STORIA DE’ NOSTRI TEMPI DAL CONGRESSO DI PARIGI NEL 1856 AI GIORNI NOSTRI DI GIACOMO MARGOTTI (X) (VOL. III)
UN SOVRANO CHE BENEDICE (Pubblicato il 24 aprile 1862).
Un telegramma venuto da Parigi e pubblicato dai giornali nell’aprile del 1862 diceva così: «II Papa ha impartito la solenne benedizione urbi et orbi. Le truppe francesi e pontificie vi assistevano. Folla immensa, acclamazioni al Papa». I nostri giornali furono obbligati a stampare quel telegramma nello stesso numero, in cui cercavano, con i frizzi più plebei, e le menzogne più sleali, di negare, o travisare il precedente accoglimento trionfale fatto dai Romani a Pio IX. Poveri giornali e giornalisti! Non banno ancora potuto trangugiare una di queste amarissime pillole che manda loro Roma, e già eccone un’altra da inghiottire! Poveri giornali e giornalisti! Fin dal 1860 volevano scrivere dal Campidoglio e giuravano che il Papa Re era morto, e veggono venire la Pasqua del 1862, e debbono annunziare ai loro lettori che Pio IX gode ottima salute, vive in Roma amato, soccorso, applaudito, vi regna da Sovrano, e dalla loggia del Vaticano benedice il suo popolo e il mondo!
Il Re di Roma impartisce la benedizione urbi et orbi, a Roma ed al mondo! I nostri lettori hanno meditato ben bene su queste poche parole? Hanno riflettuto a quella frase degli antichi Romani urbi et orbi che sussiste tuttavia per virtù del Romano Pontefice? Hanno considerato ciò che vi sia di particolare in questo Sovrano di Roma, che leva in alto la mano e benedice i suoi sudditi e il mondo? E se hanno considerato tutto questo, non hanno capito quale è la sciocchezza degl’Italiani che combattono il Papa-Re, e quale è la ragione che induce gli empii, gli eretici, i despoti, i demagoghi a odiarlo e perseguitarlo?
Le Carte costituzionali sogliono indicare le attribuzioni dei Re, e dicono: il Re fa i trattati di commercio; il Re comanda l’esercito e la flotta; il Re fa la guerra e la pace; il Re convoca o scioglie il Parlamento; il Re sottoscrive le leggi; ma nessuna di tali Carte osò mai dire: il Re benedice i suoi figli, che sono nel suo regno e nell’universo. Questa sola attribuzione trovasi nel grande Statuto cattolico, ed è riservata unicamente al Re di Roma. Vi sono Re Papi in Inghilterra, in Russia, in Prussia, ma nessuno benedice, nessuno pretese mai di avere la facoltà di benedire, e diverrebbe ridicolo chi fra loro benedicesse. Pio IX solo è un Sovrano che chiama dal ciclo le benedizioni sovra il suo popolo, e quando leva in alto la mano, vede prostrarsi migliaia e migliaia di persone, come se fossero obbligate a credere e a pregare da una forza irresistibile.
E i tristi vogliono levare dalla faccia del mondo questo Sovrano che benedice! I popoli non hanno che padroni, e più severi e più tremendi sono quelli che si spacciano loro amici e protettori. Un popolo privilegiato ha ancora a Roma un Padre, un Pio, che è Papa ed è Re, ossia prima Padre e poi Sovrano, ed hanno giurato di ucciderlo! Essi vogliono ridurre tutti i popoli a non vedersi intorno che sgherri per ammanettare, esattori per mungere, soldati per uccidere, cannoni per metragliare: quel re elio benedice chiamano un anticaglia che ha finito il suo tempo. E così i pretesi amici del popolo dicono che è passato pei popoli il tempo delle benedizioni, ed è venuto il tempo delle guerre, il tempo delle leve, il tempo delle imposte. Poveri popoli?
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La benedizione è un alto solenne della Paternità, e Pio IX benedice perché è padre. E siccome non è solo padre di Roma, ma del mondo, così comparte la benedizione urbi et orbi. E questo Sovrano che benedice è un gran vantaggio per Roma e pel mondo; e non solo i Romani, ma tutti i cattolici dell’universo, gettandosi a’ suoi piedi lo salutano col caro nome di Padre, e si sentono rispondere col dolce nome di figlio. Ma che direste se questo Padre fosse suddito dell’Imperatore d’Austria, e dello Czar di Russia, o della Regina d’Inghilterra? E che effetto produrrebbe un telegramma, il quale annunziasse: t Uno dei sudditi del Re d’Italia ha dato la benedizione urbi et orbi?»
