TORINO 1864 UNA STRAGE SENZA COLPEVOLI DELL’ITALIA UNITA
Il libro dell’accademico Enzo Ciconte propone nuovi documenti, ma le sue ipotesi sono già note alla cultura autonomista
Come vecchio piemontesista sono ormai da tempo molto interessato alle Giornate di sangue torinesi del 21 e 22 settembre 1864. Oltre a considerarle in numerosi scritti, ho spesso partecipato, anche attivamente, alle manifestazioni commemorative, più spesso organizzate da varie associazioni identitarie, ma talora anche istituzionali, grazie a qualche benemerito esponente politico della Regione Piemonte.
Con questi presupposti, ho subito rivolto la mia attenzione al nuovo libro dello storico accademico Enzo Ciconte, intitolato “Torino 1864. La prima strage senza colpevoli dell’Italia unita” (Interlinea, 2024) che è stato presentato il 21 settembre alla Biblioteca Civica Centrale con la partecipazione dell’autore insieme allo storico Bruno Maida e al giornalista Massimo Novelli.
Enzo Ciconte, docente di Storia delle mafie italiane all’Università di Pavia, dal 1997 al 2010 è stato consulente presso la Commissione parlamentare antimafia. Elemento certo rilevante, unitamente alla presentazione della casa editrice che parla di «un libro che ricostruisce in modo inedito i fatti di piazza San Carlo che segnarono il destino dell’Italia unita». Purtroppo, non ho potuto partecipare all’incontro. Ho letto il libro con grande attenzione e qui condivido le mie osservazioni con i Lettori de Il Lambello.
Narra Ciconte nel suo Incipit di aver trovato all’Archivio Centrale dello Stato di Roma un faldone molto voluminoso che conteneva notizie inedite sui fatti torinesi del 1864-1865, relativi al trasferimento della Capitale a Firenze.
I numerosi documenti di questo faldone, proposti dal libro, costituiscono l’elemento di maggiore interesse, anche se non affacciano novità assolute, ma piuttosto informazioni che confermano o approfondiscono dati già noti. Per la sua narrazione, l’Autore fa ampio ricorso agli studi del professor Umberto Levra e alle classiche fonti come l’Inchiesta Amministrativa di Casimiro Ara, del 1864 (vista però con una certa diffidenza), la Relazione della Commissione d’inchiesta parlamentare (1865), gli studi di Rossi e Gabotto e altri “classici” della letteratura in materia.
La ricostruzione si apre col capitolo “Torino, piazza San Carlo, 21 settembre 1864” (p. 11) dove viene esposta la manifestazione del pomeriggio contro la Gazzetta di Torino, brutalmente repressa dalle Guardie di Pubblica Sicurezza. Questo grave episodio ha successivamente dato luogo ai fatti dolorosi dello stesso giorno e del giorno successivo. L’autore si dilunga nell’analizzarlo e, grazie al faldone romano, riporta anche testimonianze inedite, purtroppo non risolutive, tali anzi da aumentare la confusione della ricostruzione, tanto da indurlo a parlare di «intrico di dichiarazioni».
In questo primo capitolo, dove il filo conduttore è dato dalla Relazione del Procuratore del Re di Torino, Bobbio, troviamo infatti le testimonianze di due Guardie di Pubblica Sicurezza e di un appuntato, affiorano i nomi di altri poliziotti e di funzionari e si fanno apprezzare le relazioni di due militari, il capitano Corvetti e il maggiore comandante brigata Acqui 18° Reggimento, documenti che permettono all’autore di insistere sull’impiego di buone maniere da parte dei militari e di sottolineare «sangue freddo e saggezza di un militare».
Il capitolo si chiude con la domanda perché e per ordine di chi sia avvenuta la provocatoria e brutale repressione della manifestazione contro la Gazzetta di Torino attuata dalle Guardie di Pubblica Sicurezza. La Relazione del Procuratore del Re di Torino, Bobbio, non fornisce una risposta e Ciconte scrive che molte cose non tornano nella dinamica delle giornate del 21 e 22 settembre.
Sono domande e osservazioni che evidenziano la lettura che l’autore fa di questo episodio, ovvero che le manifestazioni siano state pilotate e strumentalizzate per evidenziare l’ingovernabilità di Torino e favorire lo spostamento della Capitale.
In che misura ha raggiunto il suo intento?
Al primo capitolo, che porta il lettore per così dire in medias res, fa seguito una lunga serie di altri, dove sono contestualizzati gli avvenimenti che hanno portato alla manifestazione del pomeriggio del 21 settembre 1864: “Lo spostamento della capitale” (p. 29); “Un doppio equivoco” (p. 35); “Piemontesismo e antipiemontesismo” (p. 41); “Torino non si vende” (p. 49); “Difettano le prove, abbondano gli indizi” (p. 53); “I virgolatori” (p. 61); “Torino o Roma” (p. 69). Soltanto a p. 73 si ritorna a parlare delle Giornate di sangue con “Piazza Castello, ore 21 circa”.
Se questa scelta può apparire un po’ curiosa per uno storico, va ricordato che la casa editrice parla de «Il giallo della strage di piazza San Carlo del 1864, 160 anni dopo» e che la frase «Uno storico ricostruisce, come in un giallo» è stata usata nella presentazione in rete del libro. Vi era il timore che un esordio rigidamente cronologico potesse scoraggiare il lettore comune, che si vedeva scaricare addosso una serie di personaggi e nozioni non studiate a scuola?
