Storia del Monastero San Vincenzo al Volturno
Sulle prime vicende storiche del monastero di S. Vincenzo al Volturno getta luce il Chronicon Vulturnense, un codice miniato redatto in scrittura beneventana intorno al 1130 dal monaco Giovanni.
Quest’ultimo, per la redazione del testo, aveva attinto a fonti di VIII secolo e di fine X-inizi XI, ma frequentemente aveva manomesso qualche dato storico con il malcelato proposito di enfatizzare la gloria del monastero. Il monaco Giovanni scrisse la cronaca per riordinare le memorie dell’antico cenobio benedettino in un momento particolare, durante il quale il patrimonio monastico era minacciato dalla presenza dei Normanni nel Centro-Italia.
Ad oggi il Chronicon Vulturnense, conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana, costituisce una preziosissima miniera di informazioni per lo studio diacronico del monastero di San Vincenzo al Volturno.
Stando al Chronicon, il monastero fu fondato da tre nobili beneventani, Paldo, Taso e Tato, i quali, desiderosi di condurre vita ascetica, si erano recati all’Abbazia di Farfa. Qui l’abate Tommaso di Morienne aveva suggerito loro di fondare un cenobio lungo le rive del Volturno laddove già esisteva un oratorio dedicato a San Vincenzo, fondato nientedimeno che dall’Imperatore Costantino. La provenienza beneventana dei tre nobili lascia supporre che la fondazione del cenobio sia stata patrocinata dal duca Longobardo di Benevento, Gisulfo II che aveva avviato un processo di espansione territoriale del proprio ducato. L’aristocrazia longobarda, infatti, completamente cristianizzata, cercava di alimentare il proprio prestigio proprio sostenendo la nascita di nuovi luoghi di culto; non è un caso che tra la fine del VII e la metà dell’VIII secolo, nascano o rinascano numerosi monasteri, tra i quali spiccano per importanza Farfa (Ri), Nonantola (Mo), Santa Giulia (Bs) e Montecassino.
L’area su cui fu edificato il cenobio di San Vincenzo era stata precedentemente interessata da un insediamento tardo-romano che fu caratterizzato, a ridosso tra il V e il VI secolo, dalla realizzazione di una chiesa affiancata da un’area funeraria sviluppatasi tra le strutture in disuso dell’insediamento stesso.
L’arrivo dei Franchi in Italia nel 774 pose il monastero in una posizione geopolitica particolare, venendosi a trovare in un’area di confine tra la realtà franca del Nord Italia e quella longobarda nel Sud. Nel 774, l’abbaziato di Ambrogio Autperto, di indiscussa origine franca, ci dimostra che il cenobio risentiva in quel periodo di una forte influenza transalpina. A rafforzare questa convinzione un avvenimento datato al 782: l’abate Longobardo Potone viene deposto, reo di aver abbandonato il coro quando si cantavano le lodi a Carlo Magno. Solamente giurando fedeltà perpetua al re franco, Potone poté riappropriarsi del proprio incarico. Il 27 Marzo 787 Carlo Magno concede particolari privilegi al monastero equiparandolo per importanza alle più note abbazie europee: esenzione fiscale e giurisdizionale, autorizzazione per la comunità ad eleggere liberamente il proprio abate.
Durante il IX secolo il monastero raggiunge la sua massima espansione: gli abati Giosué, Talarico ed Epifanio trasformano il cenobio in una vera e propria città monastica avviando imponenti progetti di costruzione. Nel secondo quarto del secolo il monastero ospitava circa 350 monaci, contava ben dieci chiese e possedeva terre in gran parte dell’Italia centro-meridionale.
Nella seconda metà del IX secolo almeno tre eventi fortemente destabilizzanti frenarono per poi arrestare definitivamente, l’ascesa del monastero. Nell’848 un terremoto danneggia gravemente alcuni edifici dell’abbazia. Nell’860 questa è minacciata dall’emiro di Bari, Sawdan, che recede dal proposito di saccheggiarla dietro consegna di un tributo di 3000 monete d’oro. Ma nell’881 un nuovo gruppo di Arabi, al servizio del duca-vescovo di Napoli Atanasio II, attacca il complesso monastico saccheggiandolo e mettendolo a fuoco brutalmente.
Il terzo libro del Chronicon, dedicato al racconto di questo saccheggio, rivela che le sorti della battaglia si risolsero in favore degli Arabi dopo che i servi dei monaci, sperando di guadagnarsi la libertà, passarono dalla parte degli assalitori.
Alla fine del saccheggio, alcuni monaci superstiti riuscirono a fuggire a Capua, altri vennero portati via prigionieri dagli assalitori. Alcuni dei monaci rifugiatisi a Capua, dopo 33 anni dal triste evento, tornarono alle rive del Volturno per tentare di ricostruire il cenobio. Tale ricostruzione si concretizza alla fine del X secolo, sostenuta, anche politicamente ed economicamente, dagli imperatori tedeschi Ottone II e Ottone III.
Nell’Alta Valle del Volturno i monaci cercarono di costituire una vera e propria signoria territoriale, iniziando ad esercitare di fatto la giurisdizione vescovile e cercando di avocare a sé la gestione della giustizia e dell’esazione fiscale.
Alla fine dell’XI secolo i monaci, preoccupati dall’insorgere dei Normanni sulla scena politica meridionale, trasferirono la comunità cenobitica lungo la riva destra del Volturno, in una posizione più sicura e fortificabile; la nuova chiesa è consacrata dal papa Pasquale II nel 1115. A questo periodo risale la stesura del Chronicon.
Da questo momento in avanti il prestigioso monastero si avvia ad una parabola discendente. I Normanni conquistano l’Abruzzo nel XII secolo, determinando una serrata concorrenza da parte delle nuove consorterie signorili che provocano lo sfaldamento progressivo delle terre monastiche nel corso dei secoli XIII-XV. La comunità in questo periodo è retta da un abate prevalentemente non residente ed è sensibilmente ridotta per numero.
Dal XV secolo inoltrato l’abbazia viene data in commenda.
Al 1699 risale il passaggio del cenobio sotto la giurisdizione dell’Abbazia di Montecassino che ne sancisce la definitiva perdita di indipendenza.
In tempi recenti il monastero ha subito pesanti danni, conseguenti i bombardamenti della II Guerra Mondiale. Una ricostruzione è stata portata avanti dal monaco cassinese Angelo Pantoni, a seguito della quale, nel 1989 il monastero è tornato ad ospitare una comunità benedettina di suore provenienti dal monastero di Regina Laudis nel Connecticut (USA).
Alessandro Luciano
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