Il mondo nacque con una benedizione dell’Eterno. Iddio onnipotente, dopo di aver tratto ogni cosa dal nulla, considerò il crealo e lo benedisse. Il mondo avrà termine con una benedizione che Gesù, dopo l’universale sindacato, darà a’ suoi eletti chiamandoli a regnare con sé nell’alto dei cieli. Tra mezzo alle benedizioni di Dio creatore e di Dio giudice stanno le benedizioni del Romano Pontefice, che accompagnano il mondo nel suo viaggio del tempo all’eternità, benedizioni che sono una rinnovazione della prima benedizione ed un apparecchio all’ultima. Ma Dio creatore che benedisse il mondo, era padrone assoluto delle cose che benediceva; e Gesù che benedirà gli eletti li benedirà portando scritto nel suo femore: Re dei re, e Signore dei dominanti. E volete che in mezzo al Padrone dell’universo che benedice, e al Signore dei dominanti che corona le benedizioni sieno le benedizioni del suddito del Re d’Italia? Non sentile l’assurdità, la ridicolaggine di una simile pretesa? E sperale di poter persuadere al mondo che potrà essere benedetto da chi dovrà ubbidire ai decreti di Urbano Rattazzi, ed essere soggetto alla vigilanza ed alle circolari di Raffaele Conforti?
Non ci fa meraviglia che a certi potenti ambiziosi possa recar noia un Sovrano che benedice. Napoleone primo sentiva gelosia del Papa che dominava gli spiriti, mentre a lui non restava che l’impero della materia; ed è naturale che i Sovrani dei cannoni rigati vedano di mal occhio il Re delle benedizioni. Ma i popoli dovrebbero pensarla altrimenti; od altrimenti la pensano i Romani, che si sentono più grandi oggidì servendo al servo dei servi di Dio, e obbedendo al Papa che benedice, che quando i loro padri obbedivano al conquistatore che a forza di sangue, di battaglie e di lacrime avea allargato l’impero. Il Vaticano donde il Papa benedice trasse il suo nome da una guerra d’Italiani contro italiani (1). E Dio ha voluto che da questo luogo le benedizioni del suo Vicario si spandessero sopra l’Italia e sul mondo.
Qualche italianissimo domanderà: — Che è egli mai un Sovrano che benedice? Passarono i tempi del fanatismo in cui si credeva alle benedizioni del Papa. — Se taluno rispondesse così, noi gli diremmo di ritornare col pensiero al 1848, quando si menava tanto rumore della benedizione che Pio IX avea dato all’Italia; gli diremmo di rileggere i commenti che il governo provvisorio di Milano, e i giornali più liberali aveano fatto su quella benedizione, gli diremmo di ricordarsi ciò che il generale Durando scriveva in un suo proclama del 5 di aprile 1848:
«Valicanus collis appellatus est, quod eo potitus sit populus romanus vatum responso eipulsis Etruscis» (Sextus Pompejus Festus et M. Valer. Fl. De verborum significatione).
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«Anche noi siamo benedetti dalla destra di un gran Pontefice, santo, giusto, mansueto sopra tutti gli uomini». Quelle benedizioni allora si stimavano di più che tutti gli aiuti materiali della Francia e morati dell’Inghilterra. E perché oggidì vi ridete delle benedizioni che già tanto invocaste? O eravate ipocriti allora, o siete finiti presentemente.
Ecco intanto un gran fatto: — Pio IX, la Pasqua del 1862, dopo la repubblica di Mazzini, dopo la vittoria Solferino, dopo il colloquio di Chambéry, dopo l’eccidio di Castelfidardo, dopo il voto del Parlamento di Torino, dopo il passaggio di Cavour e di Ricasoli, dopo le circolari di Rattazzi, i discorsi del Principe Napoleone e di lord Palmerston, Pio IX Papa Re ha benedetto Roma e il mondo dalla loggia del Vaticano, dove era il Circo di Nerone, dove furono trucidati i primi martiri, dove s’inginocchiarono Costantino e Carlomagno, cioè l’Oriente e l’Occidente riverenti a S. Pietro. — Possiamo scrivere un volume, ma non diremo più di ciò che dicono eloquentemente tutte queste circostanze. Quando Nerone sulla piazza del Vaticano faceva trucidare i martiri, il Papa era pili debole, più povero, più abbandonato, più odiato che non è oggidì. Eppure in capo a pochi secoli, divenne il Signore di Roma, e cominciò a benedire Roma e il mondo e quella benedizione per quanto ripetuta fu sempre un avvenimento importantissimo ed anche nel 1862 vedemmo il Moniteur di Parigi andare lieto perché Pio IX avesse benedetto Napoleone III, ed oggidì il telegrafo annunziarci che Pio IX comparti la benedizione urbi et orbi.
