STORIA DI FERDINANDO II RE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE DAL 1830 AL 1850 (XI)
Dovremmo smettere di definire certi storici “borbonici” e chiamarli semplicemente “preunitari” o “napolitani” nel nostro caso. Non si capisce per quale motivo il Colletta che non scrive certo un trattato di obiettività scientifica sia considerato uno storico e i napolitani che scrissero al tempo di Ferdinando II siano considerati dei lacchè di regime.
Gli esuli pagati profumatamente in quel di Torino dal conte di Cavour per scrivere le loro ricostruzioni storiche antiborboniche che cos’erano? I depositari della verità rivelata?
Buona lettura e soffermatevi sul profluvio veramente impressionante di innovazioni normative operate dal Re Ferdinando II.
CAPITOLO X.
BELLE ARTI, LETTERATURA, E SCIENZE.
Sommario
Le belle arti, le amene lettere, e le scienze tenute in singolar conto e protezione dal Re. Architettura. Scultura. Pittura. Musica. Utili disposizioni per le belle arti. Prezioso ricordo di chiari uomini. Progresso letterario e scientifico. La lingua italiana. Poesia. Storia. Pregi della Scuola Filosofica Napoletana; il Galluppi principale suo fondamento. Matematiche. La Fisica pel retto tramite da sommi uomini additati progredisce. Chimica. Astronomia. Storia Naturale. Botanica. Zoologia. Mineralogia. Geologia. Scienze Medico-Chirurgiche. Materie Legali. Economia Pubblica. Stadi! Archeologici. Istituzioni, e Disposizioni varie pel progresso delle scienze e delle lettere. Il Congresso de gli Scienziati Italiani nel Settembre del 1848.
Dilunghereimi assaissimo dal mio proposito ove dl’ scorrer volessi a minuto il progresso che han fatto le scienze, le belle arti, e le amene lettere sotto alla protezione del secondo Ferdinando, il quale emulando a Federico, a Roberto e ad Alfonso in onorevol via le ha spinte; perlocché mi accontenterò di rimanermi brevemente sui generali, e di spigolare, anziché mietere, nel campo vastissimo di che si parla, il quale sarebbe opportuno ad empiere moltissimi volami. In verità non v’è stata branca scientifica letteraria o artistica che non abbia sperimentato i favori del Re, fra quali primo e principale stimar si debbe quello di aver saputo conservare il Reame in pace interna ed esterna; poiché le gentili Muse sotto l’ombra della pace prosperano fruttano e progrediscono, mentre spaurite o indegnate rifuggono quando, cigolando sui loro cardini, disserransi le porte dell’orribil tempio di Giano.
Le belle arti, alle quali questa diletta terra fu antica culla, e che ancora, direi, palpitano sotto le ceneri che ricuoprono venerande città, richiamarono per ferma
Veramente ammirabili sono le opere dei nostri pittori, degni allievi di una scuola presso coi antichissima, la quale risorta per opera del rinomatissimo Giotto, chiamato da re Roberto, per ornare di sue pitture vari edilizi, venne poscia a straordinaria eccellenza pei lavori portentosi dello Zingaro, la quale però decaduta in varie epoche, rinverdì per la valentia prima di Andrea Sabbatino, discepolo dell’Urbinate, poi di Fabbrizio Santafede, soprannomato il Raffaello Napolitano, di Giuseppe Cesari, e tacendo di altri, d’Ippolito Borghesi, inseguito dello Spagnoletto, di Luca Giordano, di Aniello Falcone, e del celebratissimo Salvator Rosa. E veramente ci gode l’animo nel vedere come i pennelli dei nostri tempi, togliendo a guida lo studio degli antichi maestri, e schivando le imitazioni bizzarre manierate e capricciose, peste della pittura, al presente conducano le loro opere cosi maestrevolmente,
che in esse ammiri modi severi e castigati di disegno, leggiadria e soavità di colorito, ed espressioni belle, non disgiunte dal vero di quella natura, dalla quale il dipartirsi sarebbe stoltezza.
