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STORIA DE’ NOSTRI TEMPI DAL CONGRESSO DI PARIGI NEL 1856 AI GIORNI NOSTRI DI GIACOMO MARGOTTI VOL. VI (IV)

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STORIA DE’ NOSTRI TEMPI DAL CONGRESSO DI PARIGI NEL 1856 AI GIORNI NOSTRI DI GIACOMO MARGOTTI VOL. VI (IV)

LETTERA DI NAPOLEONE III PER INVITARE I SOVRANI Af) UN CONGRESSO (Pubblicato il 14 novembre 1863).

Leggesi in capo alla parte ufficiale del Moniteur dell’11 di novembre, N. 315: «II governo aveva divisato di ritardare l’inserzione nel Moniteur della lettera che l’Imperatore mandò ai Sovrani d’Europa. Un giornale di Francoforte avendo pubblicata quella che fu rimessa alla Confederazione germanica, un piti lungo ritardo divenne inutile e perciò diamo qui sotto questo documento».

«Altissimi ed illustrissimi Principi sovrani e Città libere, componenti la serenissima Confederazione germanica.

«Di fronte agli avvenimenti che ad ogni giorno sorgono e si moltiplicano, io credo indispensabile dir tutto il mio pensiero ai sovrani a cui è confidato il destino dei popoli. Tutte le volte che profonde scosse smossero e spostarono i confini degli Stati, sopravvennero solenni transazioni per coordinare i nuovi clementi e consacrare, approvandole, le trasformazioni compiute. Tal fu l’oggetto del trattato di Westfalia nel secolo XVII e dei negoziati di Vienna nel 1815. Su quest’ultimo fondamento riposa oggidì l’edifizio politico dell’Europa;e tuttavia, come ben sapete, crolla da ogni lato.

«Se si considera attentamente le condizioni dei paesi diversi, è impossibile non riconoscere che, quasi in tutti i punti, i trattati di Vienna sono distrutti, modificati, sconosciuti o minacciati. Donde doveri senza regola, diritti senza titolo e pretensioni senza freno. Pericolo tanto più formidabile, in quanto i perfezionamenti prodotti dalla civiltà che legò i popoli fra loro colla solidarietà degli interessi materiali, renderebbero ancor più micidiale la guerra.

«È questo un soggetto di gravi meditazioni. Non aspettiamo per prendere una risoluzione, che avvenimenti inopinati ed irresistibili turbino i nostri giudizii e ci strascinino nostro malgrado in direzioni contrarie. – Son qui adunque a proporvi di regolare il presente ed assicurare il futuro col mezzo di un Congresso.

– 281 –

«Chiamato al trono dalla Provvidenza e dalla volontà del popolo francese, ma educato alla scuola dall’avversità, è forse meno a me che a nessun altro permesso d’ignorare e i diritti dei sovrani e le legittime aspirazioni dei popoli. – Di che son pronto, senza preconcetto sistema, a portare in un consiglio internazionale lo spirito di moderazione e di giustizia, consueto retaggio di quelli che subirono tante e sì svariate prove. .

«Se prendo l’iniziativa d’una simile apertura, non cedo ad un moto di vanità, ma, essendo io il sovrano, a cui più si attribuiscono ambiziosi disegni, mi sta a cuore di dimostrare con questo procedimento franco e teate che I’ ‘unico mio scopo è d’arrivare senza torbidi alla pacificazione dell’Europa. Se questa proposta viene accolta, vi prego d’accettare Parigi come luogo di riunione. Nel caso in cui i principi alleati ed amici della Francia giudicassero conveniente accrescere colla loro presenza l’autorità delle deliberazioni, sarei superbo offrir loro lamia cordiale ospitalità. L’Europa vedrebbe forse un vantaggio in ciò che divenisse sede di conferenze destinate a gettar le basi d’una generale pacificazione quella capitale, da cui tante volte parti il segnale dello sconvolgimento.

t Colgo questa occasione per nuovamente assicurarvi della mia sincera affezione e del vivo interesse che prendo per la prosperità degli Stati della Confederazione. E con ciò, altissimi ed illustrissimi Principi sovrani e Città libere componenti la serenissima Confederazione germanica, prego Dio che vi abbia nella sua santa e degna guardia.

«Scritto a Parigi, il 4 novembre dell’anno di grazia 1863.

«NAPOLEONE.
« Controfirmato:
« DROUIN DE LHUTS.
I CONGRESSI DI PIO IX
ED 1 CONGRESSI DI NAPOLEONE IN

(Pubblicato il 15 novembre 1863).

Due Congressi radunò Pio IX negli anni del suo glorioso Pontificato: il Congresso del 1854, nel quale fu definito e proclamato il dogma dell’Immacolata, ed il Congresso del 1862, in cui venne dichiarata la legittimità, la giustizia, o, nelle condizioni presenti, la necessità del dominio temporale del Papa.

E parimente due Congressi renderanno famoso l’impero di Napoleone III: il Congresso del 1856, che sottoscrisse il Trattato di Parigi e la pace tra la Russia, la Francia, l’Inghilterra e la Sardegna; e il Congresso annunziato e convocato nel 1863, della cui riuscita tutti hanno fortissime ragioni di dubitare.

Mettiamo brevemente a confronto i due Congressi di Pio IX, ed i due Congressi del Bonaparte, e consideriamoli nei loro promotori, nelle loro cagioni, e nei loro effetti.

– 282 –

Pio IX pensa al primo Congresso sullo scoglio di Gaeta, e povero, spogliato, esule, H1 febbraio del 1849, scrive una lettera Enciclica ai Patriarchi, Primati, Arcivescovi e Vescovi di tutto l’Orbe Cattolico sull’argomento dell’Immacolata Concezione di Maria Santissima.

Da tutte le parti giungono risposte all’Enciclica, e dicono, con Monsignor Sibour: a Noi ci sottomettiamo in questo, come in tutte le cose ai giudizio infallibile del Vicario di Gesti Cristo»; e chiamano, col Vescovo di Gap, Roma Papale l’Oracolo dilla verità, con quello di Versailles, il principio della sana Dottrina, e sentenziano coi Vescovi di Ajaccio, d’Amiens, di Blois, di Limoges, della Rochelle, di Saint-Cloud, di Saint-Denis, di Soissons, ecc. irrefragabili, irreformabili, definitivi, regola invariabile della nostra fede i suoi decreti dogmatici.

Passa la bufera rivoluzionaria, Pio IX ritorna nella sua Roma, e 18 dicembre del 1854 il gran Congresso è compiuto. Circa ducento Vescovi omnes per os Petri, tutti per bocca di Pio IX successor di San Pietro, proclamano Maria Immacolata. Un di loro in nome di tutti protesta «Sì, noi accettiamo riverenti la decisione del Sommo Pontefice, noi la difenderemo fra i nostri popoli a costo del sangue e della vita».

Due anni dopo Napoleone III raduna un Congresso a Parigi, lo raduna dopo una guerra feroce, dopo il macello di centomila uomini, dopo lo sperpero di centinaia e centinaia di milioni, lo raduna per istringere la pace, giacché i popoli sono stanchi della terribile guerra d’Oriente.

E per riunire insieme sette Potenze richiedonsi mille conferenze preparatorie, e preghiere, e suppliche, e concessioni, e speranze, e paure. Quando poi le sette Potenze sono congregate, nel seno stesso del Congresso insorgono le dispute più scandalose. Il conte di Cavour si scatena contro il conte di Buoi, il barone Hubner levasi contro il conte di Cavour; e la Russia prepara le sue vendette contro l’Austria, e la Francia dispone le file per nuove rivoluzioni, e accuse, e punture, e stoccate servono di apparecchio all’opera della pace!

Pio IX, l’esule venerando, l’inerme Pontefice vi mostra intorno a sé ducento Vescovi, altri di Francia, d’Inghilterra, d’Irlanda; altri di Germania e di Spagna; questi di Grecia e d’America; quelli di Cina e d’Australia, e tutti hanno un sol cuore, una voce sola, e gridano al Papa: Petre, doce nos.

Napoleone III, il capitano vittorioso, l’imperatore potentissimo è circondato dai rappresentanti di sei governi, che si bisticciano, s’insultano, s’accaneggiano, si insidiano, e mentre hanno l’aria di riconciliarsi fra loro, già disegnano nuove alleanze per tradirsi e nuove battaglie per rovinarsi.

E i popoli? Ai popoli non costa nulla il Congresso di Pio IX, e rende loro i più larghi vantaggi. Compie la più bella aspirazione di tutte le età, glorifica la madre comune, sublima l’uman genere proclamando la celeste dignità di Maria; e fa nascere i gigli in mezzo alle spine e tra il fango d’un mondo corrotto e corruttore.

Laddove i poveri popoli hanno dovuto prima pagare col danaro e col sangue le cagioni che promossero il Congresso, e poi videro a Parigi i congregati scialare a loro spese alternando le tornate coi banchetti, e i protocolli coi balli; mentre ben lungi dal procacciare un po’ di pace alle popolazioni infelici gettavano il seme di nuove e più terribili sciagure.

– 283 –

Guardate ora gli effetti del Congresso di Pio IX o di quello di Napoleone IIl. La grande risposta credo risuona per l’universo poiché il Papa ha parlato, e quel credo porta la delizia ne’ cuori, la tranquillità negli spiriti, la concordia negli animi, e tutte le genti si raccolgono in santa fratellanza davanti all’altare di Maria e la salutano Immacolata.

Per contrario, quando è chiuso il Congresso di Parigi, un nuovo rumore, una nuova e più grande ansietà si sparge pel mondo; alla guerra sottentra uno stato mille volte peggiore, l’incertezza: tutti aspettano tremanti l’avvenire; i Sovrani sentono pericolare i loro troni, i popoli veggono un’altra volta smunte le loro borse, e scannati i loro figli.

Lo stesso Napoleone III il 5 di novembre 1863 ha giudicato il Congresso di Parigi, e ce ne mostrò i frutti! Egli ha visto fermenti di discordia pronti a scoppiare da ogni parte, ha visto l’Europa travagliata da tanti elementi di distruzione, ha visto In rivalità gelosa delle grandi Potenze, ha visto uno stato malaticcio e precario, ha visto le passioni che s’inaspriscono; ed ha proposto un nuovo Congresso!