Ma il Papa il giorno di Pasqua ha benedetto tutti. Come la Chiesa nella settimana santa non dimentica nessuno nelle sue orazioni, e prega perfino pei perfidi Giudei, così il Papa spande le sue benedizioni su tutti, cattolici, scismatici, eretici, atei, peccatori, giusti. Tra i quarantamila forastieri che sono in Roma appartenenti a tante nazioni, quanti non ve ne saranno nemici del cattolicismo, del Papa e di Dio? Pio IX tutti li benedisse, e questa è la vera e ben intesa tolleranza che esercita il Papato. E Pio IX non solo benedisse i presenti, ma anche gli assenti di tutto il mondo, e siamo certi che di preferenza benedisse coloro che cospirano a suoi danni, che furono la causa principale de’ suoi dolori, che cercano di spodestarlo e cacciarlo da Roma. Deh Ila benedizione del Pontefice operi nella mente, e più che nella mente, nel cuore di questi traviati uno di que’ miracoli che la benedizione di Gesù operava sui cicchi della Palestina, e veggano una volta, veggano il vero bene d’Italia, la vera gloria di Roma, il grande vantaggio, il gran conforto, la grande consolazione pei popoli di avere un Sovrano che benedice i suoi sudditi.
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L’ANTAGONISMO TRA PIO IX E L’ITALIA
(Pubblicato il 21 settembre 1862).
Da Berna il telegrafo ci ha fatto conoscere una circolare diplomatica che il nostro ministro sopra gli affari esterni indirizzava, sotto la data del 10 di settembre, alle Corti europee. Il sunto di questo documento può ridursi alla seguente formola: «11 ministero III Torino ha il diritto di andare a Roma, perché ha ferito ed imprigionato Garibaldi, che voleva introdurlo nell’eterna città». Può darsi più marchiana contraddizione? Se avete il diritto di andare a Roma, perché regalare una palla a Garibaldi che voleva condurvi in Campidoglio? E se Garibaldi clic grida, o Rama o morte, è un ribelle, come due giorni dopo mai proclamate Roma cosa tutta vostra, e pretendete di avere il diritto d’impadronirvene?
«La parola d’ordine dei volontari garibaldini, dice il ministro Durando, e l’esatta espressione del bisogno imperioso della nazione». Dunque voi processerete Garibaldi e i garibaldini rei di avere espresso esattamente il bisogno imperioso della nazione? E allo straniero, che passando presso al Varignano domandi: perché è colà Garibaldi ferito e prigioniero, risponderete: perché ha emesso una parola d’ordine, che è l’esatta espressione del bisogno imperioso della nazione? Oh che logica! Oh che politica!
Ma il signor Durando condanna Garibaldi, perché non si è contentato di esprimere in parole il bisogno imperioso della nazione. E!<li crede che questo bisogno debba semplicemente a/fermarsi, e Io afferma ne’ seguenti termini: «Le Potenze cattoliche, e specialmente la Francia, riconosceranno i pericoli del voler mantenere l’antagonismo tra il Papato e l’Italia». Questa frase è un plagio del nostro ministro degli esteri, il quale ha rubato l’antagonismo a un discorso dell’imperatore Napoleone III. Costui, il 27 di gennaio di quest’anno 1862, inaugurando il Corpo legislativo disse: «Abbiamo riconosciuto il regno d’Italia colla ferma intenzione di contribuire coi consigli simpatici e disinteressati a conciliare due cause, il cui antagonismo turba dappertutto gli spiriti e le coscienze».
L’Imperatore dei Francesi ha pensato a far cessare l’antagonismo molto prima che il signor Durando glielo richiedesse. Ma con ciò non intese mai di togliere Roma al Papa per darla alla rivoluzione. Questa sarebbe una nuova e strana maniera di cessare l’antagonismo. Napoleone credeva di poter contentare)a rivoluzione e il Papato lasciando Roma a questo e le Legazioni a quella, e proteggendoli amendue. Ma egli s’inganné a partito, ed ora tocca con mano che non sono possibili gli accordi tra Cristo e Belial. Il Papato non acconsente a nessuna ingiustizia, e la rivoluzione vuoi tutto. Quindi l’antagonismo che regna tra il Papato e la rivoluzione è eterno, come il contrasto tra la luce e le tenebre, il torto e il diritto, la verità e l’errore.
Però il signor Durando travisa la questione, quando parla di antagonismo tra il Papato e l’Italia. Nessun antagonismo regna tra loro, il Papato fu, è e sarà una gloria d’Italia, come l’Italia verrà sempre riguardata quale figlia primogenita della Chiesa.
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Nessun antagonismo li crucia, anzi hanno comuni le loro glorie e i dolori, e per una legge d’inseparabilità, le grandezze e le vittorie del Papato furono sempre grandezze e vittorie italiane come la schiavitù e le persecuzione dei Papi piombarono terribilmente sulla nostra nazione.
