descrizione dell’Italia presente.
«La maledizione divorerà la terra, perché i suoi abitanti sono peccatori; e per questo daranno in pazzie quei che in essa dimorano, e scarso numero di uomini resterà… La città della vanità si va distruggendo… Sarà in agitazione la terra come un ubbriaco, e muterà sito come un padiglione che sta fermo una notte; sarà a lei grave peso la sua iniquità, ed ella cadrà, né potrà più rialzarsi. E in quel giorno visiterà il Signore la milizia del cielo nell’alto, e i re della terra, i quali sono sopra la terra. E saranno riuniti tutti in un fascio nella fossa».
Tutto questo, signor Vacca, perché? Perché gli abitatori della terra «mutaverunt ius», e i re che videro «mutarsi il diritto» se ne stettero colle mani alla cintola, come se non si trattasse di loro, perché la rivoluzione imperversava in casa degli altri!
Ah, signor Vacca, tristissimi tempi si preparano per questa Italia se essa non muta davvero, se non ritorna come nel 1848 a Pio IX, se non si tiene alla cattedra di S. Pietro, se non riconosce nel Papato tutta la sua forza, tutta la sua stabilità, tutta la sua gloria. È questa Italia che dee favellare con se stessa e con Dio, interrogare la sua storia, adorare i decreti della Provvidenza, e mutar vezzo, e gettarsi nelle paterne braccia del Papa. A questa condizione soltanto l’Italia si rialzerà.
— 277 —
Se no essa passerà di rivoluzione in rivoluzione, di tirannia in tirannia, di vergogna in vergogna, divenendo la favola e lo scherno del mondo. — Ma tu, o Cattedra di Pietro, tu, come quel Dio che in principio gettò i fondamenti della terra, tu durerai immortale anche quando tutto invecchierà intorno a te come un vestito. Tutto sarà mutato, ma gli anni tuoi non verran meno. «Anni tui non deficient».
I NEMICI DI PIO IX SGABELLO A’ SUOI PIEDI NELL’ANNIVERSARIO DELLA SUA ELEZIONE (Pubblicato il 16 giugno 1861)
«Porrò i tuoi nemici sgabello ai tuoi piedi (Salmo, 109, v. 2).
Oggi, 16 di giugno, si compie l’anno decimoquinto dacché il glorioso Pio IX sali sulla cattedra di S. Pietro, ed i sacerdoti pregano il Pontefice eterno e lo ringraziano d’aver dato alla Chiesa un uomo di tanta virtù, e lo supplicano ardentemente perché si degni di conservarglielo ancora molti anni.
Per festeggiare un sì lieto giorno noi domanderemo gl’inni, gli applausi, i riflessi agli avversavi medesimi del Santo Padre. Di Gesti Cristo sta scritto nei salmi che Dio porrà i suoi nemici sgabello ai suoi piedi; e questa è pure la vittoria che la Provvidenza ha riservato a Pio IX. Egli è difeso da coloro che lo assalgono, egli è applaudito da quei medesimi che lo dileggiano, il suo trionfo è pronunziato da quelle stesse labbra che gli gridano guerra.
Raccogliamo adunque ne’ libri e ne’ diarii dei libertini le feste, le gioie, le acclamazioni a Pio IX; e formiamo del tutto uno sgabello, su cui innalzare in faccia agli uomini del mondo il nostro Santo Padre, che in faccia a Dio, in l’accia ai fedeli è già tanto elevato per le sue virtù, per la bontà del suo cuore, per la fermezza, la costanza, il coraggio delle sue nobilissime azioni.
Nel 1846 quando si seppe a Parigi l’eiezione di Pio IX, il Journat des Débats del 21 di giugno scriveva: «Noi auguriamo sinceramente ch’egli vegga gli anni di Pietro, e che il suo regno si prolunghi pel bene della Chiesa, di cui è Capo, e per quello dei popoli dei quali è Sovrano».
Il Journaldes Dcbats del giugno 1861 non tiene più lo stesso linguaggio, ma invece vorrebbe che pel bene dei popoli fosse esautorato lo stesso Pio IX1 Quel giornale insieme colla Presse e cogli altri periodici rivoluzionari gettano a piene mani la calunnia contro il governo de’ Papi!