Pio IX, dopo quello del 1854, ha proposto e felicemente compiuto un nuovo Congresso in Roma nel giugno del 1862. L’immortale Pontefice, più povero e più debole che nel 1849, trovossi circondato da duecentosessantacinque Vescovi accorsi intorno a lui da tutte le parti della Cristianità, numero tale che dal Concilio di Trento in poi non s’era mai veduto radunato insieme; tale anzi, che in ben otto dei Concilii Ecumenici celebratisi nella Chiesa il numero dei Padri convenuti fu di non poco a questo inferiore.

Innanzi a un così venerabile e numeroso consesso, Pio IX parlò alla Chiesa universa che, rappresentata da que’ Vescovi, numerosa pendeva dalle sue labbra ad ascoltarlo, e docile applaudiva alle ammonizioni ed alle condanne. Pietro parlò per bocca di Pio IX, e non solo quella parola non ebbe contraddittore alcuno in così folta corona, anzi ebbe in ciascuno dei Padri un riverente approvatore.

Conciossiache non appena il Pontefice avea terminato di pronuziare la sua gravissima allocuzione, tutti que’ Vescovi gli presentarono un loro comune Indirizzo, nel quale condannavano ad una voce quanto il Papa avea condannato, approvavano quanto aveva approvato, e proffersero non che la loro opera apostolica, ma la loro medesima vita per la difesa di quelle verità inculcate, e per la condanna dei riprovati errori.

E tutti que’ Vescovi, che per differenti gravissime ragioni non poterono essere presenti in Roma, non solo accolsero la voce del successor di S. Pietro, non solo la promulgarono come regola di credere e guida di operare, ma indirizzarono-alla Santità di Pio IX caldissime lettere di aderenza agli atti di quel Concistoro, sicché quello del I, sii i potò dirsi un Congresso di oltre a settecento Vescovi!

Più d’una volta Napoleone III ha dovuto ripetere a qualche suo cortigiano ciò che suo zio diceva al signor de Fontanes: «Io non sono nato a tempo. Vedete Alessandro Macedone; egli senza essere contraddetto ha potuto denominarsi figliuolo di Giove. Io, io trovo nel mio secolo un prete più potente di me, perché egli regna sugli spiriti ed io regno solamente sulla materia».

– 284 –

E sul cadere di quest’anno il terzo dei Bonaparte si prova a radunare un nuovo Congresso a Parigi, ed oggi noi assistiamo al tentativo. Ma già il Morning-Post l’avvertì che se congregasse sedici Potentati, l’adunanza convertirebbesi in una torre di Babele. Il grande Imperatore non può mettere insieme cedici plenipotenziari, ed il povero Papa se ne vede intorno concordi settecento!

Donde questa differenza? La differenza nasce dagli uomini e dalle cose. Pio IX è l’uomo del Signore, il Pontefice della carità, il Vicario di Gesù che raduna i figli di Gerusalemme, come la chioccia i suoi pulcini. Napoleone III è l’uomo della rivoluzione, l’uomo delle battaglie, l’uomo dei plebisciti.

Pio IX non ha bisogno di dire ai Vescovi come Napoleone II I ha detto ai Re: «Io porterò in un consiglio internazionale lo spirito di moderazione e di giustizia; io non cedo ad un moto di vanità; io non ho disegni ambiziosi; mi sta a cuore di dimostrare un procedimento franco e leale; l’unico mio scopo è d’arrivare senza torbidi alla pacificazione d’Europa».

Il Nostro Santo Padre è superiore a tutti questi sospetti; nessuno teme che egli sia sleale ed ingiusto, o che sotto il velo dell’amicizia prepari un tradimento; non è mestieri ch’egli anticipatamente si scusi e dica, io non ho nessuna mira ambiziosa. Tutti lo sanno, epperò, anche umanamente parlando, i suoi Congressi riescono.

Riescono i Congressi di Pio IX, perché l’autorità li convoca, e la carità li presiede; non riescono i Congressi di Napoleone III, perché mossi dall’interesse, e regolati dal tornaconto. 1 Congressi di Pio IX non badano ai tempi, ma alla verità che è eterna; i Congressi di Napoleone III, risolvono secondo le circostanze. Nei primi si proferiscono definizioni, ne’ secondi si conchiudono transazioni.

Epperò sotto gli atti dei Congressi di Pio IX l’Onnipotente scrive: tu sei Pietro, e su questa Pietra ho edificato la mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di lei. – E sotto i protocolli del Congresso di Parigi del 1856, la giustizia di Dio ha scritto, e scriverà sotto quelli del nuovo Congresso. perdam prudentiam prudentum et sapientiam sapientum reprobabo. Sperderò la saggezza dei savii, e rigetterò la prudenza dei prudenti.

– 285 –

NUOVA EDIZIONE
DELLA PACE DI WESTFALIA
(Pubblicato il 15 novembre 1863).

Napoleone III nella sua lettera diretta ai Sovrani della Confederazione germanica per invitarli ad un Congresso europeo, ricorda Westfalia che ebbe per iscopo di coordinare i nuovi elementi e consacrare, approvandole, le trasformazioni compiutesi nello spostamento dei confini degli Stati. Ma i trattati weslfalici non promettono niente di buono per l’avvenire dell’Europa o una pace, come quella, ostile alla Chiesa e distruggitrice dei principii cattolici, è pace menzognera, peggiore della guerra. Un dotto isterico chiamava la pace di Westfalia una dichiarazione officiale della impossibilità di rannodare i partiti e gli uomini pratici della storia dei giorni nostri s’accordano nel dire che la causa prima dello scompiglio d’Europa fu-appunto il Congresso di Munster e di Osnabruck che si conchiuse colla pace di Westfalia.

Da due secoli si combatteva una lotta terribile tra la fede ed il razionalismo, lotta intimatasi dapprima nelle sole regioni del sapere nell’università di Wittemberga, ma che non tardò a passare in un campo politico, in Germania specialmente, dove trent’anni di guerra stancarono ma non distrassero i due formidabili antagonisti: la casa d’Asburgo, cattolica, e Gustavo Adolfo, personificazione del razionalismo luterano. Quasi tutte le nazioni d’Europa sentirono il bisogno di pacificare le parti ostili, e si accinsero a farlo, conciliando l’inconciliabile, o meglio sanzionando le ingiustissime conquiste della Riforma contro i diritti inviolabili della Chiesa. I capitoli di Munster, disapprovati prima dal Nunzio pontificio Ghigi, trovavano poi nella Bolla Zelo Domus Dei d’Innocenzo X la più formale condanna che li dichiarava «pregiudizievoli alla Religione cattolica, al Culto divino, all’Apostolica Sede Romana, alle. Chiese inferiori, ed all’ordine ecclesiastico tutto quanto». Ma le parole del Capo supremo della Chiesa, unico e vero custode della legalità e della giustizia, non erano appoggiate dalla forza materiale del cannone, e perciò prevalse sull’autorità spirituale la prepotenza laicale, e il razionalismo fé’ il primo passo negli ordini politici.

Chi avesse detto allora ai governi, che si credevano emancipati dal potere della Chiesa, che le libertà negate al Cattolicismo avrebbero fornito le armi alla demagogia per incatenare i Governi stessi, e che le interdizioni fatte alla Chiesa di assembrarsi e di parlare, avrebbero aperto il campo alle lotte delle società segrete, e poi alle continue rivoluzioni della piazza? Peggio sarebbe oggidì se Napoleone IH riuscisse a regalare al mondo una seconda edizione della Pace di Westfalia! Quella pace fu cara ai rivoluzionarii perché fu guerra alla Chiesa. Gioberti chiamava il trattalo di Wesfalia un atto sapientissimo, che cominciò un’era nuova. E noi veggiamo oggidì l’era nuova incominciata da quel Imitato! Oh Iddio nella sua misericordia disperda il consiglio di coloro che volessero riprodurre a Parigi il Congresso di Munster e di Osnabruch!

– 286 –

PREPARATIVI PER LA TORRE DI BABELE
(Pubblicato il 15 novembre 1863).

Ecco la lista dei governi invitati ad intervenire alla grande rappresentazione della Torre di Babele in Parigi.

L’Inghilterra, anglicana.

La Russia, scismatica.

La Prussia, luterana.

L’Italia, rivoluzionaria.

La Francia, renana.

La Spagna, parlamentare.

Il Portogallo, massonico.

La Baviera, tentennante.

Il Wurtemberg, eretico.

L’Annover, pseudo-evangelico.

La Sassonia, un po’ di tutto

La Svezia, di Gustavo Adolfo.

La Danimarca, di Cristiano II.

La Confederazione germanica, razionalistica.

La Svizzera, zwingliana.

La Turchia, maomettana.

Il Belgio, delle società segrete.

LO ZIO E IL NIPOTE
SI RASSOMIGLIANO E RASSOMIGLI ERANNO
(Pubblicato il 15 novembre 1863).

Ora che Napoleone III ha messo fuori la sua idea del Congresso di tutte le Potenze europee, i giornali francesi sono andati a cercare nelle sue opere quale sia il concetto che egli si fatto del suo Congresso. Nel libro delle Idèes Napoléoniennes, al capitolo che ha per titolo: But on tendaìt l’Empereur; Association européenne; Libertà en France, si trovano varie riflessioni che si vogliono rannodare alla presente idea napoleonica del Congresso. «Quando le sorti della guerra ebbero fatto Napoleone padrone della maggior parte del Continente, volle far servire le sue conquiste allo stabilimento d’una Confederazione europea. Pronto ad approfittare della tendenza dell’incivilimento, l’Imperatore ne accelerava l’andamento eseguendo immantinente ciò che non era che racchiuso ne’ lontani decreti della Provvidenza. Il suo genio gli faceva prevedere che la rivalità che divide le differenti nazioni dell’Europa disparirebbe a fronte d’un interesse generale ben inteso.

– 287 –

«Sostituire tra le nazioni dell’Europa allo stato di natura lo stato sociale, tale era il pensiero dell’Imperatore; tutte queste combinazioni politiche tendevano a questo immenso risultato; ma, per arrivarci, conveniva condurre l’Inghilterra e la Russia a secondare francamente le sue viste. Finché vi saranno battaglie in Europa, disse Napoleone, vi sarà sempre guerra civile. La Santa Alleanza è un’idea che hanno rubato a me. -Cioè la santa alleanza dei popoli per mezzo dei Re, e non quella dei Re contro i popoli: qui giace l’immensa differenza tra la sua idea e il modo con cui venne effettuata. Napoleone aveva spostato i Sovrani (dèplacé les Souverains) nell’interesse momentaneo dei popoli; nel 1815 vennero spostati i popoli nell’interesse particolare dei Sovrani.

