Una descrizione di S. Germano e Montecassino di fine 600 dell’abate Pacichelli
“Il Regno di Napoli in prospettiva”1 è un’opera scritta dall’Abate Giovan Battista Pacichelli, pubblicata postuma nel 1703.
L’opera si compone di tre volumi che contengono la descrizione di 148 città del Regno di Napoli divise nelle dodici province e distinte in carte geografiche con numerose vedute.
La descrizione contiene Origini, Antichità, Arcivescovati, Vescovati, Chiese, Collegi, Monasteri, Ospedali, Edifici famosi, Palazzi, Castelli, Fortezze, Laghi, Fiumi, Monti, Nobiltà, Uomini illustri, Armi e Santità, Corpi e Reliquie di Santi. Riporta anche la numerazione dei fuochi e dei regi pagamenti.
Il primo volume inizia con una descrizione generale del Regno di Napoli. Alla fine del terzo volume vi è un’appendice cronologica con:
Elenco dei sommi Pontefici e Cardinali nati a Napoli e nel Regno.
Dominazioni dopo la caduta dell’Impero romano.
Cronologia dei duchi e principi di Benevento Principi di Benevento
Principi e conti di Salerno
Cronologia dei duchi di Napoli e di Gaeta Cronologia dei Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi, Francesi.
Indice delle province, città, terre, famiglie nobili del Regno.
Dal primo volume riportiamo la descrizione di S. Germano e Montecassino (pagg. 128-132) con una veduta di Montecassino (incisione del 1692) e la carta geografica relativa alla Terra di Lavoro.
Di S. Germano, e Monte Casino
Non è solo nel Monte ristretto il pregio del Santuario. Alla Venerazione invita ancora la sua Pianura, cioè a dire la Città, o la Chiesa di S. Germano, che vi da il passo, e se si vuole il riposo; pendendo tutto da un cenno. E’ questa, memoria più fresca di un’altra vicina, e del Santo Arcivescovo di Capoa cosi chiamato, eretta da S. Bertario Abate dell’Ordine, che risplende sotto, e sopra di S. Benedetto, e dell’866. Vi esercita il Prelato, o Presidente Casinense, doppia, e intiera giurisdittione, con alzarvi lo stendardo per la Fiera, e conferirvi il Sagro Crisma. E’ di considerabile ampiezza per due miglia di giro, abbellita de’ Fonti, e colma di Popolo, e di Artisti, massimamente Agorai, e Conciatoi di pelli. Mostra la Colleggiata di S. Salvadore servita da Preti, i Mosaici nel suolo, gli Alabastri nell’Altare dell’Eucharistia, e rari coloriti in quel della Croce. Nel sagrario in più vasi, delle Spine, Legno, Capelli, Presepe, Veste, Colonna, e Sepolcro del Signore, del Velo della B. V. della sua Cintura, Frammenti di più Apostoli, Martiri, Vergini, e Confessori; della Manna del Deserto; delle Teste di Santa Caterina, e Maria Maddalena, del Dito di San Germano, e il Capo del sudetto S. Bertario. Posseggon le Suore di Santa Scolastica l’intiero Corpo di S. Germano, dal quale dicon che non fù potuto da divoti Francesi staccare il capo. Nel vecchio tempio della Madonna del Riparo lascia un Fonte pescar le Trotte. E nel palazzo grande soggiornano, il Vicario Generale, due Celerai, tal volta l’Abate, e gli Hospiti, con ordine, e Liberalità. Somministrando Muli, e Lettighe per l’erta salita non già noiosa, di tre miglia, o poco più. Le stanzan fuori i Cappuccini, gli Osservanti, e i Predicatori, e le sovrasta per difesa un’antica Rocca fatta ergere dall’Abate Aligerno.
