“Storie di galantuomini, briganti e soldati dal 1860” di Vincenzo Perretti (Cap.VII)
Siamo giunti ai primi giorni di luglio dell’anno 1857, allorquando i briganti decidono di rapire il figlio di un notabile del paese di Salandra, a scopo di ricatto; e qui ci ricolleghiamo con la lettera di denunzia già riportata nel secondo capitolo, con cui Don Carmine Spaziante accusava il brigante Serravalle per il sequestro del figlio Placido. Don Carmine è il padre di Leonardo che è medico, di Placido “galantuomo” e don Vincenzo sacerdote. Tutti costoro sono di provata fede repubblicana, e quindi politicamente avversari della famiglia Materi.
I sospetti, le illazioni ed infine le accuse che con questo documento Don Carmine lancia apertamente contro il signor Luigi Materi, accusandolo quasi di connivenza con il brigante, sono i motivi di maggiore interesse di tutta la vicenda; in specie perchè, a quel momento, non era stata ancora dimostrata la colpevolezza di nessuno degli accusati. Lo Spaziante padre, racconta a don Luigi Pecorelli, Giudice Regio in Ferrandina, come si erano svolti i fatti e la sua esposizione, per quanto enfatizzata da una certa animosità o rabbia malcelata corrisponde al vero; non viene detto però che, molto probabilmente, l’obiettivo del sequestro era lo stesso don Carmine, dal momento che il brigante aveva raccolto diversi nominativi di ricchi possidenti della zona, tra i quali sicuramente il suo. Don Carmine inizia con il raccontare che il figlio Placido, volendosi recare a Matera per la festività della Madonna della Bruna, che si tiene ancora oggi ai primi di luglio, non aveva ritenuto di dover accettare l’offerta di don Nicola Motta e di suo fratello, suoi compaesani, di viaggiare insieme a loro per motivi di sicurezza, pur avendoli questi avvertito dei pericoli che si incontravano frequentemente sulle strade. Qualche giorno dopo la festa, quando don Placido decide di rientrare in paese, per uno strano caso del destino si ritrovano tutti insieme sulla via per Salandra. E’ già pomeriggio inoltrato ed i fratelli Motta, arrivati a Miglionico, invitano don Placido a fermarsi e a pernottare colà; il giovane invece decide di proseguire, a cavallo, verso Salandra, insieme al servo Giuseppe Peloso. Nel prosieguo della deposizione di don Carmine: ” giunti poco lungi dove esiste una croce di legno, e ove si congiungono la via pubblica che da Ferrandina mena a Tricarico, e il bivio che da Salandra mena a Grassano (….) il giovane Spaziante udì la voce di un malfattore con le parole: Attenti figliuoli”. In breve, racconta lo Spaziante padre, escono dai cespugli tre individui che fingono di essere guardie, e ” uno di essi uscì da dietro un albero, che in nome della legge gli impose di fermarsi perchè era in arresto “. Quindi fanno scendere da cavallo il giovane, mentre il servitore di nome Peloso, invece di intervenire, stava ancora tranquillamente in sella e ” solo dopo aver fatto un’orinata, fu disarmato “. Seguono altri particolari di scarsa importanza, come il fatto che il giovane facesse un tentativo di fuga subito represso da ” un grosso cane bianco da cui la comitiva era seguita, e ricondotto nel medesimo punto dond’era fuggito, ove scrisse la lettera della richiesta del denaro, in atto che il Peloso rimaneva poco distante “. Ma rimane al Giudice il sospetto che vi sia un’altro fatto da chiarire, avendo appreso che il giovane Spaziante, per tornare in paese al ritorno da Miglionico, aveva deciso di prendere una stradella diversa da quella dell’agguato, almeno come gli racconta il padre, il quale aveva anche aggiunto che il figlio aveva cambiato idea ” essendo stato indotto in errore dal Peloso “. Quest’ultimo ovviamente nega ogni suo coinvolgimento e afferma che non ebbe il coraggio di intervenire in difesa del suo padrone in quanto ” fu l’effetto della soverchia paura “, ma non viene creduto, ed è subito arrestato. Intanto da altro verbale di polizia si apprende che la richiesta di riscatto era stata esorbitante: 15.000 ducati, che almeno in parte furono pagati, tanto che ” lunedì 20 fu annunziata la sua liberazione (…) e alle ore due di quella stessa notte si trasse nella di lui massaria Bradanelli “. Se nonché il Giudice deve anche controllare perchè la famiglia Spaziante aveva denunziato il sequestro soltanto una settimana più tardi: si scopre facilmente il motivo, con la visita che Don Liborio Vitale, Caporale di Gendarmeria nel paese di Salandra, esegue a casa Spaziante su disposizione del Capo Urbano Motta. Don Liborio infatti riferisce di aver trovato il signor Carmine Spaziante ” nella di lui stanza da letto, ove