«La politica dell’Imperatore consisteva nel fondare un’associazione europea solida, facendo riposare il suo sistema sopra nazionalità complete, e sopra interessi generali soddisfatti. Se la fortuna non l’avesse abbandonato, avrebbe avuto nelle sue mani tutti i mezzi per costituire l’Europa; aveva tenuto in riserva dei paesi interi, di cui potrebbe disporre per ottenere il suo scopo. Olandesi, Romani, Piemontesi, abitanti di Brema e di Hambourg, voi tutti che foste stupiti di trovarvi francesi, voi rientrerete nell’atmosfera di nazionalità, che conviene ai vostri antecedenti, ed alla vostra posizione; e la Francia cedendo ai diritti che la vittoria le aveva conferiti sopra di voi, agirà ancora nel suo proprio interesse; perché il suo interesse non può separarsi da quello dei popoli inciviliti. Per consolidare l’associazione europea l’Imperatore, secondo le sue stesse parole, avrebbe fatto adottare un Codice europeo, una Corte di cassazione europea, correggendo gli errori per tutti, come la Corte di cassazione in Francia corregge gli errori dei Tribunali. Avrebbe fondato un istituto europeo, ecc. . . L’uniformità delle monete, di pesi, delle misure. Le uniformità della legislazione sarebbero state ottenute dal suo potente intervento». Basta questo saggio per conoscere quali sono le idee napoleoniane sul Congresso. Sono sogni e ciancio de servir di balocco ai bimbi.

– 288 –

PROTESTE DI NAPOLEONE III
NEL NOVEMBRE DEL 1848 E DEL 1863
(Pubblicato il 17 novembre 1863).

Crediamo curioso, instruttivo ed eloquentissimo un semplice confronto tra le parole che Luigi Napoleone dicea ai Francesi nel novembre del 1848, e quelle che disse testè ai. Principi nella sua lettera del 4 di novembre 1863. Le due lettere rassomigliansi assai, e dal risultato delle prime promesse [mossi inferire l’importanza delle ultime. Mettiamole di costa.

Circolare di Luigi Napoleone agli elettori, 29 novembre 1848. Circolare di Napoleone III ai Sovrani, 4 novembre 1863.

«Non deve esistere ambiguità fra me e voi. Io non sono uomo ambizioso che sogni l’Impero. Educato in libere terre ed ammaestrato dalla sventura rimarrò sempre fedele ai doveri che m’impongono i vostri voti e la volontà dell’Assemblea. Ove io fossi eletto presidente, m’impegnerei sul mio onore a cedere, dopo quattro anni, a chi mi succedesse, un potere fatto più forte e la libertà intatta». «Educato alla scuola delle avversità, è forse meno a me, che a nessun altro permesso d’ignorare i diritti dei Sovrani, e le legittime aspirazioni dei popoli. Non cedo ad un molo di vanità, ma essendo io il Sovrano a cui più si attribuiscono ambiziosi disegni, mi sta a cuore di dimostrare con questo procedimento franco e leale, che è l’unico mio scopo è d’arrivare, senza torbidi; alla pacificazione d’Europa ».

Nel novembre del 1848 Napoleone dicea ai Francesi: Non deve esistere ambiguìià tra me e roi.

Nel novembre del 1863 Napoleone parla ai IIe d’Europa del suo procedimento franco e leale.

Nel novembre del 1848 Napoleone diceva ai Francesi: Io non sono un uomo ambizioso che sogni l’impero.

Nel novembre del 1863 Napoleone dice ai Sovrani convocandoli a Congresso: Non cedo ad un molo di vanità.

Nel novembre del 1848 Napoleone non sognava l’impero porche ammaestrato dalla sventura.

Nel novembre del 1863 Napoleone vuoi pacificare il mondo, perché egli fu educato alla scuola delle avversità.

Nel novembre del 1848 Napoleone prometteva sul suo onore di cedere Uh potere fatto più forte e la libertà intatta.

Nel novembre del 1863 Napoleone promette francamente lealmente che il suo unico scopo sarà la pacificazione d’Europa.

Nel novembre del 1848 Napoleone era semplice cittadino di Francia, e nel novembre del 1863 Napoleone è imperatore dei Francesi.

– 289 –

1 Sovrani, a cui fu diretta la circolare del 4 di novembre 1863, si consiglino per la risposta cogli elettori, a cui fu diretta la circolare del 29 di novembre 1848. Ils vous en donneront des nouvelles!

MEDITAZIONI DI NAPOLEONE III

SULLA MORTE DEI GOVERNI IN FRANCIA

(Pubblicato il 17 novembre 1863).

L’Imperatore dei Francesi è uomo di poche parole, ma di molta meditazione. Lo chiamano il taciturno, perché parla rarissimo; e parla di rado perché pensa sempre. Pensa al passato ed al presente, a se stesso ed a’ suoi Francesi, ai parenti e agli affini, ai nemici ed agli amici. Pensa all’Italia da difendere, all’Austria da combattere, all’Inghilterra da tenere a freno, alla Polonia da proteggere, alle provincie renane da conquistare. Pensa a’ suoi precedenti, ai pericoli che corre l’Europa, ai diritti dei Sovrani, alle aspirazioni legittime dei popoli, al Papa, alla Religione, al Clero, a tutto.

Ma noi crediamo che di questi giorni il meditabondo Imperatore abbia anche pensato alla storia francese ed alla caduta dei governi in Francia, cominciando dalla nascita dei grandi principii dell’ottantanove, fino a’ giorni nostri. Solo, nel suo gabinetto il Bonaparte si vide comparire innanzi agli occhi le ombre di Luigi XVI, della Convenzione, del Direttorio, del Consolato, di suo Zio, di Carlo X, di Luigi Filippo, e meditò sulla loro nascita, sulla loro vita e sulle cause impreviste della loro caduta.

Anche Napoleone III dei dì che furono assalse il sovvenir, e se gli fece innanzi alla mente la caducità dei governi in Francia, l’alternarsi degli abbasso e degli evviva in Parigi, la mobile turba e il facile passaggio del popolo dall’amore al disprezzo, la vicinanza del Campidoglio e della Rocca Tarpea, e nel fervore della meditazione gli partì dal cuore il grido: Congresso! Congresso!

Procuriamo di addentrarci noi pure nella meditazione Napoleonica, che non sarà senza un qualche vantaggio. La storia è la grande maestra della vita, e per confutare certi errori, e mostrare la mala pianta che sono certi principii e certi sistemi, il meglio è considerarne gli effetti e contemplarne i frutti. Mano dunque a questo lavoro.

La Francia era tranquilla, grande e potentissima, quando le sorse in seno la rivoluzione del 1789, la quale ebbe per impresa le parole di Talleyrand: tout détruire: distruggere tutto. «La Ragione estenderà il suo impero, gridava il celebre rivoluzionario Grégoire, e risplenderà in ogni parte. Stringiamoci intorno al Re per difenderlo, e per rialzare insieme con lui il tempio della patria» (Moniteur, N° 31).

Allora il popolo vien dichiarato sovrano; e, più che sovrano, Dio. Venti volte nei discorsi rivoluzionarii di Chaumette e di Anacharsis Clootz incontri questa frase testuale: «II popolo è Dio, e non v’ha altro Dio fuori di lui».

– 290 –

Il popolo divinizzato incomincia a far leggi, o per dir meglio i rivoluzionari incominciano a fabbricare costituzioni in nome del popolo che dicono Sovrano e Dio. Ma quanto durarono e quali effetti produssero?

La costituzione del 3 di settembre 1791 dichiarava inviolabile e sacra la persona di Luigi XVI, ma il 21 gennaio del 1793 i Francesi erano stanchi della monarchia nazionale. Il Re inviolabile lasciava la testa sul patibolo, e il 24 giugno dello stesso anno 1793 proclamavasi la repubblica, affidando il potere a 24 membri.

E questo governo quanti anni ebbe di vita? Due appena! Il 22 agosto dell’anno 1795 il potere passava nelle mani del Direttorio. E il Direttorio durò soli quattro anni, e il 13 dicembre 1799 cedeva il luogo al Consolato. Tre anni dopo, il 4 agosto 1802, i Consoli eletti per dieci anni si proclamavano Consoli a vita.

Quanto durò il Consolato? Soli cinque anni, e il 18 maggio 1804 svaniva in faccia all’Impero Napoleonico. Allora il trono ereditario sottentrava all’elezione del potere.

Grande, potente, destro, audacissimo era Napoleone I. E dicevano che la Francia non voleva altro Sovrano, e ch’egli facesse tremare l’Europa ed il mondo. Nondimeno dopo dieci anni d’impero, il 3 aprile del 1814 veniva pronunziata l’esautorazione dell’Imperatore ed abolito il diritto d’eredità stabilito nella sua famiglia.

Allora i Parigini gridano: Abbasso il tiranno! Abbasso il Re di Roma! Abbasso l’Aquila Imperiate! Abbasso il Córso! ed entrano i Borboni fra le grida di Viva Luigi il Desiderato! Viva la Ristorazione! Viva la pace! Viva la Religione! Vivano i Realisti!

Diciassette anni durarono i Borboni, e il 29 luglio del 1830 Carlo X doveva uscire di Francia a prendere la via dell’esilio, mentre i Parigini strillavano: Abbasso Carlo XI Abbasso il Detfino! Abbasso il Duca di Bordeaux! Abbasso la Guardia Reale! Abbasso la legittimità! Viva Filippo! Viva la sovranità del popolo!

E la Carta del 9 di agosto proclamava Luigi Filippo Re dei Francesi. Che delizie allora, che feste, che entusiasmo! Un Re passato a voti, e trecento borghesi che col parapioggia sotto il braccio attraversano Parigi per recarsi ad offerirgli la Corona di Francia!

Ma lasciate maturare le nespole, e vedrete. Passano diciassette anni, e il 24 febbraio del 1848, due ore dopo mezzogiorno, Luigi Filippo, che aveva abdicato quattro ore prima, abbandona Parigi in un umile fiacre, e sotto il nome di Conte de Neuilly si rifugia in Inghilterra, dove muore il 20 agosto del 1850.