Apparisce da lungi l’Arcimonastero, in guisa del Castello Regal di Sant’Eramo nelle vicinanze di Napoli: fra colli, e verdure si scuopron Terre, Casali, e avanzando, fino al Mare, con più Città. In una Rocca, e nel chiesino, hor detto di Santa Croce, si adorano i vestigi del corpo, e de’ muscoli impressi dal Santo Patriarca, nell’horribile scuotimento fattogli dal Nemico: à mezo il camino l’altro di Santa Scolastica raccorda le spirituali conferenze di questi Santi, Fratello e Sorella. In cima gli ombrosi passeggi, non pur frà gli Allori, Pini e Cipressi, che nelle partigioni degli Olivi, e dei Frutti, con la melodia degli Uccelli, fan prova di un Ciel terreno. Questo Monte non hà che invidiar al Marsico, o al Falerno; ed accoppia salubre fertilità. Rendea già culto superstitioso ad Apollo col simolacro diroccato da Santo Padre, c’hebbe il luogo in dono da Tertullo Patrizio Romano presso il Convento hoggi de’ Capuccini, e mostra i frantumi dell’Anfiteatro, parte della Villa delitiosa di M. Terentio Varrone, con altre antiche, e magnifiche reliquie. Lo bagnano i Fiumi, che scendono à porger tributo al Garigliano, e l’adornano altre fabbriche, rimaste alla barbarie de’ Saraceni, e dè Gothi. Somministrano i prati pascolo à gli Animali, onde si compone Butiro esquisito, e grasso Formaggio; restandov’i siti più propri per le caccie, di varia specie. Può gustars’in una Vigna, l’Acqua fresca, e leggiera del Pozzo rinuovato di S. Rachisio de’ Rè Longobardi: e in un’altra più vicina sceltezza di uve.
Ma passando le mura, larghe cinque, o sei palmi, aperte con replicata porta di ferro, guardate con colobrine, le quali pure han l’aspetto nella fronte, con ordine doppio di fenestre verso Levante, si vede la statua del Servo di Dio.
Quindi conduce un colorito portico ad un altro maggiore, che sostiene il sito giocondo per divertirsi chiamato volgarmente il Paradiso, e fà salire al gran cortile renduto illustre con le Colonne, e Statue di marmo, de’ Cesari, Pontefici, ed altri Heroi dell’Ordine. Introduce un altro Chiostro, al Refettorio de’ Monaci, e all’Hospitio pe’ Forestieri sani, ed infermi, esponendo con diverse lamine dentro una Sala, co’ lor nomi, le diciotto Ville, o Terre del Monastero.
Si passa ben tosto nel Tempio, già dedicato a S. Gio: Battista, hora a S. Benedetto, di pietra, distinti in tre ale, da colonne di otto cubiti, luminoso, col pavimento di mosaici, arricchito di stucchi ad oro, e de’ più rari tocchi del pretioso pennello del Cavalier Massimo, e di Luca Giordano.
Venne già consagrato con pompa, e concorso di Porporati, e di Principi da S. Zaccaria Papa, e da Alessandro V e con Bolla di Papa Innocenzo XI è stato dichiarato Catedra qui della Giuridizzion Monacale, e primario, stante i voti della Sagra Ruota, e della Congregation de’ Vescovi, e Regolari.
Tredeci sono le sue Cappelle cominciate con singolare sontuosità, di marmi, e di cupole. Splende frà gl’argenti quella del Santissimo, e di S. Bertario frà l’Urne, e le Statue: de’ Santi Guinnazzone, e Gennaro, Costantino, e Simplicio, con le Ceneri a parte: di S. Martino co’ sepolcri de’ Divoti: altre co’ vaghi cancelli: e sotto spetialmente, fra le pietre più prezzate, e più rari artifizi del Cavalier Fansago, il deposito con le statue giacenti, de’ Santi Benedetto, e Scolastica, fra’ disegni del Bellisario illuminati con tredeci Lampane.
Della vera esistenza qui del corpo del Santo Padre, contro il senso de’ Francesi, che stia frà loro nel Monastero Floriacense, già trasportato quando si disfè barbaramente il Casino, sì come piacque al P. Giovan dal Bosco di Parigi, Celestino di Lione: Scrive con esquisitezza il P. Matteo Loreto di Cervara Spagnuolo, Abbate di S. Salvadore de’ Castelli.