Cosa dir mi debbo del progresso della Musica? dì quest’arte divina per la quale i Napolitani si ebbero il primato in Europa, e questo nostro paese fu fonte inesausta di rare melodie, e culla di celebratissimi Maestri.Dirò solamente, che se le passate età si pregiano di un Alessandro Scarlatti, fondatore della odierna musica, per aver riformato la parte strumentale, e fornito la melodia di novelle grazie, ed espressione; di un Niccola Porpora, al quale si devono i progressi del canto, e molte opere teatrali; di un Leonardo Leo che spinse la nostra scuola al primato in Europa; di un Durante, che rese più agevole lo studio del contrappunto, e i paramenti; di un Domenico Sarri, che fu il primo a vestire di musicali concenti i drammi del cesareo poeta; di un Lionardo Vinci stimato il padre del teatro musicale, per aver fatto trionfare la melodia su gli strumentali accordi che fino allora ne soffocava i modi; di un Pergolesi, che fu il Randello della sebezia musica; di un Jommelli, celebrato particolarmente nei grandi componimenti sacri; di un Cimmarosa, fecondo compositore di innumerevoli opere sparse di soavi melodie e di vivaci e facili pensieri; di un Paisicllo, scrittore originale di argomenti giocosi; di un Niccolò Zingarelli, classico compositore di musiche sacre; l’età di Ferdinando va conta pel Cigno di Catania, soavissimo labbro di musica italiana, e per moltissimi altri dei quali non cennerò perché viventi.
È per noi grato il ricordare, che le musicali opere vengono cotidianamente in luce con faciltà e maestria senza pari, e che la nostra scuola è il vivajo dal quale escono i più celebrati maestri, che van diffondendo per tutta Europa il gusto e i modi della vera Musica, dico della musica che si propone di muovere i cuori, non già di as
questa sì parte da empirico meccanismo, ed è simile ai fischi che producono i venti fra le fessure delle porte, e l’elci cave.
I quali progressi delle Belle arti si debbono al certo al benefico patrocinio che il nostro Monarca, seguendo le orme dei suoi Augusti Maggiori, le ha espressamente dichiarato. Favoriva grandemente il Reale Istituto di Belle Arti, nel quale il giovane ritrova in ogni giorno studii gratuiti ed opportuni di disegno, di pittura, di scultura, di architettura, d’ incisione e di altre cose somiglianti; ed ogni maniera d’incuoramenti, e premii in danaio che mensilmente per concorso si distribuiscono. Dava molte agevolazioni ai giovani che in ogni sei anni si mandano al Pensionato in Roma e stabiliva nel 1842, che il corso degli studii di perfezionamento pei novelli pensionarli napolitani di belle arti in Roma si prolungasse da quattro a sei anni. Aggiungeva alla R. Accademia una novella scuola d’intaglio ed incisione in legno ed in acciajo.
Particolar cura volgeva sul Collegio di Musica, nel quale gli Alunni, per lo più a piazze gratuite, ed anche quelli esterni, hanno ogni maniera di agio, e di incoraggiamenti, e di facilitazioni per darsi allo studio della Musica, fra le quali non lieve è quella di potere rifrustare il celebrato Archivio, ricco di componimenti, ed anche di rari originali. Decretava la divisione dello studio di disegno e d’incisione nel 1’Accademia Carolina di Messina in due scuole separate. Emanava utili disposizioni intorno alla conservazione degli oggetti o dei monumenti di antichità e di belle arti. Infine a stimolo ed incuoramento ordinava la esposizione periodica delle belle arti già dall’Augusto I nel 1825 con sapiente consiglio instituita; premiava in vario modo le opere stimate degne da una Commissione, delle quali non poche acquistava, e molte altre commettea.
Ora mi fo a toccare brevemente delle amene lettere, e dulie scienze, le quali Ferdinando ha in tutt’i modi e tempi caldeggiato e promosso: fortunata disposizione della Provvidenza d’infondere nel petto dei nostri Principi tanto amore per tanto obbietto in questa classica terra, in cui, mentre giacevamo immersi ed avviliti in forastiera servitù, sorgevano Domenico Aulisio, Gaetano Argento, Giovan Vincenzo Gravina, Niccolò Capasso, ed oltre a molti altri, Giovan Battista Vico: fortissima generazione d’intelletti, che brillarono nel sociale orizzonte come sprazzi luminosi fra tenebrosa caligine che noi come inesausto fonte in cui attinger si devono sublimi precetti ritenghiamo, e come lumi chiarissimi o decoro nostro a tutte l’età additiamo!