Viva il governo provvisorio!’Viva la repubblica! Viva Lamartine! gridano i Parigini. E formasi un governo composto dei signori Dupont (de l’Euro) presidente, Laniarti ne, Luigi Blane, Ledru-Rollin, Marie, Flocon, Marnisi, Albert, Arago, Gurnier-Pagès, Creiuieux e Pagneux segretario generale. Luigi N’apoleone il 28 febbraio 1848 scrive a questo governo ch’egli è venuto in Parigi «per seguire la bandiera della repubblica e darle prova di devozione».

Al governo provvisorio succede l’Assemblea costituente. Questa proclama la repubblica, e delega ad una Giunta il potere esecutivo. La Giunta è soppiantata, poi ristabilita.

– 291 –

Nel giugno del 1848 il potere viene affidato al generale Cavaignac, che prende il titolo di capo del potere esecutivo. E sapete come finisce Cavaignac? Nel dicembre del 1851 vien fatto arrestare da Luigi Napoleone.

Il quale addi 29 novembre del 1848 scriveva ai Francesi invitati ad eleggersi un Presidente, che se eleggessero lui, avrebbero il miglior Presidente, che abbia mai retto una repubblica. E il 10 dicembre di quell’anno Luigi Napoleone fu eletto Presidente.

Allora l’Assemblea costituente cedette il luogo all’Assemblea legislativa. E questa come finì? Un decreto del 2 dicembre 1851 la disciolse, e i soldati corsero a prendere il posto dei legislatori.

Il 14 dicembre del 1851 un plebiscito dichiara che «il popolo francese vuole che sia mantenuta l’autorità di Luigi Napoleone Bonaparte, e gli delega i poteri necessarii per fare una Costituzione». E così nasce in Francia il Principe presidente.

Quanto dura? Il 7 novembre del 1852 il Senato francese proclama l’Impero, e il Senato-consulto viene rimesso al Principe-Presidente a St-Cloud. Il 2 dicembre a Parigi, il 5 negli Spartimenti viene proclamato: «Louis Napoleon Bonaparte est Empereur des Francais sous le nom de Napoléon II l». Quanto durerà? Questo è l’argomento delle meditazioni dell’Imperatore.

Ricapitoliamo la lista dei governi in Francia dal 1789 ai giorni nostri:

1789, 5 maggio, Luigi XVI convoca gli Stati generali.

1790, 14 luglio, festa della Federazione, e tutti i Francesi sono fratelli.

1791, 3 settembre, Costituzione che dichiara inviolabile il Re.

1792, 10 agosto, nasce la Convenzione nazionale.

1793, 21 gennaio, si taglia la testa al Re inviolabile. 1795, 22 agosto, il governo passa nelle mani del Direttorio.

1799, 13 dicembre, è distrutto il Direttorio, e creato il Consolato composto di tre Consoli, Sieyes, Bonaparte e Roger-Ducos.

1802, 2 agosto, Bonaparte è nominato Console a vita.

1804, 18 maggio, proclamasi Bonaparte Imperatore dei Francesi sotto il nome di Napoleone I.

1814, 31 marzo, Napoleone è obbligato di abdicare a Fontainebleau, e comanda in Francia Luigi XVIII.

1815, 20 marzo, Napoleone 1 rientra a Parigi, e vi ripiglia l’Impero per cento giorni.

1815, 15 luglio, Napoleone I è prigioniero degli Inglesi, e Luigi XVIII ritorna a comandare.

1830, luglio, Carlo X è obbligato a fuggire da Parigi. Il Duca d’Orléans è luogotenente generale del Regno. Il 9 agosto vien proclamato Luigi Filippo Re dei Francesi.

1848, febbraio, Luigi Filippo abdica e fugge da Parigi. – Governo provvisorio. – Nel maggio una commissione esecutiva con Lamartine. – Nel giugno, dittatura di Cavaignac. – Nel dicembre, presidenza di Luigi Napoleone.

1851, 2 dicembre, Colpo di Stato, e un anno dopo l’Impero.

– 292 –

Dunque dal 1789 ai giorni nostri, dopo i grandi principii e la sovranità del popolo, nessun governo durò in Francia più di quattro lustri. Primo punto della meditazione di Napoleone III.

L’unico Re che sia morto in Francia nel proprio letto, ed abbia naturalmente abbandonato la Corona fu, dopo il 1789, un Borbone, Luigi XVIII. Secondo punto della meditazione di Napoleone III.

I più lunghi regni che s’incontrino in Francia dopo la rivoluzione sono quelli dei due Re legittimi e dell’Orleanese. Terzo punto della meditazione di Napoleone III.

II primo Impero durò dieci anni: il secondo data dal 2 dicembre del 1852, e al 2 dicembre del 1863 conterà undici anni. È già più lungo del primo Impero. Eppure lo Zio era più destro e più forte del Nipote.

IL PAPA
INVITATO A PRESIEDERE IL CONGRESSO
(Pubblicato il 18 novembre 1863).

Il divoto figlio della Chiesa Cattolica ha invitato il nostro S. Padre Pio IX ad intervenire al Congresso, e se v’intervenisse personalmente, secondo la A’a tion di Parigi, giornale ben addentro alle segrete cose, l’Imperatore Cristianissimo sarebbe anche disposto ad offrirgli la presidenza del Congresso medesimo.

Tra i più ardenti desiderii del Bonaparte vi fu sempre quello ardentissimo di tirare il Papa a Parigi, per non restare da meno del proprio Zio; ma se riuscì ad avere sulle rive della Senna la Regina Vittoria, e i Re di Sardegna e di Portogallo, Napoleone III non può gloriarsi d’averci visto Pio IX.

E come fe’ benissimo la santa memoria di Pio VII quando andò a Parigi «per la maggior gloria di Dio, il vantaggio della Religione Cattolica, la salute delle anime e il compimento del dovere apostolico», secondo che il Santo Pontefice diceva ai Cardinali prima di partire; così Pio IX fe’ egregiamente e dimostrò la sua prudente avvedutezza rifiutando di andarvi, non ridandosi delle straordinarie promesse, né lasciandosi illudere dagli inviti ad essere padrino del Principe Imperiale.

Noi ci maravigliamo che Napoleone III abbia aspettato il 1803 per invitare Pio IX al Congresso. Prima di questo, che non si radunerà, ne fu tenuto un altro a Parigi, il Congresso del 1856. Allora il Bonaparte avrebbe dovuto chiamarvi un rappresentante del Papa, perché lo difendesse dalle accuse lanciategli contro da Cavour, da Clarendon e dal suo Walewski; oppure, se non poteva, o non voleva che il Papa vi fosse rappresentato, l’Imperatore da figlio devoto, avrebbe dovuto ordinare che non si commettesse la sconciezza d’accusare gli assenti.

Ma no; l’8 aprile del 1856 vien fuori Walewski a favellare pel primo nel Congresso di Parigi dell’ anormale condizione degli Stati del Papa, e da occasione a lord Clarendon di sfogare la sua rabbia protestante contro il Capo della Chiesa Cattolica, ed a Cavour la sua stizza rivoluzionaria. E Pio IX non ha chi lo difenda, rettifichi i fatti, ribatta le calunnie, rintuzzi gli assalti.

– 293 –

E poiché quella guerra sleale nel primo Congresso parigino ha prodotto i suoi frutti, e Pio IX trovasi povero, abbandonato, costretto a vivere della carità de’ suoi figli, Napoleone III se gli fa innanzi per invitarlo ad intervenire a un nuovo Congresso che coronerebbe l’opera se potesse venir radunato!

Oh non è questa la prima offerta che il Bonaparte faccia al Sovrano Pontefice! Nel giugno del 1859 gli offerì un’altra presidenza, la presidenza della Confederazione italiana. E Pio IX, se non rifiutava l’offerta vedendola non ingiusta, sospendeva tuttavia i passi per ben misurarli. Ma oggidì si vede dove quella offerta riuscisse! E come Pio IX potrebbe accettare, non più la presidenza d’una Confederazione, ma quella di un Congresso?

E di quale Congresso! Il Papa si troverebbe in mezzo agli eretici, agli scismatici, ai rivoluzionar!, e colla presenza sua sancirebbe quell’indifferentismo religioso, che è il vizio capitale de’ nostri tempi. 1 Congressi, che il Papa presiede, sono signor Bonaparte, i Concilii ecumenici, e ben diciotto di questi Congressi furono da lui presieduti, e diedero tutti la pace al mondo, tutti furono benedetti dai popoli, tutti sussistono ancora presentemente, e nelle loro dottrine sussisteranno fino al termine de’ secoli.

I Congressi che il Papa raduna e presiede furono detti da Leibnitz: le più ri. spettabili adunanze (1), da Hoffmann: ispirati dallo Spirito Santo (2), da Pierre Leroux: il potere spirituale intronizzato nel mondo (3). Lutero stesso, vedendo i pericoli recati al corpo sociale dall’eresia protestante, ebbe a dire che se l’universo non periva sarebbe stato necessario un Concilio (4).

E il Concilio si tenne, e fu l’ammirabile Congresso della Cattolicità in Trento, di cui testò abbiamo festeggiato il trisecolare anniversario; fu la consacrazione della dottrina della Chiesa Cattolica, come scrisse il protestante Fessler (5), fu la maestosa Assemblea dei Cattolici più consumati negli a/fari, nelle letlerer nella santità (6), come si esprime il Cantù nella sua Storia degli Italiani; fa «una protesta del retto senso e del senno romano contro la misticità germanica; e un codice di civiltà europea», secondo la sentenza non sospetta di Vincenzo Gioberti (7).

Ecco i Congressi che il Papa presiede; non quelli che il Bonaparte convoca per pascere la sua vanità e gettar polvere negli occhi dei Francesi.

Abbiamo ragione di sorprenderci che Napoleone III, dopo il suo opuscolo Le Pape et le Congres pubblicato nel 1859, in sul cadere del 1863 inviti Pio IX ad un Congresso e gliene offra la presidenza. Mentre in quell’opuscolo volea chiudere il Papa nel convento del Vaticano, ora cerca di trarlo a Parigi, e metterlo alla testa d’Europa, e ingolfarlo nella manipulation des affaires!

(1) Leibniz, tom. II, 1694.

(2) Hofmann, 1827, tom. I, N«3, pag. 92.