E se il signor Durando vorrà guardarsi intorno, si persuaderà facilmente di questo vero, vedendo come l’Italia sia caduta in basso poichè la sua causa venne divisa da quella della Santa Sede. I pericoli de\\’antagonismo che minaccia l’Europa, non nascono dal supposto antagonismo del Papato e dell’Italia, ma da un antagonismo di genere diverso, proclamato testè da Giuseppe Mazzi ni in una lettera agli Italiani, stampata alla macchia in Genova. Mentre il Durando parla di antagonismo tra l’Italia e il Papato, Mazzini discorre di antagonismo tra i repubblicani e i monarchici, e dice: «La palla di moschetto regio, che feriva Giuseppe Garibaldi, ha lacerato l’ultima linea del patto che si era stretto, or son due anni, tra noi repubblicani e la Monarchia».
E Mazzini si sforza di mostrare che v’è un vero antagonismo tra Napoleone III e l’Italia, ed esorta i repubblicani a farlo cessare, ben si sa con qual mezzo! E la lettera di Mazzini può produrre un effetto più pronto e più terribile della circolare del ministro Durando.
PIO IX, IL CLERO FRANCESE
E UN VATICINIO DI GIUSEPPE DE MA1STRE
(Pubblicato il 23 ottobre 1862)
Il 3 di marzo del 1819 Giuseppe De Maistre scriveva da Torino al cavaliere d’Orly le seguenti profetiche parole: «Ecco ciò che è certo, mio caro cavaliere. Lo spirito religioso, che non è del tutto estinto in Francia, farà uno sforzo proporzionato alla compressione che prova, seguendo la natura di tutti i fluidi elastici. Esso solleverà le montagne, e farà miracoli. Il Sovrano Pontefice e il Sacerdozio francese si abbraccieranno, e in questo santo abbraccio soffocheranno le massime gallicane. Allora il Clero francese comincierà una nuova era, e ricostituirà la Francia, e la Francia predicherà la religione all’Europa, e non si sarà visto giammai nulla di simile a questa propaganda. E se l’emancipazione de’ cattolici viene decretata in Inghilterra, ciò che è possibile ed anche probabile, e che la religione cattolica parli in Europa in francese ed in inglese, ricordatevi bene di ciò che vi dico, o carissimo, non v’ha nulla che voi non possiate aspettarvi. E se vi dicessero che nel corso di questo secolo si celebrerà la Messa in S. Pietro di Ginevra, e in Santa Sofia di Costantinopoli, bisognerà soggiungere: Perché no?» (Lettres et opuscules inédites du compte I. De Maistre, Paria, 1853, vol. I, pag. 508).
Ed ecco avveratosi alla lettera il vaticinio del Platone delle Alpi. Il Sovrano Pontefice ed il sacerdozio francese si abbracciarono, e in questo abbraccio soffocarono il gallicanismo. Tutti i Vescovi, tutti i preti della Francia inchinarono a Pio IX, e aderirono alla sua parola. Gli antichi fautori delle libertà gallicane si affrettarono a dichiararsi Romani, e a proclamare i privilegi del supremo Pastore.
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La France del 21 di ottobre, N. 74, pubblica l’indirizzo al Papa di Monsignor Marci, Vescovo di Sura, già noto, dice la France pel suo attaccamento alle libertà gallicane. Il Vescovo di Sura aderisce pienamente a Pio IX e all’indirizzo de’ Vescovi in Roma. Che bello e sublime spettacolo! Che dolce compenso a tre anni di tribolazione?
Vedrete fra breve avverarsi il resto del vaticinio. li Clero francese divenuto romano sarà onnipotente in Europa ed in Francia. Esso ha fermato or ora grossi battaglioni sulle porte medesime di Roma. La Francia predica la religione all’Europa, e lo stesso Proudhon, solo perché francese, difende i diritti del Vicario di Gesù Cristo. Intanto in Inghilterra l’emancipazione de’ cattolici fu compiuta, nelle vie di Londra non si può più imponentemente bestemmiare il Romano Pontefice, ed è necessaria la santa parola dell’Arcivescovo di Westminster per mantenere l’ordine nella capitale della Gran Bretagna.
Che se San Pietro di Ginevra è ancora il tempio dell’eresia, e Santa Sofia di Costantinopoli una moschea maomettana, non di meno sulle antiche fortifica zioni ginevrine, sui propugnacoli della Roma protestante più sorge maestoso il tempio della Vergine Immacolata, e le popolazioni soggette al Gran Turco già corrono a migliaia nel seno della Chiesa Cattolica. E il secolo decimonono ha passato di poco la sua metà.