E per cennare alcuna cosa particolare intorno all’argomento letterario e scientifico nel periodo isterico del quale si tien verbo, dirò, che primamente la italica lingua si è coltivata con amore, fervore, e profitto su quei Classici nei quali veramente invenir si puote quanto è degno d’ imitazione vuoi pel modo dello stile, vuoi per la parità della lingua, sì che oggimai il napolitano pensiero, di opportuna veste ornato, si rende più gradevole o solenne. Troppo gretta ora a tal proposito la nostra condizione nelle passate età, in cui la gioventù, affondata sino ai capelli nello studio del latino, e guidata da maestri, che di sole lettere latine intendenti, e amanti la leggiadria e la prestanza della italica favella poco o nulla conoscevano, avea nessuno o scarso sentore delle italiane lettere. Perlocché mancando la opportuna istruzione, né valevole la mente a scerner loro dall’orpello, la lingua era imbastardita, inselvatichita, ed inondata eziandio delle lordure dei gallicismi, che per vezzo, servilità, o altre cagioni prevalsero, segnatameute nei tempi in cui
Grandi obblighi la rinata lingua deve a Basilio Paoli, che, accensamente in tale bisogna procedendo, seppe dare alla studiosa gioventù opportuni erudimenti, divulgare la conoscenza dei buoni Autori, che ricordano il secol d’oro della italica favella, ed eccitare nell’animo di tutti il desiderio di appararne il leggiadro e laudevole dettame. La gioventù bebbe ardentemente nel Puotiano fonte, ed ora è grato di pascer la mente su prose gradevoli, e con ogni maniera di bel magistero condotte.
Se non che, il gusto che si nutrì per la lingua italiana, non disperse né oscurò quello delle altre lingue viventi e morte, ma ne accrebbe moltissimo l’amore e la coltura. Nel che la presente età procedeva più giusta della passata, la quale troppo o esclusivamente corriva agli antichi dettami, mettea dall’un dei lati gli altri, e quel che fa meraviglia, eziandio il patrio; mentre la nostra età non disdegnando, anzi facendo buon viso ad ogni altra favella, innalzava al precipuo posto la italiana.
La qual conoscenza delle lingue è stata ubertoso fonte di progresso intellettuale, poiché moltissime opere moderne ed antiche si voltavano nel nostro idioma, e con esso gli altrui pensamenti in noi si transustanziavano. Chiara fama merita Pasquale celebre filosofo, avvocato, e letterato negli studii delle lingue, perché egli fu insigne poliglotta, somministrò al celebratissimo Vocabolario Universale Italiano la parte etimologica; e i suoi Principii della Scienza Etimologica mostrano in lui originalità e novità, poiché egli sollevò una scienza così incerta ad un grado di precisione e di esattezza; e bene in questo aringo si addentrò un altro celebratissimo Uomo col suo saggio degli studii etimologici.
Né solamente lo scrivere in prosa venne in fiore, ma benanche quello io versi. In verità la poesia nel periodo
sì che v’ha diverse maniere di componimenti degni di nota o per gentilezza venustà ed eleganza, o per gagliardia e solennità. Varii scrittori tuttavia viventi han di loro grandiosa traccia nel poetico campo, e si mostran degni di vivere fra la cuna del gran Torquato, la tomba di Sannazzaro, e quella di Virgilio, nella quale il Cantor di Laura temprò sua passionata lira, e l’altissimo Alighieri tolse il suo Maestro e Duca.
Vide anche la nostra età non pochi e commendevoli componimenti teatrali sì in prosa che in verso, ai quali ultimi era di sprone la rara facondia ed eccellenza dei Compositori di opere musicali che appo noi fiorirono. Duolmi, che la natura di questo mio lavoro punto non mi consente di accennare i varii frutti delle napolitane menti intorno all’argomento in esame.