(3) Leroux, Enciclopedie nouvelle, tom. III, pag. 712. (i) Lutero, lib. i, Ep. ad Zwinglium.

(5) Fessler, tom. VIII, pag. 38i.

(6) Cantù, Storia degli Italiani, tom. in, pag. 187.

(7) Gesuita Moderno, cap. XIV, pag. 259.

– 294 –

Tre anni fa il Papa non dovea nemmeno immischiarsi negli affari di Roma, e la vita municipale di quella città era destinata a levargli quest’impiccio dégageant sa responsabilité des intérèts administratifs. Ed oggi il Papa è chiamato in Parigi a presiedere ad un Congresso europeo!

E che cosa dovrà fare questo Congresso? Non si dice e non si può dire, perché non si sa. Il Congresso stesso determinerà il da farsi. Ma se gli altri Principi sono disposti ad intervenire ad un Congresso simile, non v’interverrà certamente il Papa. Il quale prima di fare vuoi sapere che cosa fa, perché non vuole né direttamente, né indirettamente contribuire a nulla che offenda la verità e la giustizia.

E la giustizia sarebbe offesa se il Congresso stipulasse le idee già altre volte manifestate da Napoleone 1Il, o ch’egli stesso scrisse per lettera al Papa medesimo. Sicché se l’Imperatore sinceramente volesse avere Pio IX in sua compagnia, per prima cosa dovrebbe incominciare da un solenne atto di contrizione e di ritrattazione.

Bisogna partire da questo principio che Napoleone invita Pio IX al Congresso, non come Re di Roma, ma come. Papa. Nell’opuscolo le Pape et le Congrès il Bonaparte ha scritto: «Le Pape trònant à Rome, et siégeant mi Vatican est ce qui frappe le monde. On apercoit à peine le Souverain des Etats Romains» . Forse che Napoleone III invita oggidì il Principe di Monaco ad intervenire al Congresso, o gli offre la presidenza? Quest’invito adunque egli fa a Pio IX quale capo della Chiesa.

Or bene, non si ricorda Napoleone III come Alquier ministro di suo Zio a Roma, già combattesse Pio VII colla calunnia che confondeva lo spirituale col temporale? E non si ricorda che nel febbraio del 1860 il suo ministro Thouvenel ha scritto una circolare, nella quale dicea: « De nos jours la separation s’est accompite entre les deux domaines de l’ordre politique et civil?» E perché vnol confondere ora i due ordini? Ah! Napoleone stesso sente nel suo cuore, chela pretesa separazione della Chiesa dallo Stato è un delitto ed un’impossibilità. Sente che per pacificare l’Europa ha bisogno del Papa. Anche suo Zio ne ha avuto bisogno per pacificare la Francia ed ha detto ohe, se il Papa non fosse esistito, egli avrebbe dovuto crearselo.

Ma non è in un Congresso di Principi che il Papa potrà compiere l’alta sua missione. Egli la compirà dal Vaticano, non colla parola della diplomazia, ma col verbo dell’Evangelio, non calpestando i diritti, ma proclamando la giustizia; e in faccia al paganesimo redivivo, dopo che l’ambizione avrà riunito il mondo, come ai tempi d’Augusto, intuonerà l’angelico canto: Gloria a Dio ne’ Cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà.

– 295 –

LE PIAGHE DELLA SOCIETÀ PRESENTE
(Pubblicato il 19 novembre 1863).

L’Imperatore Napoleone III nel suo discorso del 5 di novembre si restrinse a dire in generale che la Società era inferma e piagata a morte. Egli vide l’edificio sociale minato dal tempo, e distrutto a pezzo a pezzo dalla rivoluzione, vide la pace del mondo in pericola, vide il laceramento successivo del patto fondamentale europeo, vide fermenti di discordia pronti a scoppiare da tutte le parti, vide l’Europa travagliata da tanti elementi di distruzione; e si restrinse a far voti, affinché sorga una nuova era di ordine e di pacificazione.

Le quali cose con maggiore autorità erano già state vedute o dette da Pio IX nell’ammirabile Allocuzione che tenne ai trecento Vescovi congregati intorno a lui nel memorando Concistoro del 9 di giugno 1862. Allora Pio IX compianse i danni tristissimi ond’è afflitta e tribolata la civile Società; compianse l’audacia di quelli che congiunti fra loro con leghe nefande, cercano di sconvolgere, le basi della convivenza sociale (humanae societatis fundamenta labefactare): compianse gli astutissimi operatori di frodi e fabbricatori di bugie, che disseminando vecchi errori, con arte diabolica «contaminano ed insozzano la scienza di tutte le cose, spargono mortale veleno a rovina delle anime, fomentano la sfrenatezza dei costumi e le prave cupidigie, sconvolgono l’ordine religioso e sociale, o si sforzano di estinguere ogni idea di giustizia e di verità, di ragione, di onestà e di religione».

Quando il nostro Santo Padre, a mezzo l’anno 1862, disse al mondo cattolico queste solenni parole, i rivoluzionari sorrisero, e gl’indifferenti crollarono il capo, esclamando: Cose di sagrestia! Ma ora non sorridono più, perché parla l’Imperatore de’ Francesi, e ripetendo i pensieri e le osservazioni del Sovrano Pontefice, mostra la società inferma, la pace in pericolo, e popoli e governi sull’orlo del precipizio.

Tuttavia tra il discorso di Napoleone III, e l’Allocuzione di Pio IX corre questa grande diversità, che mentre il primo, toccati in generale i mali che affliggono il mondo, chiamò a Congresso i Principi per apporvi un qualche riparo, il nostro Santo Padre venne ai particolari, mostrò le piaghe che ammorbano il corpo sociale, e col solo denudarle ne accennò gli opportuni e salutari rimedi.

E poiché Napoleone III non sa stendere da sé il programma del Congresso, sarà utile che si rifaccia sull’Allocuzione Pontificia del 9 di giugno 1862, e vi troverà lo specchio più preciso dei mali onde è afflitta l’Europa, e che minano l’edificio sociale. Aiutiamo l’Imperatore in questo studio, che riuscirà a tutti vantaggiosissimo.

Pio IX, dopo d’aver detto che la Chiesa e la civil società sono in modo miserando afflitte e tribolate, passa ad esporne le cagioni, e le divide in due classi; nelle dottrine e nei fatti,

Le piaghe della società presente nell’ordine delle dottrine sono una triplice distruzione delle grandi verità.

– 296 –

1° La distruzione « di quella necessaria connessione che, per volontà di Dio, esiste fra i due ordini, soprannaturale e naturale».

2° La distruzione «della divina rivoluzione, dell’autorità della Chiesa, della sua costituzione e podestà».

3° La distruzione dell’origine divina del diritto, ossia «l’audacissima negazione di ogni legge e podestà di origine divina».

I rivoluzionari incominciano sempre dal distruggere, e poi, dopo di avere accumulate intorno a loro le più spaventose rovine, allora si provano a riedificare. Epperò, negate le grandi verità, il soprannaturale, e la sua connessione coll’ordine naturale; negata la divina podestà della Chiesa; negata la derivazione da Dio d’ogni principio di diritto, a questi tre grandi veri sostituiscono tre orribili errori, che il nostro S. Padre Pio IX viene esponendo nella sua Allocuzione del 9 di giugno 1862.

1° L’errore che divinizza l’umana ragione «ed afferma temerariamente la ragione umana essere l’unica arbitra del vero e del falso, del buono e del cattivo, senza nessun riguardo a Dio».

2° L’errore, che ne consegue del panteismo, il quale trova Dio dappertutto o dell’ateismo che lo nega affatto, ciò che torna lo stesso, e finalmente del materialismo che stabilisce «una cosa medesima essere Dio col mondo, epperciò lo spirito colla materia».

3° L’errore che divinizza la forza brutale, afferma «che l’autorità non è altro, fuorché la somma del numero», il diritto «consistere nel fatto materiale e tutti i doveri degli uomini essere un nome vano, ma tutti i fatti umani avere la forza del diritto».

Ecco con quale ordine ammirabile e sapienza del tutto celeste Pio IX dimostrava or fa un anno, quali fossero le piaghe della società nell’ordine delle dottrine. Passando poi all’ordine de’ fatti, il provvido Pontefice ne indicava sei principali che mettono a repentaglio la società e la minano, secondo la frase del Bonaparte. E sono:

1° La guerra alla Santa Sede «e le ingiurie molteplici e gravissime, le calunnie e gl’insulti coi quali i nemici di Dio e degli uomini non cessano di lacerare e perseguitare l’Apostolica Sede ed i sacri Ministri della Chiesa».

2° L’ipocrisia iniqua, carattere particolare della presente persecuzione e dell’odierna empietà, ipocrisia «colla quale i capitani ed i satelliti della funestissima perturbazione e ribellione d’Italia vanno dicendo di volere che la Chiesa goda delle sue libertà, mentre con sacrilega audacia ogni giorno conculcano tutte le ragioni e i diritti della medesima Chiesa».

3° L’usurpazione dei beni ecclesiastici, che attenta al diritto di proprietà, che dà un esempio fatale e mette a repentaglio tutti i possidenti, generando il pauperismo e la malesuada fames et turpis aegestas.

4° La dispersione degli ordini religiosi, e il dispotismo di coloro o che cacciano violentemente dai propri Conventi i membri degli ordini regolari e le vergini consacrate a Dio, e gli uni e le altre spogliano dei loro beni».

– 297 –

5° La schiavitù della Chiesa, ossia l’opera di quei governi e governanti che «non lasciano nulla d’intentato per ridurre la Chiesa in turpissima servitù ed opprimerla», e così ne impediscono la potente e soavissima influenza sulle popolazioni.

6° La cospirazione contro il Papa-Re, che è il riassunto di tutti gli attentati, perché nel Papa si combatte il Cattolicismo e nel Re la Monarchia; cercandosi di distruggere l’altare e di atterrare il trono.

Ed ecco indicati, quasi sempre colle parole del nostro Santo Padre, i mali gravissimi che travagliano la società presente, e in conseguenza i rimedi che si dovrebbero abbracciare dal divisato Congresso. E Napoleone III che vuole la presidenza del Papa, può servirsi dell’Allocuzione del 9 di giugno 1862 come programma del da farsi, e ricavarne ciò che in istile parlamentare chiamasi l’ordine del giorno. A tal fine ridurremo ancora più brevemente in uno specchio le cose finora discorse.

