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Un po di Storia dal regno

Posted by on Giu 17, 2016

Un po di Storia dal regno

ho preso due articoli interessanti dal sito Comitati Due Sicilie che meritano di essere pubblicati,

Ferdinando IV e gli usi civici

 

Il problema della terra ha interessato a lungo la storia dell’intero Sud Italia, ove ha dominato il sistema del latifondo, amministrato alla maniera dei Franchi che prevedeva che il feudo rimanesse unito. In Lombardia, anch’essa soggetta agli Spagnoli per molto tempo come il Regno di Napoli, il latifondo era regolato ”iure Langorbardorum”

che faceva sì che il fondo, diviso tra più eredi, si esaurisse nell’arco di poche generazioni. Sui vasti latifondi del Sud Italia gravava…no gli ”usi civici”, che permettevano ai contadini di accedervi per esercitare diritti di pascolo o di messa a coltura. Ma questo sistema è lungi dall’essere risolutivo per le condizioni di vita dei contadini, che restano precarie, perché l’istituto degli usi civici constava comunque di limiti. La stessa diffusione della proprietà privata, che prima delle leggi francesi sull’eversione della feudalità, era comune a tutti o quasi ( era infatti irrisoria la quantità degli impossidenti), non migliorava di molto il tenore di vita dei contadini. Spinto dai consigli degli intellettuali del suo regno, Re Ferdinando IV emanò un editto che sanciva la divisione dei demani con l’obiettivo di creare una piccola e media proprietà contadina. La legge non piacque nè ai baroni, che si vedevano defraudati dei propri privilegi, nè alla borghesia, che mal sopportava di essere scavalcata dai contadini nella censuazione delle fertili terre del demanio. I naturali e i contadini avrebbero sì perso gli usi civici, ma la legge ferdinandea avrebbe permesso loro di compensare questa perdita. Comunque questo decreto fu soppiantato dalle leggi eversive della feudalità emanate dai Napoleonidi : i contadini e i naturali perdono il diritto di esercitare gli usi civici sulle proprietà degli ex feudatari, ma viene loro riservata una porzione di terra affidata in gestione ai Comuni. Su questa fetta si potranno esercitare gli usi civici finché questa non sarà divisa tra i meno abbienti. Ma la divisione ritarda e per di più si assiste all’usurpazione delle stesse terre da parte dei potenti galantuomini, i quali, collusi con le autorità comunali, chiudono i terreni all’uso civico e se li accaparrano. Tale situazione di emergenza e precarietà investe il Decennio francese, la restaurazione borbonica (nonostante i tentativi della Corona di intervenire) e l’unità nazionale, che vide la classe dei galantuomini usurpatori appoggiare il nuovo regime nella speranza di conservare i privilegi di cui avevano goduto fino al giorno prima.

Mauro Terracciano

 

Un identikit di Emile Théodule de Christen nelle carte della Questura

Nel fondo “Questura” (serie “Gabinetto”) dell’Archivio di Stato di Napoli si conserva una nota, priva di firma perché mutila, scritta su carta intestata “Luogotenenza generale del Re nelle Provincie Napoletane / Gabinetto”, e datata “Roma 20 agosto 1861”. In essa lo scrivente comunica alla Questura di Napoli alcune informazioni circa l’emigrazione borbonica nella capitale pontificia.

Di una certa importanza sono le notizie riguardanti il celebre legittimista alsaziano Emile Théodule de Christen, del quale l’autore della nota fornisce una dettagliata descrizione fisica:

Di de Christen non v’ha la fotografia presso alcuno dei fotografi. D’altra parte egli si trasforma spesso. La sua figura naturale però è questa. È di statura mezzana, più tendente al basso che all’alto. Cammina piegando le reni in avanti e spesso colle mani in tasca.

È biondo di capelli, di ciglia e di barba.

Il viso è regolare, se non che ha i [sic] zigomi un po’ sporgenti, l’occhio cenerino, la tinta, naturalmente bianca, delle carni dà un po’ in color rosa sporco, il che pare effetto di bruciatura di sole. Ha i baffi precisamente color di canapa. Chi potesse penetrare nella sua casa troverebbe certe maschere, barbe e parrucche di varii colori, vestiti da prete e da contadino, di tutto ciò era fornitissimo qui in Roma, come pure di armi. Mi ricordo benissimo che il suo padrone di casa avvisò questo Comando francese aver colui due casse, una di pugnali, l’altra di revolver. Ed il G.le Goyon [Charles-Marie-Augustin de Goyon, capo della guarnigione francese di Roma, n.d.r.] impedì alla sua gendarmeria di fargli una perquisizione”.

di Lorenzo Terzi

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