La storia fu eziandio coltivata, ma non come semplice cronaca o racconto macchinale di fatti, ma sì come campo di considerazioni, di giudizii, di ragionamenti, che ligano i fatti, li rannodano, li organizzano, e li compenetrano di quella, dirò così, mirabil vita che tanto la rende sublime fra le scienze, e fra gli uomini utile. Eccellenti storici di cose mediche, legali, chiesastiche, letterarie, e di altri rami dello scibile nel nostro periodo sursero, i quali, alcun particolare argomento o tutta la vastità di un ramo scientifico trattando, si sono mostrati veramente degni nepoti di Costanze, di Porzio, di Ammirato, di Signorelli e di altri.
Il paese in cui rifulsero Telesio, Campanella, Bruno, Genovesi, e Vico non potea mancare di progressi filosofici in un tempo in cui tutto arridea allo svolgimento intellettuale; che anzi in mirabile incremento vennero, ed una filosofia caratteristica e singolare fu inaugurata.
Nel varcato secolo una filosofica scuola era sarta nella Gran Brettagna, in Francia ed in Germania, la quale, te
I dati, i principi, ed il metodo psicologici doveano separare la filosofia del Galluppi da quella di Kant, che è tutta ideale, e sospingere altrove la filosofia, e dare un altro indirizzo al corso dello conoscenze. La Galluppiana filosofia dovea scostarsi dai sistemi ontologici; poiché vole
e della parte intellettiva; e perciò stesso ella si diparte dalla filosofia di Alemagna, del Rosmini, e del Gioberti; ne può conciliarsi colla teologia naturale, la quale fu dall’autore messa come in appendice al suo sistema. Il napolitano filosofo trattò delle dodici categorie della ragion pura di Kant, ma piuttosto come di una digressione erudita. Nella filosofia pratica egli si accostò intieramente a quel gran filosofo moderno, ma non volle sviluppare la scienza, portò la scienza a quello sviluppo a cui fu portata dal Ficthe, dall’Arbens con uno spirito di progresso umanitario: però egli si sostò nel mezzo del cammino.
Infaticabile e sommo fu il napolitano filosofo; imperciocché in ben ventisette anni andò illustrando il suo sistema filosofia) in tutte le sue parti, ora in maniera catechistica, ed ora in maniera critica; ora dal silenzio delle domestiche pareti, ed ora dall’alto della cattedra; ora per via di clementi, di lettere, di lezioni, di saggi, di memorie, di storia esponendo il suo sistema con una logica nudrita, stringente, insuperabile, ed ora esaminando le dottrine più accreditate e migliori, e propugnando il sistema del Ficthe, e pubblicando i frammenti di Vittorio Consin.
Tanti lavori, e tante fatiche innalzavano il Galluppi sopra dei suoi predecessori, e Io ponevano accanto al Telesio, al Campanella, al Genovesi, Capiscuola della sebezia filosofia. Per le quali tutte cose il Barone Galluppi starà come lume, ornamento, e decoro dell’età nostra; e Ferdinando li chiamandolo a sedere nella Cattedra di Filosofia della Regia Università degli studii, entrato appena nel possesso del reame, congiunge il suo nome con quello del Gran Filosofo.
Il convenevole avviamento al quale erano state spinte le matematiche per opera del Marzocco, del Pergola, e del Valerio, non fu tarpato per le cure di Flauti e del Guidi, e segnatamente di Giuseppe Scorza, il quale grandemente onora il periodo Ferdinandeo:
molto alla diffusione delle matematiche conoscenze si adoperò con la parola dalla cattedra pubblica, e con gli scritti nel suo Euclide vendicato: ma ciò che contraddistingue il Calabro Matematico, è appunto la sua divinazione sull’analisi geometrica degli antichi, la quale siccome frutto del Genio, costituisce nella storia una pagina che non morrà.
La Fisica è stata ancor essa ben coltivata appo noi, e pari alle altre scientifiche branche favoreggiata dall’Ottimo Principe. E veramente laudevoli esempii avevano i nostri Fisici in tale aringo; tra quali un Arriani, un Borrelli, un Poli, ed un Giovambattista Porta, stupendo ingeno, e maggior fisico del XVI secolo, inventore del telescopio, e della camera oscura.
E qui non fia soverchio notare che la moderna fisica va debitrice dei suoi progressi ai precetti di Bacone e di Galilei, i quali additavano nella via sperimentale il vero mezzo di strappare i più reconditi segreti alla natura, e l’incesso logico regolare nello andare dai particolari ai generali, sì che il patrimonio della fisica, non ha molto, di ricca suppellettile di sperimenti si decorava.
