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STORIA DE’ NOSTRI TEMPI DAL CONGRESSO DI PARIGI NEL 1856 AI GIORNI NOSTRI DI GIACOMO MARGOTTI VOL. IV (V)

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STORIA DE’ NOSTRI TEMPI DAL CONGRESSO DI PARIGI NEL 1856 AI GIORNI NOSTRI DI GIACOMO MARGOTTI VOL. IV (V)

DELIBERAZIONI DELLA PRIMA LEGISLATURA DEL REGNO D’ITALIA

I Lettori di queste Memorie troveranno utilissimo un cenno sulle principali deliberazioni dei Deputati del Regno d’Italia, cominciando dal 1861 fino al 1865, cenno che noi leviamo dagli Atti Ufficiali della Camera.

TORNATA DEL 11 MARZO 1861 È all’ordine del giorno la discussione sullo schema di legge riguardante il titolo di Re d’Italia da assumersi da Vittorio Emanuele II.

Articolo proposto dal Ministero e dalla Giunta: «II Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi successori il titolo di Re d’Italia».

Parlano contro gli onorevoli Brofferio, Ricciardi e Bixio: – Brofferio in nome della sinistra propone: – «V. Emanuele. li è proclamato dal popolo italiano per se e i suoi successori, primo Re d’Italia». – Sulle osservazioni degli on. Pepoli e Ranieri, e sulle assicurazioni del ministro Cavour, che la più ampia discussione avrà luogo quando sarà presentata la logge per la intestazione degli atti pubblici, l’autore ritira la proposta. – L’on. Ricciardi a sua volta propone: «La Camera invita il Ministero a presentare al più presto la legge per la intestazione degli atti pubblici, nella quale sia data a V. Emanuele la designazione di primo re d’Italia per la volontà nazionale, e passa all’ordine del giorno». – Ripetute e svolte le medesime assicurazioni, il proponente ritira il suo ordine del giorno- La proposta del Ministero è votata ad unanimità per alzata e seduta.

TORNATE DELLI 25, 26 e 27 MARZO 1861. – Interpellanza dell’on. Audinoy sulla quistione di Roma.

L’interpellante riassume il suo discorso con domandare al Ministero schiarimenti sulle voci corse intorno a negoziazioni intavolate con Roma, e pratiche fatte o da farsi per ottenere l’applicazione del principio del non intervento. In fine quale sia la linea di condotta che s’intenderà seguire in questo supremo argomento. – 11 ministro Cavour, presidente del Consiglio, comincia con affermare che «senza Roma capitale d’Italia, l’Italia non si può costituire. – Necessità riconosciuta e proclamata dalla intera nazione». – Sostiene che si debba anelare a Roma a due condizioni: di concerto colla Francia, e senza che la riunione di questa città al resto d’Italia possa essere interpretata dai cattolici del mondo il segnale della servitù della Chiesa. – Pepoli appoggia il Ministero con un suo ordine del giorno di piena fiducia. – Bon-Compagni termina il suo discorso col seguente voto:

– 79 –

– «La Camera, udite le dichiarazioni del Ministero, confidando che, assicurata la indipendenza, la dignità e il decoro del Pontefice, e la piena libertà della Chiesa, abbia luogo, di concerto colla Francia, l’applicazione del principio del non intervento, e che Roma, capitale acclamata, sia resa all’Italia; passa all’ordine del giorno». – Cavour l’accetta in nome del. Ministero, respingendo lutti gli altri.

Parlano contro il potere temporale, e l’intervento francese: – Marliani, Ferrari, Chiaves, Bertolami, Petruccelli, Regnoli, Ricciardi, Leopardi, Macchi, D’Oria, Turati. – Croco Antonio presenta un voto motivato in cui s’invita il Ministero ad invocare, in nome della nazione, da Napoleone III lo sgombro delle truppe francesi dalla provincia romana. – Ricciardi propone il seguente: – «La Camera persuasa profondamente, al pari d’Italia tutta, la sede del Parlamento e del Governo italiano dover essere in Roma, afferma innanzi al mondo questo solenne diritto, e passa all’ordine del giorno». – Fanno somiglianti proposte diversamente formulate: – Turati, D’Oria, Macchi, Petruccelli, Dopo il discorso del ministro Cavour, e le date assicurazioni, tutti ritirano i rispettivi ordini del giorno. – Mellana dichiara di astenersi dal votare l’ordine del giorno Bon-Compagni perché crede un errore gravissimo lo inscrivervi le parole d’accordo colla Francia. – La Camera approva a quasi unanimità la proposta Bon-Compagni per alzata e seduta.

TORNATE DELLI 2, 3, 4, 5 e 6 APRILE 1861. – Interpellanza del deputato Massari intorno all’amministrazione napoletana, e del deputalo Paternostro sull’amministrazione siciliana.

Parlano sull’am. napoletana Massari, Ricciarcli, Miceli, Mazziotti, Greco, Cardenie, Valenti, Sciatola, Petruccelli, Nicolucci, Ferrari, Mellana. -Parlano sull’am, siciliana, Paternostro, Bertolami, Amari, Bruno, Ugdulcna, Crispi.

Presentano voti motivati.

Ricciardi: con invitare il M. 1° ad introdurre la moralità nell’amministrazione; 2e ad attivare al possibile le opere pubbliche di ogni maniera. – Miceli: con invitare il Governo di dar termine al disordine ed alto scontento, reintegrare la giustizia, e soddisfare pienamente i voti della nazione. – Ferrari: con domandare una inchiesta sull’amministrazione del Governo. – Brofferio: con invitare il M. a secondare lo slancio nazionale, addottando una politica che, con le armi, le leggi e la unificazione del partito liberale, svolga e promova il movimento italiano.

Petruccelli: con domandare la unificazione del governo delle provincie meridionali, e l’abolizione della Luogotenenza.

Minghetti, ministro per l’interno, risponde alle interpellanze.

Schiarimenti e dichiarazioni di Perirai, ministro dei lavori pubblici -, di Natoli, ministro per l’agricoltura e commercio, e di Cassini, ministro di grazia e giustizia.

Parlano a favore del M.

Scialoia, De Blasiis, Castellano, Ranieri, Mamiani, Piria, Torrearsa.

Presentano voti motivati.

– 80 –

De Blasiis: confida che il M. riordinerà l’amm. delle province meridionali, ecc.

Castellano: confida nelle dichiarazioni del M, e domanda la presentazione degli atti dittatoriali e delle Luogotenenze.

Pantaleoni, Sacchi, Marlinni, Pepoli, Borgatti si dichiarano soddisfatti delle spiegazioni date dal Ministero.

Proposta di 38 deputati: La Camera prende atto delle dichiarazioni del M. e però, confidando ch’esso prenderà i provvedimenti più capaci di accelerare l’unificazione amministrativa delle provincie meridionali, ed insistendo sulla pronta ed efficace pubblicazione delle misure dal G. promesse circa la sicurezza pubblica, la esatta osservanza della legge ed i lavori pubblici, passa all’ordine del giorno. È firmata dagli on. Fabrizj, Alfieri, Bertolami, Caracciolo, Oldofredi, Massari, Bon-Compagni, Reuli, Paternostro, Baldacchini, Scrugli, Bonghi, Compagna, Tommasi, Del Drago, Assanti, Urbani, Mamiani, Poerio, Spinelli, Conforti, Devincenzi, Piria, Ciccone, Serra, Barracco, DeBIasiis, Falconcini, Bubani, Mezzacapo, De Donna, Mazzarella, Cepolla, Mazza, Mayr, Rendina, Creila.

Ranieri: Nella sua proposta dichiara che «i momentanei mili che ora affliggono le provincie meridionali, derivano in massima parte, piuttosto dalle necessità storielle del laborioso passaggio dalla infermità della separazione, alla salute dell’unità, che dalla volontà degli uomini governativi e governanti».

Di Torrearsa propone: «La Camera, ritenute le spiegazioni del Ministero, e confidando sulla esatta osservanza delle leggi nelle provincie napoletane e siciliane, passa all’ordine del giorno».

Mamiani, in nome dei 38 deputati segnatarii del suddetto ordine del giorno propone di aggiungersi a questo di Torrearsa, le su menzionate parole: «o confidando ccc.

Il Ministero accetta l’ordine del giorno Torrearsa con l’aggiunta.

La Camera approva per alzata e seduta a grande maggioranza.

TORNATE DELLI 16 e 17 APRILE 1861. – Discussione della proposta di legge per l’intitolazione degli atti pubblici – Articolo unico: Tutti gli atti che debbono essere intitolati in nome del Re, lo saranno con la formolo: Vittorio Emanuele II per grazia di Dio e per volontà della nazione Re d’Italia».

Contro la formola proposta parlano: – Ferrari, Miceli, Petruccelli, Varese, d’Oria in merito, Ruggiero, Crispi:

A favore: Ministro, Natoli, Bertolami, Boggio, Carutti, Ministro Guardasigilli, Macchi.

Emendamenti: Ruggiero: Vittorio Emanuelc Il, per la grazia di Dio e per volontà della nazione Re d’Italia, ecc, – D’Ondes Reggio: V. Emanuele, per la grazia di Dio ecc. – Miceli: V. Emanuele per volontà della nazione, Re d’Italia una e indivisibile – Macchi: Vittorio Emanuele Re d’Italia. – La propc-sta della legge ministeriale, già sancita dal Senato, è approvata a scrutinio segreto con voti 173 contro 58.

– 81 –

TORNATE DELLI 18, 19 E 20 APRILE 1861. – Interpellanza di Bettino Ricasoli sull’Esercito meridionale dei volontarii comandati da Garibaldi, e indi sciolto.

Parlano pei volontarii. – Ricasoli, Garibaldi, Crispi, Casaretto per la ricognizione dei gradi conferiti nell’esercito meridionale, Cadolini nello stesso senso.

Romano Liborio in difesa dell’esercito napoletano egualmente misconosciuto dal Ministero: Bixio, Mellana.

Garibaldi: «La Camera, persuasa che nella concordia dei partiti, e nell’osservanza delle leggi sta la forza della nazione, esprime il voto che il M. tenendo conto dello scrutinio operato dalla Commissione, riconosce la posizione degli ufficiali dell’esercito meridionale in forza dei decreti dittatoriali, e lasciando al M. stesso la chiamata dei volontarii quanto prima lo troverà opportuno, metta in attività i quadri dello stesso esercito in quel modo che meglio giudichi, e passa all’ordine del giorno».

Pace: La Camera, con6dando che il ministro della guerra, di concerto col generale Garibaldi, organizzerà al più presto l’esercito meridionale in settimo corpo d’armata, dichiara quell’esercito benemerito della patria, ed il suo illustre Generale degno di riconoscenza.

Conforti, Bixio, Mellana, Crispi, Ugdulena, appoggiano il voto motivato di Garibaldi. – Fanti ministro della Guerra risponde all’interpellanza. Cavour, presidente del Consiglio risponde a Garibaldi.

Voto di fiducia di Ricasoli: «La Camera, udite le dichiarazioni del Ministero, persuasa che la franca attuazione del decreto degli 11 aprile, sulla formazione dei volontarii in corpo d’armata, mentre provvederà convenientemente alle sorti del valoroso esercito meridionale, varrà ad accrescere in modo efficace le nostre forze, e sicura che il Governo darà opera all’armamento e alla difesa della patria, come a lui solo spetta, passa all’ordine del giorno».

Cugia parla in appoggio della proposta Ricasoli.

Il Ministro Cavour non accetta la proposta di Garibaldi, e si dichiara per quella di Ricasoli.

Votazione per appello pubblico ed approvazione della proposta Ricasoli, 194 i contro 79.

Votano contro. – Amari, Assanti, Berti-Pichat, Bianchi, Bixio, Braico, Brofferio, Cadolino, Calvino, Casaretto, Caso, Castagnola, Castellano, Cepolla, Cipriano, Cognata, Colucci, Conforti, Corico, Cosenz, Costa, Crispi, Cuzzetti, DèCesaris, Del Drago, De Luca, De Prctis, Doria, Fabbricatore, Ferracciù, Ferrari, Fiorenzi, Giunti, Greco, La Masa, Levi, Libertini, Macchi, Mngaldi, Maresca, Matina, Mazzarella, Mellana, Mezzacapo, Miceli, Moda, Molfini, Morelli, Mosca, Musolino, Napolitano, Pace, Palletta, Pepoli G., Petruccelli, Pica Plutino Polsinelli, Folti, Positano, Ranieri, Regnoli, Ricci Giov., Ricci Vincenzo, Romano L., Romeo Stef., Ruggiero, Salaris, Somma, Saracco, Schiavoni, Spinelli, Turati, Tuvisi, Ugdulena, Valenti, Vischi, Zanardelli.

– 82 –

Votano a favore. – Acquaviva, Agudio, Airenti, Alesia, Albicini, Alteri, Allievi, Amicarelli, Andreucci, Antinori, Arconali, Atenolfi, Audinot, Barracco, Beltrami, Berardi E., Berardi T., Bertea, Bertolini, Bertolami, Bianchieri, Biancoli, Bichi, Boggio, Boldoni, Bonghi, Borgatti, Borromeo, BorBarelli, Brani, Briganti, Broglio, Brunetti, Bruni, Bubani, Baracca, Gagnola, Camozza, Canestrini, Cantelli, Capriolo, Caracciolo, Carafa, Cardenie, C»rulli, Cassinis, Castelli, Castromediano, CavourCamillo, Cavour Gustavo, Chiapusso, Chiavarina, Chiaves, Cocco, Colombano, Compagna, Conti, Correnti, Crea, Cucchiari, Cugia, Danzetta, Deandreis, De Blasiis, De Donno, Del Re, Dei Pazzi, De Vincenzi, Dino, Di Torrearsa, Dorucci, Fabrizj, Falcone-ini, Farini, Fenzi, Gadda, Galleolti, Gallenga, Ghepardi, Gigliucci, Ginori, Giovio, Grandi, Grassi, Grattoni, Creila, Grillenzoni, Grixoni, Guerrieri, Guglianelti, lacampo, lacini, La Farina, Lanza, Leo, Leopardi, Luzi, Macciò, Mai, Maiorana Malenchini, Malvagi, Mamiani, Marliani, Marlinelli, Massa, Massarani. Massari, Mail. ‘i, May, Mazza, Mazziotti, Melegari L., Melegari A., Menichetti, Menotti, Miglietti, Minghclti, Mirabelli, Mischi, Monti, Monticeli), Moraridini, Morelli G., Moretti, Morini, Mureddu, Musumeci, Negrotto, Nicolucci, Oldofredi, Oytana, Panalloni, Pantaleoni, Parenti, Pasini, Paternostro, Pelosi, Pepoli Carlo, Persano, Peruzzi, Pescelli, Petitli, Pellinengo, Pezzani, Pivoli, Poerio, Possenti, Proto, Raeli, Rendina, Restelli, Ribolli, Ricasoli Bellino, Robecchi Gabriele. – Sprovieri, assenle nella votazione, dichiara che avrebbe votato contro. – Romeo P., Rorà, Rovera, Ruschi, Sacchero, Secchi, Saladini, Salomone, Sanguinetti, Scalini, Schininà, Scialoia, Serra F., Serra P., Sgariglia, Silvani, Silveslrelli, Sinibaldi, Solaroli, Tari, Tesla, Tenca, Tonelli, Tonello, Torelli, Torre, Torrigiani, Treizi, Urbani, Varese, Vegezzi Zav., Verdi, Viora, Visconti Venosta, Zambelli, Zanolini. – Si astengono dal volo Garibaldi, Pisani, Salvoni, Tecchio, Toscanelli.

TORNATE DELLI 26 GIUGNO E SEGUENTI 1861. – Progetto di legge per un prestito di 500 milioni.

Parlano contro. – Minervini, Ferrara, Guerrazzi, Crispi, Musolino, Mordini.

– Parlano a favore. – Pepoli, Massari, Boggio, Cini, Cordova, La Farina.

– Approvato con voti 242 contro 14.

TORNATA DEL 1 LUGLIO 1861. – Petizione di alcune migliaia di cittadini pel ritorno in Patria di Mazzini.

Parlano per l’urgenza. – Brofferio, Crispi, Bixio, Saffi. – Contro l’urgenza.

– Il presidente del Consiglio Ricasoli, Lanza, Chiaves. – Si passa all’ordine del giorno sulla proposta del deputalo Capone.

TORNATA DEL 12 LUGLIO 1861. – Interpellanza del deputalo Romano Liborio su di alcuni atti della Luogotenenza Napoletana.