SPECCHIO

dei mali che travagliano la Società, tolto dall’Allocuzione detta dal S. P. Pio IX nel Concistoro dei giugno 1862.

I.

Nell’ordine delle dottrine.

Del soprannaturale.

Distruzione Dell’autorità della Chiesa.

Dell’origine divina del Diritto.

Della ragione umana.

Culto Panteismo, ateismo, materialismo.

Culto della forza brutale e dei fatti compiuti.

Nell’ordine dei fatti

II.

Alla Santa Sede.

Ai beni ecclesiastici

Guerra mascherata coll’ipocrisia Agli Ordini religiosi

All’influenza della Chiesa

Al Papa Re

Alla Divinità.

Alla proprietà. Guerra

Guerra Alla libertà.

Alla coscienza.

Alla Monarchia.

Et nunc, Reges, intelligite, erudimini qui iudicatis terram!!!

– 298 –

IL TIMES SI DIVERTE
CON NAPOLEONE III
(Pubblicato il 19 novembre 1863).

Non slamo noi i soli a parlare sempre di Napoleone III. I giornali esteri ormai non parlano d’altro, e i più gli danno la baia. Eccone un saggio nel seguente brano di un articolo del Times:

« La Francia ha da essere l’Eolo che governa i venti; la Francia, il Giove che dispensa con uguale giustizia le folgori memori e vendicatrici. Napoleone III proclama all’Europa quello che noi proclamammo in ogni possibile modo in un paese e con una Costituzione come la nostra. Con un’accorta intrusione della sua storia personale, egli ci fece sapere che di tutti i sovrani egli è il solo che, più degli altri, sia in grado di ammaestrare, conciliare, fare quanto è necessario per l’aggiustamento dell’Europa. Egli solo ha sostenuto tutte le parti onorevoli; egli sofferto l’esilio, la prigionia, la povertà e la derisione; egli provato le minaccio e la malignità di tutti i partiti e di tutti i poteri; egli solo capace di conoscere profondamente le. opinioni ed i bisogni, di comprendere le difficoltà, e di entrare mediatore fra l’e più acerbo antipatie ed i più accaniti antagonismi. Come può l’Inghilterra, stabile, agiata e tranquilla, sempre neon e sempre la stessa, pretendere di gareggiare con un uomo innalzato dalla Provvidenza a compiere i suoi disegni? Non manca altro che una cosa sola a rendere completo l’esperimento di una missione che esige da noi tali prove di omaggio, e si è appunto la credulità. Si direbbe che questo quasi soprannaturale personaggio si senta immune dalle debolezze che segnano il gregge comune degli avventurieri fortunati. Ma, sebbene la Francia possa andar lieta per il momento, considerando con guardo indifferente e superiore qualche eccesso di potere, qualche lieve annessione, ed una politica d’ingrandimento, ne noi, né il resto dell’Europa lo può dimenticare con tale compiacenza.

«Che, dunque, faremo noi in questo Congresso, supposto che abbia ad essere qualcosa più che una concezione ideale? Nessun posto ci è lasciato. Gli onori della pace e della guerra, di un modesto contegno e di una magnificata ospitalità, sono tutti preoccupati dalla gravitazione naturale della Francia. Noi non ci opporremmo a nulla che potesse renderla felice e contenta, pur solo che ci fosse possibile sapere quando la sua fortuna potrebbe essere la nostra; ma dobbiamo domandare puranco quale parte ci sia lasciata dall’ambizioso protagonista, e in che guisa abbiamo a comparire su la scena? Ben potremmo accontentarci di una seconda o terza parte, ma alla fine non ne avremo nessuna».

– 299 –

RISPOSTE A NAPOLEONE III
SULLA CONVOCAZIONE DI UN CONGRESSO EUROPEO
Risposta dello Czar a Napoleone III.

Signor mio Fratello,

Riconoscendo la miseranda condizione dell’Europa e la necessità d’un accordo tra i Sovrani a cui è commesso il destino delle nazioni, Vostra Maestà esprime un pensiero che fu sempre anche il mio. lo ne ho fatto più che l’oggetto d’un semplice desiderio; io ho dal medesimo attinta la regola della mia condotta. Tutti gli atti del mio Regno rendono testimonianza del mio desiderio di sostituire relazioni di confidenza, e di concordia allo stato di pace armata, che aggrava in modo tanto enorme le popolazioni. Appena mi fu possibile, io ho intrapresa una riduzione considerevole delle mie forze militari; durante sei anni, io ho liberato il mio Impero dall’obbligo della leva, ed ho messa mano a riforme importanti, pegno d’uno sviluppo progressivo all’interno, ed una politica pacifica al di fuori. Non è in considerazione d’avvenimenti, che potevano minacciare la sicurezza e l’integrità de’ miei Stati, che io ho dovuto scostarmi da questa strada. Il mio più vivo desiderio è di potervi tornare e di risparmiare ai miei popoli sacrifizii, che sono bensì accettati dal loro patriottismo, ma che non possono a meno di pregiudicare alla loro prosperità. Niente potrebbe meglio accelerare questo momento, che un accomodamento generale delle quistioni che agitano l’Europa. L’esperienza attesta, che le vere condizioni della pace del mondo non consistono né in una immobilità impossibile, ne nell’incostanza delle C9mbinazioni politiche che ogni generazione sarebbe chiamata a disfare e rifare a seconda delle passioni e degli interessi momentanei; ma piuttosto in quella saviezza pratica che impone a ciascuno il rispetto dei diritti stabiliti, e consiglia a tutti le transazioni necessarie per accordare la storia, che è un’eredità indistruttibile del passato, col progresso che è una legge del presente e dell’avvenire.

In tale stato di cose un accordo leale tra i Sovrani mi parve ognora desiderabile. Io sarei lieto che la proposta fatta da Vostra Maestà vi ci potesse condurre. Ma affinché questa abbia praticamente effetto, non potrebbe procedere che dal consentimento delle altre Potenze, e per ottenere questo risultato credo indispensabile che Vostra Maestà determini bene le questioni che secondo lei dovrebbero costituire l’oggetto d’un accordo, come pure le basi, sopra le quali quest’accordo dovrebbe fondarsi. In ogni caso io posso assicurarla che lo scopo da lei prefissosi di arrivare senza sconvolgimenti alla pacificazione dell’Europa, incontrerà sempre le mie più vive simpatie.

Colgo nello stesso tempo quest’occasione per rinnovare alla Vostra Maestà l’assicurazione dei sentimenti dell’alta considerazione e della sincera amicizia con cui sono, signor mio Fratello, Di Vostra Maestà

Buon Fratello

Alessandro. Tsarskoé-Sélo, il 6jl8 novembre 1863.

– 300 –

Risposta del Re di Sassonia a Napoleone III.

Signor mio Fratello,

La lettera indirizzatami da Vostra Maestà imperiale il 4 corrente mi è doppiamente preziosa. Io vi trovo una testimonianza di confidenza che mi onora, e mi compiaccio nel riconoscervi una prova di più del desiderio sincero di Vostra Maestà di rassodare le basi generali dell’ordine e della pace, unici e veri pegni del benessere dei popoli e dei vantaggi che essi ricavano dalla forza dei loro governi, lo non posso che augurare la migliore riuscita ad una impresa così nobile, alla quale Vostra Maestà assegna confini saggi, dettati da un grande spirito di giustizia e di lealtà, schivando oltre a ciò ogni disegno di progetti ambiziosi.

Se i gabinetti d’Europa presteranno il loro concorso al compimento di questo arduo disegno, se l’Alemagna, e soprattutto le sue due grandi Potenze vi si associano, io mi riputerò fortunato di contribuirvi ne’ modesti termini de’ miei mezzi, e di provare a Vostra Maestà come i Principi di Germania, fedelmente attaccati ai loro doveri federali, ma esenti da ogni spirito di pregiudizio o di prevenzione, hanno a cuore di stringere i legami di amicizia e di accordo coi loro vicini, e di mantenere le mutue relazioni sopra la base solida d’una fiducia reciproca.

Prego la Vostra Maestà Imperiale di gradire l’espressione di questi sentimenti insieme con quelli di alta stima e d’inalterabile amicizia che io le ho consacrata e con la quale io sono, signor mio Fratello, Di V. Maestà Imperiale

Il buon Fratello

Giovanni.

Contro-firmato

BARON DI BEUST.

Dresda, 15 novembre 18G3.

– 301 –

Risposta del Re di Wurtemberg a Napoleone III.

Mio signor Fratello,

Si è con ben viva soddisfazione che ho trovato nella lettera che V. Maestà mi ha fatto l’onore di scrivermi in data del 4 corrente, una nuova e splendida prova del suo desiderio sincero di giungere per via d’un accordo diretto tra i Sovrani amici ed alleati della Francia allo scioglimento pacifico delle questioni gravi, che agitano oggigiorno l’Europa e minacciano di turbare di più in più le relazioni internazionali. Non saprei far altro che desiderare sinceramente che le nobili intenzioni di V. Maestà Imperiale, ispirate dalla sua sollecitudine per il consolidamento della pace generale sopra solide basi, possano incontrare il concorso unanime e cordiale di tutte le Potenze europee. Vostra Maestà potrà dunque essere persuasa, che penetrato da questo sentimento io non mancherò di attenermi a questa proposta nel trattare co’ miei confederati membri della Dieta germanica. Parimente procurerò di far prevalere queste disposizioni favorevoli ai progetti di V. Maestà nel seno della Dieta stessa, eccetto che quelle Potenze dell’Europa, la cui cooperazione deve essere considerata come indispensabile allo scioglimento delle questioni da sottoporsi alla decisione del Congresso progettato, non vengano, in seguito dei rischiarimenti ulteriori e più precisi attesi da parte del gabinetto delle Tuileries, a mettere ostacoli tali da far abbandonare il progetto d’una convocazione d’un Congresso europeo. Nel manifestarvi i miei ringraziamenti più premurosi della gentile ospitalità che voleste offrirmi nella vostra capitale, colgo quest’occasione per rinnovarvi l’assicurazione dell’alta stima, e dell’inviolabile amicizia con cui sono, mio signor Fratello,

Di V. Maestà

Il buon Fratello

Guglielmo.

Stoccarda, il 16 novembre 1863.

