STORIA DE’ NOSTRI TEMPI DAL CONGRESSO DI PARIGI NEL 1856 AI GIORNI NOSTRI DI GIACOMO MARGOTTI VOL. V (VI)

INFESTATE DAL BRIGANTAGGIO?
( Pubblicato il 22 agosto 1863 ).
La Gazzetta Ufficiale del 21 di agosto pubblica la legge del 15 di agosto approvata dal Parlamento colla massima fretta, e diretta a combattere il così detto brigantaggio. Noi abbiamo già pubblicato questa legge. Tuttavia sarà bene rimettere sotto gli occhi del lettore l’articolo 1° e 2° che dicono così:
«Art. 1. Fino al 31 dicembre corrente anno nelle province infestate dal brigantaggio, e che tali saranno definite con decreto reale, i componenti comitiva o banda armata composta almeno di tre persone, la quale vada scorrendo le pubbliche vie o le campagne per commettere crimini o delitti, ed i loro complici saranno giudicali dai tribunali militari, di cui nel libro n, parte n del Codice penale militare, e con la procedura determinata dal capo m del detto libro.
«Art. 2. I colpevoli del reato di brigantaggio, i quali armata mano oppongono resistenza alla forza pubblica, saranno puniti colla fucilazione, e coi lavori forzati a vita concorrendovi circostanze attenuanti. A coloro che non oppongono resistenza, non che ai ricettatori o somministratori di viveri, notizie ed aiuti d’ogni maniera sarà applicata la pena dei lavori forzati a vita, e concorrendovi circostanze attenuanti il maximum dei lavori forzali a tempo».
In conseguenza del articolo 1° di questa legge la Gazzetta Ufficiale pubblica un decreto del 20 agosto, il quale dichiara quali sieno le provincie infestate dal brigantaggio. Ecco questo decreto:
VITTORIO EMANUELE II
per grazia di Dio e per volontà della nazione Re d’Italia.
Vista la legge in data del 15 corrente mese, N° 1409; Sentito il Consiglio dei ministri; Sulla proposta del nostro Ministro segretario di Stato per gli affari dell’interno; Abbiamo decretato e decretiamo:
Articolo unico.
La dichiarazione di che all’articolo 1° della legge suddetta è fatta per le provincie di Abruzzo Citeriore, Abruzzo Ulteriore 11, Basilicata, Benevento, Calabria Citeriore, Calabria Ulteriore 11, Capitanata, Molise, Principato Citeriore, Principato Ulteriore e Terra di Lavoro.
Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Dato a Torino, addi 20 agosto 1863.
VITTORIO EMANUELE.
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LA RELAZIONE
DELLA COMMISSIONE D’INCHIESTA SUL BRIGANTAGGIO
(Pubblicato il 22 agosto 1863).
I lettori si ricorderanno del profondo mistero, con cui si volle circondare da principio tutto ciò che la Commissione d’inchiesta sul brigantaggio raccolte nelle passeggiate che fece per alcun tempo nelle provincie napoletane. Si tennero tre tornate appositamente per sentire la relazione della Commissione; ma le tornate furono segretissime, ed a ciascuna porta d’ingresso stava una guardia per allontanare i profani dalle vietate adunanze. Si ritirarono negli archivi della Camera i documenti ed i verbali relativi al brigantaggio; ma coloro stessi che ne avevano sentito la lettura, non poterono poi leggerli coi proprii occhi, ed il deputato Nicotera dovette riempiere più volte de’ suoi lamenti la Camera, per ottenere a’ suoi occhi ed a quelli de’ suoi colleghi la stessa facoltà che era già stata accordata agli orecchi di tutti gli onorevoli.
Perché dunque oggi si pubblicano tanto la relazione del Massari, quanto quella del Castagnola, che dapprima non erano conosciute che ai soli deputati? Chi lo sa? Forse non lo sanno nemmeno le gran cime dei ministri che ciò comandano. I quali oggi sono pel più perfetto mistero, e domani sono per la più ampia pubblicità, secondo che loro mette conto o sembra meglio, con una disinvoltura ammirabile.
Potrebbe anche darsi che il ministero abbia ordinato una tale pubblicità per giustificare in qualche modo quella feroce e draconiana legge sul brigantaggio, che e deputati e senatori hanno votato già coll’involto sotto il braccio per andarsene via da Torino. Potrebbe anche darsi, e questo è ancora più verosimile, ohe il ministero abbia con ciò tentato di dare un po’ di erba trastulla a quei giornali che in questi giorni specialmente lo combattono con un calore veramente straordinario, e pensi così a far rivolgere altrove, massime a Roma, i loro colpi.