Grandi e consolantissimi avvenimenti si preparano per l’avvenire, e li aiuta e promuove la rivoluzione co’ suoi assalii e colle sue battaglie. Essa fa risplendere Pio IX di un’insolita luce, fa comparire l’ineffabile potenza del cattolicismo; ne mostra l’unità, la bellezza, la forza; chiama i popoli e i governi a contemplare la Chiesa, a conoscerla, a studiarla, e conoscerla ed amarla è lo stesso, perché fin da’ suoi tempi Tertulliano dicea della religione cattolica: Hoc unum gestii, ne ignorata damnetur.
LA PETIZIONE DEI PASSAGLIANI
A PAPA PIO IX
(Pubblicato il 18 novembre 1862).
Noi abbiamo già dimostrato con mille documenti, che la Petizione de’ sacerdoti italiani a Sua Santità Pio IX promossa da D. Passaglia è una solenne impostura. Ma siccome di corto ne fu fatta una ristampa e certi giornali italiani e forestieri stimarono di doverne discorrere, così non sarà inutile ritornare sull’argomento, e ad onore del Clero italiano, ed a confusione dei pochi tristi che cercano d’infamarlo, dimostrare che la detta petizione non ha altro valore eccetto quello di provare quanto sieno spudorati ingannatori i nemici del Vicario di Gesù Cristo.
La petizione dapprima spacciavasi sottoscritta da dodicimila del Clero secolare e regolare d’Italia. 1 dodicimila si ridussero poi a diecimila. Il Passaglia venne fuori e disse che i sottoscritti erano nove e più migliaia di sacerdoti; ma la stessa petizione stampata non li fa ascendere che a 8943. Ognuno crede a prima vista che i frati sovrabbondino; invece Bono una minima frazione e riduconsi appena a 767.
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Perché co’ frati era pili difficile falsificar nomi e inventare firme, dovendosi almeno specificare l’ordine religioso a cui appartengono, ciò che da in mano il bandolo per iscoprir l’impostura. Per converso trattandosi di preti si gettano lì nomi a catafascio, e vatti a cerca se sussistono, o sono inventati di pianta!
Se D. Passaglia fosse colla coscienza nella, ci avrebbe dalo l’elenco de’ suoi preti in modo regolare, apponendo a tutti il nome, cognome, titolo e, ciò che più monta, il luogo dove trovasi il sacerdote sottoscritto, affinchè ciascuno potesse verificare a sua voglia, se realmente sottoscrisse. Invece nelle sottoscrizioni non trovi quasi mai il paese, e trovarvelo qualche volta accennato, prova che si poteva, ma non si volle accennare, appunto perché temevasi di somministrare il mezzo per iscoprire la falsità. E fra tanti preti, che noi abbiamo in Torino, vorremmo un po’ che 1). Passaglia ci dicesse quali hanno sottoscritto alla sua petizione. Né potrebbero temer nulla sottoscrivendo, giacché veggono D. Passaglia, in premio della guerra che muove al Papa, creato cavaliere e professore con uno stipendio di sei e più mila lire all’anno.
Or quali sono i sottoscritti alla petizione di D. Passaglia? Noi qui vogliamo recare una serie di firme, accennando la pagina dove si leggono, giacché altrimenti non parrebbero credibili! A pagina 28 è sottoscritto Colonna D. A… Come si fa a verificare se questo Colonna D. A… esista ed abbia sottoscritto? D. Passaglia non potea mettere Capitello C. B… e Piedistallo S. T… ? A pag. 36 trovi Benoldi D… canonico. A pag. 41 Gissi D… A pag. 55 Lillà D… tesoriere. A pag. 60 e 61 G… P. Tommaso… Cappuccino; e P. Angelo Cappuccino. A pag. 63 Gelsa D… A pag. 60 M… P. Tommaso, Carni. Rif. A pag. 149 Lorenzo D… A pag. 76 P. Giovanni, Oss. Guardiano, i puntini sovrabbondano ad ogni pagina. Perché ciò? Non servono essi a coprire un inganno? E che valore hanno le sottoscrizioni accompagnate dai puntini?
Un cotale, le cui iniziali corrispondevano colla sottoscrizione segnata a pagina 60, scrisse a D. Passaglia: «In nome della legge vi domando vogliate dichiarare chi sia quel S P. Tommaso Cappuccino firmato sotto l’ipocrita e
sacrilego vostro indirizzo, avendo diritto che niuno possa sospettare essere caduto io in simile infamia. Vel dimando anzi anche per tutti i miei confratelli portanti il medesimo nome, appartenenti alle quattro Legazioni che formano per noi la provincia di Bologna, nella quale sebbene conti quattrocento individui, ve ne furono sì, e ve ne sono tuttora detenuti nelle pubbliche carceri; ve ne furono e sono tuttora sotto processo; siamo tutti invisi alla rivoluzione, odiali dai rivoluzionari; ma viva Dio! voi non potete vantarne un solo che sia di-Ile vostre file. Figli del Serafico d’Assisi, abbiamo con lui giurata obbedienti al Papa ed all’Episcopato cattolico, e con lui approviamo lutto ch’essi approvano, condanniamo tutto ch’essi condannano, e veneriamo la suprema Maestà del Pontefice, cui siamo unili col triplice vincolo di cattolici, di figli di S. Francesco, di sudditi non mai infedeli».