Richiami e istanze del deputato di San Donato sulla conditone degli ufficiali appartenenti al disciolto esercito delle due Sicilie. – Parlano contro il Ministro. – Romano, S. Donato, Ricciardi, Macchi, Mellana, Polsinelli. –

– 83 –

Spiegazioni dei ministri per le finanze, per l’agricoltura e commercio e per l’interno. – Il presidente del Consiglio per le cose della guerra. – Vegezzi Zaverio pel Ministero. – Chiave» propone l’ardine del giorno puro e semplice. – Pica propone il seguente voto di fiducia: «La Camera, intese le dichiarazioni del Ministro confida ch’esso procederà con tutti i mezzi legali al ristabilimento della pubblica sicurezza nelle provincie meridionali». – La Camera adotta l’ordine del giorno Pica.

TORNATE DEL 2 ALL’11 DICEMBRE 1861. – Interpellanze, e discussioni sulla quistione romana e sulla condizione delle provincie meridionali.

Contro l’operato del Ministero, parlano: – Sulla quistione romana – Ferrari, Musolino, Brofferio, Petruccelli. – Sulla condizione delle provincie napoletane – Ricciardi, Zappetta, Mandoj Albanese, San Donato. – Per la Sicilia – Crispi. – Sul cattivo sistema governativo, Bertani, Mancini, Mellana, Miceli. Pel Ministero parlano – Alfieri, Massari, Rattazzi, Bon-Compagni, Caruiti, Spaventa, De Cesare. – Particolarmente De Blasiis, pel napoletano, D’Ondes per la Sicilia, Panattoni per Roma. – Ordine del giorno di Bon-Compagni a favore del Ministro. – «La Camera conferma il voto del 27 marzo che dichiara Roma capitale d’Italia, e confida che il governo darà opera alacrementc a proseguire l’armamento nazionale, l’ordinamento del regno, e l’efficace tutela delle persone e delle proprietà. Essa prende pure atto della dichiarazione del Ministro, intorno alla sicurezza pubblica, alla scelta del personale onesto, al riordinamento della magistratura; al maggiore sviluppo dei lavori pubblici e della G. Nazionale, ed a tutti gli altri provvedimenti efficaci a procurare il benessere delle provincie meridionali, e passa all’ordine del giorno».

La Camera con votazione a squittinio pubblico accetta il voto di fiducia di Bon-Compagni – Votano contro: -Anguissola, Avezzana, Berretta, Bertani, Berti Pichat, Bixio, Braico, Cadolini, Cttiroli, Calvino, Cannavino, Casaretto, Castellano, Catucci, Cosenz, Crispi, Cuzzctti, D’Ayala, Del Giudice, Della Croce, De Luca, De Peppo, Depretis, De Sanctis G., Fabbricatore, Ferrari, Friscia, Gabrielli, Garofano, Greco A., La Masa, Lanciano, Lazzaro, Leonetti, Levi, Libertini, Longo, Lovito, Maccabruni, Macchi, Mandoj Albanese, Marsico, Matin-a, Mellana, Mezzacapo, Miceli, Minervini, Molfa, Molimi, Monticelli, Mordini, Mosca, Mosciari, Musolino, Nicotera, Nolli, Pancaldo, Persico, Polti, Positano, Ranieri, Regnoli, Ricci G., Ricci V., Ricciardi, Romano Lib., Romano G., Ruggiero, Saffi, San Donato, Saracco, Schiavone, Scrugli, Spinelli, Ugdulena, Ugoni, Vischi, Zanardelli, Zuppetta.

Petruccelli della Gattina, si astiene.

Votano a favore: – Abatemarco, Acquaviva, Agudio, Airenti, Alfieri, Allievi, Amicarelli, Ara, Arconati, Argentino, Atenolfi, Audinot, Baldacchini, Barracco, Bastogi, Battaglia, Belli, Beltrami P., Berardi T., Bertea, Bcrtolami, Bii hi, Boldoni, Bon-Compagni, Bonghi, Borella, Borgatti, Borromeo, Bovsarelii, Boschi, Bottero, Bracci, Bravi, Brida, Briganti-Bellini, Brignone, Brioschi, Broglio, Brunet, Bruno, Bubani, Busacca, Cagnoli, Camozzi, Canalis, Canestrini, Cantelli, Capone, Cappelli, Capriolo, Caracciolo, Garxfa,

– 84 –

Cardente, Cadetti, Carutti, Caso, Cassinis, Castelli, Castromediano, Cavallini, Cavour Gustavo, Cedrelli, Cempini, Chiapusso, Chiaves, Ciccune, Ciui, Colombani, Compagna, Conforti, Conti, Ceppino, Cordova, Correnti, Corsi, Cossilla, Cucchiari, Cugia, -Danzetta, Dcandreis, De Blasiis, De Cesare, Dejnlippo, Del Re, De Pazzi, De Sanctis, De Siervo, Devincenzi, Di Martino, Di Sonnaz, Dorucci, Fabrizj, Farina, Faiim, Fenzi, Finzi, Galeotti, Gallozzi, Genero, Gherardi, Gigliucci, Ginorii Giorgini, Giovio, Giuliani, Grandi, Grattoni, Greco L., Greila, Grixoni, Grossi, Guerrieri Gonzaga, Guglianetti, Imbrumi, Jacini, Lacaita, La Farina, Lanza G., Leopardi, Luzi, Maeciò, JWaceri, Maggi, Malenchini, Marazzani, Maresca, Mari, Mariniti, Massa, Massarani, Massari, Massola, Mattei I-‘. . Mattei G., Mautiuo, Mayr, Mazza P., Melegari L., Melegari A., Menichetti, Menotti, Michelini, Minghetti, Minchelli, Mischi, Mongenet, Monti, Monzani, Morelli G., Moretti, Morini, Moreddu, Nelli, Ninchi, Nisco, Oytana, Palomba, Panattoni, Paternostro, Pelosi, Popoli C., Popoli G., Peruzzi, Pescetto, Pezzani, Pinelli, Piria, Piroli, Pisanelli, Pisani, Pocrio, Possenti, Pugliese, Raeli, Ranco, Rapallo, Rasponi, Rattazzi, Restelli, Ribotti, Ricasoli, Ricci, Robecchi, Robecchi G., Romeo P., Romeo S., Rorà, Rovera, Ruschi, Salvatore, Pecchi, Sanguinetti, Sanseverino, Saragoni, Scalia, Scalini, Scarabelli, Schininà, Scialoia, Scocchera, Sella, Sergardi, Sgaviglia, Silvani, Silvestrelli, Sirtori, Solaroli, Soldini, Spaventa, Speroni, Susani, Tenea. ‘Testa, Tonelli, Tonello, Tornielli, Torre, Torelli, Torriggiani, Toscanelli, Trezzi, Urbani, Vacca, Valerio, Vegezzi Zaverio, Virgili, Villa, Viora, Visconti Venosta, Zambelli, Zanolini.

Bertini, Falconcini, Chiavarina, ladopi, La Rosa, Varese, trovandosi assenti, dichiarano che avrebbero votato pel sì.

TORNATA DEL 17 DICEMBRE 1861. – Discussione del disegno di legge sulla tassa di registro.

Opposizioni e proposte sospensive di Romano G., Lazzaro, Ricciardi, Minervini, De-Luca. – Ordine del giorno di Minervini: «Differirsi la votazione della legge dopo che il Ministro delle finanze avrà dato i particolari della situazione finanziaria».

De Blasiis, si oppone alla sospensiva con un suo ordine del giorno firmato da Torriggiani, Snsani, Piroli, Allievi, Mischi, Colombani, Cantelli, Fiorerai, Guerrieri, Massarani, Finzi, Broglio, Gadda, Minghetti, Popoli G. – Non ammessa la sospensiva, si passa alla discussione della legge. – La Camera l’approva con voti 170 contro 46.

TORNATE DEL 20 NOVEMBRE AL 1° DICEMBRE 1862. – Interpellanza di Bon-Compagni sulle condizioni politiche del regno dopo i fatti di Aspromonte.

Ricciardi domanda la quistione pregiudiziale sull’arresto dei deputati Mordini, Fabrizi e Calvino. – Non è appoggiata. – Parlano contro il Ministero. – Bon-Compagni, De Sanctis F., De Cesare, Toscanelli, Ferrari. – Mordini, dopo d’aver ragionato sul suo arresto arbitrario ed illegale, e quello di Fabrizj e Calvino, rinchiusi 40 giorni nel castello dell’Ovo, poiché per l’art. 25 dello Statuto,

-85 –

nessun deputato può essere arrestato nel tempo della sessione, fuori del caso della flagranza; dopo d’aver dimostrato che per il diritto pubblico universale nessuno può sospendere, e neppure l’assemblea legislativa, ogni diritto ed ogni libertà con lo stato d’assedio, dallo Statuto espressamente garentiti, conchiude: «Signori, la disapprovazione in Italia è universale, il ministero è interamente esautorato, il paese aspetta dal Parlamento che sia il vindice della giustizia».

Massari, dichiara che è per dare al Ministero Rattazzi un voto della più ampia sfiducia. Conchiude con rivolgere queste parole ai ministri: «Il paese non vi vuole. Se credete che l’abbandonare il portafoglio sia un gran sacrifizio, in nome di Dio, fatelo questo sacrifizio. In ogni modo la Camera faccia il dover suo».

Nicotera conchiude: «Dai fatti discorsi nella discussione risulta chiaro lo spirito antinazionale del Ministero e la flagrante violazione dello Statuto e delle leggi. Quindi io non so per quale ragione dobbiamo andar mendicando come si abbia a giudicare il Ministero. La nostra norma è lo Statuto, e bisogna che una volta questo Statuto diventi una verità anche pei Ministri. – Quindi avvalendomi dell’ari. 47 dello Statuto, propongo di mettere il Ministero in stato di accusa».

Cairoli fa il quadro il più tristo della situazione, chiamando il Ministero responsabile di tutti i mali che affliggono l’Italia. – Rispondono al discorso di Rattazzi per fatti personali, Nicotera, Crispi, Massari, Mordini, Cadolini, Mancliti, Bruno, Gallenga, Cognata.

Minervini legge una sua protesta diretta al presidente della Cassazione di Napoli in cui gli faceva instanza di non cedere all’intimazione del Governo circa la designazione di un’altra Corte pel giudizio di Garibaldi e suoi segnaci.

Parlano a favore. – Boggio, Alfieri Carlo, Petruccelli, La Farina. -Rattazzi, presidente del Consiglio, risponde a tutte le accuse tanto riguardo, alla politica interna, quanto all’estero. –Durando, ministro per gli esteri, difende i suoi atti. – Depretis, ministro dei lavori pubblici, risponde agli oratori dell’opposizione.

Nella seduta del I dicembre, Rattazzi annunzia le dimissioni del Ministero con tali detti: «Quando io venni al potere concepii la speranza di poter pervenire a ricostituire una maggioranza indispensabile; ma debbo convenire di non esservi riuscito. È indispensabile che una maggioranza compatta torni a ricostituirsi; e siccome abbiamo avuto luogo dalla presente discussione di avvedersi che la nostra presenza al Ministero può essere per avventura di ostacolo alla ricostituzione di tale maggioranza, sebbene noi abbiamo il convincimento d’aver fatto il nostro dovere, d’aver salvato il paese, abbiamo rimesso le nostre dimissioni nelle mani del Re, la cui fiducia non ci è mai mancata».

Crispi osserva che il Ministero avendo dato le proprie dimissioni, ha voluto prevenire il voto della Camera; ritirandosi dinanzi una maggioranza che gli è contraria, è inutile votare un ordine del giorno. – La seduta è sciolta.

– 86 –

TORNATA DEL 1° GIUGNO 1863. – Per maggiori sussidii stanziata a favore dell’emigrazione politica.

La Commissione propone la riforma della somministrazione dei sussidii. – Accettata dal Ministero. – Parlano contro. – San Donato, Minervini, Chiaves.

A favore. – Berardi, relatore, Bottero, De Blasiis, Mellana. – La-Camera approva l’ordine del giorno della Commissione.

Indirizzo in risposta al discorso della Corona.

Per la discussione. – Ricciardi, Mellana, Minervini, Bixio. – Proteste di Greco A. Lazzaro, De Boni, Palletta, Ranieri, contro l’irregolare votazione, per mancanza di numero, e per essersi negato l’appello nominale. – Per l’immediata approvazione. – Parlano. – I ministri dell’interno e per gli esteri, Valerio, Bertolani. – La Camera approva l’indirizzo senza discussione.

TORNATA DEL 10 GIUGNO 4863. – Interpellanza di Nicotera per la comunicazione dei documenti sul brigantaggio, raccolti dalla Commissione d’inchiesta.

Per la comunicazione. – Nicotera, Sanguinetti, Chiaves, Ricciardi, Valerio.

Ordine del giorno di Chiaves: «Considerando che ogni deputato ha il diritto di conoscere i verbali segreti e i documenti relativi depositati nella segreteria della Camera, passa all’ordine del giorno.

Contro. – Il ministro dell’interno, Conforti, Broglio.

TORNATA DELL’-11 GIUGNO. – Interpellanza di D’Ondes-Rcggio sulla pubblica sicurezza in Sicilia.

Sostengono l’interpellanza. – Panoaldo, La Porta, Bruno. . In difesa del Ministero. – Bertolami, Paternostro. Non essendovi proposta si passa all’ordine del giorno.

TORNATE DEL 12 AL 20 GIUGNO 1863. – Interpellan«a di Macfki e Ricciardi sui documenti diplomatici presentati dal Ministero relativi a Roma ed alla Polonia.

Interpellanza di Bertani sullo scioglimento della Società della Solidarietà democratica.

Parlano contro il Ministero. – Macchi, Ricciardi, Lazzaro, Rattazzi, Bertoni.

Ordini del giorno presentati da Catucci, da Minervini, da Bixio, da Musolino e Sineo sulle cose estere ed interne.

Ordine del giorno firmato da Crispi, Bertoni, Catucci, Miceli, La Porta, Nicotera, Libertini, Borgani, Fabrizi, Pallotta, De Luca, Musolino, Schiavone, Vecchi, Mordini, Levito, Sineo, Pancaldo, Cipriani, De Boni, Ricciardi, Lazzaro: – «La Camera deplorando la politica di repressione e di arbitrii durato da due anni all’interno, che tien divisi gli animi e allontana sempre più il paese dal l’accordo indispensabile al compimento dei destini nazionali, invita il Ministero a volerla modificare in conformità dello Statuto.

– 87 –

Parla il ministro degli esteri in difesa. – A favore del Ministero. – BonCompagni, La Farina, Allievi, Levi, Algeri.

Ordini del giorno nel senso ministeriale di La Farina e di Alfieri. Ordine del giorno di Don-Compagni con cui si approva la condotta del Ministero.

La Camera con votazione a squittinio nominale di 202 contro 53, approva il voto di fiducia proposto da Don-Compagni.

Votano per il no. – Bargoni, Bellazzi, BerUtni, Berlea, Bianchi Ali’., Brofferio, Calvini, Camarota Scovazzo F., Catucci, Cbiaves, Cipriani, Ceppino, Cordova, Costa A., Crispi, De Boni, De Luca, Depretis, De Sanctis G., Fabrizi M., Greco A., La Porta, Lazzaro, Levi, Libertini, Macchi, Malenchini, Mandoj, Albanese, Malici F. Mellana, Miceli, Minghelli, Vaiili, Moriteceli!, Monzani, Mordini, Nicotera, Oytana, Palletta, Paternostro, Rattazzi, Ricciardi, San-Donalo, Sanna-Sanna, Saracco, Siccoli, Sineo, Tecchio, Varese, Vecchi, Villa, Vischi, Zanardclli.

Cadolini, Berti, Levito, Regnoli, trovandosi assenti, dichiarano che avrebbero votato pel no.

