Superstizione napoletana? No, veronese!
Che i cantanti lirici (e non solo) napoletani abbiano riscontrato notevole successo in Europa, nel Nord e nel Sud America ed in tutto il mondo, è un dato di fatto e la storia ci parla dei vari Enrico Caruso, Fernando De Lucia, Giuseppe Di Stefano, Elvira Colonnese, Irma Capece Minutolo, Antonio Scotti, ecc…
Tra loro è doveroso ricordare anche il bravissimo tenore Nicola Zerola, nato a Napoli nel 1876, considerato dalla critica come l’alter ego di Caruso. Da ragazzo possedeva una voce al di fuori dell’ordinario e subito si distinse nei circoli napoletani. Fa il suo esordio al Teatro San Carlo di Napoli (secondo altre fonti a Trieste). Inizia una brillantissima carriera che lo porta nei maggiori teatri d’Italia (con ruoli da protagonista), Europei (Amsterdam, dal 1905 al 1906 – Parigi, nel 1909 – e poi ancora, in Belgio, in Spagna ed in Egitto). A 31 anni, nel 1907, debutta a New York. Negli Stati Uniti si esibisce in numerosi ruoli (Radames nell’Aida, Otello di Verdi, Manrico ne Il Trovatore, Canio nell’opera Pagliacci, ecc…).
E proprio a New York, Nicola Zerola fu protagonista involontario di una delle più chiacchierate ed assurde vicende della storia della lirica.
Era verso la fine dell’anno 1909, ed il tenore napoletano pensò bene di andare al Manhattan Opera House (teatro presso il quale già si esibiva da un anno nell’Aida, nel ruolo di Radames, con un successo tale che le repliche si tennero per tutto il 1909 e parte del 1910) per assistere all’opera “Tannhäuser” di Wagner. Tra gli interpreti figurava il bravo tenore veronese Giovanni Zenatello (tra i vari meriti artistici va ricordato anche per aver lanciato una giovanissima Maria Callas dopo averla ascoltata ad un provino proprio nella metropoli statunitense ed altri).
L’artista veneto, dopo aver scorto Nicola Zerola in un palco del teatro posto proprio a ridosso della scena, cominciò ad inquietarsi ed il suo nervosismo fu avvertito anche dal pubblico ma soprattutto dallo staff. Zenatello tirò avanti per due atti finché si rifiutò di cantare nel terzo ed ultimo pretendendo che il suo osservatore speciale venisse allontanato, cosa che purtroppo avvenne. Giovanni Zenatello si giustificò affermando che portava sfortuna avere un altro tenore in platea.
Forse si sentiva sotto pressione perché osservato da occhi competenti?
Dopo tale episodio, il tenore veneto ritornò in Italia dove lavorò per l’Arena di Verona per alcuni anni, finché, successivamente si ritirò dalle scene e si trasferì definitivamente a New York dove aprì una scuola di canto.
Il tenore napoletano invece, continuò ad esser richiestissimo negli Stati Uniti. Si esibì a Philadelphia ed a Baltimora, sino ad esser scritturato al Metropolitan Opera House, nell’Upper West Side di New York.
Morì all’età di 61 anni, il 21 luglio del 1936 al Lennox Hill Hospital di New York (Manhattan). Di lui resta una semplicissima lapide di sepoltura nel Calvary Cemetery del Queens (cimitero cattolico romano).
Zenatiello visse per altri 13 anni e morì a New York, all’età di 73 anni.
E poi dicono che i napoletani…!
(Fonti: quotidiano statunitense “the Evening Record” di lunedì 27 dicembre 1909 – The Leader-Post n. 173 del 27 luglio 1937 – The Evening Record di martedì 28 dicembre 1909 – The Gazette Montreal di martedì 27 luglio 1937).
fonte
Ma i cantanti sono sempre stati superstiziosi… soprattutto perche’ tutto sommato fragili.. e sono consapevoli che la loro voce ne risente ovviamente…. perdonatelo! Tutto sommato mi fa tenerezza… caterina ossi