Eppure la Presse del 1846 in occasione dell’elezione di Pio IX dava un cenno dolio Stato Pontificio e del suo Governo, soggiungendo poi queste parole che dovrebbe rileggere: «Tali sono la costituzione e il Governo, di cui il nuovo Pontefice è proclamato Capo. Questa costituzione e questo Governo sono segno di mille assalti, a cui lo spirito di setta d’accordo collo spirito di parte aggiungono un’amarezza singolare. Vi ha per nostro avviso nelle querele, onde sono l’oggetto, pia di esagerazione che di realtà, la qua! cosa forse dimostreremo un giorno».
— 278 —
E questo, dicea la Presse, alla morte di Gregorio XVI, prima ancora che il regnante Pontefice introducesse nel reggime de’ suoi Stati tanti miglioramenti che gli attirarono le benedizioni dei popoli, e gli applausi de’ suoi medesimi nemici.
L’elezione di Pio IX, e pel modo con cui venne compiuta, e pel tempo e per la persona, si riconobbe come un tratto di speciale protezione di Dio verso la Chiesa, lo che fu dimostrato in Torino con una operetta venula in luce nel 1847 (1).
Il Diario di Roma del 20 di giugno 1846 scriveva: «Per un tratto speciale della Provvidenza in soli due giorni di conclave, e sedici di sede vacante, i voti dei sacri elettori sortosi mirabilmente accordati nello scrutinio della sera di martedì, 16 del corrente, ad innalzare alla suprema cattedra di S. Pietro l’Eminentissimo e Reverendissimo signor Cardinale Giovanni Maria dei conti Mastai Ferretti, prete del titolo dei Ss. Pietro e Marcellino, Arcivescovo, Vescovo d’Imola».
E il Journal des Débats del 21 di giugno 1846: «Nessun conclave non fu mai così breve. Si dice che la condizione politica degli Stati della Chiesa e la necessità di mettere un termine ad una espettazione, che potea cangiarsi in un’agitazione inquietante, affrettasse la determinazione de’ Cardinali».
E la Gazzette du Midi del 22 di giugno 1846: «L’elezione così spontanea ed imponente onde il Sacro Collegio si è pur ora onoralo, destò nella diplomazia una sorpresa pari alla gioia ch’essa eccitò nel popolo di Roma. Tutti i cattolici saranno ugualmente lieti nell’udire come il Conclave abbia saputo mantenere la sua libertà e sottrarsi ad ogni maneggio».
E l’Univers del 20 di giugno 1846: «La sì pronta elezione del Sommo Pontefice ha sconcertato più di un intrigo, e deluso più d’una speranza. La diplomazia non ha avuto tempo d’immischiarsene. Il signor Martin (du Nord) (2) assicurava oggi alla Camera che la scelta del Sacro Collegio era o, almeno, sarebbe stata la scelta del Ministero. Ciò è tanto più onorevole pel nostro Governo, in quanto che dal modo con cui si fece l’elezione è manifesto che in questa congiuntura i Ministri si trovano d’accordo non solo coi Cardinali, ma ancora collo Spirito Santo».
Nullo spirto mai scendendo in terra
Tanto rapì di sua dolcezza al ciclo,
quanto Pio IX a cui era stato fatto dono dell’augusta immortal gemina chiave». Così cantò Giovanni Marchetti in un sonetto sull’esaltazione al Pontificato del regnante Pontefice, sonetto che fu riferito da Felice Romani nella Gazzella Piemontese del 30 di luglio 1846, accompagnandolo colle seguenti parole: «A grande circostanza, grande poeta».
(1) Leggi l’opuscolo intitolalo: L’opera della Divina Provvidenza rivelata colla nascita e l’avvenimento al soglio Pontificio di Sua Santità il Pontefice Regnante. Torino, dall’Offìcina tipogr. litograf. di G. Fodratti, 1847. Opuscolo in 4° con 6 tavole in litografia.
(2) Era Ministro di grazia e giustizia sotto Luigi Filippo.