Questa via per Io appunto fu nel periodo di che discorriamo appo noi seguita; perché il Governo non pure, ma benanche i particolari, fra quali si è contraddistinto il Fazzini, curavano lo acquisto di molti e svariati strumenti, e macchine, non che delle opere dei naturalisti e fisici stranieri, e. la ripetizione di tutti gli sperimenti e i cimenti con dilicato ed opportuno magistero.
Per la qual cosa degni di nota sono gli sperimenti coi quali il Fazzini illustrava il magnetismo in movimento e quella certa ripulsione fra la luce ed il magnetismo, e spiegava perché l’ago magnetico al primo irraggiar del
I nostri fisici niuna cosa trasandavano per istituire nuove ricerche affin di determinare in modo certo la identità del magnetismo e dello elettricismo, o qualche differenza caratteristica fra quelle due prepotenti forse naturali. Per la qual cosa erano bene studiate le leggi e la teorica del magnetismo, la virtù magnetica della terra, la potenza del magnetismo terrestre sui corpi non magnetici, i fenomeni dell’attrazione e ripulsione, dei conduttori mobili o asiatici dell’Ampére, e del galvanometro o moltiplicatore dello Schweiger, dove il Fazzini per minorare la forza direttrice della terra, senza distruggerla, ed aumentare la forza elettromagnetica, aveva aggiunte delle modifiche a quelle per le quali il Labaillis rese la macchina opportuna a dinotare qualunque piccola traccia dell’elettricità in movimento.
Per mezzo di due spirali, di ferro luna, di legno l’altra era pervenuto il Fazzini ad ottenere fenomeni d’induzione che l’Antinori, il Faraday ed altri poterono conseguir solo con potenti calamite naturali o artifiziali. Della quale scoperta il celebre Arago richiedeva l’Autore che ne avesse fatto relazione al Reale Istituto di Francia, inchiesta che veniva nella estrema ora del fisico napolitano. Altri fisici viventi si sono adoperati e tuttavia si adoperano al progresso della fisica.
La Chimica filosofica e la sperimentale presentano benanche un mirabile progresso nel periodo di che discorriamo. Molti nuovi scuoprimenti, moltissime nuove sperienze, non pochi nomi celebrati si possono notare, ed è ancora degno di ricordo F utilissimo ufficio che la chimica rende ed ha reso alle nostre arti.
L’Astronomia non si rimase in dietro, ma fu convenientemente coltivata. in questo nostro paese, dove nacque
La storia naturale in tutte le sue parti fu coltivata con ardore in questa nostra terra, ove ancor palpita il cenere di Plinio. Lo sterminato e piacevol campo della Botanica peragrato utilmente dai posteri di Maranta, Imperato, Colonna e Grillo. La Zoologia in molti punti rischiarata, ed in altri creata; non è a dire quanto discoperte si facessero intorno atai ramo, la di cui coltura non era compiutamente venata in fiore prima del periodo Ferdinandeo. La Minerologia arricchita, e con ardore promossa in un regno come il nostro, che rinchiude nel suo grembo doviziosa suppellettile di minerali.
Né punto si è trasandata le Geologia, la quale ha una grande importanza nel nostro regno, che presenta più che gli altri infinita diversità di terreni, metalli, rocce, fossili, pietrificazioni, incostramenti ecc.; ed a cagiono dei suoi vasti e ribollenti vulcani offre al naturalista mutamenti e fenomeni per ogni verso notevoli, e sorprendenti, quali sarebbero le acque termominerali, che sorgono in moltissimi luoghi ed in isvariata composizione nell’una e nell’altra Sicilia, i terremoti che a quando a quando sovvertono le nostre regioni, le lente sommersioni, che segnatamente si osservano in Pozzuoli, T innalzamento o il seppellimento delle terre, le eruzioni sottomarine, i vulcani estinti, ed altrettali meraviglie.
Le discipline medico-chirurgiche si ebbero un progresso significante, poiché si bandirono i sistemi che in tanto tenebrio le arcano involte, ridestando la medicina di osservazione, che per verità meglio si addice alla umana ragione, e segna men dubbio sentiero per guidare gl’infermi in mezzo al certame dei morbi; e che, sia detto per nostro onore, anche in mezzo alle sistematiche vanità
i quali dall’ippocratico spirito compenetrati, additarono nell’osservazione e nei fatti il vero tramite per fare utilmente progredire la medicina.