Si astengono. – Avezzana, Gallo, Minervini, Mugolino, Ranieri, Schiavoni. Votano per il, sì. – Alfieri, Allievi, Amicarelli, Anguissola, Arconati, Avezzo, Atenolfi, Audinot, Baiile, Baldacchini, Baracco, Bella, Belli, BeltraniP., Berardi, Berti I. ., Berlani, Bertolami, Beiti, Bianchi Cel., Bixio, Umidi, Bon-Compagni, Bonghi, Borgatti, Borromeo, Borsarelli, Bollerò, lievi, Brida, Briganti Bellini G., Brignone, Brioschi, Broglio, Brunet, Bubani, Busacca, Gagnola, Camozza, Canalis, Cannavina, Cantelli, Capone, Carafa, Carini, Cartelli, Casaretto, Caso, Cassinis, Castelli, Caslromediano, Cavallino, Cavour, Cedrelli, Cepolla, Chiapusso, Chiavarina, Cialdini, Ciccone, Cini, Cocco, Colombani, Conforti, Corinaldi, Correnti, Corlese, Cosenz, Ciigia, D’Ancona, Danzetta, De Benedetti, De Blasiis, De Donno, De Francois, Del He, De’Pazzi, Della Valle, D’Errico, Devincenzi, De Sonnaz, Èrcole, Fnbrizi G., Farina, Fenzi, Ferracciu, Terrario, Finzi, Fiorenzi, Galleotli, Genero, Giampieri, Gigliucci, Giordano, Giorgini, Giovio, Grandi, Graltoni, Gravina, Grillenzoni, Grossi, Guerrieri Goniaga, Guglianelti, Jacini, Jadopi, La Farina, Lanza, Leo, Leopardi, Longo, Luzi, Maggi, Majorana (‘>., Majorana Sai., Mancini, Marazzana, Marescotli, Mai-tinelli, Massa, Massarani, Massari, Massola, Mautino, Mazzoni, Melchiorre, Melegari, Meloni, Menichetti, Menolli, Mezzacapo, Michelini, Minghetli, Mischi, Mofla, Monti, Mbnticelli, Morelli G., Mureddu, Negrotto, Ninchi, Nischi, Oliva, Panaltoni, Pasini, Passaglia, Passevini, Pelosi, Peruzzi, Pezzani, Pica, Pinelli, Piroli, Pisanelli, Piùtino A., Poerio, Polli, Prosperi, Pugliese, Raeli, Rapallo, Rasponi, Restelli, Ricasoli V., Ricci M., Robecchi M., Robecchi G., Romano G., Romano Lib., Rorà, Ruschi, Sacchi, Sella, Sgariglia, Silvani, Salvagnoli, Salvini, Sanguinetti, Sanseverino, Sanlocanale, Scarabelli, Scrugli, Silveslrelli, Sirlori, Spaventa, Speroni, Susani, Tabassi, Tasca, Tenca, Testi, Tonello, Torelli, Tornielli, Torre, Torrigiani, Toscanelli, Trezzi, Ugdulena, Ugoni, Valerio, Vegezzi Zav., Visconti Yenosta, Zanolini.

Manesca, Ginovi, Todorani Irovandosi assenli, avrebbero votato pel sì.

TORNATE DEL 24 GIUGNO E SEGUENTI 1863. Discussione sul disegno di legge intorno le aspettative, disponibilità e congedi degli impiegati civili.

– 88 –

Ordine del giorno di San-Donato pel rinvio della discussione al 1865. Lo firmano: Miceli, Capone, Cannavina, Robaudi, Avezzana, Romano L., Scovazzo F., Scovazzo L., Polli, Giordano, Nicotera, Lazzaro, Minervini, Catucci, Lit Porta, Palletta, Bellazzi, De Sanclis G., Mandoj Albanese, Mordini.

Parlano per la sospensione. – Lazzaro, Minervini.

Contro la sospensione. – Ricciardi, Melchiorre.

La Camera rigetta la sospensiva con voti 159 contro 42.

In merito contro il progetto di legge. – Mordini, D’Ondes Reggio ed altri suddetti.

A favore. – Nichelini, De Blasiis, Sella.

Dopo diversi emendamenti di San Donato nella discussione sugli articoli, la legge o approvata con voti 130 contro 65.

TORNATE DEL 30 GIUGNO E SEGUENTI 1863. – Discussione del disegno di legge per l’imposta sulla ricchezza mobile.

Parlano contro. – De Luca, Mancini, De Cesare, Minervini, Ballanti, Lanza, Capone, Crispi, San Donato.

A favore. – Pasini relatore, Marescotti, Broglio, Galeotti, Sella, Busacca.

Dopo i moltissimi emendamenti e sott’emendamenti sui 36 articoli della legge, la Camera approva con voti 130 contro 70.

TORNATA DEL 31 LUGLIO 1863. – Discussione del disegno di legge per la repressione del brigantaggio, presentato dalla Commissione, Conforti relatore.

Parlano contro. – Lazzaro, Miceli.

Ordine del giorno Avezzana, contro la fucilazione immediata.

Emendamenti di Ricciardi, Ciccone, Castagnola, Massari, Bixio e Minervini.

A favore. – Conforti, Varese, Castagnola.

Incidente sulla legge del brigantaggio

avvenuto nella seduta del agosto.

Il deputato Pica propone che sia soppesa la discussione della legge proposta dalla Commissione, la quale consta di molti articoli, ed invece sostituirvi un contro-progetto di soli tre articoli, presentato da lui e dai seguenti colleghi:

Giacchi, Devincenzi, De Donno, Boggio, D’Errico, Oliva, Berardi, Grossi, Camerini, Gravina, Arezzo, De Cesare, De Filippo, Fabrizi G., Ricasoli V., Br-ioscbi, Ricci, Nisco, Bonghi, Mattei, Cortese, Scrugli, Sandonnini, Caso, lodopi, Della Valle, Altieri C., Morelli G., D’Ancona, Passerini, Cardenie, Zanolini, Amicarelli, Castagnola, Acquaviva, Baracco, Mezzacapo, Spinelli, Massari, Sella, Golia.

Parlano contro. – Ricciardi, Lovito, Curzio, De Boni, San Donalo.

Emendamenti di Mancini, Ranieri, Minervini, Lovito, Miceli, Lazzaro.

A favore. – Conforti per la Commissione, il ministro per l’interno, Giacchi, Massari, Pica, Alfieri C.

La legge Pica passa con voti 174 contro 33.

– 89 –

TORNATE DEL 5 a 10 DICEMBRE 1863. – Interpellanze di D’Ondes Reggio, e sua proposta d’inchiesta parlamentare sopra i fatti crudelissimi di Sicilia.

D’Ondes propone il seguente ordine del giorno: «La Camera delibera un’inchiesta parlamentare sugli atti governativi commessi in Sicilia contro lo Statuto e le leggi, dal mese di agosto fino ad oggi».

Parlano a favore della proposta. – La Porta, Bruno, Riordini, Miceli, Cordova.

Ordine del giorno di Bertani: «La Camera istrutta dalla discussione intorno alle interpellanze del deputato D’Ondes Reggio, convinto che i gravi fatti accennati sono gl’inevitabili corollari del sistema di governo applicato all’Italia, li condanna come perniciosi ai destini della patria, e passa all’ordine del giorno».

Voto motivato di Crispi, firmato da altri 34 deputati: «La Camera considerando che dalla discussione risulta avere il ministro apertamente violate le leggi dello Stato, ritiene superflua l’inchiesta parlamentare e passa all’ordine del giorno».

Bertani e Crispi svolgono i rispettivi ordini del giorno. Accennando alla maggioranza, Crispi dice: «Questa Camera legalmente rappresenta l’Italia, ma non moralmente».

Alle interpellanze rispondono: Della Rovere, ministro della guerra, generale Covone, il ministro per l’interno.

Parlano in difesa. -Bixio, Bertolami, Pinzi, Salaris, Bon-Compagni, Boggio.

Ordini del giorno. F’inzi propone: «La Camera riconosce che il Governo ha provvidamente soddisfatto a’ voti delle provincie siciliane e di tutta Italia, ridonando a quelle provincie la pubblica sicurezza gravemente turbata dai renitenti e dai malfattori».

Salaris propone: «La Camera tenuto conto al Ministero dei risultamenti ottenuti in Sicilia, confidando che in avvenire si rivolgerà al Parlamento quante volte saranno necessarii provvedimenti eccezionali, passa all’ordine del giorno».

Boggio e Bixio propongono altri voti motivati in senso ministeriale.

Bon-Compagni, Chiavarina, Scrugli, Lacaita, Guerrieri Conzaga, Belli, Massari, propongono: «La Camera approva l’operalo del Ministero, e passa all’ordine del giorno».

La Camera approva l’ordine del giorno di Bon-Compagni con voti 206 contro 52 a squittinio nominale.

Votano contro. – Bargoni, Beltrani Vito, Bertani, Brunelti, Bruno, Cadolini, Cairoli, Calvino, Camerata, ScovazzoF., Camerini, Catucci, Cognata, Cordova, Crispi, Curzio, Cuzzetti, De Boni, De Luca, D’Ondes Reggio, Fabrizj N., Ferrari G., Gravina, La Porta, Labaudi, Lazzaro, Maccabruni, Macchi, Mancini, Mando] Albanese, Marsico, Massei, Miceli, Minervini, Mordini, Paternoslro, PeIruccelli, Pisani, Plutino Ag., Plulino An., Polli, Romano G., Bomano Slef., Ruggiero, Salaris, San-Donato, Scaglia, Sineo, Tamaio, Ugoni, Vecchi, Vischi, Zanardelli.

– 90 –

Lovito, Depretis, Greco A., Schiavoni, essendosi trovati assenti, dichiarano che avrebbero votalo contro.

I seguenti deputati, compreso il generale Garibaldi, dichiarando iniquo questo voto, rassegnano successivamente il mandato:

Ricciardi, Nicotera, Bertani, Matina, Del Giudice, Magaldi, Campanella, Zuppetta, Ugoni, Friscia, Crea, Guerrazzi, Garibaldi, Libertini, Cairoli, Saffi, Vecchi, La Porta, Miceli, Romeo Stefano, Cognata, De Boni, Brunetti.

Votano in favore. – Alfieri C., Allievi, Amicarelli, Andreucci, Ànguissola, Ava, Àrconati, Atenolli, Baldacchini, Ballanti, Baracco, Bastogi, Bella, Belli, Berardi, Berlea, Berti D., Berti L., Berlini, Berlolami, Beiti, Bianchieri, Bianchi Al., Bianchi (‘. <!., Bichi, Bixio, Boddi, Bon-Compagni, Bonghi, Borella, Borromeo, Borsarelli, Bollerò, Bràcci, Briola, Brigami Bellini Bellino, Briganti Bellini G., Brignone, Broglio, Brunet, Bubani, Busacca, Canalis, Cantelli, Cappelli, Carafa, Cardenie, Caso, Cassinis, Castellani, Castelli, Cavour, Cedrelli, Cempini, Cepolla, Chiapnsso, Chiavarina, Chiaves, Cini, Colombani, Conti, Coppino, Corinaldi, Correnti, Corsi, Cortese, Cosenz, Cugia, Culinelli. Damis, D’Ancona, Danzelta, De Benedetli, De Blasiis. De Cesare, De Donno, De Filippo, De Franchis, Della Valle, Dei Pazzi, Devincunzi, Dino, Doria, Èrcole, Fabbricatore, Fabrizj G., Farina, Fcnzi, Finzi, Fiorenzi, Galeotti, Genero, Giacchi, Gigliucci, Giorgini, Giovio, Giuliani, Covone, Grandi, Granoni, Creila, Grisoni, Grossi, Guerrieri Conzaga, Guglianelti, Jacini, Jacampo, Lacaita, Lanciano, Lanza, Leardi, Leonclli, Leopardi, Levi, Longo, l. u/i, Maceri, Maggio, Malenchini, Marazzani, Manchetti, Maresca, Marescolti, Massa, Massarani, Massari, Massola, Muntimi, Mazza, Melchiorre, Melegari, Meloni, Menicbetti, Menotti, Mezzacapo, Michelini, Minghetli, Mischi, Mappa, Molinari, Monti, Monticelli, Monzani, Morandini, Morelli G., Moretti, Morini, Mureddu, Nicolucci, Ni neh i, Oytana, Panalloni, Parini, Pasini, Passerini, Pelosi, Peruzzi, Pellinengo, Pczzani, Piroli, Pisanelli, Poerio, Possenli, Banco, Bapollo, Ballazzi, Beccagni, Resielli, Bicci G., Bicci V., Bobecchi G., Horà, Rovere, Ruschi, Sanli, Sandonini, Sanseverino, Saracco, Scarabelli, Scrugli, Sebastiani, Sella, Sergardi, Scariglia, Solaroli, Soldi, Spaventa, Speroni, Tecchio, Tenca, Tcodorani, Testa, Tonelli, Tonello, Torelli, Torre, Torreggiani, Toscanelli, Trezzi, Ugdulena, Valerio, Vegezzi, Villa, Visconti Venosta, Zanolini.

Viora, Sanguinetli, Casaretlo, Borghetli, Varese, Pescelto, Monlecchi, Silvestrelli, trovandosi assenti, dichiarano che avrebbero votato in favore.

TORNATA DEL 3 MAGGIO 1864. – Interpellanza dell’onorevole Bargoni sulla condotta del Governo rispetto al Generale Garibaldi e sul sequestro al signor Lemmi di Torino di una somma raccolta da sottoscrizioni pel detto Generale.

In appoggio dell’interpellanza parlano contro gli atti del Ministero. – Zanardelli, Lazzaro, Boggio, Ferrari, Crispi, Brofferio.

Macchi propone l’ordine del giorno puro e semplice.

Bellazzi contro gli abusi dell’alto clero. – A favore del Ministero. – Alfieri, Bon-Compagni. – Voto di 6ducia proposto da Bon-Compagni.

La proposta Macchi è reietta, La Camera approva quella di Bon-Compagni.

– 91 –

TORNATE DELL’11 AL 14 MAGGIO 1864. – Interpellanze degli onorevoli La Porta e Miceli sulla politica estera, e loro instanza per una pronta soluzione sulla questione romana.

La Porta fa l’esposizione storica della politica estera che da quattro anni è professata dal Governo.

Miceli ne rileva e disamina le funeste conseguenze.

Passaglia espone quali siano le relazioni internazionali fra il Governo italiano e quello del principe di Roma.

Macchi, sui fatti avvenuti nella reggenza di Tunisi.

Musolino e Mellana oppugnano la difesa esposta da Venosta, ministro per glii affari esteri.

Svolgono i rispettivi ordini del giorno Musolino, Chiaves e Regnoli.

La Porta presenta un voto motivato, per la liberazione immediata delle provincie romane, e pur la mobilizzazione di 220 battaglioni di G. Nazionale decretata con legge dei 22 agosto 1862 per l’acquisto della Venezia.

Allievi propone l’ordine del giorno puro e semplice. Il Ministero l’accetta come rigetto delle interpellanze.

La Camera approva l’ordine del giorno Allievi.

TORNATA DEL 21 MAGGIO 1864.

Il deputato Mordini propone la seguente deliberazione sottoscritta da Bargoni, Calvino, La Porta, Miceli, Lazzaro, Brunetti, Cadolini, Greco A., Regnoli, Sineo, Siccoli «La Camera, considerando che la pubblica opinione è gravemente preoccupata dai fatti relativi alla società delle ferrovie meridionali, i quali si terrebbero imputabili a qualche individuo rivestito della qualità di deputato, delibera che si proceda ad una inchiesta parlamentare la quale metta in luce se, e fino a qual punto sia stata rispettata in quelli la dignità della rappresentanza nazionale, e proponga i mezzi atti, ove ne sia d’uopo, a dare soddisfazione alle esigenze della pubblica moralità.

Appoggiano coi loro discorsi. – Di Pettinengo, Cadolini, Chiaves, Bargoni.

Per la sospensiva. – il ministro dei lavori pubblici, Colombanì, Massari.

La proposta Mordini dell’inchiesta è approvata a forte maggioranza, e dal presidente è nominata una Commissione di sette membri.

TORNATA DEL 23 GIUGNO 1864. – Discussione del disegno di legge per la modificazione di quella comunale e provinciale.

Contro il progetto della Commissione parlano. – D’Ondes Reggio, Castagnola, Cadolini.

Ordine del giorno di Cadolini. – «La Camera rinvia il progetto di legge alla Commissione, con invito di riformarlo sopra le seguenti basi.

1° Riforma per legge delle circoscrizioni territoriali in quanto concerne la formazione dei Comuni abbastanza ricchi e popolosi per potersi amministrare liberamente da sé;

2° Costituzione del Comune e della provincia come enti morali autonomi, indipendenti da qualunque tutela, salvi quei temperamenti che si riferiscono alla osservanza della legge;

3° Libertà dei Comuni e delle provincie di determinare i proprii tributi, equamente ripartiti sopra le diverse fonti della loro rendita;

– 92 –

4° Diritto di voto elettorale in tutti i diritti civili;

5° Diritto di eleggibilità in tutti gli elettori che sanno scrivere e che non esercitano uffici incompatibili con la loro indipendenza;

6° Contenzioso elettorale ai tribunali;

7° Diritto di eleggere i capi delle rispettive amministrazioni.

La proposta è firmata da: Lazzaro, Mordini, Catucci, Carnazza, Marolda, Miceli, Tamajo, Greco A., Polti, Giunti, Cognata, La Porta, Macchi, Marcene, Brunetti, Curzio, De Boni, Avezzana, Massei, Golia, Del Giudice, Vecchi, Della Croce.