Ebbene credete voi che il Passaglia risponda direttamente a questa lettera, e indichi chi sia e dove stia il suo S P. Tommaso Cappuccino? No davvero!
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Egli vien fuori con sciocche scappatoie, e dice a pag. 129: «Mentite, o frati; perché voi siete sudditi di Re Vittorio, e vi fate vanto di essergli infedeli! mentite, o frati!». E chiama que’ frati imbastarditi, insensati, pappagalli, mentitori, sicché dopo mezza pagina d’improperii non si può avere dal Passaglia una parola di schiarimento sul suo S P. Tommaso Cappuccino. Dite lo stesso di cento altri che trovaronsi nel medesimo caso, mossero la stessa domanda, e ne conseguirono eguale risposta.
Ma v’è di più. Tra i preti sottoscritti alla Petizione di novemila sacerdoti italiani a S. S. Pio Papa IX per pregarlo a rinunziare al potere temporale, trovate a pag. 75 questa e niente di più; a pag. 103 quest’altra, e non un nome, a pag. 109 il prete e tutto è qui, a pag. 113 egualmente e basta; a pag. 121 P. Giuseppe Cappuccino, e a png. 142 quest’altra bellissima sottoscrizione. E v’ha una nota che spiega come questi puntini significano sette sacerdoti! Pare incredibile, non è vero? Eppure la Petizione pubblicata dal Passaglia è lì per dimostrare che noi scriviamo la verità. E perché scriviamo la verità ogni asserzione nostra è appoggiata alla precisa citazione della pagina della Petizione.
Rechiamo qualche altro saggio della lealtà del Passaglia. A pag. 151 sottoscrive la sua Petizione Aprosio D. F… A pag. 156 P. Emanuele Carmelitano, nella stessa pagina un sacerdote è sottoscritto… e nient’altro, a pag. 157 leggete P. Gioacchino Riformato; a pag. 158 trovate… P. Luigi Cappuccino, Vicario, a pag. 159… P. Luigi Vicario Cappuccino: proprio così! Prima supplica il Papa P. Luigi, Cappuccino Vicario, e poi… P. Luigi Vicario Cappuccino! è possibile prendersi gabbo in questo modo dei le«tori, e spingere a tal punto l’impostura?
Andiamo avanti. A pag. 159 supplica il Papa Materasso D… a pag. 160 Milazzo D… a pag. 161 Penna D; a pag. 170 F. D. F… di Mantova; a pag. 95 Santo D… a pag. 89 Broggi D; a pag. 82 Stecchini D. G… a pag. 71 Biafe D… a pag. 67 Perucci D… a pag. 63 Catalduni D… a pag. 49 Agostinelli D… a pag. 47 Tiraboschi L… e cento altre firme di questo genere. Ora noi domandiamo quale peso abbiano cosiflatte sottoscrizioni presso gli equi estimatori dei documenti? D. Passaglia non poteva di questa guisa moltiplicare all’infinito le sue firme?
E notate che quando n’ebbe alle mani di vere schivò le reticenze, ed abbondò nei titoli. Così a pag. 88 leggete: Bravi cav. D. Giuseppe professore e prev. emerito, deputato at Parlamento; a pag. 151 Arietta ab. Francesco della Regia cappella Patatina; a pag. 162 Ricciardi D. Giorgio Padre cappellano e perpetuo amministratore della Congregazione di Gesù e Maria, visitatore di giustizia, suddelegato della Regia Monarchia, ecc. ; a pag. 48 Volpe D. Angelo dottore in teologia e in legge, e professore liceale: e a pag. 27 Boccardi D. Cesare, professore di filosofia, direttore delle scuole tecniche. Se gli altri nomi fossero veri, D. Passaglia avrebbe ricorso ai puntini?
Voglionsi ancora avvertire due cose riguardo a’ sacerdoti che realmente sottoscrissero alla petizione del Passaglia. Molti lo fecero per ignoranza, ingannati dalla formola subdola del documentò; ma scoperto l’inganno, Si ritrattarono. Pensate voi che il Passaglia pubblicasse una sola di queste ritrattazioni? Egli continuò a stampare i nomi come se nulla fosse.
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A pag. 98 parla di un cotale che gli scrisse di sospendere la stampa della sua firma, ma egli la lascia dove si trova, e gli risponde: «Ci duole proprio, reverendo; ma non siamo più in tempo». Ma non eravate in tempo almeno nella ristampa, se non fosse della vostra malafede?