E per toccare alcune particolarità di sfuggita, noterò, che appo noi sono state accesamente coltivate l’anatomia generale e comparata, ed eziandio la patologica, per la quale si vedea sorgere un celebratissimo Gabinetto che ricorda le improbe fatiche, e la singolare generosità del Nanula; la fisiologia che subiva rilevanti modifiche, e raggiungeva una perfezione insperata per l’opera di molti; la materia medica chiarita con esperimenti clinici e chimici, ed arricchita appo noi di molti rimedi; la medicina legale rifrustata in tutte le suo parti, e meglio intesa agli altissimi uffici ai quali è chiamata dalla società; la igieno pubblica e privata spinta in più laudevole stato; la frenologia caldeggiata con ardore; ed infine la chirurgia non si è rimasta nel progresso universale, ma si è immegliata nei suoi principi, semplicizzata nei metodi operativi, dei quali non pochi modificati, o inventati, e segnatamente quelli che risguardano il raddrizzamento dei corpi o delle membra contorte nuovamente introdotti e fermali fra noi per cura del Real Governo, il quale instituiva una dioica ortopedica nell’ospedale di S. Maria di Lordo.
Fioritissimo ritroviamo il campo delle Leggi; poiché vediamo nella di loro essenza lo sviluppo del dritto consono alla vera filosofia, alla sana morale, ed alla economia politica; e nella di loro crescente moltitudine il più saldo argomento del progresso del corso evolutivo della vita dei nostri popoli, e della satisfazione dei nuovi bisogni che immancabilmente sorgono. Il quale incesso progrediente della Legislazione, sia notato di passaggio, è una
e portava luce rischiaratrice nel confuso assieme, che formava nostra Legislazione, risultante dal Dritto romano, canonico, e feudale, dalle Costituzioni dei principi Normanni e Svevi, dai Capitoli degli Angioini, dalle Prammatiche dei Re Aragonesi e de’ loro successori, dagli statuti particolari di Napoli, e di altre Città, dai Riti della Gran Corte della Vicaria, e della Camera della Sommaria ecc.
Nei precedenti capi, e segnatamente nel secondo, fu per noi esposto in qual modo, e con quanta attività il Monarca emanasse leggi, intese a proclamare il dritto se chiaro determinarlo ed interpetrarlo se ottenebrato dalle passioni, a guarentirlo se posto in azione, ed a produrre il comune benessere, senza di cui ogni legislazione mancherebbe di scopo, con quei mezzi equi ed opportuni, che la giustizia addita.
In laudevole stato rilevasi pertanto la legislazione civile, poiché rottamente sono sviluppati, e garantiti i dritti privati e il loro esercizio: laudevole la legislazione penale, nella quale con sottigliezza ed equità pari alla importanza della lesione dei dritti privati o sociali, è calcolata la entità della colpa, e fermata l’applicazione della pena. Per questa parte il nostro paese serba il primato, e i nostri Criminalisti han di loro gloriosa fama.
Né sono state trasandate quelle regole che occorrono nel cammino giudiziario, e che costituiscono la procedura; che anzi in molte parti sono state immegliate, e modificate.
Il Dritto Amministrativo ebbe le sue migliorie, ma non tanto che non facesse sentirne il bisogno di altre; poiché in questo vastissimo campo sono a fissare ancora i principi certi, che devono servir di guida agli Amministratori; e farne l’applicazione è molto arduo in affari in cui sovente le passioni cozzano, e che presentano difficoltà per la stessa loro indole,
per la vastità degli oggetti che comprendono, dei quali parecchi non patiscono regole generali, né definizioni rigorose, né motivi ragionati, non che per altre cagioni.