— 279 —
Pio IX appena eletto Pontefice disse all’Italia sorgi e cammina. Cosi confessava il signor la Farina che il 28 di aprile del 1847 facea in Firenze questo brindisi: «Al Sommo Pontefice Pio IX, che rinnovando il miracolo del Cristo disse a Lazzaro quatriduano: sorgi e cammina» E come oggidì l’Italia ripaga il gran Pio di tanto benefizio?
Il Pontificato Romano così splendido, così potente sotto Pio IX, e Roma cattolica che commovea il mondo chiamavano sulle labbra del dottore Sterbini i seguenti versi, che noi non dimenticheremo ne’ giorni nostri:
Passano gli anni e i secoli,
Cangia d’aspetto il mondo,
Ma di perenne gloria
È il nome tuo fecondo:
A te lo scettro, il soglio,
A te l’eterno allòr;
Tu vivi in Campidoglio,
Tu sei regina ancor.
E passeranno gli anni presenti, e il mondo muterà d’aspetto, ma il Papa avrà sempre lo scettro ed il soglio, e Roma Cattolica vivrà sempre regina. Il marchese Luigi Dragonetti, ora senatore in Torino, si ricorderà di questi versi dello Sterbini, e del discorso ch’egli disse il 21 di aprile del 1847, celebrandosi in Roma l’anno 2598 della sua fondazione!
E poiché ci venne nominato un senatore, ecco qui un deputato, il signor Giuseppe Massari, che c’impresta le parole per salutare Pio IX nel giorno anniversario della sua esaltazione: «Salve, Pastore dei popoli, Padre dei credenti, gloria immortale della fede cattolica, inclito, eccelso, magnanimo, generosissimo Pio! In te si adunano i desiderii più puri, le speranze più sante di tutti i tuoi figli d’Italia e dell’orbe cristiano; tu sci l’augusto nocchiero che la Provvidenza prescelse a guidare con animo imperturbato, con fede sicura, con ardente carità questa sbattuta e travagliata navicella d’Italia».
Né solo a Pio IX, ma anche a Roma ripeteremo le parole di Giuseppe Massari, deputato al primo Parlamento d’Italia: < Salve, inclita Roma, sacrario di virtù, predestinata sede dei successori degli Apostoli e dell’oracolo di verità, eterno domicilio, come diceva Cicerone, d’imperio e di gloria: Domicilium imperii et gloriaci Tu scegli ad arma la croce, e la croce sarà tuo scudo, tua invincibile difesa. Se un nuovo Brenno (è il deputato Giuseppe Massari che parla), se un nuovo Brenno osasse mostrarsi alle porte del sacro Vaticano, il suo orgoglio verrebbe rintuzzato e vittoriosamente debellato dalla parola del sacerdotale Camillo, mille volte più forte, più aguzza, più potente della spada dell’antico! E quella parola susciterà dalla terra legioni di prodi a tua difesa! La fede rivive oggidì nel petto dei tuoi figli e di tutti gli Italiani, e tu santuario della fede, starai incolume e gloriosa: sarai, come per lo passato, il fulgidissimo sole dell’italico firmamento!».
Oh grande davvero e potente oltre ogni credere è la parola di Pio IX!
— 280 —
Lo disse a Bologna l’avvocato Gennarelli il 10 di ottobre del 1847: «La parola di Pio sta sopra la forza dogli esercizi, percuote più lungi degli strumenti da guerra, che lo spirito di Dio la francheggia. Guai a coloro contro i quali ei sollevi l’onnipotente sua voce!!»,
E David Chiossone in certi suoi Canti biblici metteva in bocca a Pio IX queste parole: «A me la croce redentrice del mondo: questo è l’eterno vessillo. Raccoglietevi intorno alla bandiera di quest’alleanza, o figli, figli miei, ed udite la mia voce che tuona come quella di Dio. Il Vaticano è incrollabile, perché Dio lo sostiene. Ad esso affidiamoci come al braccio superno».