Inoltre tra i sottoscritti ve ne hanno parecchi che recano in trionfo la propria insobordinazione. A cagione d’esempio, uno dice a pag. 163: «Sono abituato alle persecuzioni dell’Ordinario fin dal 1859, imperocchè d’allora esso conobbe quale fosse la mia politica e mi lasciò diacono perpetuo». E un altro a pag. 153 soggiunge: io sono sacerdote sospeso a divinis fin dal 4 novembre 1860». Di questi sacerdoti ve ne hanno a iosa nella petizione Passagliana; e lo stesso Passaglia che è sospeso a divinis e veste da laico, a pag. 34 non teme di avvertirci che i preti, i quali sottoscrivono nelle sue liste si mettono in guerra col loro Vescovo.
Quindi non un Vescovo trovate nell’elenco del Passaglia, anzi tutti i Vescovi concordemente insegnarono l’opposto di ciò che chiedono i passagliani. Ma prima il Papa, e poi i Vescovi non sono giudici e maestri in Israello? L’ha confessato lo stesso D. Passaglia nel Mediatore del 25 di ottobre. Eccone le parole:
«Confessiamo con Tertulliano nello Scorpiaco, che i Vescovi successori degli Apostoli sono la scuola stessa di Cristo, avendoli il signore adottati pei suoi discepoli, i quali egli in ogni cosa erudire, e ordinatili maestri per noi, da doverci ogni cosa insegnare». Confessiamo con Agostino nel terzo libro contro l’eretico Giuliano di Eclana, che i Vescovi sono «figliuoli della Chiesa cattolica «nell’apprendere e padri nell’insegnare». Confessiamo con Prospero nel libro contro Cassiano, che i medesimi sono «principi della Chiesa e ministri legittimi f dei giudizi del Signore». E facendo nostri gli aurei detti del diacono cartaginese Ferrando allo Scolastico Severo protestiamo: «che parlino e predichino coloro, ai quali l’onore del sacerdozio l’autorità conferisce dell’insegnare; quanto a noi siamo pronti a imparare, né d’insegnare altrui presumiamo. Interroga dunque, se brami udire alcuna cosa di vero; e principalmente l’Antistite della sede apostolica, la sana dottrina, del quale consta del giudizio della verità, ed è assodata dal rinforzo dell’autorità. Interroga nei varii luoghi della terra i Pontefici».
Dunque ex ore tuo le iudico serve nequam. Prete sciagurato!
La petizione di D. Passaglia se provasse qualche cosa, proverebbe che vi sono su centoventimila, tra preti e frati italiani, quasi novemila dimentichi del loro dovere, ciò che non formerebbe ancora la proporzione di uno su dodici che veggiamo nel collegio apostolico. Ma siamo lieti di poter dire, a gloria del Clero italiano, che la cifra dei novemila è una solenne impostura. Imperocchè da questa somma si debbono sottrarre: 1° I nomi falsificati e sono centinaia e centinaia; 2° I nomi inventati che non furono portati mai da nessun prete o frate; 3° I nomi ripetuti t’ho figurano parecchie volte nelle medesime liste, e lo stesso Passaglia l’ammette; 4° Le firme che non dicono nulla, perché espresse in semplici puntini: 5° 1 nomi de’ morti da varii anni, e questi sono in numero considerevole; 6° I nomi di coloro che ritrattarono la propria firma, e sono moltissimi;
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7° I nomi dei semplici chierici, spacciali come sacerdoti; 8° 1 nomi di preti impiegali dal governo rivoluzionario che sottoscrissero per conservare l’impiego; 9° I nomi di coloro che sottoscrissero col coltello alla gola, e ciò avvenne spesso in Napoli e in Sicilia; 10° E finalmente i nomi di coloro che si ribellarono ai proprii Vescovi, che non dicono messa, e che non possono ornai considerarsi come preti, perché ne abbandonarono l’abito. I)i questa guisa, se dai preti passagliani sottraete gli indisciplinati e i sospesi, bisogna togliere dalla petizione passagliana perfino il nome di D. Passaglia.
CARATTERE DI PIO IX
DESCRITTO DA S. E. FARINI
(Pubblicato il 27 dicembre 1862).
Il nuovo nostro collaboratore Carlo Luigi Ferini, presidente del ministero del regno d’Italia, ci avverte che nel secondo volume del suo Stato Romano, pag. 57 e seguenti, ha descritto il carattere di Pio IX. Fregiamo le nostre colonne di questa descrizione, sopprimendone qua e là qualche frase che si risente de’ giorni, in cui Farini scriveva nella Giovine Italia, e ritenendo solamente le più preziose confessioni. Parli adunque il nuovo collaboratore dell’Armonia.