Romano G. parla in merito. – Sostengono la proposta Cadolini: Brunetti, Carnazza, Minervini, il quale dichiara di non essere stato in tempo di firmarla, ma che interamente vi aderisce.

Crispi e Macchi propongono l’aggiornamento della legge.

Minervini propone che la legge dei 23 ottobre 1859 sia provvisoriamente estesa alle provincie toscane sino alla votazione di una legge organica sull’amministrazione comunale e provinciale per tutta l’Italia.

A favore del progetto della Commissione accettato in massima del Ministero, parlano. – Alfieri, Finzi.

Contro la proposta Cadolini parlano. – Il ministro per l’interno, Michelini, Bon-Compagni relatore. È ammessa dalla Camera la discussione della legge.

Votati parzialmente 166 articoli della legge nella seduta del 13 luglio. Lazzaro propone la sospensione della discussione con rimandarla ad altra sessione, vista l’urgenza di molti provvedimenti da adottarsi.

Il Ministero acconsente. – La Camera approva la sospensione.

TORNATA DEL 27 GIUGNO 1864. – Interpellanza del deputalo Saracco sulla situazione del tesoro, sulle condizioni finanziarie, e sulla politica interna.

Parlano contro l’amministrazione e la politica del Gabinetto. – Saracco, De Luca, Romano G., De Sanctis F., Di San-Donato, Marazio, Boggio, Ballanti, Rattazzi.

Saracco ad istanza di Lanza ritira l’interpellanza.

Ferrari la riprende e la svolge. – Parlano in sostegno Ballanti e Rattazzi.

San Donato propone il seguente ordine del giorno: «La Camera disapprovando la politica del Ministero che attenta alla libertà ed unità nazionale, passa all’ordine del giorno». il proponente critica vivamente il Ministro per la sua politica perniciosa all’unità d’Italia, ed in particolare per la immane applicazione della legge Pica.

Il Ministro per la finanza dà risposta all’interpellanza.

Parlano a favore del Ministro. – Alfieri C., Devincenzi, Galeotti.

Protesta di Lanza contro il discorso di Boggio, ed istanza a Saracco pel ritiramcnto della sua interpellanza.

Il Ministro delle finanze ne fa quistione di gabinetto.

Proposta di Galeotti, Cortese, Bon Compagni, Beneventano, Cavalietto, Checchetelli, Ugdulena, Baldacchini, per un voto di fiducia a favore del Ministero.

– 93 –

Discorso di Passaglia in sostegno.

Esauriti i discorsi sugli altri ordini del giorno presentati, si passa alla votazione per isquittinio nominale sulla proposta di Galeotti, Cortese ed altri, ch’è approvata dalla Camera.

Votano contro. – Anguissola, Ara, Arezzo, Argentino, Avezzana, Ballanti, Bargoni, Basile, Battaglia, Bellazzi, Bertea, Berli D., Berlini, Banchieri, Bianchi Al., Boggio, Bollerò, Brida, Brunet, Brunelli, Bruno, Cadolini, Cairoti, Caivino, Camerata F., Camerata L., Camerala Bocco, Camerini, Carnazza, Castagnola, Catucci, Chiaves, Conferii, Ceppino, Cordova, Costa A., Crispi, Curzio, Cuzzetti, Damis, De Boni, De Benedetti, Della Croce, Della Valle, De Luca, Depretis, DeSanctisF., Fabricatore, Ferrari, Ferraris, Garofano, Giuliani, Giunti, Golia, Gravina, Greco A., Greco L., Jadopi, Lanza, La Porta, Lazzaro, Leardi, Leonetti, Levi, Lualdi, Maccabruni, Malenchini, Mancini, Marazio, Maresca, Marolda, Massei, Mazza, Melcbiorre, Mellana, Meniohelti, Miceli, Nichelini, Minorvini, Minghetti, Molinari, Mongenet, Montecehi, Monti, Monzani, Mordini, Morini, Musolino, Oytana, Palletta, Paternoslro, Pescello, Pinelli, Plulino A., Plutino An., Polli, Prosperi, Raffaele, Ranco, Ranieri, Rattazzi, Ricci V., Ricci G., Romano G., Riberi, San-Donato, Sandonini, Sanguinetti, Santocanale, Saracco, Scarabelli, Sella, Scrgardi, Siccoli, Sineo, Speciale, Stocco, Tamajo, Valenti, Vecchi, Vegezzi Zav., Vegezzi Ruscalla, Villa, Viora, Vischi.

Votano a favore. – Acquaviva, Agudio, Alfieri C., Allievi, Amicarelli, Andreucci, Arconati, Assanle, Atenolfi, Audinot, Baldacchini, Baracco, Bel trami, Beneventani, Berardi, Berti D., Berti Pichat, Bertolami, Beiti, Bianchi G., Bichi-Boddi, Bon-Compagni, Bonghi, Borgatti, Borromeo, Borsarelli, Bràcci, Braico, BriganliBellini Briganli-BellÌDÌ G., Brignone, Briosohi, Broglio, Bubani, Buffarini, Busacca, Canalis, Canavina, Cantelli, Carafa, Carletli G., Caso, Cassinis, Castelli, Castromediano, Cavallello, Cedrelli, Cepolla, Checchelelli, Chiapusso, Chiavarina, Cini, Civita, Cocco, Colombani, Compagna, Correnti, Corsi, Cortese, Cosenz, Cucchiari, Cugia, Cutinelli, D’Ancona, Danzetta, D’Asie, De Blasiis, De Cesare, De Donno, De Filippo, Del Re, De Pazzi, D’Errico, Devincenzi, Dorucci, Èrcole, Fabrizj G., Fenzi, Ferracciu, Pinzi, Fiorenzi, Galeotti, Genero, Giacchi, Gigliucci, Giorgini, Giovio, Giustiniani, Grandi, Grillenzoni, Grossi, Guerrieri Conzaga, Jacini, Lanciano, Leo, Leopardi, Luzì, Maceri, Macri, Maggi, Maiorana Ben., Marazzani, Mari, Marlinelli, Marzano, Massa, Massarani, Massari, Massola, Mazziotti, Medici, Melegari, Melloni, Meneghini, Menotti, Mezzacapo, Minghetti, Mischi, Molla, Morelli D., Morelli G., Moretti, Mosca, Mureddu, Negrotto, Nicolucci, Ninchi, Nisco, Oliva, Palomba, Panattoni, Parenli, Passaglia, Pelosi, Peruzzi, Pettinengo, Pezzani, Pica, Piroli, Pisanelli, Poerio, Possenti, Prinetli, Rasponi, Restelli, Ribotti, Ricasoli B., Ricasoli V., Romeo P., Ruschi, Sacchi, Salimbeni, Salvoni, Sansevcrino, Scalini, Scrugli, Sebastiani, Spariglia, Silvani, Silvestrelli, Soldi, Spaventa, Speroni, Tabassi, Tcodorani, Testa, Torelli, Tornielli, Torre, Torriggiani, Toscanelli, Trezzi, Trigona, Ugdulena, Vacca, Valerio, Vanotli, Visconti-Venosta, Zaccheria, Zanolini.

– 94 –

TORNATE DEL 15 e 16 LUGLIO 1864. – La Commissione d’inchiesta parlamentare, sulla società delle ferrovie meridionali, presenta le sue conclusioni deliberate ad unanimità. Negli articoli 3, 4, così si esprime:

Il pubblico interesse e la dignità della Camera consigliano che si abbia a stabilire per legge, la incompatibilità della qualità di deputato colle funzioni di amministratore d’imprese sovvenute dallo Stato.

Il deputato Susani, quando era membro della Commissione parlamentare nominata per dar parere sulla proposta ministeriale presentata al Parlamento nel 16 giugno 1862, si fece consigliatore e propugnatore prima presso il deputato Bastogi del progetto di costituire la società delle ferrovie meridionali, e si adoprò in diversi modi, ed anche con ingerenza diretta nella parte meramente economica e di speculazione nelle varie operazioni che precedettero la presentazione al Parlamento della proposta Bastogi, pur continuando ad adempiere alle parti di commissario; al quale ufficio, nel concorso delle circostanze pregiudicate, avrebbe dovuto rinunciare, onde rimuovere persine l’ombra del pili lontano sospetto della sua ingerenza. – Gravi argomenti persuadono a ritenere che 1, 100, 000, rappresentanti una parte degli utili ricavati dal Bastogi nella cessione della costruzione, e che il Susani ebbe a cedere al Wciss Norsa pel corrispettivo di lire 675, 000, fossero il premio riservato o dato a Susani per la sua cooperazione. – Il Bastogi, non potendo ignorare che il deputata Susani faceva parte della Commissione parlamentare, doveva rispettare nel Susani e nell’interesse delle stesse instituzioni nostre quella posizione, e non doveva accettarlo come cooperatore all’attuazione del suo progetto.

La discussione incomincia sull’articolo 3° che riguarda la incompatibilità della qualità di deputato con quella di amministratore di società sussidiate.

Parlano: – Il relatore Piroli per le conclusioni della Commissione.

Crispi, Lanza, Boggio, Brofferio, Finzi, della Commissione, conchiudono per la votazione su tutti gli articoli della conclusione.

Ordine del giorno di Cantelli: La Camera approva l’operato della Commissione.

Emendamento di. San Donato con l’aggiunta delle parole: e le conclusioni della Commissione.

Proposta di Boggio: La Camera approvando le conclusioni della Commissione si riserva di deliberare sull’articolo 3° e passa all’ordine del giorno.

Parlano: – Bastogi, in difesa del suo operato.

Massari, Leardi. Broglio, Berti V., concludono votarsi sul solo articolo di massima intorno la incompatibilità; cioè sull’articolo 3°

Si vota la proposta Boggio per isquittinio nominale, ch’è riprovata.

Perla proposta Boggio. – Amicarelli, Angmsiiola, Ara, Argentini, Avez/. ana, Baldacchini, Bargoni, Biancbieri, Bichi, Boggio, Borsarclli, Bottero, Bracci, Braico, Brida, Brofferio, Brunet, Brunetti, Bruno, Cadolini, Cdvino, Cumerata F., Cannavina, Carletti, Carnnzza, Caso, Cassinis, Castellani Tentoni, Cavalietto, Cavallini, Cedrelli, Cempini, Cepolla, Cbecchetelli, Chiaves, Colombani, Conferii, Conti, Coppino, Cordova, Corinaldi, Cortese, Cosenz, Crispi, Curzio, Cnttinelli, Cuzzetti. Damis, D’Aste, Deandreis, De Boni,

– 95 –

De Donno, Della Croce, Della Valle, De Luca, Dei Pazzi, Depretis, Desanctis F., Dorucci, Fabricatore, Ferraccio, Ferrari, Ferrano, Ferraris, Fiastri, Pinzi, Fiorenzi, Giuliani, Giunti, Golia, Gravina, Greco A., Greco L., Grossi, Jadopi, Lanza, La Porta, Lazzaro, Leardi, Levi, Lualdi, Luzi, Muori, Majorana B., Malencbini, Mancini, Marazio, Marcene, Marolda, Martinetti, Maizano, Massa, Massei, Mazza, Mazziotti, Medici, Melchiorre, Melegari, Mellana, Menotti, Mezzacapo, Miceli, Nichelini, Minervini, Moffa, Molfino, Monti, Mordini, Morelli G., Marini, Masolini, Negrotti, Nisco, Oliva, Oytana, Palomba, Pescetlo, Pettinengo, Pezzani, Pica, Pinoli, Platino A., Polli, Pi-inetti, Raffaele, Ranco, Ranieri, Reccagni, Robecchi G., Romano L., Romeo P., Rubieri, Salaria, Salvoni, San-Donato, Sanguinetli, Santocanale, Saracco, Scrugli, Sebastiani, Sella, Sineo, Speciale, Tamajo, Testa, Tornielli, Torre, Ugdulena, Valenti, Vecchi, Villa, Viora, Zanardetli, Zadolini.

Contro: – Berti D., Berti L., Busecca, Cantù, Correnti, De Filippo, De Vincenzi, Mari, Mcnichetti, Silvani!!!

Si astengono. – Agudio, Arconati, Atenolfi, Baracco, Beneventani, Berlini, Belli, Bon-Compagni, Bonghi Borgalti, Borromeo, Briganti-Bellini G., Broglio, Carafa, Castromediano, Cini, Civila, Cocco, Compogna, Cugia, D’Errico, Fabrizj G., Giusliniani, Grandi, Graltoni, Guerrieri-Gonzaga, Leopardi, Massarani, Massari, Meneghini, Minghetli, Peruzzi, Pisanelli, Possenli, Raspolli, Ruschi, Sanseverino, Tubassi, Toscanelli, Valerio, Vegezzi S., Visconti Venosta.

Assenti dalla Camera 232!!!!!

TORNATA DEL 24 OTTOBRE 1864. ~ Comunicazione fatta dal presidente del Consiglio della convenzione del 15 settembre per lo sgombro delle truppe francesi da Roma.

Presentazione di un disegno di legge pel traslocamento della capitale a Firenze.

Annunzio d’interpellanza del deputato Tecchio sopra i falli di Torino del 21. e 22 settembre

Proposta d’inchiesta parlamentare sui fatti medesimi presentata dai deputati La Porta, Lazzaro, Curzio, Avezzana, Macchi, Tamajo, Marolda, Robaudi, Pancaldo, Ranieri, Molinari, Cairoli, Nicotera, Friscia, Marsico Vischi, Fabricatore, DeSanctisG., Romano L., Calvino, Massei, Monlecchi, Pallolla, Del Giudice, Greco A., Zanardelli, Cadolini, Miceli, Speciale, Brunelti, Bargoni, Catucci, Sprovieri, Fabrizi N., Mordini, Siccoli, Sineo, Ricciardi, Finto, De Luca, Minervini, Valitutti, Golia, Carnazza, De Boni, San-Donato, Bellazzi, Mosciari.

Altra simile proposta sottoscritta dagli onorevoli Castagnola, Ugdulena, Mezzacapo, Mischi, Spinelli, Giacchi, Ferracciu, Pessina, Civita, Macri, Torriggiani, Atenolfi, Devincenzi, Cappelli, Pace, Danzetla.

Terza proposta nel medesimo senso e diversamente formulata da Conforti, Paternostro, Gravina Melchiorre, Camerini.

La Camera delibera nella medesima seduta una Commissione d’inchiesta sui talli di Torino, composte di nove membri, e ad elezione del presidente.

– 96 –

TORNATE DEL 7 NOVEMBRE E SEGUENTI 1864. Discussione della proposta sospensiva del deputato Ferraris circa il progetto di legge pel trasferimento della capitale.

Ferraris svolge la sua proposta, conchiudendo di non potersi votare la legge sul trasferimento se prima non si voti l’approvazione della convenzione del 15 settembre.

Parlano per la sospensiva Sineo, Boggio, Michelini.

Parlano contro la sospensiva. – Castellano, Minervini, Pessina, Mancini, Mosca relatore.

Il presidente del Consiglio. – Il Ministro per l’interno.

Nisco propone l’ordine del giorno puro e semplice sulla sospensiva di Ferraris.

La Camera approva l’ordine del giorno Nisco.

Si passa alla discussione generale del progetto di legge suddetto.

Parlano contro: – Miceli, La Porta, Ceppino, Pelruccclli, Musolino, Berti D., Boggio, Tecchio.

Crispi, svolge un suo ordine del giorno contro il trasferimento della capitale a Firenze, che ritiene come una garanzia data alla Francia perché Roma resti al Papa. – Esso è 6rmalo da Nicola Fabrizj, e venti altri deputati dell’estrema sinistra.

Svolgono le loro rispettive proposte: Speciale, Alfieri, D’Evandro, De Boni, Friscia, Cairoti, Nicotera, Chiaves, Brunetti, tutte nel senso contrario al trasferimento.

Parlano a favore: – Visconti Venosla, Bon-Compagni, Lazzaro, Ferrari, D’Ondes-Reggio, Pepoli.

Il presidente del Consiglio. – II ministro per l’interno.