Apre il Choro di dietro, finissimi lavori di Minio, ne’ Pergameni: La Sagrestia, pitture scelte, e ricche suppellettili, con la Fistola di argento, già usata da’ Laici nel succhiar dal Calice il Sangue del Redentore, un Calice d’oro donato dal Cardinale Antonio Barberini: Tre Denti con la Mascella, Veste, e Cilizio del Precursore di Christo, un Capitolo della Regola del Santo, scritto in buccia d’albero diverse Braccia, e Teste di Santi, di tutti gli Ordini: Ossa de’ Sant’Apostoli: una Carafina di Latte della B.V. una di sangue miracoloso di un Crocefisso percorso da un Giudeo, e quantità di altre Reliquie. Giace il Soccorpo del Santo alla Tribuna co’ tre vaghi Altari: il Cemeterio de’ Monaci alla Torre delle grosse Campane; in Albaneta, luogo di diporto, sta fissa la memoria di Sant’Ignatio Lojola, il quale spiritualmente col P. Ortiz vi si esercitò. La Biblioteca di tre mila volumi stampati, e quasi cinquecento manoscritti, diminuita per migliaja nel sacco de’ Barbari, e dalla dolce rapina forsi di un qualche Amorevole: si ripone in sesto, apparendo singolari nel pergameno le Opere di Gieremia, diversi Homiliari di Santi Padri, Concilii, & altre. Non distante, dal più picciolo, e più libero, si vede il lungo Refettorio, con la meravigliosa Tavola del Bassano, ch’esprime la moltiplication de’ pani, e de’ pesci, ravvivata dal Santo, con le fonti di marmo scherzanti fuori. Sono di ambito assai disteso altri corpi di fabbrica: osservabili anche il Novitiato, l’Infermaria, il modesto, ma comodo Quarto dell’Abate, le Scuole, le Officine di ogni sorte, le Cantine, e ciò che può cader nel pensiero. Sovra tutto gradiscono a chi ha buon gusto, l’Archivio dichiarato publico dalla Sagra Ruota Romana, con le vecchie scritture, e la Spetieria co’ migliori medicamenti. Le tre stanze poi santificate dalle opere illustri del Glorioso Patriarca, rapiscon l’oggetto della mente, e dell’occhio, per le tavole pur del Bassano, di Andrea di Salerno, del Car. Gioseppe di Arpino, e per le dovitiose, e rare supellettili, co’ pavimenti che non ardisce calcare il piede. Piace a chi che sia, ad un miglio fuori il divoto sequestro di Albaneta; ed il pio appetito per tutto si appaga. Si può veder meglio quel, che ne riferisce nelle novelle note alle Cronache l’erudito P. Abate, e Arcivescovo di Rossano, Monsignor Angelo Noce.
In somma questo luogo è stato felice habitatione, e tumolo venerabile di migliaia di Santi, anche Sagrificati, sì come diremo, alla fede dal furore de’ Barbari. Possiede ventiquattro mila ducati annui di rendita, con gravi pesi. L’Abate, che già si confermava dall’Imperadore, e coronava dal Papa spesso univa il Cardinalato, e la Legatione, per la Campania, Principato, Calabria, e Puglia, con la Dignità di Gran Cancellier del Reame, chiamato dal Sommo Pontefice Reverendissimo, e Fratel Carissimo, ritenendone fino a quattro, il nome, e l’honore, su la Soglia di S. Pietro; senza però mai ardire di farsi chiamar Benedetto: sì come scrive il P. Scipion di Piacenza ne’ loro Elogi, Hoggi si concepisce per lo primo Barone del Regno, e si mantiene autorevole, oltre i Feudi propri del Monistero, alla Serra in Abruzzo, a Cetrara in Calabria, S. Pier d’Avellana in Molisi, con esiger altrove Censi di gran profitto. Dè suoi privilegi riporta molto nel Bollario il P. Abate Margarini.
Frà quegli di Giustiniano Cesare si annoveran le Donationi delle Città di Sessa, Fondi, Lacedonia, Cajazzo, Arpino, Sora, Gaeta, Sulmona, Venafro, Penna, Teano, e l’intiero Abruzzo, così notò il Freccia de Subfeud. al p. fo. n. 57.
Qui vestiron la Sagra Cocolla due Teste Coronate S. Rachisio, e Carlo Manno, altretanti Primogeniti Regali, e molti Sovrani. Vi presero caro, e divoto alloggio ventiun Rè, ventitrè Papi, e sedici Imperadori. Fù scuola giurata con l’Iinstituto à settantadue Vescovi, trenta Arcivescovi, quarantaquattro Cardinali, cinque Papi, e cinque mila cinquecento frà Martiri, e Santi. Vi applico a gli studi il Grã Cassiodoro, il B. Pier Damiani, S. Gregorio Papa, ed altri di eccelso grido. Da tutto il Mondo Cristiano sì come ad apprender dal suo esempio Monastico: però vi concorrono, e cortesemente si ricevono i Forastieri, i quali nell’anno Santo di Urbano VIII contaronsi a settanta mila. Ne torna ogni Hospite in sommo edificato, e per pretiosa tellera porta seco le Medaglie, più stimate per l’espressiva che per la materia. Conchiude bene il gran Cardinal Baronio: Absq; trepidatione mendacii asstri jure potest, nullum unquam toto Christiano Orbe exritisse aliquod Monasterium, ex quo tot Vari Sanctitate conspicui, atque Doctrina tanta numerositate ad regimen Sanctæ Apostolicæ Sedis adsciti fuerint, ut planè dici possit, fuisse idem aliquando Seminarium Sacrorum Antistitum.
1 Consultato presso l’Archivio di Stato di Napoli.
Alceo Morone
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