Né, trattando delle giuristiche cose del periodo Ferdinandeo, si può preterire la Giurisprudenza, la quale è andata lumeggiando l’applicazione delle Leggi nelle materie civili, penali, ed amministrative con una rettitudine singolare, schivando gli errori, correggendo le false interpetrazioni, allontanando l’arbitrio, additando la propria sfera alle competenze dei Giudici, riconducendo gli ordini ai loro principi, evitando quell’affastellamento di quistioni, dottrine, divisioni, suddivisioni, eccezioni, ampliazioni, limitazioni prodotte dagl’Interpetri, dai Trattatisti ecc. i quali o tratti da falsi principi, o da ree passioni gittano la confusione nel campo legale con danno del pubblico e del privato.
Per ultimo non pochi reser chiaro e degno di laude il nostro Foro, nel quale Lauria, , e Poerio riproduceano le meraviglie della greca e latina eloquenza. La presente età in una parola, serbò ed accrebbe il ricco patrimonio che eredava dall’età in cui rifulsero d’Andrea, degli Afflitti, Aulisio, e Gianvincenzo Gravina.
La Economia Pubblica non fu trasandata nella patria di Serra, di Broggia, di Galiani, di Briganti, di Delfico e di altri Valentuomini, ed in un regno come il nostro, il quale presenta ubertosa materia alle ricerche degli Economisti. E qui non sia trasandato, che in sui principi del regno di Ferdinando , il Marchese d’Andrea, Ministro delle Finanze, sospingea le economiche discipline, poiché nello scopo di promuovere la economia dello Stato
Perlocché rimembrevoli sono le osservazioni, o le scritture che si fecero e pubblicarono intorno ad argomenti importantissimi, quali erano appunto la convenienza di concedere ai censuarì del Tavoliere di Puglia la facoltà di coltivare le terre ed affrancare i canoni; la utilità della istituzione di un portofranco in Napoli; il miglior modo di stabilire le tariffe e l’amministrazione delle dogane; la conservazione del cabottaggio tra Napoli e Sicilia; la uniformità dei pesi o delle misure; e moltissimi altri argomenti economici.
Per ultimo gli studi Archeologici sono stati coltivati con ardore nel periodo di che si tratta; e ad illustrare i venerandi avanzi dell’antichità fecero a gara i numismatici con nuove e singolari ricerche, gli epigrafisti, gli scrutatori dei monumenti, pei quali si rese tanto famoso il secolo diciassettesimo, e furon conti i lavori erculei dell’Ughelli, dei Maurini, dei Bollandisti, del Muratori e di altri; i corografisti, gl’illustratori dei vecchi diplomi, e simili. Alla quale laudevole palestra erano di furte incitamento le ombre d’Ignarra, di Rossi, e tacendo di altri, del celebratissimo Mazzocchi; non che la rinomanza delle nostre regioni sparse di memorie antiche e stupende, comprese segnatamente in Ercolano, Pompe!, Pesto ed altre venerande città, che L’ amore dei presenti ritrae alla luce del giorno dopo lungo sonno, studiando nel loro grembo le arti, i costumi, e le glorie degli Avi nostri.
Duolmi che in questo rapido cenno non siami stato lecito di toccare delle utili opere di molti viventi, pel quali già la posterità è incominciata, e che tanto illustrarono le scienze e le amene lettere; consolami però il pensiero, che quandocchessia troveranno degna memorazione in coloro che, non arrandellati nel letto di Procuste
Pertanto è da notare che la floridezza in cui abbiamo esservato le Scienze e le lettere è il frutto delle assidue cure, e delle premure di Ferdinando II. Infatti rimeritava i Dotti con premi, onorificenze, uffizi, e magistrature; ridonava a Messina la sua Università degli Studi, ampliava quella di Catania, immegliava la Sebezia, provedevala di gabinetti di fisica, di notomia patologica, di zoologia, nuove cattedre alle antiche aggiungeva, che i nuovi progressi additavano, altre modificava; institniva in ciascun comune una scuola gratuita ed una cattedra di agricoltura; promovea le scientifiche peregrinazioni per lo avanzamento della Storia Naturale del nostro Reame; riordinava Io accademie, e fondava quella degli Aspiranti Naturalisti; agevolava il cambio e la introduzione dei libri stranieri coi nostri, scemando assaissimo il dazio d’importazione; poneva la istruzione primaria sotto la direzione e la vigilanza dei Vescovi delle rispettive