A questo proposito rileviamo per inciso che l’autore mette spesso in scena i protagonisti, quasi tutti personaggi minori del Risorgimento – oggi praticamente sconosciuti anche a persone di una certa cultura – senza fornire elementi caratterizzanti, oppure questi sono collocati alla seconda o terza citazione, magari quasi al termine del libro. Se questo sistema può andare bene in un articolo di una rivista storica specialistica, destinata ad addetti ai lavori, pare inadatto per un libro con intenti divulgativi.
I capitoli propedeutici prima citati espongono informazioni riprese dalla bibliografia classica già prima ricordata, associate a osservazioni dell’autore che talora destano qualche perplessità.
Mi ha particolarmente colpito una contraddizione tra l’affermazione di p. 29, dove si dice che la notizia del trasferimento della Capitale a Firenze riportata dalla Gazzetta di Torino «piombò in città come un fulmine a ciel sereno», poi ampiamente contraddetta alle pp. 46-47. Qui, inoltre, il virgolettato della Gazzetta di Torino è erroneamente attribuito alla Gazzetta del Popolo.
Da tempo i principali responsabili dei fatti cruenti del 21 e 22 settembre 1864 sono stati indicati negli anti-piemontesisti Ubaldino Peruzzi, Ministro dell’Interno, e Silvio Spaventa, Segretario Generale dello stesso Ministero. Anche Ciconte si muove in questa direzione.
A p. 47 accusa «chi doveva porre un argine non fece nulla anzi fece il contrario di quello che avrebbe dovuto e potuto fare», a p. 50 evidenzia i sospetti di manifestazioni violente pilotate, affacciati dai consiglieri comunali torinesi che sono anche deputati al Parlamento, pur senza fare nomi, per giungere al capitolo “Difettano le prove, abbondano gli indizi” (p. 53) dove si conferma quell’assoluzione per insufficienza di prove già sostenuta da altri studiosi.
In questo capitolo si affacciano anticipazioni sull’evoluzione della vicenda (p. 59) e, se si vuole rimanere nella metafora del “giallo”, questo rappresenta un vero e proprio spoiler per un lettore che non conosce gli eventi storici.
Appaiono sicuramente apprezzabili le informazioni negative fornite su Silvio Spaventa (I virgolatori, p. 61)
Si rilevano per contro alcune manchevolezze. Una considerazione a proposito della Guardia Nazionale: Ciconte non illustra l’organizzazione e le funzioni di questa istituzione, dando quasi l’idea che si parli di una struttura analoga alla Polizia Municipale, e ne tace alcuni interventi del 21 settembre, documentati dall’Inchiesta Ara. Alcune sviste, come il personaggio di Pier Carlo Boggio ribattezzato Bobbio, un procuratore del Re che diviene della repubblica, decisamente in anticipo sui tempi, sono errori più che veniali, ma che denotano un editing superficiale. Le osservazioni sull’uso della lingua francese a Torino e da parte della Corte dei Savoia hanno un sapore vagamente neoborbonico.
Un’ultima annotazione riguarda il formato del libro di 12 per 16 cm, più adatto a una raccolta di poesie che a un saggio, visto che penalizza la leggibilità delle tabelle delle vittime, riprese dall’Inchiesta Ara, poste in Appendice.
A conclusione di questa nostra analisi, nata dalla passione piemontesista, dopo aver ringraziato il professor Ciconte per aver divulgato nuovi documenti, commentiamo col detto di Dave Barry «I dilettanti costruirono l’arca mentre il Titanic fu costruito da professionisti».
Ricordiamo sommessamente che alle Giornate di sangue del settembre 1864, Roberto Gremmo ha dedicato il libro La prima strage di Stato (Storia Ribelle, 1999 e 2012): dal titolo si percepisce la sua chiave di lettura che rifiuta la tesi della ‘rivolta campanilista’. A suo tempo, Gremmo ha evidenziato come il massacro fosse una provocazione occulta per ‘dimostrare’ l’ingovernabilità dei torinesi e ‘giustificare’ lo spostamento della capitale a Firenze, tale da costituire la prima provocazione stragista e l’inizio della strategia della tensione.
E il libro di Gremmo, anche se non ha i crismi dell’accademia, è scritto con passione piemontesista
La delegazione “Piemonte e Stati di Savoia” del movimento culturale “Croce Reale – Rinnovamento nella Tradizione” domenica 22 settembre depone un omaggio floreale alla lapide commemorativa dei caduti posta in piazza San Carlo. Da sin.: Paola Meliga, Fabrizio Nucera Giampaolo, Paolo Barosso.
Il 22 settembre 2024, a Torino, in occasione del 160° anniversario delle Giornate di sangue del 21 e 22 settembre 1864, per onorare la memoria dei caduti, la delegazione “Piemonte e Stati di Savoia” del movimento culturale “Croce Reale – Rinnovamento nella Tradizione” ha deposto un omaggio floreale dinanzi alla lapide commemorativa di piazza San Carlo. Alle ore 11:00, le vittime dell’eccidio sono state commemorate durante la funzione religiosa celebrata nella chiesa di Santa Cristina dal rettore don Lorenzo Barbay, nell’introduzione e nell’omelia.
fonte
TORINO 1864 LA PRIMA STRAGE SENZA COLPEVOLI DELL’ITALIA UNITA – Il Lambello