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Storie di Sicilia di Fara Misuraca “Manfredi” (1232 – 1266)

Posted by on Ago 15, 2020

Storie di Sicilia di Fara Misuraca “Manfredi” (1232 – 1266)

Federico II aveva una particolare predilezione per Manfredi perché suo figlio naturale, avuto da Bianca Lancia, il suo unico vero amore e perché vide in lui l’erede dello spirito battagliero e indomito degli Svevi.

Eppure, Manfredi ebbe una vita discussa, con atteggiamenti a volte contraddittori, che lo fanno un personaggio fra i più interessanti del suo secolo. Se l’Impero medievale tramonta con Federico II, Manfredi è il protagonista di questa crisi.

Manfredi nasce nel 1232 ed accompagna il padre in molte avventure militari e diplomatiche, lo assiste in punto di morte il 13 dicembre 1250. Per testamento Federico gli lega varie rendite e possedimenti e lo nomina vicario del Regno di Sicilia per conto di Corrado IV – il primogenito di Iolanda di Brienne – che al momento si trovava in Germania.

Questo stato di cose lo rende inviso al Papa, che avrebbe voluto liberamente disporre dell’intero patrimonio svevo. Fin dall’inizio la reggenza si dimostra difficile. Quando Corrado, nell’agosto del 1252 sbarca nelle Puglie per prendere possesso dei suoi territori dimostra di non avere il talento e le virtù paterne e di non poter reggere il confronto con Manfredi che purtroppo, essendo figlio naturale, è un semplice vassallo.

Fra i due sorgono dissapori e invidie finché nel 1254 Corrado muore in circostanze poco chiare che fanno sospettare il fratricidio. Ma queste sono notizie di parte guelfa. Diventato capo della Casa di Svevia, Manfredi si trova a tu per tu con Papa Innocenzo IV che desidera disporre liberamente dei beni del regno di Sicilia. Un tentativo di rappacificazione fallisce nel luglio del 1254 e Manfredi è colpito da anatema. Di fronte alla possibilità di uno scontro cruento al quale nessuno era preparato, si giunge rapidamente ad un accordo. Accanto alla revoca della scomunica, Manfredi riceve dal Papa feudi e principati, una rendita di ottomila once d’oro, e la nomina a vicario per i territori continentali del Meridione, in cambio del riconoscimento dell’autorità papale sul Regno di Sicilia.

Ma Manfredi non è pago e organizza una rivolta in Puglia riuscendo a conquistare Lucera ed a battere l’esercito pontificio. E’ l’ultimo atto del confronto con Innocenzo IV, che muore il 7 dicembre 1254. Forte della posizione acquisita con la diplomazia e con le armi, Manfredi si dedica alla conquista del Regno che comporta una lotta lunga e complessa. Il conflitto è aspro ma Manfredi riesce ad avere la meglio e il 10 agosto 1258 si fa incoronare nella cattedrale di Palermo, dopo aver allontanato il reggente Bertoldo di Hohenburg, tra il popolo in festa, anche se Alessandro IV, successore di Innocenzo IV, dichiara nulla l’incoronazione.

Da quel momento, Palermo torna ad essere la capitale del più bel Regno d’Europa. Manfredi rafforza la compagine interna del Regno e cerca in Italia ed in Germania alleanze contro il Papato, proseguendo la politica paterna, cioè solidarietà con i Ghibellini di tutta Italia senza cercare la guerra.

L’intelligenza, la sapienza, la cultura, lo conducono a proporre ai sudditi un periodo di illuminata serenità, anche se non avrà il tempo di raccoglierne i frutti. E’ un Re giovane, bello, con gli occhi azzurri e i capelli biondi, di cultura e modi raffinati (degno figlio di Federico II e Bianca Lancia). La vita a corte si svolge in un clima di gioioso, ricco di donne belle e raffinate; purtroppo queste cose consentono alla propaganda guelfa di alimentare maldicenze ed accuse di corruzione. Frattanto Alessandro IV muore e sale al soglio Urbano IV, che nomina nunzio presso il re di Francia Luigi IX, Bartolomeo Pignatelli, arcivescovo di Cosenza. Era questi Acerrimo nemico di Manfredi e lo combatté sia in campo militare che politico, avendo giurato di scacciarlo dal regno vivo o morto.

Nel 1258, infatti, l’arcivescovo Pignatelli sostiene militarmente Pietro e Giordano Ruffo, conti di Catanzaro, che occupavano Cosenza e la Valle del Crati e politicamente si adopera per convincere Carlo d’Angiò a muovere le armi contro Manfredi per ottenere la concessione del Regno di Sicilia. Il Pontefice Clemente IV, successore di Urbano approvò tale convenzione il 27 marzo 1265 Clemente IV inizia quindi ad inviare a governi alleati messaggi di mobilitazione che alla fine si esprimono nell’organizzare una vera e propria crociata contro Manfredi. Manfredi si rivolge ai pochi alleati rimastigli con la dignità di un sovrano che non considera il nemico degno di sé. E’ un intellettuale, ed è destinato ad essere soffocato dalla forza brutale dell’avidità altrui.

L’incoronazione di Manfredi

Carlo d’Angiò (supportato dal Papa e da mezza Europa) valica le Alpi alla fine del 1265. E con un esercito di circa 30.000 uomini, sparge il terrore nelle campagne e indebolisce la resistenza la resistenza nelle roccaforti ghibelline. Il 6 gennaio 1266 è incoronato a Roma re di Sicilia. Il 20 gennaio Carlo riparte da Roma e supera i confini del Regno. Dopo varie scaramucce, lo scontro campale avviene a Benevento. Il mattino del 12 febbraio, seguendo il consiglio di un astrologo, Manfredi decide l’attacco. Dopo un aspro scontro, le sue forze sono sopraffatte. Manfredi potrebbe lasciare il campo, mettersi in salvo, allontanarsi dal Regno in attesa di tempi più favorevoli, ma non abbandona i suoi soldati. Decide di gettarsi nella mischia, ma mentre veste l’armatura, un segno premonitore: l’aquila reale si stacca dall’elmo e cade in terra. La battaglia è un massacro e Carlo d’Angiò resta padrone del campo. Uno dei suoi soldati aveva ucciso Manfredi con un colpo di spada, senza nemmeno riconoscerlo.

In questo tramonto del 12 febbraio del 1266, tramontano insieme la vita di Manfredi ed il Regno di Sicilia.

Fara Misuraca

fonte

http://www.ilportaledelsud.org/manfredi.htm

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