Lettera scritta a Napoleone III da S. M. Vittorio Emanuele II.

Mio Signor Fratello,

La lettera che Vostra Maestà Imperiale mi ha indirizzata è inspirata da un pensiero grande e generoso, a cui si associeranno coloro i quali comprendono le tendenze dell’epoca nostra. Una lotta permanente si è stabilita in una gran parte dell’Europa tra la coscienza pubblica e lo stato delle cose creato dai trattati del 18)5. Quindi un malessere, il quale non farà che aumentare, finché l’ordine europeo non sarà costituito sulla base dei principii di nazionalità e di libertà che sono la vita stessa dei popoli moderni. A fronte di questa situazione minacciosa per il progresso dell’incivilimento e della pace del mondo V. M. Imperiale si è fatta l’interprete d’un sentimento generale proponendo di riunire un Congresso, il cui compito deve essere di stabilire un accordo durevole tra i diritti dei Sovrani e le giuste aspirazioni dei popoli.

– 302 –

Aderisco con piacere alla proposta di V. M. Imperiale. Il mio concorso e quello del mio popolo sono assicurati alla effettuazione di questo progetto, che noterà un gran progresso nell’istoria dell’umanità. Non sì tosto la riunione delle conferenze internazionali avrà luogo, mi farò premura di pigliarvi parte sia in persona, sia facendomivi rappresentare. L’Italia apporterà nel Congresso lo spirito più sincero d’equità e di moderazione. Essa è convinta che la giustizia ed il rispetto dei diritti legittimi sono i veri fondamenti, sui quali si può consolidare ua nuovo equilibrio europeo. Il mio più vivo desiderio 6 che l’opera di saviezza ediconcordia, di cui V. M. Imperiale ha pigliato l’iniziativa, pervenga a rimuovere i pericoli di guerra, ed a stringere maggiormente i vincoli che devono esistere tra le nazioni. Colgo quest’occazione di rinnovarvi le assicurazioni dell’inviolabile amicizia e dell’alta considerazione con cui sono mio signor Fratello, Pi V, M. Imperiale,

II buon Fratello

Vittorio Emanuele.

Torino, 22 novembre 1863.

Risposta del Re d’Olanda a Napoleone III.

Mio signor Fratello,

L’invito non meno cordiale che grazioso che V. M. mi ha indirizzato colla sua lettera del 4 novembre, ha per iscopo di riunire le Potenze dell’Europa ad un Congresso affine di deliberare, senza sistema prestabilito, intorno ai mezzi di consolidare, senza scossa, sopra eque basi, la pace e la tranquillità dell’Europa. Rendo omaggio a questo generoso pensiero di V. M. e sarò felice, associandomi a quest’idea, di contribuire di comune accordo con tutti gli altri Sovrani d’Europa ad effettuare Io scopo sì nobile che V. M. si è proposto di raggiungere. Colgo quest’occasione di rinnovarvi le assicurazioni dell’alta stima, e dell’inviolabile amicizia con cui sono, mio signor Fratello, Di Vostra Maestà,

Il buon Fratello

Guglielmo.

Aia, il 29 novembre 1863.

– 303 –

Risposta del Re del Belgio a Napoleone III.

Mio signor Fratello,

Ho ricevuto la lettera, che mi venne rimessa dalla parte di V. M. Imperiale dal signor barone di Malaret, e non posso ameno di far plauso ai sentimenti che l’hanno dettata. Sarebbe da desiderarsi vivamente di vedere per l’effetto di un accordo pacifico dissiparsi i motivi d’inquietudine che esistono in Europa, e senza voler giudicare, fin d’ora, dei mezzi intorno ai quali si potrebbe convenire coi diversi Stati interessati per raggiungere senza scosse un così nobile scopo, sono lieto di assicurare V. M. Imperiale che il mio governo sarebbe del tutto disposto a concorrervi per quanto da lui dipende. Per ciò che a me spetta in particolare, sarebbe con vera soddisfazione che nel caso previsto da V. M. Imperiale, approfitterei dell’offerta cordiale che ella volle farmi. Colgo quest’occasione per rinnovarvi le assicurazioni dell’alta stima e dell’inviolabile amicizia, con cui sono, mio signor Fratello, Di V. M. Imperiale,

Il buon Fratello

Leopoldo.

Dal Castello di Laeken, 20 novembre 1863.

Lettera del Re d’Annover a Napoleone III.

Mio signor Fratello,

Ho ricevuto con non minor piacere che riconoscenza la lettera che V. M. Impeciale volle indirizzarmi sotto la data del 4 di questo mese. Regolare le questioni esistenti per mezzo d’un accordo generale delle Potenze europee: calmar l’inquietudine rinascente senza posa che mette incaglio o ritardo allo sviluppo della prosperità degli Stati: paralizzare gli sforzi dei partiti sovversivi: assicurare infine la tranquillità dell’Europa rimovendo ogni pericolo di guerra, si è il servizio più segnalato che possa essere reso alla causa della civiltà, è un intrapresa che deve ottenere i suffragi di tutti coloro le cui aspirazioni tendono al bene dell’umanità. V. M. ne ha preso l’iniziativa, proponendo di regolare il presente e di assicurare l’avvenire in un Congresso. Rendo omaggio al pensiero sublime che ha guidato V. M. Imperiale, e la ringrazio sinceramente dell’invito che ella mi ha fatto di associarmi a’ suoi generosi progetti. Spero che l’Alemagna, ed in ispecie l’Austria e la Prussia, che in questa questione ha degli interessi dai quali non saprei separare quelli del regno di Annover, si troverà in istato di porgere il suo concorso al compito che V. M. si è imposto, e in tal caso mi farò un vero piacere di cooperare, per quanto mi sarà possibile, al compimento dell’opera che essa ha intrapreso. Intanto la prego di voler gradire le assicurazioni reiterate dell’alta stima e dell’inviolabile amicizia con cui sono, mio signor Fratello,

Di V. M. Imperiale,

II buon Fratello

Giorgio Rex.

Al Castello di Herrenhausen, il 23 novembre 1863.

– 304 –

Lettera del Re di Baviera a Napoleone III

Mio signor Fratello,

Ilo ricevuto la lettera che V. M. Imperiale volle indirizzarmi sotto la data del 4 di questo mese per propormi un Congresso, che si riunirebbe a Parigi, collo scopo di gettar le basi d’una pacificazione dell’Europa. Non posso che non rendere piena giustizia agli alti sensi di cui questa proposizione è improntata. I trattati del 1815, sui quali riposa oggigiorno l’edifizio politico dell’Europa, sono, non lo ignoro, in più d’un punto distrutti di fatto o misconosciuti. Non havvi dunque cèmpito più bello che risparmiare in avvenire le scosse quasi inevitabili di questo stato di cose, regolando, di concerto colle altre Potenze, le quistioni litigiose del presente, a cui le disposizioni di questi trattati non potrebbero più essere applicate. Amo sperare che la proposta di V. M. Imperiale, seguita da rischiarimenti ulteriori in proposito, troverà altresì presso le Potenze direttamente interessate allo scioglimento di queste quistioni l’accoglienza indispensabile per assicurarne il buon effetto. In questa supposizione non esito ad aderire alla proposta di V. M. Imperiale, e mi stimerò fortunato di concorrere all’opera della pacificazione generale pigliando parte alle conferenze future. Colgo quest’occasione per rinnovarvi le assicurazioni dell’alia stima e dell’inviolabile amicizia con cui sono, mio signor Fratello,

Di V. M. Imperiale,

II buon Fratello

MASSIMILIANO.

Roma, 27 novembre 1863.

– 305 –

La Confederazione Germanica a Napoleone III.

Sire,

L’invito ad un Congresso che V. M. diresse ai 4 di novembre ai Principi Sovrani e città libere dell’Alemagna, è considerato dalla Confederazione Germanica come una prova dei sentimenti di amicizia di V. M. e del suo desiderio di assicurare all’Europa i benefizi della pace.

Dovendo pc’ suoi trattati fondamentali essere diretta principalmente da idee pacifiche, la Confederazione Germanica non potrebbe ricusare il suo concorso ad un disegno tendente ad assicurare la pace ed ordine dell’Europa.

Pur aderendo francamente all’idea pacifica di V. M. i Principi Sovrani e città libere dell’Alemagna non potrebbero concorrere, con isperanza di successo, al colorimento di quel disegno, se i trattati che stabilirono la Confederazione Germanica e l’edifizio politico dell’Europa non fossero considerati come base delle negoziazioni.

Senza negare che anco i trattati più solennemente consacrati non possono rimanere inalterati in mezzo al corso irresistibile della storia, una politica pacifica non potrebbe sconfessare il principio, che una modificazione o annullamento di un trattato non può farsi senza consenso degl’interessati. Questo principio farà trovare la regola dei doveri, il titolo dei diritti e il freno delle pretensioni che lo sguardo sì giusto e penetrante di V. M. riconobbe necessarii per la tranquillità dell’Europa.

Ammessa questa base di negoziazioni, sarà possibile indicare anticipatamente, col consenso degl’interessati, le quistioni internazionali che il Congresso imprenderà a regolare e dare all’Europa l’assicurazione che, lungi dall’essere fonte di nuove differenze, porrà fine a quelle che esistono.

Secondo queste idee la Confederazione Germanica sarà disposta a tenere l’invito di V. M. ed a prendere parte al Congresso, facendosi rappresentare da un plenipotenziario speciale, che vi si troverà con quelli dei membri della Confederazione Germanica invitati da Vostra Maestà.

I Principi Sovrani e città libere dell’Alemagna nutrono speranza che V. M. vorrà riconoscere che queste franche spiegazioni sono una prova dei loro sentimenti di amicizia, della cura che pongono nell’apprezzare l’atto di V. M. , e del desiderio che quest’atto sia fecondo di felici risultamenti.

Intanto i Principi Sovrani e città libere dell’Alemagna pregano Iddio che abbia V. M. nella sua degna e santa guardia.

La Confederazione Germanica.

Ed a nome di essa:

Il Ministro d’Austria, presidente della Dieta

Barone Di Koreck.

Francoforte sul Meno, 7 dicembre 1863.

– 306 –

Risposta del Re di Portogallo a Napoleone III.