rinvenutolo su questo disteso e afflitto, interrogollo su ciocch’eragli avvenuto, e allora lo Spaziante gli discoprì il sequestro del suo figliuolo”. Il Caporale aggiunge anche che, a suo avviso, ” la condotta del surriferito Capo Urbano fu lodevolissima, senza che si potessero affatto escogitare sospezioni in contrario”. A questo punto il Giudice comprende che nel lasso di tempo tra il giorno del sequestro e quello della denunzia, la famiglia Spaziante aveva tentato di negoziare la cifra del ricatto, muovendosi con molta cautela e senza far intervenire la legge. Tenuto conto di queste prime informazioni, la macchina della giustizia si mette in movimento e si allunga il numero delle persone interrogate, in Salandra e nei paesi vicini. Sono circa trecento le pagine di verbali, dalle quali si riassumono le testimonianze più significative: – Goffredo Garaguso, da Salandra, di anni 40, massaro di campo: ” Giuseppe Peloso, reduce da Tricarico dove era stato mandato dal padrone a prendere una balia, diede l’annunzio al salariato Giuseppe Dinnella che quindici giorni prima del misfatto, de’ ladri minacciato aveano il sig. Spaziante (…) e intelligente il sequestro che già si era proposta dalla comitiva, non ne avea dato prevenzione al padrone (…) e quando il Peloso ritornava dalle spedizioni del denaro, che la famiglia Spaziante inviava alla comitiva, diceva: Se don Carmine non caccia il sangue, non vede più il figlio “. – Andrea Il Vento, medico cerusico da Grassano, di anni 27: ” Era pubblica voce che Giovanni Caruso ed i figli furono in relazione con Paolo Serravalle, fornendogli di notizie, che costui attingeva girando per i paesi a vender tela (…) il dichiarante, trovandosi nel botteghino di Francesco Falcone, trovò il Caruso che stava a comprarsi un paccotto di sicari e non esitò a ritenere che què sicari servir doveano per la comitiva, molto più che il Caruso non è fumatore “. – Nicola D’Alessandro, falegname di Salandra, di anni 40: ” Si è saputo che tal Pasquale D’Emma, nei giorni dopo il sequestro Spaziante era andato dal cognato Domenico Miseo, e avea comprato commestibili e carta da scrivere (…) una settimana dopo aveva incontrato in campagna Nunzia Bonelli, madre del D’Emma, con la figlia Rosa Lucia, recando l’una un canestro coperto con salvietta sul capo, indicante che avesse contenuto de’ commestibili nonché della carta da scrivere ravvolta nel petto; e l’altra due pezzi di pane ed un fiasco di vino di sei o sette caraffe sotto il braccio, ravvolto in una tela di cotone per garantirlo da’ raggi del sole. A sua domanda, la Bonelli e la D’Emma risposero: vanno a nu’ servizio”. Sempre il D’Alessandro, ricorda che il giorno dopo aveva incontrato tal Giovanni Miraglia, ” il quale senza che fosse stato domandato, con una certa ilarità, disse: quest’anno mi aggio da levà lu debito di ventidue ducati che tengo con Giovanni Ulisiani “.Il testimone, che reputa il calzolaio ” carico di vizi e senz’altro appoggio” gli chiede:” E come! Vai a vendere la mercanzia che tieni e ti levi i debiti ? ” L’altro gli risponde: ” avranno, saccio e dico nella casa”. Quindi il D’Alessandro racconta che si era messo a parlare del fatto Spaziante, evidentemente per provocare il Miraglia, il quale si lascia andare:” Così s’impara don Carmine, mò cade la pera cotta, mò paga le vigne di Francescantonio Mangieri (parente del Miraglia), che si prese senza niente, e sconta pure altre ruberie che ha commesso (…) è meglio che caccia 12 o 13.000 ducati “. Ma il D’Alessandro, che è una fonte inesauribile di notizie, continua: ” Durante la cattura dello Spaziante era marchevole che il Miraglia esplorava nel corpo di Guardia Urbana “. Al termine di questa testimonianza, anche il Miraglia viene arrestato. – Paolo Vallone, guardiano nel carcere di Ferrandina: ” Ho scoperto la druda Felicia Merzario, da Salandra (amante di Giovanni Miraglia), in colloquio con il predetto, porgeva a costui degli ortaggi, e sotto voce gli diceva: se venivi con me, non ti saresti trovato dentro sti guai”. – Brigida Perrone, contadina di anni 30, moglie di Pasquale D’Araia, è la prima a rendere una piena confessione, e dichiara che: ” il marito, incaricato di portare da mangiare allo Spaziante, glielo fecero trovare sbendato giust’appunto per darlo a conoscere, ed allontanare sospetti che su del Serravalle cadevano, aggravando così la sua posizione (…); si vuole ancora che il D’Araia porti ancora il fucile e la giberna del guardiano di Spaziante, e che questi sia anche complice al ricatto del padrone “.
fonte
http://www.brigantaggio.net/Brigantaggio/Storia/basilicata/Serravalle07.htm