Mordini, in appoggio alla sua adesione al trasferimento, presenta una dichiarazione firmala dai deputati Regnoli, Monlecchi, De Sanctis G., Del Giudice, Calvino, Palletta, Brunetti, Molinari, Marolda, Cognata, Bellazzi, Lazzaro, Romano G., Lualdi, Marcone, Carnazza, Siccoli, Cipriani, Fabricatore, Cadolini, Catucci, Raffaele, Bargoni, Ranieri, De Luca, Zanardelli, Valitutti, Golia, Polsinelli, Vischi, Vecchi, Minervini. – La dichiarazione è in tali termini: «Fedeli al plebiscito, confermiamo solennemente le ragioni dell’Italia su Roma capitale. Quanto al modo di conseguirla e quanto al tempo, intendiamo sia riservata alla nazione piena libertà. Il trasferimento della sede del Governo votiamo come atto di politica interna. Il trasferimento tutela l’indipendenza dello Stato, sottraendo la sede del Governo all’indifesa vicinanza delle frontiere, è una necessità suprema dell’amministrazione pubblica, sospinge sempre più irresistibile verso Venezia e Roma. – II trasferimento sarà il solo grande atto rivoluzionario, che avremo compiuto dal 1860 in poi.

Parlano in appoggio, Raffaele e Rattazzi. – Mosca relatore fa il discorso riassuntivo. – Pinelli, Minervini, Alfieri C.

Rubieri, Brunetti, Catucci, svolgono i rispettivi ordini del giorno.

Mancini così formula il suo: «Considerando che la convenzione, e la legge del trasferimento della capitale non possono infirmare la piena libertà serbata alla nazione pel compimento dei suoi destini, si passa all’ordine del giorno».

– 97 –

La Camera approva l’ordine del giorno di Mancini, e si procede alla discussione degli emendamenti alla legge presentati da San-Donato, Musolino, Sineo, Minervini, Catucci.

Emendamento di San-Donato pel trasferimento della capitale aNapoli, firmato da Camerata Scovazzo F., Scovazzo Lor., Marsico, Golia, Catucci, Fabricatore, Petrucelli, Mondella, Robaudi, Vischi, Galucci, Mosciari, Del Giudice, Sprovieri.

Nisco propone l’ordine del giorno puro e semplice contro l’emendamento SanDonato. È sottoscrito dai seguenti deputati:Baldacchini, Pessina, D’Ayala, Mazziotti, Castromediano, Pace, Camerini, Cortese, Paternostro, Amicarelli, Grassi, Gravina, Greila, Pica, Lanciano, Pugliese, Di Martino, Majorana S., Amabile, Maresca, Dino, Tabassi, De Blasiis, Civita, Argentino, Poerio, Giordano, Dorucci, Marcano, Palomba, Venturelli, Pistftielli, Cannavina, De Donno, Majorana B., Matici, Mezzacapo, Soldi, Giacchi, -Cocco, Pironti, Zaccaria, Massari, Plutino, Anguissola, Vacca, Carafa, Sansevero, De Filippo, Cardente, Leopardi, Damiano, Assanti, Macri, Trigona, Leonetti, Braico, Bruno, Caso, Bonghi, Schiavoni, Beltrani, Scavia, De Sanctis (. I., Beneventani, Cutinelli, Avola, De Cesare, Longo, Lacaita, Mancini, Cepolla, Scocchera, Sebastiani, Castellano, Baracco, Atenolfi, Scrugli, Capone, D’Errico, Morelli, Camerini. – Costoro dichiarano: che il programma nazionale dovendo rimanere fuori di ogni discussione, essi reputano inopportuna e dannosa qualunque deliberazione, che possa scemargli credito ed efficacia nella coscienza del popolo italiano».

Dopo la proposta Nisco, San-Donato e considerando che si è voluto impicciolire la quistione, conducendola su d’un terreno nel quale non l’aveva egli portata, ritira il suo emendamento, anziché recare uno sfregio al suo paese, anziché vederlo rinnegato dai propri figli».

Sineo e Catucci ritirano egualmente le loro proposte.

Si passa a deliberare a squittinio nominale se la Camera intenda discutere gli articoli della proposta legge del trasferimento.

Votano pel no. – Alfieri d’Evandro, Ara, Avezzana, Bertea, Berti D., Bertini, Boggio, Borella, Bottero, Brida, Cairoli, Chiapusso, Chiavarina, Chiaves, Coppino, Crispi, Curzio, Deandreis, De Boni, De Benedetti, Ferraris, Greco A., Guglianetti, La Porta, Robaudi, Levi, Libertini, Macchi, Marazio, Marchetti, Massa, Matici, Mautino, Mellana, Miceli, Minghetti, Mongenet, Monti, Morandini, Mosciari, Musolino, Nicotera, Oytana, Pancaldo, Pinto, Pisani, Ranco, Rapallo, Ricciardi, Ricci V., Rorà, San-Donato, Sanguinetti, Sineo, Speciale, Tamaio, Tecchio, Valerio, Varese, Vegezzi Zav., Vegezzi-Ruscalla, Villa, Viora.

Votano pel si. – Acquaviva, Agudio, Alfieri C., Allievi, Amabile, Amicarelli, Andreucci, Anguissola, Arezzo, Argentino, Assanti, Atenolfi, Audinot, Baldacchini, Ballanti, Bargoni, Baracco, Basile, Battaglia, Bellazzi, Belli, Beltrani, Beneventani, Berardi, Berti L., Berti-Pichat, Bertozzi, Betti, Bianchieri, Bianchi A., Bianchi C., Bichi, Bixio, Boldi, Bon-Compagni, Bonghi, Borgatti, Borromeo, Borsarelli, Bossi, Bracci, Braico, Briganti-Bellini G., Brioschi, Broglio, Brunetti, Bruni, Bubani, Ihiffaliui, Busecca, Cadolini, Cagnola, Calvini, Camerini, Camozzi, Canalis, Cannavina, Caniti, Capone, Cappelli,

– 98 –

Carafa, Cardelli, Cardente, Carnazza, Casaretto, Caso, Castagnola, Castellano, Castelli, Castromediano, Catucci, Cavalletto, Cavallini, Cedrelli, Cempini, Cepolla, Checchefelli, Cini, Cipriiini, di vi ta, Cocco, Cognata, Colucci, Compagna, Conforti, Corinaldi, Correnti, Corsi, Cortese, Costa, Costamezzana, Cugia, Cutiriclli, Cnzzetti, D’Ancona, Danxetta, D’Ayala, D’Asti;, De Blasiis, De Cesare, De Donno, De Filippo, Del Giudice, Della Croce, Della Valle; De Luca, Dei Pazzi, Depreti», D’Errico, De Sanctis F., De Sancìis G., Di Martino, Dini, Dorucci, Èrcole, Fabbricatore, Fabrizi G., Farina, Farini, Fenzi, Ferraccia, Ferrari, Terrario, Fiastri, Finzi, Fiorenzi, Galleotti, Gallucci, Garorano, Giacchi, Gigliucci, Giordano, Giorgini, Giovio, Giustinian, Golia, Grandi, Grassi, Gravina, Greco L., Grella, Grillenzoni, Grixoni, Grossi, Gueiricri Gonz. A., Guerrieri Gnm. C., Jacampo, Jacini, Lacaita, Lamarmora, Lanciano, Lanza, Lazzaro, Leardi, Leonoti i, Leopardi, Longo, Lualdi, Luzi, Maccabruno, Maceri, Macri, May, Majorana B., Majorana S., Malenchini, Marcene, Mancini, Maresca, Marescotti, Mari, Marolda, Marsico, Martinelli, Marzano, Massarano, Massari, Messola, Mazziotti, Mazzoni, Melchiorre, Melegari, Meloni, Meneghini, Menotti, Mezzacapo, Michelini, , Minervini, Minghetti, Mischi, Molla, Molfini, Molinari, Montella, Monzani, Mordini, Morelli G., Moretti, Morini, Mosca, Muchi, Nisco, Oliva, Orsetti, Pace, Palletta, Palomba, Panettoni, Parenti, Passerini, Paternostro, Pepoli, Peruzzi, Pescetto, Pessina, Pezzana, Pica, Pironti, Platino Ag., Platino An., Poerio, Polsipelli, Polti, Prinetti, Prospero, Pugliese, Raffaele, Ranieri, Rasponi, Rattazzi, Regnoli, Restelli, Ricasoli B., Ricasoli V., Ricci G., Robecchi, Robecchi G., Romano L., Romano G., Romeo P., Rovere, Rubieri, Ruschi, Bacchi, Salaris, Sa|imbeni, Salvagnoli, Salvoni, Sandonini, SaunaSanna, Sanseverino, Sansevero, Santocanale, Scalia, Scalini, Scarabella, Schiavoni, Scocchera, Scrugli, Sebastiani, Sorgardi, Sgariglia, Niccoli, Silvani, Siivestrelli, Sirtori, Soldi, Spaventa, Speroni, Spinelli, Sprovieri, Tabasso, Tenca, Teodorani, Tonelli, Tonello, Torelli, Tornielli, Torriggiani, Trezza, Trigona, Ugdulena, Vacca, Valitutti, Vanotti, Vecchi, Venturelli, Verdi, Vischi, ViacontiVenoata, Zaccaria, Zanardelli.

Si astengono. – Cassinis, Massei.

Dichiarazioni posteriori degli assenti.

Pel no. – Friscia, Genero, Solarelli, La Masa, Fabrizi N.

Pel sì. – Piroli, Toscanelli, Montecelii, Saracco, Maggi, Granoni, Rcccagni, Menichetti, Sella, Torre, Nicolucci, Leo, Aroonati, Negrotto, Marazzani, Pelosi.

Si passa alla discussione degli articoli.

Art. 1°. – La capitale del regno sari trasferita a Firenze entro sei mesi dalla data della presente legge.

Contro. – Morandini.

Ricciardi fa suo l’emendamento di San-Donato sul tramutamento della capitale da Torino a Napoli, e ampiamente lo svolge. – Indi lo ritira.

A favore. – Castellano, Bixio, il presidente del Consiglio.

Voto motivato di Boggio, Mancini e Cocco per la unificazione legislativa. -r e È approvato.

L’art. 1° è approvato.

– 99 –

Art. 2°. – Emendamento di Ricciardi e Sirroli sulla spesa del trasolcamento. – È rigettato.

Dopo 12 tornate di lunghissima discussione, la Camera approva a squittinio segreto con voti 91 contro 70.

TORNATA DEL 23 GENNAIO 1865. – Discussione intorno la relazione sull’inchiesta parlamentare circa i fatti di Torino del 21 22 settembre.

La Commissione d’inchiesta dichiara: che non vi fu provocazione del popolo; che il Ministero non si dipartì dall’osservanza della legge, ma che fu colpevole d’imprevidenza e d’imperizia.

Ricasoli Bellino nel bel principio della discussione propone il seguente Voto motivato: «La Camera, vista la i-dazione della Commissiono da lei instituita per riferire sui deplorabili eventi del 21 e 22 settembre; considerando che il Parlamento deve sopratutto proporsi di stabilire l’ordinamento della nazione; considerando che alla tranquillità ed alla maturità delle discussioni nuocerebbe, mentre gli animi non possono essere ancora rasserenati, il riandare fatti ed avvenimenti chela dovettero profondamente perturbare; considerando che i sacrifizi per lunghi anni con eroica abnegazione sostenuti dalla città di Torino in prò dell’Italia, ed il contegno da essa osservato mentre si discuteva la legge del trasferimento, bastano ad allontanare da lei ogni sospetto di municipalismo} considerando che di grandezza degli avvenimenti e le necessità della nazione consigliano tutti ad immolare sull’altare della patria ed al supremo bene della concordia, ogni risentimento, ogni recriminazione e financo ogni giustificazione; rendendo grazie alla Commissione d’inchiesta per la diligenza con cui ha adempito al mandato affidatole, passa all’ordine del giorno.

Si. oppongono alla proposta Ricasoli: – Mordini, il quale conchiude: e che seppellimento dell’inchiesta nel giorno intimalo dalla stessa Camera alla pubblicità del giudizio, vorrebbe dire impunità pei fatti dolorosi del settembre, ed incoraggiamento a commetterne dei somiglianti; vorrebbe dire esautoramento della Camera, perché il paese non potrebbe più vedere in questo consesso il palladio della libertà, il custode ed il vindice dei diritti e delle prerogative costituzionali».

Crispi domanda ohe si proceda oltre sulla proposte Ricasoli, per non essere né pregiudiziale, né sospensiva. Soggiunge: «Essa vuoi gettare cenere sol fuoco. Non è così che si fa la concordia. Il fuoco si estingue, non si copre. Guai, signori, su il fuoco si copre! Un piccolo vento basterà a soffiare Sulla cenere ed a sviluppare un incendio, nel quale non cadremmo noi soli, ma cadrebbero lo nostre instituzioni».

Parlano in appoggio: – 11 ministro per l’interno. Pinzi.

Minghetti, sulla domanda del deputato Ara, risponde di non Volersi giustificare diunito agli altri colleghi del Ministero di settembre, perché «credono di fare il più grande sacrificio che uomo possa fare alla concordia ed alla patria».

La proposta Crispi viene rigettata. – Seguila la discussione sull’ordine del giorno Ricasoli.

– 100 –

Contro: – Brofferio. Tra le altre cose dice: t Dopo avere accesa la fiaccola della discordia, e l’avete lanciata in mezzo all’Italia, voi venite a parlare a noi di concordia? Era tempo di parlarne quando stavate lavorando in segreto negli antri della diplomazia per umiliarci, per calpestarci. Ora la vostra tarda parola di concordia è una derisione. – A che giova l’inchiesta? – Giova alla sentila della giustizia, giova ad impedire che nuovo omicidio non ai commetta altra volta, giova al rispetto delle leggi, alla vendetta della società. Il giudizio del Parlamento insegnerà ai ministri ad onorare la libertà, a rispettare il sangue cittadino, e ad avvertirli negli arbitri loro, che, se essi uccidono col fucile, vi è chi percuote con la scure, lo respingo con tutte le mie forze la disgraziata proposta del deputato Ricasoli».

Seguono i discorsi di Rorà, Massei, Rubieri, Roggio, Cassini, Ara.

A favore: Bixio, Mosca, Ferrari, il presidente del Consiglio, il ministro per l’interno.

Rorà propone di aggiungere alla proposta Ricasoli le parole «prendendo atto delle conclusioni della Commissione».

Roggio, Cassinis ed altri ripetono sotto diverse forme l’emendamento di Rorà.

La Porta e Ferraris propongono l’ordine nel giorno puro e semplice sulla proposta Ricasoli.

Dopo il rigetto o ritiro delle proposte, è messa ai voti per isquittinio nominale quella di Ricasoli, ch’è approvata.

Votano contro: – Alfieri, Ara, Arconati, Avezzana, Bargoni, Bellazzi, Bertea, Bertini, Roggio, Borella, Bottero, Brida, Cadolini, Calvino, Camerata Scov. F., Camerata Scov. L., Cassinis, Chiavarina, Chiaves, Ceppino, Crispi, Curzio, Cuzzetti, Della Rosa, De Boni, De Benedetti, Depretis, Fabrizi N., Ferraris, Fossa, Genero, Giuliani, Gravina, Greco A., Guglianetti, La Porta, Levi, Longo, Lualdi, Maccabruni, Macchi, Marazio, Maroldi, Masa, Massei, Mongenet, Monti, Mordini, Morini, Mosciaro, Musolino, Oytana, l’esce Uo, Pezzani, Plutino A., Polti, Romano G., Rorà, Rovere, Tecchio, Valerio, Vegezzi Zav., Villa, Viora, Vischi.

Votano a favore: Acquaviva, Agudio, Allievi, Amabile, Amicarelli, Andreucci, Anguissola, Atenolfi, Audinot, Baldacchini, Ballanti, Barracco, Beneventano, Berardi, Bertozzi, Betti, Bianchi C., Bichi, Bixio, Bonghi. Borgatti, Bossi, Bracci, Braico, Briganti-Bellini Bellino, Briganti Bel. G., Brioschi, Broglio, Bubani, Buffalini, Busecca, Cagnola, Camerini, Canalis, Cannavina, Carafa, Castellano, Castromcdiano, Cavalletto, Cepolln, Checchetelli, Cini, Cocco, Conti, Corinaldi, Correnti, Cosenz, Costamezzana, Cucchiari, Damis, D’Ancona, Danzetta, D. Aste, De Blasiis, De Cesare, De Donno, De Filippo, Dei Pazzi, D’Errico, Èrcole, Fabrizi G., Farini D., Fenzi, Ferraccio, Ferrari, Ferrano, Fiostri, Finzi, Galeotti, Gigliucci, Giorgini, Giustinian, Grandi, Grattoni, Grillenzoni, Grossi, Guerrieri Gonzaga A., Guerrieri Gonz. Carlo,

– 101 –

Jacampo, Jacini, Lacaita, Lamarmora, Lanza, Leopardi, Levito, Macri, Maggi, Mancini, Marescotti, Mari, Martinelli. Marzano, Massarani, Massari, Melegari, Meneghini, Menichetti, Mezzacapo, Mischi, Moffa, Monzani, Morelli G., Morosoli, Mosca, Mureddu, Ninchi, Nischi, Panettoni, Pelosi, Petitti, Piroli, Poerio, Possenti, Prinetti, Rattazzi, Restelli, Ricasoli B., Ricasoli V., Rubieri, Sacchi, Salvagnoli, Sanseverino, Sansevero, Scalini, Scocchera, Sella, Sergardi, Silvani, Speroni, Spinelli, Tabassi, Tenca, Testa, Torelli, Tornielli, Torre, Torriggiani, Trezzi, Venturelli.