diocesi, affinché non mancasse la fiaccola della religione di diriggero la gioventù alla scienza, poiché senza di essa gli umani petti son ciechi; spingeva innanzi gl’Istituti diretti alle utili applicazioni, perché ciascuna branca dello umano scibile avesse il suo vivajo; preponeva alle cattedre uomini per fama e merito conti, ordinava meglio i Licei e i Collegi; e per tacere di molte altre cose cennerò da ultimo, che memorando documento di quanto puote nell’animo del Re l’amore per le scienze è il Congresso scientifico, tenuto in Napoli nel Settembre del 1845; poiché facea sì che la settima Riunione degli scienziati Italiani in questa bella Città si convocasse, e preparava loro un soggiorno opportuno in questo beatissimo soggiorno. Sempre degne di memoria saranno le parole dell’Eccelso Re profferite quando il Preside Generale Ministro Santangelo, in una parte della sua Orazione di apertura si facea a commendare la protezione di Lui per le Scienze,
Né le sopradette furono le sole parole del Re lusinghiere per le Scienze, ma altre ne profferiva ai 25 Settembre, quando il Presidente Generale presentò dinanzi a Lui i Presidenti delle varie Sezioni del Congresso; poiché dopo essersi trattenuto con tutti, ed informato dei vari lavori che furono l’obbietto delle scientifiche discussioni, così si esprimeva: Incarico ciascuno dei Presidenti di manifestare a ciascuna delle Sezioni non pure la mia soddisfazione, ma i ringraziamenti. Niuna cosa in questi dì mi può essere più gradita, che udire, che questo settimo Congresso degli Scienziati Italiani addivenga distinto fra gli altri. Per me è questa la più sincera pruova, che in questa nostra bella parte d’Italia le scienze ti trovano in non minar progresso, che nelle altre, ed ho per fermo, che il vero progresso dei lumi
Le quali parole partecipate allo Sezioni furon grata occasiono di commoventi, unanimi e sentiti applausi.
Né a questo solamente la Clemenza Sovrana verso gli Scienziati estendevasi; ma infinite altre cose ordinava affine di allietarli in questo beato soggiorno, e render solenne e memorabile quel tempo, fra le quali ricorderò soltanto alcuno.
Commendevoli motivi spingevano Re Ferdinando a faro innalzare un Osservatorio Meteorologico, presso al giogo del Vesuvio, dove agevolmente si potesse speculare intorno alla pressione atmosferica, alle correnti dei venti, allo meteore, all’elettriche vicende, alle vicissitudini di un mirabil vulcano, senza la menoma tema d’incontrare la sciagura che spense il principe degli antichi naturalisti. E questo laudevole proponimento non fu disgiunto dall’altro non men laudevole di serbare la inaugurazione di tale specola al settimo Congresso Scientifico; e infatti correndo il 28 Settembre del suddetto anno si portavano gli Scienziati a compiere la nobil funzione; e nulla si pretermise dia potesse render facile il viaggio, dilettevole la dimora, memorando il giorno in che dischiudevasi quel nuovo studio delle naturali cose. Grande fu il compiacimento degli Scienziati, grandissimi i plausi, inenarrabili le laudi dirette alla provvidenza del munificentissimo Ferdinando.
La rediviva Pompei fu destinata un altro giorno a rallegrare, e maravigliare insieme gli Scienziati co’ monumenti che nel suo grembo rinchiude. Molti oggetti di marmo, di bronzo, e di creta furono scavati in quella solenne, occasione, ed esposti su varie tavole alla dotta curiosità di quei Valentuomini. Le vie della dissepolta Città furon tutte popolate, e ogni edilizio visitato. Somma meraviglia e soddisfazione provarono tutti nello aggirarsi fra quelle venerande vestigia della vetusta civiltà italiana.
E per non andare per le lunghe dirò in breve, che le Accademie ebbero nobil gara nel festeggiare gli Scienziati, pubblici stabilimenti,
e i reali Siti aperti a tutti; i deliziosi dintorni di Napoli resi all’ammirazione di tutti, e perfino le Sale della Reggia echeggiarono di melodiosi concenti, e furono a tutti dischiuse; e quel che più da ricordare é, che le Reali Persone ed il Re sovente la dotta moltitudine presenzialmente onorarono. Ben può dirsi che in quei solenni dì Egli Pericle apparve, e noi fummo in Atene.
continua…….
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