Signor mio Fratello,

La lettera indirizzatami il 4 corrente da V. Imperial Maestà, degna pel suo oggetto delle più serie riflessioni, chiamò naturalmente a sé tutta la mia attenzione. La franchezza del linguaggio di Vostra Maestà Imperiale, circa le difficoltà e i pericoli che tutta l’Europa ha interesse a prevenire, è una prova evidente della brama ch’Ella ha di raffermare i vincoli dell’amicizia che sussistono così felicemente tra i nostri due paesi. Mi reco pertanto a grato debito d’annunziare a Vostra Maestà Imperiale, che io aderisco senza esitazione a questa proposta conciliatrice, e che io mi accosto di tutto cuore ai sentimenti dai quali venne ispirata. I Congressi dopo la guerra sono d’ordinario la consacrazione dei vantaggi del più forte, e i trattati che ne risultano si appoggiano piuttosto a fatti che a diritti, creano le situazioni forzate, che hanno per conseguenza quel malessere generale da cui sono generate le proteste violente e le rimostranze armate. Un Congresso previo alla guerra, con lo scopo di prevenirla, è, a mio avviso, un’idea nobile di progresso. Qualunque ne sia l’esito, U Francia avrà eternamente la gloria di aver gettati i fondamenti di questo nuovo principio si altamente filosofico. Convinto, come io sono, dell’utilità di un Congresso internazionale nelle congiunture presenti, io non ometterò d’inviare i miei rappresentanti e di far dare loro le istruzioni necessarie. Riguardo alla mia persona, sensibilissimo all’offerta cortese e graziosa della Vostra Maestà Imperiale, io mi compiaccio di assicurarla, che se le circostanze me lo permetteranno, l’accetterò con la più grande soddisfazione. Frattanto prego V. M. Imperiale di gradire i sentimenti dell’alta stima e dell’inalterabile amicizia, coi quali io sono, signor mio Fratello, Di V. M. Imperiale,

II buon Fratello

Luigi.

Dal palazzo d’Ajuda, il 18 novembre 1863.

DUCA DI LOULÈ.

Risposta del 3. Padre Pio IX a Napoleone III.

Vivamente desideravamo di conoscere il testo della risposta data da Pio IX all’invito fattogli da Napoleone III d’intervenire al Congresso di Parigi, e il sunto di questa risposta giuntoci col Mémorial diplomatique, non la che crescere sempre più il nostro desiderio. Pio IX è sempre grande, sempre buono, e in tutti i suoi atti comparisce sempre il Re della pace, l’angiolo della bontà, il Vicario di Gesù Cristo.

«La lettera del Sovrano Pontefice è scritta in italiano, ed è datata dal palazzo apostolico del Vaticano il 20 novembre 1863.

– 307 –

«II Santo Padre comincia col rendere omaggio alla nobile impresa dell’Imperatore dei Francesi, che invita tutti i monarchi ad unirsi ad esso onde fondare senza scossa un sistema atto a portare in Europa, e a Dio piaccia! anche in altre contrade la pacificazione degli spiriti, il ristabilimento dell’ordine e la consolidazione della pace. Questo pensiero, che sì altamente onora Sua Maestà, è colla protezione del ciclo destinato a produrre i più felici risultati. Gli è perciò che Sua Santità mostra la più viva sollecitudine ad associarvisi dal canto suo, e promette al Congresso tutto il suo concorso morale onde prevalgano a vantaggio di una società scossa dalle sue fondamenta i principii della giustizia ed il rispetto dei diritti violati, e allo scopo di rivendicare, nei paesi cattolici specialmente, la posizione preminente che appartiene alla religione cattolica, la sola vera.

« Il Vicario di Cristo non saprebbe, senza mancare ai doveri della sublime di lui missione, non alzare la voce anche in mezzo ad un Congresso politico per sostenere la grande verità che la fede cattolica, unita alla pratica, è il più efficace mezzo onde riuscire a moralizzare i popoli. Ad esso sopra tutti è devoluta la missione di difendere con tutta la possibile energia i diritti dell’augusta nostra religione.

«Nel rivendicare gli altrui diritti che furono violati, il Papa è principalmente guidato dalla coscienza del proprio dovere che gliene impone la direzione. Quanto ai diritti della Santa Sede, oltre ai titoli sovra i quali si appoggia, Sua Santità ha ricevuto sì numerose assicurazioni, tanti pegni di interesse e di protezione da parte di un sovrano sì elevato e potente, qual è l’Imperatore dei Francesi, ch’essa temerebbe che il solo dubbio sulla sincerità delle sue spontanee proteste potesse recargli offesa.

«Nell’applaudire al materiale progresso dell’epoca nostra, e sempre nel desiderio che i popoli sieno posti in condizioni tali da fruire pacificamente dei vantaggi provenienti da esso, il Santo Padre non potrebbe dire altrettanto per ciò che riflette certe aspirazioni dalle quali i popoli sono travagliati, e che sono inconciliabili coi principii più sopra indicati.

«II Papa termina coll’esternare la fiducia che l’Imperatore dei Francesi, colla sua solita perspicacia, vorrà riconoscere nella franchezza di questo linguaggio il carattere di lealtà, della quale devono essere improntati tutti gli atti della Santa Sede, come pure un attestato dei sentimenti di quell’alta stima che obbligano il Capo della Chiesa a parlargli apertamente d’una materia di si grande importanza.

«Il Santo Padre termina coll’accordare la sua apostolica Benedizione all’Imperatore, all’augusta di Lui Sposa ed al Principe imperiale».

– 308 –

Risposta della Svizzera a Napoleone III.

Leviamo dal giornale il Bund del 5 dicembre 1863 la seguente Risposta del Consiglio Federale Svizzero all’Imperatore Napoleone III.

Sire!

Noi prendemmo cognizione con vivo interesse della lettera, con cui V. M. invita la Confederazione Svizzera, del pari che i Sovrani ed i Governi di altri Stati, ad un grande Congresso internazionale.

V. M. invita a prendere in considerazione le condizioni di diversi paesi, ed addita i pericoli che minacciano la pace generale e ch’ella ravvisa in ogni parte. Ella propone di dare assetto al presente, e sicurezza all’avvenire, prima che avvenimenti irresistibili non trascinino in opposte vie.

La Confederazione Svizzera, a cui la natura non meno che la storia e i trattati assegnarono una posizione neutrale nel mezzo dell’Europa, sa pregiare tutti i beneficii della pace. Essa conosce l’inestimabile valore di una libera e reciproca consacrazione dei diritti e dei doveri di ciascuno, vero fondamento di un accordo sincero e cordiale fra le nazioni. Noi non possiamo pertanto se non accettare con gioia l’apertura che V. M. si degnò di farci. “

1 trattati esistenti proclamano l’inviolabilità, la neutralità e l’indipendenza del nostro territorio. Le disposizioni che ad esse si riferiscono non subirono alcuna offesa, ed il popolo svizzero fece valere le guarentigie a lui assicurate, osservando coscienziosamente i suoi obblighi internazionali ed anche a costo dei più grandi sacrificii. Queste guarentigie sono pure nel vero interesse dell’Europa, e le alte potenze non possono far a meno di riconoscere oggidì, come finora, la loro durata e la necessità.

Pronti a prendere parte, in nome della Confederazione Svizzera, alle solenni deliberazioni annunciate, ci facciamo dovere di esprimere alla M. V. la nostra riconoscenza per il suo appello leale, e la speranza che Ella ci abbia a porgere il suo efficace appoggio nelle quistioni concernenti il nostro paese.

Siamo felici che V. M. ci abbia procurata l’occasione di poter difendere noi stessi i nostri diritti e i nostri interessi in seno al convegno internazionale.

Noi desideriamo che il convegno dei Sovrani e Governi d’Europa possa raggiungere lo scopo che V. M. si propose, e che le questioni che occupano e commuovono gli animi, possano trovare una soluzione tale da rispondere alle legittime aspirazioni dei popoli.

Cogliendo con piacere quest’occasione per rinnovare a V. M. Imperiale l’asseveranza del suo alto ossequio, il Consiglio federale prega Dio a voler prendere nella sua eccelsa e santa guardia V. M. e la sua augusta famiglia. Berna, 23 novembre 1863.

(Seguono le firme)

– 309 –

Risposta dell’Imperatore d’Austria a Napoleone III.

Per facilitare al Gabinetto di Parigi il compito di darci bramati schiarimenti, il Conte Rechberg accompagnò la lettera dell’Imperatore con un suo dispaccio al Principe Metternich, in cui dichiarò: 4° Che un accordo sopra i mezzi da impiegarsi è condizione preliminare indispensabile d’ogni deliberazione, che abbia un carattere generale; 2° Che si vuoi sapere in che senso Napoleone IH affermò non esistere più i Trattati di Vienna; poiché se essi furono o modi6cati in alcune o violati in altre parti, o aboliti in qualche disposizione particolare dal consenso delle Potenze, appunto come avvenne per ciò «che contenevano di umiliante verso la persona dell’Imperatore Napoleone»; tuttavia essi debbono considerarsi come sempre esistenti K ed è certo che sono ancora in Europa il fondamento del pubblico diritto»; 3° Che, se il Governo di Parigi vorrà indicare quali siano le parti di cedesti Trattati o difettose o insufficienti, ed il modo con cui esso crede che debbano cangiarsi, con sicuro vantaggio, tali proposte saranno accolte con tutto il desiderio di facilitare un accordo; 4° Che il malessere lamentato dell’Europa, tuttoché grave, non è che parziale; e perciò deesi por mente che il rimedio non debba riuscir più grave del male, se s’imprende il trasforma mento radicale dell’ordine presente di cose; 5° Che non regge la parità col trattato di Westfalia, fatto dopo trentanni di guerra, mentre ora si tratta solo di conservar la pace; 6° Laonde, perché questa radunanza, a cui sono invitati i Sovrani « possa avere effetto con lealtà e recare i suoi frutti, è essenziale che il Governo francese definisca le sue intenzioni con maggior precisione. Per dare ad un Congresso i| nostro sincero concorso, dobbiamo conoscere quale sarà il programma esatto delle sue deliberazioni, ed essere assicurati, che questo programma adempia a tutte le condizioni richieste, per preparare l’elaborazione di un’opera di pace e di conciliazione. Ricevete ecc. ecc.

Rechberg».

fonte

https://www.eleaml.org/sud/stampa/vol_02_03_margotti_memorie_per_la_storia_dei_nostri_tempi_1865.html#Plebiscito

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