Si astengono. – Bianohieri, Bon-Compagni, Borromeo, Malenchini, Minghctti, Morandini, Peruzzi, Pisanelli, Robecchi G., Sandonini, Spaventa, Tamajo, Visconti Venosta.

Dichiarazioni posteriori di assenti che avrebbero votato:

Pel No. -Miceli, Nicotera, Minghetti, Vaini, Deandrcis, Marchetti, Leardi, Cairoti, Ranco, Mellana, Sanguinetti, Cbiapusso, Michelini, Marsico, Farina, Brunet.

Pel sì. – Giovio, Lanciano, Salimbeni, Scarabelli, Mazziotti, Pepoli, Fiorenzi, Vanotti, Scrugli.

Assenti dalla Camera 197.

TORNATE DEL 24 FEBBRAIO E SEGUENTI 1865. – Discussione del disegno di legge per l’abolizione della pena di morte.

A favore dell’abolizione. – Crispi, De Filippo, Panattoni.

Mancini, autore del progetto, lo svolge con sublimità in tutte le sue parti.

Pisanelli, relatore, fa il discorso riassuntivo della Commissione.

Emendamento di Crispi: fa eccezione pei reati militari in tempo di guerra, e pei marittimi.

Lo firmano: – De Boni, Miceli, Bargoni, Mordini, Fabrizi N., Tamaio, Cairoli, La Porta, Sinco.

Svolgimenti di sotto-emendamenti e proposte di Capone, Siccoli e Castagnola.

Contro. – Massari, Vacca, ministro guardasigilli, Chiaves, Conforti, Lamarmora, presidente del Consiglio, Cocco.

Voto motivato sospensivo di Broglio.

Votazione a squittinio pubblico sulla quistione di massima per l’abolizione, che è approvata.

Votano per l’abolizione. – Allievi, Amicarci!!, Andreucci, Ànguissola, Avezzana, Baldacchini, Ballanti, Bargoni, Bellazzi, Belli, Berardi, Bertea, Berti L., Bertozzi, Beiti, Bianchi Cel., Bichi, Boddi, Bonghi, Borgatti, Borromeo, Bossi, Botta, Bollerò, Bràcci, Braico, Briganli Bellini G., Brofferio, Brunetti, Busacca, Cadolini, Cairoti, Calvino, Camerala Scovazzo F., Camozzi, Cantù, Capone, Castagnola, Castromediano, Cempini, Cepolla, Cipriani, Collacchioni, Conti, Ceppino, Correnti, Cosenz, Crispi, Curzio, Cutinelli, Cuzzetti, Della Rosa, Damis, D’Ancona, De Boni, De Benedelli, De Cesare, De Donno, De Filippo, Della Croce, De Luca, De’Pazzi, Deprelis, Devincenzi, D’Ondes Reggio, Èrcole, Fabricalore, Fabrizi G., Fabrizi N., Farina, Farini D., Ferrano, Fiorenzi, Gigliucci, Giusliniani, Golia, Gravina, Greco A., Greco L.,

– 102 –

Griffini, Grossi, Guerrieri Gonzaga An., Guerrieri Gonzaga C., La Porta, Leopardi, Longo, Lovito, Maccabruni, Macchi, Maceri, Macri, Malenchini, Mancini, Mandoj Albanese, Marescotli, Mari, Marsico, Marlinelli, Massarani, Massei, Meneghini, Medie-lumi, Mezzacapo, Miceli, Molfini, Monlecchi, Monzani, Mordini, Moretti, Morosoli, Mureddu, Nisco, Panattoni, Papa, Pelosi, Piroli, Pisanelli, Plutino A., Pocrio, Polli, Ranieri, Rasponi, Regnoli, Restelli, Ricasoli B., Ricci V., Romeo P., Rubieri, Ruschi, Salaris, Salvagnoli, Scalini, Schiavoni, Scrugli, Siccoli, Silvani, Silvestrelli, Sineo, Speciale, Speroni, Tabassi, Tamajo, Tecchio, Tonelli, Toscanelli, Trigona, Venlurelli, Zanardelli.

Votano contro. -AlBeri C., Amabile, Ara, Arconati, Beneventani, Berli D., Berlini, Bonghi Al., Bon-Compagni, Borsarelli, Boyl, Brida, Briganti-Bellini Bellino, Broglio, Brunet, Bubani, Canalis, Cannavina, Caso, Cassinis, Caslello, Cavallelto, Cavallini, Cedrelli, Checchetelli, Chiapusso, Chiavarina, Chiaves, Cocco, Conforti, Corinaldi, Cucchiari, Danzetta, D’Aste, Deandreis, De Blasiis,

D’Errioo, Fumi. Ferrarle, Fiastri, Fiazi, Garofano, Genero, Giorgini, Govone, Grandi, Guglianetti, Jadopi, Lamarmora, Lanciano, Lanza, Maggi, Marazio, Marazzani, Marcbetti, Massa, Massari, Melchiorre, Melegari, Menulti, Michclini, Mischi, Molla, Monti, Morelli G., Musolino, Oytana, Parenti, Petitti, Pettinengo, Prinetti, Rapallo, Rattazzi, RiuciG., Saccbi, Salimbeni, Sandonini, Sanguinetti, Sella, Solaroli, Soldi, Testa, Tonello, Torelli, Torre, Ugduleiia, Valerio, Vegezzi Zaverio, Villa, Viora, Zaccftria.

Si astengono: Bixio, Ferrari, Levi.

Assenti 198.

Dichiarazioni posteriori di assenti.

Pel sì. – Tenca, Galeotti, Passerini, Orsini, Minervini, Minghelti, Vdini.

Pel no. – Merini, Vanotti, Tornielli, Mosca.

Si passa alla discussione dell’articolo, che dopo molti discorsi di oratori e loro emendamenti resta in tal modo redatto:

È abolita nel regno d’Italia la pena di morte in tutti i crimini poniti con la medesima nel codice penale comune.

Alla pena di morie è sostituita quella della reclusione cellulare perpetua.

In tutti i crimini puniti nello stesso codice coi lavori forzati a vita, a questa pena rimane sostituita quella dei lavori forzati per 30 anni.

TORNATA DEL 7 APRILE 1865. – Istanza del deputato De Boni per la discussione del progetto di legge sulla soppressione delle corporazioni religiose.

Lariza Ministro per l’interno, vi acconsente.

Proposta sospensiva di Ondcs Reggio.

Lazzaro e la Porta si oppongono per la brevità del tempo, che rimane sulla discussione di una legge di tanta importanza.

Sono approvate le proposte di Boggio e del Ministro Lanza per la sua discussione dopo quella delle ferrovie.

– 103 –

Sono notevoli le Seguenti parole del ministro sulla urgenza di questa logge: «Vi sono, o Signori, ragioni di alta convenienza politica per indurre il Governo ad insistere caldamente su questo proposito, né io ho alcuna difficoltà a dichiarare, che la ragione principale che a ciò lo induce, si è che sarebbe cosa grandemente impolitica ed improvvida di procedere alle nuove elezioni generali, lasciando insoluta questa grande quistione, dalla quale già da lunga pezza si può dire che in tutte le parti d’Italia l’opinione pubblica si è assai preoccupa!! Sciogliete, o Signori, questa quistione, e voi avrete elezioni, le quali potranno rappresentare assai meglio gl’interessi generali e i sentimenti del paese».

TORNATE DEL 19 APRILE ESEGUENTI 1865. – Discussione dello eccettui di legge per la soppressione delle corporazioni religiose.

Il relatore Corsi in nome della Commissione non accetta l’emendamento ministeriale il quale si restringe alla sola parte che tocca la soppressione, lasciando in disparte ciò che si attiene al riordinamento dell’asse ecclesiastico.

Crispi presenta la quistione pregiudiziale per la incostituzionalità dell’emendamento ministeriale.

La pregiudiziale è appoggiata da D’Ondes, Cantù, La Porta, e dal relatore Corsi.

Ricasoli Bellino fa delle considerazioni a favore della Commissione.

1 ministri Vacca e Natoli sostengono l’emendamento restrittivo «perché il tempo non concede abbastanza larghezza alla discussione completa del progetto, e perché nella imminenza delle elezioni si reputa prudente di eliminare la quistione del riordinamento dell’asse ecclesiastico».

I ministri per le finanze e per l’interno oppugnano la pregiudiziale.

Dichiarazioni del ministro Vacca in sostegno dell’emendamento ministeriale.

Parlano a favore: Robecchi, Seniore, Alfieri, Bon-Compagni.

Messo a partito se debba tenersi per tema della discussione il progetto della Commissione, oppure l’emendamento del Ministero, la Camera delibera per quest’ultimo.

A favore della soppressione. – Parlano: Sicoli e Bonghi.

Proposta di Bonghi per l’eccezione di alcuni istituti monastici.

Contro la soppressione. – Parlano: D’Ondes, Ugdulena, Toscanelli, Bon-Compagni.

Discussione degli articoli. – 11 ministro per le finanze presenta una nuova redazione dell’articolo 4° relativo alla dote ed assegnamenti delle monache.

Dopo le osservazioni ed emendamenti di Crispi, Pisanelli, Piroli, Cortese, Cavallini, Bargoni, Brunetti e Ninchi, la proposta è rimandata alla Commissione così redatta: «le Monache avranno diritto di optare per la restituzione della dote stessa, quando questa esista in natura nel patrimonio della corporazione, come fu costituita».

– 104 –

Luzi propone un emendamento all’art. 5°, da rimanere come articolo separato, il quale viene accolto dalla Camera con applausi. Esso è così concepito: Alle religiose soltanto sarà compatibile la facoltà d’indossare l’abito monastico colla riscossione della pensione individuale, menlre i religiosi e laici tornati al secolo dovranno, per godere detta pensione, cessare d’indossare l’abito monastico.

Dopo la votazione sull’articolo della legge, riguardante l’assegno per le monache di alcuni chiostri, il ministro guardasigilli dice: «Signori, dopo il voto emesso dalla Camera nella tornata di questa mattina, il governo del Re sente il dovere d’invitarla a voler sospendere la discussione di questa legge onde il Ministero sia in caso di prendere quelle determinazioni che crederà più opportune».

TORNATA DEL 18 APRILE. – Il ministro guardasigilli presenta un Decreto reale con che si autorizza il Ministero a ritirare il progetto di legge in discussione.

Mellana domanda la parola «non per constatare il diritto che avrebbe la Camera di continuare la discussione sul progetto d’iniziativa parlamentare, ch’è quello della Commissione, non per chiedere i motivi pei quali il Governo si decise ad un atto così grave; di questo risponderà dinanzi alla pubblica opinione; ma per constatare un fatto che dopo la sospensione di ieri si riunivano più di settanta deputati di tutti i colorì a richiesta di alcuni ministri, Tacendo tali proposte che il Governo avrebbe potuto accettare. Ciò si dice perché qualunque siano le conseguenze di questo atto ministeriale, sappia il paese che esse non possono iu modo alcuno ricadere sulla Camera dei rappresentanti della nazione >. Così osserva il marchese Giuseppe Pulce, ebbe termine la prima legislatura italiana, che si appella ottava negli atti del Parlamento, come V. Emanuele si chiama secondo, e lo statuto sardo italiano.

– 105 –

DAL MINISTERO DEL REGNO D’ITALIA

AL MANICOMIO

Dopo la morte del Conte di Cavour, la caduta del Ministero di Bettino Ricasoli, e la rovina precipitosa di Urbano Battazzi le redini del nuovo Regno d’Italia vennero affidate a Carlo Luigi Farini, il quale sventuratamente venne colpito dalla pazzia mentre ancora stava al Ministero, né gli restò tanto ben dell’intelletto da poter rassegnare la sua rinunzia nelle mani del Re. Della questione Romana sotto il Ministero Farini, e dell’infelicissima fine di quest’uomo, compagno sempre al Conte di Cavour, discorreremo negli articoli che seguono.

IL NUOVO MINISTERO FARINI

(Pubblicato il 10 dicembre 1862)

«Si distruggono i regni, si creano le repubbliche, poi le si abbattono e si installa il despotismo, non per difendere o conquistare la libertà o la gloria, ma per satisfare la concupiscenza, per tórre o chi ha e dare a chi non ha» (Farini, Lettera a G. Gladstone. Torino, 20 dicembre 1852).

Dopo un lavoro di dieci giorni finalmente il regno d’Italia trovò un ministero, combinato Dio sa come, e clic vivrà Dio sa quanto; un ministero composto di dieci ministri, il quale ci dà, per giunta sulla derrata, un ministro senza portafoglio, ma colle venticinquemila lire di stipendio. Progenitore di questo gabinetto è il cav. Carlo Luigi Farmi, che aveva ancora grossi peccati da scontare, e la divina giustizia l’ha condannato (orribile pena!) alla presidenza del ministero del regno d’Italia. E vedrete ch’egli non tarderà a ricevere da suoi ciò che s’ha meritato in Bologna, in Modena, in Torino, come se l’ebbe Garibaldi, e se l’ebbero Durando, Rattazzi, Matteucci e Pepoli. 1 rivoluzionari debbono essere gastigati dalla rivoluzione medesima, affinché siano tormentati per que’ stessi delitti che hanno commesso.

Lasciando da parte per ora i nomi degli altri nove ministri, ci occuperemo del solo Farini, sia perché egli, come padre e presidente del ministero, gli da tutto il colora, sia perché i nomi dei ministri colleghi del Farini non sono ancor certi, essendo stati alcuni eletti in contumacia, ovvero durante la loro assenza. Ma studiando ne’ precedenti politici del Farini, e massime negli scritti ch’egli mandò alle stampe, non è cosa tanto facile il dire che cosa sarà il suo ministero. Conciossiachè nel Farini si trovi, secondo la stagione, il repubblicano, il mazziniano, l’ufficiale pubblico del Santo Padre Pio IX, il moderato, il monarchico, il federalista, l’unionista e via via.

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Volendo però mettere un po’ d’ordine in questa confusione di colori, nella vita politica del Farini si possono distinguere due periodi; l’uno quando il Farini era povero o voleva morir»icco; l’altro quando il Farini fu ricco e volle morir povero. Le sue opinioni, il suo linguaggio, la sua condotta variarono pienamente, e mentre nel primo periodo godeva di mostrare la rozzezza del demagogo, nel secondo studia tutti i mezzi per farsi credere aristocratico. Noi lasceremo da parte l’uomo privato che non appartiene alla nostra giurisdizione, ma parleremo francamente dell’uomo politico, perché n’abbiamo tutto il diritto. Però ogni nostra asserzione verrà sempre provata con citazioni e documenti.

Giuseppe Mazzini ci parla di Luigi Carlo Farini nel terzo volume de’ suoi scritti uditi ed inediti, e ci dice che la Giovine Italia «noverava tra’ suoi lo storico Farini (1)»; e ci racconta: «Vivono ancora i popolani Bolognesi, che ricordano il Farini vociferatore di stragi nei loro convegni, ed uso ad alzare la manica dell’abito sino al gomito, e dire: ragazzi bisognerà tuffare il braccio nel sangue (21°. Speriamo che il Farini non sia per ripetere questo programma né sulla Dora, né sul Sebeto. Allora era il Farini giovine, il Farini povero, che volea morir ricco; ora è il Farini ricco che vuole morir povero. Tuttavia quella buona memoria di Giuseppe Montanelli lasciò scritto di Farini: spirito acre, passionato, bislacco, resterà sempre violento, quantunque si sia fatto battezzar moderato (3).

Lo stesso Montanelli diceva: «Abbiamo cospirato insieme con Farini per preparare |a rivoluzione romagnola, abortita a Rimini nel settembre del 1845. In quella circostanza ebbi per la prima volta alle mani lo stile di Farini, che scrisse il manifesto ai Principi ed ai popoli d’Europa, che fu il programma della rivoluzione, condannato poi da Azeglio nel libriccino sui Casi di Rimini. Anzi Azeglio trattava gli autori di quei movimenti più duramente che non si legge nel libriccino stampato; ed io nella stessa stanza di Pisa, dove Farini m’avea portato qualche mese avanti a correggere il manifesto della rivoluzione, pregato da Azeglio a dirgli il mio parere sul manoscritto, che mi lesse prima di stamparlo, lo consigliai a moderare certe sue espressioni non meritate dai Romagnuoli (1)» .