«Avevamo già augurata la scomunica sul capo agli Austriaci a proposito dell’occupazione di Ferrara nel luglio del 1847, e il Papa ci avea colli sul fatto del nostro zelo, proclamando a’ dieci marzo che dugento milioni di cattolici sarebbero venuti a difendere la casa del Padre comune, se fosse assalita; e si è poi visto che ed il Papa e i cattolici hanno tenuto parolai (Bene).
«Male conoscevano Roma coloro i quali pensavano che, dimesse le sue lente e caute abitudini, volesse capitanare questo secolo avventuriere. Male conoscevano Pio IX quelli che credevano consentisse alle dottrine, onde i popoli inebriati dal titolo di Sovrani scapestrano sovranamente (Bravo, eccellentissimo nostro collaboratore; bravo! Benissimo detto!
«Pio IX erasi posto a riformare lo Stato, non tanto perché coscienza di onest’uomo e di religiosissimo Principe glielo comandasse, quanto perché l’alto sentire della dignità di Pontefice gli consigliava di usare la potestà temporale a vantaggio dell’autorità spirituale» Bene! Fu appunto per questo che la Provvidenza destinava un regno temporale al Vicario di Gesù Cristo. Avanti, signor Farini).
«Uomo mansueto e benigno Principe, Pio IX riferiva tulio a Dio; egli credeva dover gelosamente custodire la sovranità temporale della Chiesa, perché la reputava indispensabile alla custodia, all’apostolato della fede… Nemico d’ogni vizio e d’ogni vizioso, salendo al trono, egli avea voluto fare quelle riforme che la giustizia, la pubblica opinione, i tempi addimandavano. Le prime prove gli andarono a seconda tanto che niun Pontefice fu lodato mai…
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Ma a breve andare commossa l’Europa per universale rivoluzione, fu in suo concetto guasta l’opera ch’egli avea incominciata: stette sopra se e trepidò. (Ottimamente!)
«Pio IX è di coscienza molto timorata. Ei si compiace del religioso favellare e del devoto ossequio a sua persona dell’invialo della nascente repubblica (francese). Si conturba alla notizia delle violenze patite dai Gesuiti n Napoli, e minacciale nel suo Stato. È tenero della dinastia di Savoia, illustre per santi nomini, e di Carlo Alberto piissimo. Esulta allorché impara che Venezia e Milano hanno emancipato i Vescovi dalla censura e soggezione del governo nella corrispondenza con Roma. Pareva che Dio si servisse della rivoluzione per liberar la Chiesa dalle molestie delle leggi giuseppine, che Pio IX ricordava sempre con orrore, e le teneva una maledizione pesante sull’imperio. (Ditelo, eccelentissimo nostro collaboratore, ditelo al guardasigilli Pisanclli, che ristabilisce ed estende il regio placito per impossessarsi dei beni della Chiesa}.
«Dove Pio IX non presentiva o sospettava offesa alla religione, ivi era concorde coi novatori, ma ogni cosa che attentasse o accennasse attentare a quella, od importasse dispregio a discipline, a persone religiose, gli turbava l’anima eia mente. Egli avea vagheggiata l’idea di contentare i popoli di temperata libertà, amicarli coi Principi: popoli e Principi amicare al Papato; un Papato moderatore della lega degli Stati Italiani; pace interna, concordia, prosperità civile, splendore di religione. Gli eventi andavano rompendo questo disegno ogni giorno pili. Allorché in nome della libertà e dell’Italia, per fatto di novatori, s’insultassero sacerdoti, si commettessero eccessi, si scrivessero empietà, si assalisse il Papato o la gerarchia ecclesiastica, Pio IX lamentavasi allora dell’ingratitudine degli uomini e profetava sciagure».
Fin qui il nostro collaboratore Farini. Le sciagure piombarono terribili, e pesano tuttavia sull’Italia. Or perché questa, ammaestrata da una dolorosa esperienza non abbracierà il magnifico disegno di Pio IX, bellamente esposto dallo stesso Farini? Contentare i popoli di temperata libertà, amicarli coi Principi; popoli e Principi amicare al Papato, un Papato moderatore della lega degli Stati italiani; pace interna, concordia, prosperità civile, splender di religione, non vi pare, o signor Presidente dei ministri del regno d’Italia, non vi par egli un bel programma, un vero progresso, un larghissimo guadagno? Ora Pio IX è sempre lo stesso, sempre egli vuole contentare i popoli di temperata libertà, e ottenere all’Italia pace interna, concordia, prosperità civile. Ma i nemici d’ogni bene, i nemici degli uomini e di Dio si oppongono oggidì ai disegni di Pio IX, come li mandarono a monte ne’ primi giorni del suo glorioso Pontificato.
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