Checché ne sia però, certo è che il ministero trovasi in ben cattive acque, se non ha migliori argomenti per combatter Roma. Infatti quante volle non accusò il governo pontificio di spedir danaro ai briganti? Quante volle non ripete quest’infame accusa alla tribuna, e nelle Note e nei giornali? Ebbene ora si appicca di per sé il titolo di calunniatore, stampando la relazione del Massari, in cui si leggono le seguenti parole: «L’incitamento massimo (al brigantaggio), ci diceva l’illustre Luigi Settembrini, viene da Roma; di dove più che il danaro viene l’ idea che lì è il Re delle Due Sicilie che può tornare».
Capite? Non è il danaro di Roma che eccita il brigantaggio: è l’ idea, cioè l’idea che lì è il re Francesco IL Preziosissima scoperta! Scoperta incomparabile! Ma non vedete, o badaloni, che se la reazione è fomentata dall’idea (e sia pur proveniente da Roma) del probabile ritorno di Francesco II, ne viene che Francesco II regna nei cuori delle masse napoletane più di voi, nonostante le vostre truppe e i vostri unanimi si?
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Del resto, voi che accusate Roma di esser connivente coi briganti, su quali argomenti fondate le vostre accuse? Su nessuno. E per colorire in qualche modo tali accuse, vi appigliate ad un’altra calunnia, e dite che «la polizia pontificia adopera tutte le scaltrezze immaginabili, perché manchino le prove dirette e giuridiche della sua connivenza con i masnadieri». E così parlano coloro che si vantano di aver per sé, non solo il comitato romano che loro fa da spia, ma tutti i cittadini dell’eterna città! Oh! poveri balordi! Ecco che mentita est iniquitate sibi!
PROVINCIE MERIDIONALI
BRIGANTI E NON BRIGANTI
( Pubblicalo il 23 agosto 1863 ).
Le provincie meridionali sono sedici, compresa la provincia di Benevento, e di queste, undici sono dichiarate in istato di brigantaggio. Ecco la lista della sedici provincie, coll’indicazione di quelle che sodo o che non sono in istato di brigantaggio:
Abruzzo Citeriore. Questa provincia coi suoi 121 comuni e 837,801 abitanti è dichiarata in istato di brigantaggio.
Abruzzo Ulteriore 1° non è in istato di brigantaggio.
Abruzzo Ulteriore 2. è in istato di brigantaggio con tutti i suoi 127 comuni.
La Basilicata, poverina, è in istato di brigantaggio con i suoi 124 comuni.
Benevento è pure in istato di brigantaggio con tutti i suoi 83 comuni.
La Calabria Citeriore trovasi pure dichiarata per decreto reale in istato di brigantaggio, insieme con tutti i suoi 154 comuni.
La Calabria Ulteriore 1. non è finora dichiarata in istato di brigantaggio, tuttavia dicono i giornali che è già ben avviata per meritarsi una simile dichiarazione.
La Calabria Ulteriore 2. è in istato di brigantaggio con i suoi 159 comuni;
La Capitanata è pure in istato di brigantaggio con tutti i suoi 54 comuni.
Molise trovasi essa pure in istato di brigantaggio con i tuoi 134 comuni.
Napoli e la provincia non sono dichiarate in istato di brigantaggio.
Il Principato Citeriore è dichiaralo in istato di brigantaggio coft tuffi i tftfoi 159 comuni.
Il Principato Ulteriore trovasi pure dichiarato in istato di brigantaggio con tutti i suoi 130 comuni.
La Terra di Bari non è in istato di brigantaggio; e lo è invece Terra di Lavoro – con i suoi 184 comuni.
La Terra d’Otranto noti è in istato di brigantaggio. Più di due terzi del Reame di Napoli sono adunque in istato di brigantaggio!
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IL BRIGANTAGGIO DI URBANO RATTAZZI
IN ORIENTE
(Pubblicato il 27 agosto 1863).
Curiosissimi da qualche giorno sono i diarii della rivoluzione. Nella prima pagina stampano la relazione sul brigantaggio, gridando contro i Napoletani che non vogliono obbedire alle leggi del regno d’Italia, contro Francesco II che non vuoi rinunziare al trono di Napoli, contro Roma che, col solo accogliere uno sventurato Sovrano, fomenta la rivoluzione in casa altrui! E nella seconda pagina poi questi stessi giornali parlano di una rivoluzione da suscitarsi in Venezia, della prossima conquista di Roma, e dei disegni briganteschi concepiti perfino in Oriente a danno di quel Turco, che siamo accorsi a difendere in occasione della guerra di Crimea!