Non ostante questi suoi precedenti, quando Pio IX salì sulla cattedra di San Pietro, non solo perdonò a Luigi Farini, ma lo elesse al suo servizio, e vi godo intime comunicazioni, entrò in gelosi impieghi, operò in trattati rilevantissimi del governo medesimo, come egli stosso racconta nel suo Stato Romano.

(1) Scritti editi ed inediti di G. Mattini. Milano G. Daelli 1862, vol. III, pag. 49.

(2) Loc. cit. vol. III, pag. 314.

(3) Lettera di Montanelli pubblicata dal giornale di Brofferio, la Voce nel Deserto, N° 20, 10 ottobri; 1S51.

(1) Lettera di Montanelli, eco.

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E poiché il Farini volea ricondurre Roma l ‘antica grandezza, prima di dettare quel libro avrebbe dovuto ricordarsi di ciò che scrisse Marco Tullio Cicerone, quando nella sua Divinat, in Verrem asseriva essere indegna cosa, che un questore si presentasse ad accusare quel governo, di cui avea goduto la confidenza.

Cacciato da Roma Pio IX, il Faririi si profferì candidato per la Costituente, ma gli vennero meno i suffragi, e fé fiasco (2). Dopo la ristaurazione tornò all’impiego pontificio, e mentre riceveva stipendio dal Papa, scriveva vituperii contro il suo governo nel Risorgimento di Torino e nel. Costituzionale di Firenze (3). Da ultimo fu conosciuto, e sfrattato da Roma; e venne in Piemonte, dove s’ebbe ottimo asilo. E qui prese a dettare quella sua storia dello Stato Romano, in cui Guerrazzi trovò un piglio di procuratore e soverchie tumidezze e bugie, e rimbrottò il Farini «d’aver gittato addosso ad altrui accuse pessime per iscivolar via, lasciando dietro una traccia di bava a mo’ di lumaca»; e lo avvertì che «la storia scrivono gli storici non gli scoiattoli (41°.

Ma era quello il momento, in cui Farini da povero s’incaminava a diventar ricco, e mutava contegno. Mentre era stato membro della Giovine Italia, rinnegava la madre, e tuonando contro Mazzini, scriveva: «Mazzini in teologia o deista e panteista, è razionalista a vece a vece, un po’ di tutto; par cristiano, ma non sapresti se sia cattolico, o protestante, o di qual setta; è parso un tempo ch’egli copiasse in tutto Lamennais, cioè un altro uomo senza verun sistema; repubblicano Mazzini noi fu sempre, o noi parve. Un tempo scrisse contro le teorie che appellano socialiste; poi mutati i tempi, ne confettò qualche nuovo scritto e si collegò con socialisti d’ogni nazione. Mediocre uomo credo

10 il Mazzini in tutto, ma gli è un genio di pertinacia; orgoglio tragrande… compatimento de’ vizi, e pur troppo anco delle scelleratezze de’ suoi… bestemmia e prega, benedice e scaglia anatemi (5)». Le quali parole si potrebbero applicare a Farini coll’epigrafe: Mutato nomine de le fabula narratur!

Noi stiamo a vedere come il nuovo presidente del ministero si farà innanzi alla Camera, dichiarando che è suo intendimento di continuare la guerra contro il Papa, conquistar Roma e fondere tutta Italia in un corpo solo. Imperocché il Farini lasciò scritto tutto l’opposto, e i nostri lettori avranno sovente occasione di ridere a sue spese, reggendo come le sue scritture sieno in piena opposizione colle sue parole. Pigliamo di questi scritti un solo, e sia la lettera al sig. Guglielmo Gladstone a Londra. Torino, 20 dicembre 1852.

(2) Vedi Croce di Savoia e Italia e Popolo del 20 di ottobre 1851.

(3)Vedi il giornale Lombardo Veneto, numero del 21 ottobre 1851.

(4) Apologia della vita politica di F. D. Guerrazzi, scritta da lui medesimo. Firenze, ISSI, pag. 815.

(5) Lo Stato Romano dall’anno 1815 al 1850, voi. III pag. 275-276.

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Qui il Farini ha detto: «Un illustre scrittore italiano consigliava, non ha molto, il Papa a gittare lungi da sé il peso del temporale; ma non avvertiva che lo stesso Papa, finché duri la presente costituzione del Papato, noi potrebbe, e che sarebbe mestieri fosse accetto il consiglio a tutta l’oligarchia dominante in Roma. Può un Papa far per sé il gran rifiuto, non può farlo per gli altri». Dunque il primo punto del programma del nuovo ministero Farini sarà che bisogna adagiarsi al non possumus di Pio IX.

Inoltre il Farini ha scritto al signor Gladstone: «Sia pure che la signoria temporale dei Papi versi in agonia, sia pure che le opinioni universali la condannino; ma molte generazioni, a mio avviso, scenderanno nella tomba prima che pera interamente… Se ogni imperio di sacerdoti resistette lungamente alla morte, quello del sacerdozio cattolico, governato da fortissima gerarchia con mirabile unità, resisterà più di qualsivoglia altro». Dunque, secondo punto del programma del nuovo ministero Farini: a Roma non si va per molte generazioni

E Farini, scrivendo a Gladstone e parlando a’ suoi lettori, ripigliava: «I lettori discreti faranno ragione, come essendo sei secoli che in prosa ed in versi l’Italia sclama contro la signoria dei Papi, io non mi accontenti a ripetere lai ed augurii, ed a mandare contento il volgo con dire: sorgi e distruggila… Egli è grandemente improbabile che a breve andare la sia distrutta». Dunque, terzo punto del programma del nuovo ministero Farini: Bando alle illusioni, il Papa sta!

E Farini nella stessa lettera a sir Gladstone rincalzava: «Le questioni che si agitano sulla signoria dei Papi non sono soltanto Romane od Italiane, ma sono Europee questioni, e quindi non sono in balia né dell’arbitrio, né delle forze nostre Qualunque violenza, che i popoli mossi dal pungolo della disperazione potessero perpetrare, non varrebbe ad esautorare oggi il Papa, perché, se non bastassero i cattolici, verrebbero gli scismatici a restituirlo». Dunque quarto punto del programma del nuovo ministero Farini: I deputati italianissimi radano a dormire!

E Farini proseguiva: t lo penso che se è difficile che l’Italia possa a suo beneplacito, quando pure abbia occasione, virtù e lena da tanto, venire in essere di nazione pienamente indipendente, egli è QUASI IMPOSSIBILE che a suo beneplacito, non che distruggere, possa mutare, od alterar colla violenza la signoria del Papa». Dunque, quinto punto del programma del nuovo ministero Farini: Gl’italianissimi si vadano a riporre!

Finalmente il Farini, in sul cominciare del suo Stato Romano, parlando del Congresso di Vienna, così scriveva«Se allora fu qualche segno di spiriti indipendenti, ci parve fatto dalla Romana Corte, la quale si querelò delle terre tolte oltre Po, e delle fortezze occupate in Ferrara e Comacchio. Singolare natura questa della Romana Corte, la quale si rassegna tal fiata, ma non piega mai l’animo né alla forza, né alla fortuna, né per tempo dimentica mai. Esautorata da Napoleone, diede di sé tale esempio di dignità e fortezza, che parve vincitrice anzi clip vinta; e restaurata poi dai vincitori di Napoleone, si richiamò corrucciata del non restituito, quasi signora alle ancelle». E queste parole dovrebbero servire di conclusione al programma del nuovo ministero Farini!

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IL PRIMO ANNUNZIO DEL MINISTERO FARINI

(Pubblicato l’11 dicembre 1862)

Col mezzo del telegrafo il sig. Farini ha sparso per l’Italia il seguente annunzio sotto la data di Torino, 9 dicembre, S. M. si è degnata nominare:

Presidente del Consiglio dei ministri Farini;

Ministro degli affari esteri Pasolini;

Idem delle finanze Minghetti;

Idem di grazia e giustizia Pisanelli;

Idem della guerra Della Rovere;

Idem della marina Ricci Giovanni;

Idem dei lavori pubblici Menabrea;

Idem dell’interno Peruzzi.

Per i portafogli dell’istruzione pubblica e dell’agricoltura e commercio sono designati i signori Amari e Manna, non ancora giunti a Torino.

Il Presidente del Consiglio Farini.

LA QUESTIONE DI ROMA

NEL DICEMBRE 1861 E NEL DICEMBRE 1862

(Pubblicatoli 13 dicembre 1862)

«Rinunziare alla questione di Roma è più facile a dirsi che ad effettuarsi; né io veggo nello stato degli animi in Italia e nelle circostanze attuali della Penisola come potrebbe sorgere, e meno poi durare un ministero, il quale dichiarasse tale essere il suo divisamente, né so dove troverebbe sostenimento un’amministrazione, la quale dicesse: occupiamoci d’altro, a Roma ci penseremo poi. Io non sosterrei quel governo»

(Deputalo Cerutti, tornata del 7 dicembre 1861. Atti Ufficiali, numero 349, pag. 4350).

Non v’ha nulla di più istruttivo per tutti, di più consolante pei cattolici, di più vergognoso pei rivoluzionari, che l’istituire un confronto tra il dicembre dell’anno passato e il dicembre dell’anno corrente. Nell’uno e nell’altro si parlò assai in Torino della questiono di Roma, ma con istile e conclusioni molto diverse! Un anno la restava ancora un po’ di speranza ai nemici di Pio IX, che lo spoglierebbero della sua città; ma oggidì la disfatta è così completa, che il nuovo ministero non osa più nel Parlamento di nominare Roma, e i giornali libertini gli danno lode di non averla nominata!

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Già nel marzo del 1861 la Camera dei deputati avea discorso per tre giorni, e deliberato su Roma. Il 25 di marzo il deputato Audinot diceva: «L’Italia ha bisogno di Roma, perché Roma è la capitale naturale d’Italia; ha bisogno di Roma, perché da quest’estremo lembo d’Italia non si può eternamente governare tutta la nazione; ha bisogno di Roma, perché Roma, capitale d’Italia, è l’espressione più alta dell’unità e dell’indipendenza della nazione» (Atti Ufficiali, N° 38, pag. 134).

E il conte di Cavour (req uiescat in pace!) rispondeva: «L’onorevole deputato Audinot vel disse senza riserva: Roma debb’essere capitale d’Italia. E lo diceva con ragione; non vi può essere soluzione della questione di Roma, so questa verità non è prima proclamata, accettata dall’opinione pubblica d’Italia e d’Europa (A sinistra: Bene!). Se si potesse concepire l’Italia costituita in unità in modo stabile, senza che Roma fosse la sua capitale, io dichiaro schiettamente, che reputerei difficile, forse impossibile la soluzione della questione romana. Perché noi abbiamo il diritto, anzi, il dovere di chiedere, ‘d’insistere, perché Roma sia riunita all’Italia? Perché senza Roma capitale d’Italia, l’Italia non si può costituire» (Atti Ufficiali, N° 38. pag. 135).

E allora il deputato Marliani, nominato testé senatore, si preparava a dire, fra non mollo, a’ Veneti: «Popolo di Venezia, confortati e spera; i rappresentanti d’Italia siedono in Campidoglio» (pag. 139). E Gioachino Pepoli gridava: «Fiducia. Santo Padre, fiducia nell’Italia e nel suo Parlamento» (pag. 142). E Torelli: «Si vada a Roma, si abbandoni questa nobile contrada (Torino), si vada a Roma» (ìd.) E Ferrari: «Si vada a Roma: tutti lo desiderano» (pag. ‘144). E Roggio: «Vogliamo che il potere temporale cessi; vogliamo che Roma sia, e prontamente, restituita agl’Italiani» (Pag. 151). E Ricciardi: «La Camera, persuasa profondamente, la sede del Parlamento e del Governo italiano dover essere in Roma, afferma innanzi al mondo questo solenne diritto» (N»43, pag. 153).

Dopo tre giorni di discussione, 25, 26 e 27 di marzo, la Camera votò alla quasi unanimità un ordine del giorno Bon-Compagni, perché «Roma sia congiunta all’Italia». Da lì a due mesi il conte di Cavour passò all’eternità, e gli succedette nettino Ricasoli. Allora i deputati incominciarono ad aspettar Roma da questo uomo forte, e Roma non veniva, e a Roma non si andava. Finalmente agli onorevoli scappò la pazienza, e fecero le interpellanze del dicembre 1861, le quali durarono dal 2 di dicembre sino all’11, cioè dieci buone tornate.

E il deputato Alfieri diceva: «Io confido nella lealtà e nel fermo proposito del barone Ricasoli di voler andare a Roma» (Atti Uff. N° 337, pag. 1304). E Pisanelli, ora ministro di grazia e giustizia: «Non tarderà il giorno, in cui noi vedremo sventolare in Campidoglio la bandiera italiana» (pag. 1316). E Ricciardi: «L’andata a Roma è per noi questione di vita o di morte» (pag. 13-19). E Urbano Rattazzi: «Il governo francese non avversa l’idea di rendere libera Roma onde sia restituita all’Italia (pag. 1320). E Bellino Ricasoli, presidenti del ministero, il 6 dicembre 1861, dicea: «La questione romana si scioglierà, perché i tempi moderni l’hanno maturata» (pag. 1334).

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E il deputato Carutti; «Non so dove troverebbe sostenimento un’amministrazione, la quale dicesse: occupiamoci d’altro; a Roma ci penseremo poi» (pag. 1350). E Bertani: «Tocca al Parlamento italiano a mandare solenne ambasciata a Roma, perché legga al Papa il suo capitolato in nome del popolo italiano. Il Pontefice l’ascolterà, per-1 che quella sarà voce di Dio» (pag. 1353).

E il deputalo Depretis domandava: «Le questioni di Roma e di Napoli non racchiudono esse evidentemente l’esistenza di tulio quanto abbiamo acquistato?»

(pag. 1360). E Panattoni: «11 possesso di Roma come capitale d’Italia… è oramai assicurato dal diritto nazionale, dal suffragio popolare già espresso dalle provincie ora unite, e dalle aspirazioni palesi delle popolazioni tutt’ora sottratte alla bramata unità del regno; è finalmente sancito dal volo parlamentare, secondato dall’opinione più illuminata, richiesto dal bisogno della pace europea» (pagina 1365). E Ricci Giovanni, ora ministro della marina, sottoscriveva il 9 dij cembro un ordine del giorno, con cui la Camera invitava il ministero «a darei opera più efficace perché Roma sia restituita all’Italia» (pag. 1371). E Mellana! «può venire il momento in cui stanchi e per tanto tempo delusi nelle loro speranze, il dolore la vinca sulla prudenza, e i Romani insorgano nelle vie di Roma» (pag. 1373). E il deputalo De Cesare: «Il papa non larderà guari a chiedere al gabinetto italiano di volere negoziare sui patti proposti dall’onorevole Ricasoli. . . I! governo del Santo Padre come Redi Roma è nell’impotenza assoluta di poter continuare tutti i servizi pubblici inerenti allo Stato» (pag. 1377). Finalmente, dopo un infinito parlare e straparlare, l’11 dicembre 1861 la Camera approvava con 232 voti contro 79 un ordine del giorno Bon-Compagni Conforti, il quale diceva: «La Camera conferma il voto del 27 marzo che dichiara Roma capitale d’Italia». Conferii soggiungeva: «Ho voluto che queste parole Roma capitale d’Italia rimbombassero perfino nella capanna dei contadini; ho voluto che leggendo il mio ordine del giorno tutti comprendessero che il Parlamento ha il suo pensiero costantemente fisso su Roma (Atti Uff., N° 359, pag. 1386).