E Pier Silvestre Leopardi osservava: «L’esaltazione di Pio IX è da senno, uno di quegli avvenimenti, di cui la Provvidenza si serve per chiudere una età del mondo, sceverare i buoni dai cattivi portati del passato, appianarle vie dell’avvenire e far sicuro, sotto l’impero della legge di Dio, l’incremento verace della redenta umanità».
E mentre oggi si ride delle lagrime di Pio IX, il dottore Serafino Belli scriveva un sonetto su due lagrime di Pio IX, e d’una di queste cantava: «Se Dio piangesse la direi di Dio».
E l’avvocato Nicolò Vineis gridava in Torino: Salve, o Pio IX, e prometteva che la storia ne avrebbe registrato ne’ suoi memorandi fasti il venerato e glorioso nome, e che i posteri porgerebbero alla sua memoria un tributo di riconoscenza e di amore, E col Vineis Stefano Gatti inneggiava all’adorato Pio.
Finalmente noi termineremo questo sgabello a Pio IX con una canzone tolta da un libro compilato principalmente dal cavaliere Giuseppe Pomba, e composta da E. L. Scolari (I).
A te il mio canto, o generoso e pio,
Cui Pontefice Sommo in Vaticano
Provvido pose Iddio!
(1) Potremmo continuare queste citazioni, e toglierne molto dalle seguenti opere di cui basteni accennare il titolo: Per l’esaltazione di Sua Santi1à Pio IX al Pontificato, canti di Giovanni Resini, 2a ediz. Pisa, Tip. Nistri, 1846. — Alta Santità del Venerando Pontefice Pio IX, orazione del cav. Michele Leoni. Guastalla, dalle stampe di Napoleone Fortunati, 18-17. — Panegirico al Pontefice Massimo Pio IX net giorno del suo solenne possesso, alla Basitica Lateranese del conte Francesco Fabi Montani. Roma, dalla Tip. Gismondi, 1846. — Ravenna, net giorno 23 agosto 1846, consacrato da essa a Pio IX, descrizione del conte Alessandro Capi, Ravenna, Tip. del venerabile Seminario Arcivescovile, 1846. — Le feste del popolo romano dal giorno 17 luglio del 1816 al 1° gennaio del 1817 in onore dell’amatissimo Sovrano Pio IX. Roma, Tip. dei Classici Sacri, via Felice, N» 121, 1847. — Orazione alta Santità di Papa Pio IX scritta dall’avv. A. Pizzoti. Capolago, Tip. e Libreria Elvetica, 1846. — Roma, nel giorno 8 settembre 1846, lettera di un Curato di campagna al proprio Vescovo, con note e documenti diversi. Roma, Tip. Vannini, 1846. —Epigrafi, poesie e lettere per le solenni feste in S. Elpidio a Mare ad onore di Pio IX Pontefice Massimo. Loreto, Tip. dei fratelli Rossi, 1846. — A Pio IX Pontefice Massimo, inno di Saverio Cappa. Torino, Stamp. Mussano, 1847. — Orazione detta nella cattedrale di Tortona il giorno 25 settembre, 1847, dal parroco D. Nicola Montemami, in occasione del solenne Triduo ordinato dai cittadini tortonesi per la conservazione del sommo Pontefice Pio IX.
— 281 —
Ma qual v’ha labbro umano,
Che l’onor del pacifico tuo regno
E le tue gesta di cantar sia degno?
…………………………………………
Oh non m’inganna il cuori Sovrano e duce
Iddio ti elesse nel suo santo impero,
Perché più bella luce
Splenda sul mondo intero,
Perché indomata dall’avversa sorte
Boma risorga ancor più grande e forte.
Nelle vie del Signor che ti son note
Or segui ardito, e non temer periglio!
Teco è Chi tutto puote,
Tua l’orza e tuo consiglio,
Dio sul tuo capo la sua destra ha stesa,
Qual fiavi insano che vi porti offesa?…
Per te, po’ giorni tuoi ferventi preci
Odi intanto innalzar tutte le genti;
Dio t’affidò sue veci,
Dio prosperi gli eventi,
E per lung’anni in Te l’onor del Tempio,
In Te de’ Prenci serbi il degno esempio.