Grazie a questo chiaccherar di giornali, noi sappiamo oggidì la ragione, e conosciamo i grandi misteri di Aspromonte, di cui a giorni si celebrerà l’anniversario. Parea incredibile che Rattazzi, allora presidente del ministero non avesse mano ne’ preparativi garibaldini, mentre si compivano in Torino sotto gli occhi medesimi de’ ministri; più incredibile ancora che Urbano Rattazzi, dopo avere incoraggiato ed aiutato la spedizione, finisse poi per rivolgere le armi contro gli arruolati. Ma ora conosciamo l’arcano, o almeno possiamo rivelarlo senza tema di essere smentiti. Imperocché la storia di quei fatti o, per dir meglio, di quelle brutte macchinazioni ci venne raccontata primo dal Morning Post di Londra, e poi dalla Monarchici Nazionale e dall’Opinione.
Secondo la Monarchia, Urbano Rattazzi concepì un vasto disegno « ed iniziò pratiche, d’accordo colla Francia e colla Russia, onde fare un grande tentativo in Oriente» (Monarchia N° 233 del 25 agosto). II vasto disegno viene cosi esposto dall’Opinione del 26 di agosto, N° 235: «Il disegno del gabinetto Rattazzi, adunque, ormai tutti lo sanno e molti, forse anche troppi, lo sapevano nel momento in cui doveva prender forma d’un fatto, consisteva nel promuovere, d’accordo colla Francia e colla Russia e col mezzo del generale Garibaldi e suoi volontarii, un’insurrezione su qualche punto dell’impero turco o sue adiacenze, proporre pel tal modo all’Europa il terribile problema che si nasconde nella caduta della dominazione turca a Costantinopoli, e ritrarre da questo fatto i tre seguenti principali servizi; – Scaricare altrove quel temporale rivoluzionario che altrimenti sarebbe scoppiato in Italia. – Trovare nella Soluzione della quistione orientale l’occasione di compiere la nostra impresa nazionale. Liberare finalmente l’Europa dall’incubo che pesa su di lei, sinché quella benedetta quistione d’Oriente non sarà composta».
Questo disegnò, come si vede, lasciava fuori l’Inghilterra, e quindi fu oppugnato e mandato a monte da sir James Hudson, Francia e Russia, o non si fidarono del Rattazzi, o non vollero più a lungo continuare nell’impresa, e quindi si diè ordine a Garibaldi di cessare e posare le armi.
Ma Garibaldi non volle acconsentire agli ordini Rattazziani, né potendo muovere per l’Oriente, come gli era stato detto dapprincìpio, stabilì di valersi dei fatti preparativi per conquistare Roma. Di qui il giuramento di Marsala 0 Roma o morte, e quelle invettive contro Napoleone III, ohe nel meglio del ballo avea piantato Garibaldi e Rattazzi.
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Tuttavia il Rattazzi, che stava a servizio del Bonaparte, disapprovava che Garibaldi se la pigliasse colle parole e coi fatti contro la Francia. Lo pregò, lo supplicò, che ritornasse tranquillamente a Caprera, e, non avendo voluto obbedire, lo sconfisse e ferì in Aspromonte.
Ecco un’altra bella pagina della rivoluzione italiana 1 Chi non freme ed arrossisce per la patria nostra resa così istrumeuto di congiure, meno di conquiste, centro di straniere ambizioni? Chi può ripromettersi bene di una nazione governata da tali uomini, che Camillo Cavour rigenerò coi meni rivelati da Nicomede Bianchi, e Urbano Rattazzi volea definitivamente unire col vasto disegno esposto dal Morning Post, dalla Monarchia e dall’Opinione?
Ma per ora noi vogliamo insistere su di un punto solo. Questi uomini che tre anni fa portavano la ribellione in Napoli ed in Sicilia; questi uomini che un anno fa si accordavano per accendere un’insurrezione in seno dell’impero Ottomano, hanno oggi il diritto di lagnarsi del brigantaggio? Possono seriamente disapprovare coloro che li seguono nel proprio sistema e suscitano a loro danno una reazione nelle Due Sicilie?