La votazione dell’ordine del giorno Conforti-Bon-Compagni fu falla l’il dicembre 1861 per appello nominale; e il deputato Farini, ora presidente del ministero, approvò e fé rimbombare le parole di Roma capitale; le fé rimbombare Peruzzi, le fé rimbombare Minghetti , le fé’ rimbombare Pisanelli. Non sappiamo se il rimbombo giungesse perfino nella capanna dei contadini: questo sappiamo, che un anno dopo, proprio l’il dicembre 1862, i Farini, i Minghetti, i Pisanelli, i Peruzzi, creati novellamente ministri, si presentarono nell’una e nell’altra Camera, e quel nome di Roma, che dodici mesi prima avean voluto «che rimbombasse perfino nella capanna dei contadini», non osavano nemmeno pronunziarlo davanti ai deputali ed ai senatori. Oh chi l’avesse dello a costoro un anno fa, chi avesse dello alla Camera, quando si finì di noverare i voti favorevoli all’ordine del giorno, che confermava Roma capitale: – Onorevoli, l’11 dicembre dell’anno nuovo 1862, non solo non avrete Roma, ma vedrete al vostro costello nuovi ministri, a cui mancherà il coraggio di proferire il semplice nome dell’eterna città! –

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Tre principali interpellanze si mossero adunque sulla questione romana nel Parlamento di Torino. La prima interpellanza incominciò il 25 di marzo 1861, e terminò il 27 dello stesso mese, essendo presidente del ministero il conte Camillo di Cavour. Fu conchiusa con un ordine del giorno, che dichiarava Roma capitale. La seconda interpellanza incominciò il 2 dicembre 1861, e tini l’1 1 dicembre, dopo 10 giorni di discussione. Si conchiuse confermando il voto del 27 di marzo, e facendo rimbombare anche nelle capanne del contadino le parole di Roma capitale. L’ultima interpellanza incominciò il 20 di novembre, ed ebbe termine il 1° di dicembre, dopo undici giorni di pubblici dibattimenti. I quali non poterono riuscire a nessuna conclusione, giacché, il ministero, senza aspettare la definitiva sentenza, stimò meglio farsi giustizia da se stesso, e rassegnare i suoi portafogli.

Sicché mentre il dicembre del 1861, l’aula parlamentare risuonava per un discorso del deputato Ferrari ostile al Papa ed al Cattolicismo, il 2 dicembre del 1862 regnava in quell’aula un silenzio sepolcrale. Urbano Rattazzi disperando di poter giungere fino a Roma, finiva con un suicidio politico; e Pasolini e Cassinis correvano in cerca di nuovi ministri per rattoppare alla meglio le lacere vestimenti!, della povera Italia, che mostrava le sue nudità. Questi due invocarono in loro soccorso Luigi Farini, e tutti tre cercarono e ricercarono un nuovo ministero per tanti giorni, e durante quei medesimi giorni del dicembre, che nell’anno passato s’erano consumati in invettive contro il Papa, e in grandi lusinghe di ottener Roma.

L’Opinione e la Gazzetta del Popolo lodano il nuovo ministero, perché fu parco di promesse, e que’ giornali sono lietissimi che il Farini non nominasse Roma. Omai questo nome è divenuto pei nostri politici un ostacolo, un imbroglio, uno spauracchio; la sola parola Roma li scompiglia, li conturba, li atterra; Roma che è per noi cattolici una gloria e una speranza, divenne pei rivoluzionari un’onta, una vergogna, un tormento; e mentre il nostro giornale gode quando può parlare di Roma e del Papa, il nuovo ministero e i suoi giornalisti si studiano di dimenticare e far dimenticare il Papa e Roma.

IL PROGRAMMA DEL MINISTERO FARINI

(Pubblicato il 13 dicembre 1862)

Leviamo dagli Atti Ufficiati della Camera, l’935, pag. 3634, il programma che il sig. Farini lesse ai deputati nella tornata dell’11 dicembre. Ci dicono che nei privati convegni i ministri durassero molta fatica ad intendersi, ed anzi cominciassero ad abbaruffarsi fra di loro, e Peruzzi volesse Roma, e Ricci la pretendesse assolutamente, e Minghetti protestasse di non poterne fare a meno, sicché ingaggiossi la battaglia in terzo «Ed era per uscirne un strana scherzo». Quando intervenne un gran personaggio a pacificare i ministri neonati, e allora si accordarono sul seguente programma.

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Farini, presidente del Consiglio. Signori, poiché ci fu dalla fiducia del Re affidato il grave incarico dell’amministrazione dello Stato, è nostro debito di dichiarare che noi cercheremo anzitutto nell’appoggio del Parlamento quella autorità che è necessaria per compiere nell’interno i buoni ordinamenti, e per rappresentare all’estero l’onore e gl’interessi dell’Italia.

La nazione sente come sia venuto il tempo di assicurare le conquiste e i beneficii dell’unità, e di dare efficace opera all’interno ordinamento.

Noi ci proponiamo di rispondere a questa aspettazione dei popoli indagando studiosamente i bisogni ed interessi loro, compiendo le riforme amministrative designate dall’esperienza sulla base di un largo discentramento, e dando opera solerte allo svolgimento delle libertà costituzionali in ogni parte dell’organismo dello Stato.

Ma questo svolgimento di libertà ha per sua prima e necessaria condizione l’ordine pubblico. Se l’ordine pubblico non fosse fermamente mantenuto, l’Italia sentirebbe diminuire in sé la fiducia del proprio trionfo, e troverebbe come un ostacolo sulla sua via le insuperabili diffidenze dei governi e dei popoli di Europa.

Gl’Italiani hanno dimostrato come, decisi e sicuri nei proponimenti dell’unita e del diritto nazionale, essi non disgiungano questa fede dalla loro profonda devozione alla monarchia ed alla legge.

Allo spettacolo di senno civile che ha dato l’Italia si unisce il sentimento della riconoscenza nazionale verso l’esercito, simbolo e pegno dei nostri destini, che, dopo avere eroicamente combattute le battaglie dell’indipendenza, diede, in una dolorosa prova, il più nobile esempio di abnegazione e di disciplina, restaurando Li violata autorità delle leggi.

Noi portiamo, o signori, al potere, quasi non è bisogno il dichiararlo, intera la fede che sta nell’animo di ogni italiano, i principii di diritto pubblico che hanno costituita la nazione, i voti che il Parlamento ha solennemente espressi. Fermi nell’incrollabile convincimento che l’unità nazionale avrà il suo compimento, crediamo di rispondere ad un sentimento di comune dignità astenendoci dalle promesse a cui non succedono i pronti effetti, e troviamo nella nostra istessa fede il diritto di dichiarare all’Italia che essa deve attendere questo compimento dallo svolgersi degli avvenimenti e dalle occasioni preparate ed attese, senza illusioni e senza sfiducia (Bravo! Bene! al centro).

L’opera del nostro risorgimento si è iniziata ed è progredita per l’adesione spontanea degli animi, pel concorso delle volontà, e si è presentata all’Europa come un pegno di tranquillità e di progresso fra le civili nazioni. Noi seguiteremo per questa via, tenendo conto delle condizioni generali dell’Europa, e solleciti di conservare all’Italia le sue alleanze e la piena sua indipendenza (Benissimo!),

Grande impresa che la Provvidenza ha visibilmente affidato alla nostra generazione, accordandoci le occasioni propizie, le virtù necessarie, donandoci sopratutto quel Re prode e leale, nel cui senno si rinfranca la fede della nazione, nel cui nome s’intitola la nuova concordia italiana, e si confondono gl’indissolubili destini dell’Italia e della dinastia (Vivi segni di approvazione).

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CONFERENZA TRA IL MINISTRO FRANCESE

E FARINI PRESIDENTE DEI MINISTRI

(Pubblicato il 19 dicembre 1862)

Due giorni fa il conte di Sartiges, ministro plenipotenziario di Francia, recavasi a fare una visita diplomatica all’Eccellentissimo Carlo Luigi Ferini, Cavaliere dell’Ordine della SS. Annunziata e presidente del ministero. Il conte di Sartiges portava con sè sotto il braccio due libri; l’uno scritto in lingua francese e intitolato: Statuts et ordonnances du très-noble Ordre de l’Annonciatè précedées d’une notice historique du meme Ordre et suivies du cathalogve des Chevaliers. Turin, de l’Imprimerle Royale MDCCCXL; l’altro: Lettera at signor Guglielmo Gladstone a Londra, scritta da Torino, 20 dicembre 1852, rial devotissimo L. C. Ferini, e pubblicata a Firenze nel 1853 da: Felice Lemonnier.

Con questi due libri il conte di Sartiges veniva introdotto alla presenza dell’eccellentissimo Farini, e fatti i convenevoli da una parte e dall’altra, destramente il plenipotenziario francese domandò che cosa il nuovo ministero pen sasse di Roma, giacché non ne ave» voluto dir nulla alla Camera, nò la Camera avea voglia di udirne parlare, levandosi a rumore ogni qual volta sì proferisse’ il grande nome di Roma. E l’eccellentissimo Farini prese a schermirsi dalla domanda, rispondendo al diplomatico che omai s’era parlato in Italia troppo di Roma, e che troppo n’aveano parlato i gabinetti precedenti, a cominciare daI conte di Cavour sino a Rattazzi e Durando, che erano si miseramente caduti; laonde egli ed i suoi colleghi aveano stimato miglior consiglio di serbare su di ciò un alto ed eloquente silenzio.

E il conte di Sartiges affrettossi a lodare questo contegno del nuovo ministero; ma fe’ capire all’eccellentissimo Farini ciò ch’egli, come medico e chirurgo, doveva già sapere, che sebbene le piaghe toccate troppo di frequento inciprigniscano, non isfasciate e medicate mai, possono degenerare in cancrena e portare la morte. Di che esortavate a tacere bensì in pubblico della questione di Roma. ma a cercare privatamente con lui i mezzi da condurla ad un qualche scioglimento. Alla quale proposta l’eccellentissimo Farini non potè a meno di domandare, più per cortesia che per altra ragione, su quali basi intendesse la Francia di sciogliere oggidì la questione di Roma.

Di questa domanda fu lietissimo il conte di Sartiges, e cominciò a sfogliare il suo volume degli Statuti e Ordinanze del nobilissimo ordine dell’Annunciata, e apertolo a pag. 127, prese a congratularsi col Farini ch’egli fosse stato decorato d’un Ordine così splendido. Lesse poscia il decreto di Carlo Alberto, che sotto la data del 15 mar/. o 1840 stabiliva la formata del giuramento dei Cavalieri dell’Ordine dell’Annunziata, e cominciò a scorrere coll’occhio questa formola. E fermossi là dove la formola dice: Voi giurate che vivrete nella santa fede cristiana secondo i comandamenti di Dio e istituzioni e osservanze della Chiesa Cattolica Romana, e qualora (che Dio noti voglia) cadeste in errori a questa contrario senza voler ritornare alla verità suddetta, voi non riterrete il collare più lungamente».

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E insisté su quest’altro periodo: «Voi giurate clic quando il Sovrano o i suoi successori pigliassero le armi per difendere, mantenere e Ristabilire la dignità, STATI e libertà di nostra madre Santa Chiesa, e della Santa Sede Apostolica di Roma, voi verrete personalmente a servire il detto Signore e Sovrano».

E qui osservava il conte di Sartiges all’eccellentissimo Farini com’egli appunto chiedesse al cavaliere della SS. Annunziata di deffendre, maintenir et restablir les Etats du Saint Siège Apostolique de Romme, conforme al giuramento. Ma l’eccellentissimo Cavaliere tagliò corto dicendo eh’pgli non avea prestato alcun giuramento. E il diplomatico a sua volta l’avvertì che il solo avere accettato il collare della SS. Annunziata era una specie di giuramento e di solenne promessa, e come noblesse oblige, così molto più obbliga quella croce che egli porta al collo, e che secondo l’interpretazione d’un altro eccellentissimo, il cavaliere Luigi Cibrario, fert vincula fidei. Tuttavia il conte di Sartiges conchiuse che egli lasciava da parte gli statuti dell’Ordine della SS. Annunziala, ed avrebbe parlato al cavaliere Farini colle parole medesime del^cavaliere Farini.

Ed aperta la lettera che l’eccellentissimo Farini scriveva nel 1852 al signor Gladstone, il conte di Sartiges ne unì insieme parecchie sentenze e ne formò il seguente discorso: «il problema della dominazione temporale dei Papi fu detto con molta ragione importantissimo all’Europa ed alla cristianità. Laonde voi, eccellentissimo signor Farini, volgeste il pensiero ai modi acconci a fermare la signoria temporale dei Papi, e scriveste: – Le questioni che si agitano sulla signoria dei Papi non sono soltanto romane ed italiane, ma sono europee quistioni, e quindi non sono in balìa né dello arbitrio, nò delle forze nostre. Pochi fuorusciti, ai quali plaude la ragazzaglia italiana, possono in Londra sognare di costituire a loro beneplacito una repubblica una ed indivisibile, di cui Roma sia la capitale: ma chiunque non abbia smarrito il bene dell’intelletto, sa che questi sono delirii di menti inferme. Qualunque violenza che i popoli mossi dal pungolo della disperazione potessero perpetrare, non varrebbe ad esautorare oggi il Papa, porche se non bastassero i cattolici, verrebbero i scismatici a restituirlo. Né ciò dipende tanto dalla natura dei governi che prevalgono in Europa quanto dalla natura stessa del problema, il quale è implicito nelle più gravi ed universali quistioni religiose, internazionali e politiche. Se la democrazia (non dico certi settari democratici) trionfasse in tutta Europa, i novelli governi vorrebbero anch’essi mettere mano nelle romane cose. Ciò avverrebbe se il Papa avesse Stato in qualsivoglia terra europea; tanto più avverrà sempre in Italia, perche ogni moto grave, ogni importante mutamento in Italia, commuove le nazioni europee, e sveglia timori, invidie e gelosie che di leggeri non posano. Forse l’Italia non avrà più un’occasione propizia a venire in essere come l’ebbe nel 1848, ma pure non si può ragionevolmente credere, che se anche allora avesse saputo e potuto trionfare dei nemici, gl’invidi e i gelosi l’avrebbero lasciata comporsi in nazionale assetto senza mettervi mano.

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Fu già chiaro anche allora, che gli stessi democratici di Francia e di Alemagna non le erano amici: il Papa era ancora a Roma e pareva alleato coll’Italia, quando la Costituente di Francoforte e Kossuth incoraggiavano ed aiutavano l’Austria, quando le sètte francesi invadevano la Savoia, e quando il signor di Lamartine divisava pigliarsi non la Savoia sola, ma la contea di Nizza. Appena poi fu fatta violenza al Papa, non fu governo europeo che non la condannasse. Quindi io penso che se è difficile che l’Italia possa a suo beneplacito, quando pure abbia occasione, virtù e lena da tanto venire in essere di nazione pienamente indipendente; egli è quasi impossibile che a suo beneplacito, non che distruggere, possa mutare od alterar colla violenza la signoria del Papa; e credo non si possa giungere alla soluzione del problema che col tempo per via di temperamenti, di spedienti e di un concorde arbitrato delle maggiori Potenze. – Or bene, conchiuse il conte di Sartiges, io dico all’Eccellentissimo cavaliere l’armi, presidente del Consiglio dei ministri, di ricordarsi nel dicembre del 1862 di ciò che il 20 dicembre del 1852 il medico Farini scriveva a sir Guglielmo Gladstone».

L’eccellentissimo Farmi si trovò assai imbrogliato, e incominciò a mancargli la frase, e studiò la parola, e infine rispose con quel famoso detto dell’avvocato Galvagno: rispondo che non rispondo. Parlò dell’indirizzo presente della politica francese, della difficoltà dei tempi, dell’inasprimento degli animi, dei pericoli del governo, e licenziósi conte di Sartiges dicendogli, come l’Areopago a San Paolo: vi ascolterò un’altra volta.

Noi non pretendiamo che s’abbiano per certe tutte le parti di questa conferenza tra il Farini e il conte di Sartiges, giacché non fummo nella sala a raccogliere le parole colla stenografia, e non abbiamo le confidenze né del conte di Sartiges, né dell’eccellentissimo Farini. Ma possiamo dichiarare come positiva la conferenza, nella quale il diplomatico francese domandò al Farini di rinunziare a Roma, e provvedere all’assestamento delle cose italiane, riconoscendo il dominio temporale del Papa; e il Farini non ebbe il coraggio né di acconsentire, né di respingere le proposte, e menò, come suoi dirsi, il can per l’aia.

E questa notizia viene confermata dalle seguenti linee dell’Opinione del 18 dicembre, numero 347: «II conte di Sartiges, ministro plenipotenziario di Francia, in una conversazione avuta col Presidente del Consiglio, avrebbe menato il discorso alla questione di Roma, affine di sapere quali fossero a questo riguardo le intenzioni del ministero italiano, e gli sarebbe stato risposto che l’indirizzo presente della politica francese rendeva per ora poco probabile che nuove trattative ci conducano ad una soddisfacente soluzione. Crediamo che la stessa dichiarazione sia stata fatta a Parigi al signor Drouyn de Lhuys dal sig. Nigra».

fonte

https://www.eleaml.org/sud/stampa/vol_02_01_margotti_memorie_per_la_storia_dei_nostri_tempi_1865.html#Abbiamo

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