L’Opinione stessa, giornale venduto alla rivoluzione, parlando del disegno di Rattazzi di levare a tumulto le popolazioni dell’impero Turco, esce nelle seguenti parole: «Prima di tutto si deve domandare se sia lecito ed onesto, senza averne una ragione al mondo, di andare a portare nella casa di un vicino, dal quale non fummo mai offesi e fummo anzi trattati con cortesia, un fastidio ed un malanno che in alcun modo non si è meritato? Si può richiedere altresì se convenga accreditare in Europa l’opinione, essere l’Italia un impresario di rivoluzioni che si possa noleggiare anche per cause che da vicino non la riguardano?»
In sostanza l’ Opinione riconosce che il Rattazzi aveva concepito un vero disegno di brigantaggio. Nondimeno l’Opinione è ben lontana dall’attribuire gran forza al suo argomento, ed ammette che «gli Stati non si sprigionano dalle ingiustizie col solo esercizio delle virtù teologali». In altri termini l’ Opinione insieme coi suoi, colleghi proclama che nella liberazione d’Italia il fine giustifica i mezzi. Ma, stabilito questo principio, come si può gridare contro il brigantaggio delle Due Sicilie? Non vedete la contraddizione? Non capite come voi stessi riuscite a stabilire che i briganti sono briganti, perché deboli, mentre i briganti forti e vincitori diventano eroi?
Lasciate a noi il gridare contro le rivoluzioni, a noi che le condanniamo dappertutto; ma voi tacete, per carità, tacete su quest’argomento, giacché mentre gridate contro i ribelli di Napoli, confessate d’aver voluto suscitare la ribellione in Oriente.
Veda intanto il mondo cattolico come il Papa, come la Chiesa potrebbe fidarsi di costoro, che volevano giuocare questo bel tiro perfino al Turco, loro fedelissimo alleato! Qual è la potenza in Europa che ornai non abbia ragione di sospettare qualche congiura a suo danno, e di premunirsi contro i cospiratori italiani?
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APPUNTI SUL BRIGANTAGGIO
DI GIUSEPPE MASSARI
(Pubblicato il 30 sgotto 1863).
Noi abbiamo già dato un saggio della buona fede, della lealtà, della logica, del valore storico della relazione di Giuseppe Massari sul brigantaggio; ma siccome l’Opinione del 29 di agosto ci richiama su questo argomento, così stimiamo bea fatto di proseguire i nostri appunti.
– Massari, nella sua requisitoria, dice che, a fronte di Francesco e il governo italiano è non aggressore, ma aggredito, e nella condizione di chi esercita il diritto della legittima difesa!» È nota la favola di quell’animale, tanto irragionevole, che quando gli davano delle frustate, cacciava calci.
– La polizia è il gran mezzo sopra il quale Massari fonda le sue speranze di spegnere il brigantaggio. Quello appunto che diceva e Taceva l’antica polizia che il Massari cercò di distruggere!
– Massari, parlando dell’ingombro delle prigioni, cita uno, reo di porto d’armi, che pel maggior castigo avrebbe potuto avere quattro mesi, e nella sola investigazione del delitto fu tenuto sei mesi! È questo uno de’ fatti che l’Opinione desidera di veder registrati nell’Armonia?
– Massari parla di soldati del regno, che inseguendo certi briganti, entrarono sul territorio pontificio, e invasero una casette, ove colsero tre briganti, della banda di Chiavone, senz’armi. «Benché fossero a pochi passi dalla nostra
frontiera e senz’armi». Quel prepotente comandante francese pretese fossero riconsegnati. È questo un altro fatto che piace all’Optatone?
– Massari si ferma sul diritto che abbiamo di domandar che si cacci Francesco 11 da Roma. Ma, nella sua clemenza, l’amico Massari è persuaso che il governo francese « non negherebbe al governo italiano non l’estradizione, ma la ESPULSIONE del Principe».
– Massari si lamenta che « i nostri soldati combattono quei ribaldi troppo cavallerescamente, troppo lealmente». E soggiunge: «A combattere con efficacia il brigante, è d’uopo adoperare le sue arti». Iddio salvi l’Italia almen da questo flagello d’un esercito avvezzato alle arti dei briganti, quai le descrive l’ amico Massari!
– Massari suggerisce e raccomanda di dure premii a chi arresta e consegna un brigante: scuola di moralità! e soggiunge cinicamente: «Già si SOTTINTENDE che quando siavi stato conflitto tra il brigante e chi voleva arrestarlo, e il primo sia rimasto ucciso, il premio debba essere parimente accordato».
Un fatterello nei peggiori tempi del governo militare in Lombardia. Un drudo accusò il marito della sua amante di tener nascoste armi. Le armi furono trovate, e ciò portava l’immediata fucilazione. II feroce capitano austriaco sottintese che il marito doveva esser mandato immune, e il denunziante punito, e cosi fece. Imparate dagli Austriaci!
– Un bizzarro castigo propone Massari quando vuole che gli uffiziali e militi della guardia nazionale, e che non si adoprano con la voluta alacrità al disimpegno dei loro doveri», siano radiati dai ruoli. Bel castigo! Quanti vi aspirano anche nelle nostre beate città!
– Qualche volta il fiero requisitore, Massari, si lascia per distrazione, uscir fatti che interesserebbero pei briganti. Quel tremendo sergente Gioia scriveva – 198 –
– Le mie disgrazie , dolendosi di trovarsi spesso con gente ladra, mentre egli
professa vasi «difensore di Francesco II e della S. Chiesa», e voleva dar solo buoni comandi pel bene del nostro Re e della propria vita». E perchè si permettevano furti, Iddio permise che tolsero traditi da un traditore più fiero. Con essi perirono alcuni, «parte innocenti, parte ingannati come me. Mi Dio, se non in questo mondo, nello eterno saprà rimunerarli, Per me sta che quello che morì nell’innocenza, morì martire, ed ha fatto un grandissimo acquisto della eterna vita. Sono questi presso Iddio».
– Altrove Massari racconta che 14 briganti presi in mezzo dai soldati fecero voto, se campassero, di far dire una Messa, e consegnarsi. In fatto si consegnarono, e solo chiesero che fossero lasciati fare Natale a casa loro. Il capitano lo permise, e appena scorse le feste, vennero a consegnarsi, cresciuti a 25. Il capitano concesse loro di star alle case fin al Capodanno: passato il quale, vennero in numero di 46. Giova dunque, signor Massari, giova anche il non ammazzare.
– E poiché su questo ammazzare e sulle procedure eccezionali tanto insiste l’amico Massari, noi esortiamo il signor Ellero, compilatore del Giornale per l’abolizione della pena di morte a mettere al confronto, non solo della morale, ma delle dottrine de’ giuristi antichi e moderni le fiere teorie e le peggiori applicazioni del nostro inquisitore. Sarà un curioso episodio fra quel filantropismo che nega il diritto d’infliggere regolarmente la morte fin all’assassinio premeditato.
– Ciò che più consta dagli estratti di processi uniti alla relazione sul brigantaggio è di un’importanza ancor più che sociale; una portentosa rivelazione della natura umana; un fatto mai più udito da che ci sono vincitori e vinti. Ed è che Francesco li desidera tornar sul trono dei suoi padri: e che a lui mettono capo tutti quei moltissimi che desiderano la stessa cosa. Grande scoperta! Portentoso risultato della scrupolosa e sapiente indagine! Se Io sapesse Napoleone III, che per 33 anni sopportò in tutta pace la perdita d’un trono, che non era degli avi suoi e neppur di suo padre, che non mosse mai dito per ricuperarlo, ossia per acquistarlo, e che in tutto quel tempo non per dette mai fede, ma non fece altro che sospirare e dir rosarii! E durò 33 anni in questi atti di rassegnazione!
– E una volta che diceva quei rosarii sulle porte stesse della Francia, a Ginevra, e che i regnanti di Francia d’allora pretendeano che questa lo mandasse via, la mignola repubblica disse di no, si cinse di mura, chiamò di picchetto le truppe per difendere il suo rifuggito, il pretendente, il cospiratore; e tutta Europa battè le mani alla mignola Ginevra che, per proteggere un ricoverato sfidava l’immensa Francia.
– E che Francesco II ( horribile dictu ) sia proprio informato delle trame, appare evidente dai processi, nei quali uno confessa aver ricevuto da lui dei ritratti: un altro ch’egli stesso disse «il brigantaggio comporsi in parte di gente onesta a lui devota»: un altro che i briganti «offrirono al Re 16,000 ducati da lui dignitosamente rifiutati ».
– La conclusione è che «Francesco II, dacché ha perduto il regno, non ha fatto altro che arruolare briganti e sguinzagliarli contro queste provincie… Questo è un fatto notorio, storico, e DI CUI NON È PIÙ PERMESSO DUBITARE (stupite o genti!) dopo la solenne dichiarazione fatta dal Parlamento!!!».
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