Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

UNA PRESENZA TEMPLARE A SUIO, NEL LAZIO MERIDIONALE

Posted by on Nov 17, 2024

UNA PRESENZA TEMPLARE A SUIO, NEL LAZIO MERIDIONALE

Suio è un piccolo paese di collina, in provincia di Latina, una volta Terra di Lavoro e a 70 km da Napoli e a 10 Km dal mare.

Antica contea, dagli inizi del secolo scorso è stato aggregato, insieme con il suo territorio, al comune di Castelforte, di cui ancora oggi è una frazione. A testimoniare la sua antica nobiltà, i ruderi del castello turrito ancora dominano la sottostante piana del Garigliano.

 La zona ha origini più remote della stessa Roma: gli Aurunci, popolazione italica pre-romana, vi avevano edificato la loro città più importante, Vescia, ricordata da Tito Livio nelle sue storie, distrutta dai romani dopo la vittoria riportata sulla Lega Latina, di cui gli Aurunci, insieme con gli altri popoli del Lazio, facevano parte. Per assicurare la vittoria al suo esercito, il console romano Publio Decio Mure si immolò volontariamente agli dei in sacrificio umano: è quanto avvenne nelle campagne di Suio il giorno precedente la cruenta battaglia  fratricida che vide contrapposti due eserciti, quello romano e quello latino, fino a poco tempo prima alleati e formati alla stessa scuola militare. La battaglia, denominata del Veseris dall’antico nome dell’attuale piana del Garigliano, assicurò ai Romani il dominio definitivo sul “Latium Novum”, le attuali province di Latina e Frosinone a sud di Roma.

Dell’antica Vescia non si conosce neanche il sito esatto. Ma tre iscrizioni di epoca imperiale ne ricordano l’esistenza. La  prima menziona un “Pagus Vescinus”,  che con un impegno finanziario volle dotarsi di un teatro; la seconda celebra Settimio Severo che “sua pecunia” lastricò la strada che da Minturnae, città sulla costa e sulla via Appia, conduceva ad “Aquas Vescinas”; la terza è un ex voto posto da due “servi dispensatores” al “Genio Aquarum Vescinarum” perchè fosse garantita la salute, la vittoria ed il ritorno di Antonino (=Caracalla) e Geta, suo fratello, figli di Settimio Severo, impegnati, nel 211-212 d.C., in una impresa bellica in Britannia. Torneranno entrambi, il primo per essere ricordato dalla Storia, il secondo, invece, per vedere il suo nome cancellato perchè colpito addirittura dalla “damnatio memoriae”, dopo essere incorso nella dura legge della giustizia romana, perchè accusato di aver cospirato contro il fratello imperatore.

Aquae Vescinae: sono le sorgenti di acqua termale solfurea di cui Suio è ricca. Per i romani erano miracolose, al punto che, come abbiamo visto, persino l’imperatore si era interessato ad esse. E’ ancora visibile qualche rudere delle antiche terme imperiali , opera di alta ingegneria per l’epoca, sul cui modello fu poi costruito il complesso gemello di Bath, in Inghilterra, ancora esistente. Di Suio, invece, esiste solo la descrizione degli scavi di inizio secolo, perchè l’ultimo conflitto mondiale, nella sua furia devastatrice, ha travolto tutto quanto era tornato alla luce.

Anche  Lucano ammira la bellezza della zona e, nella Pharsalia, poeticamente canta “Umbrosae Liris per regna Maricae Vescinis impulsus Aquis”, il Liri (=Garigliano) è sospinto dalle Acque Vescine attraverso i regni verdeggianti di Marica (ninfa a cui i boschi della zona erano sacri).  Plotino, poi,  pensava a Suio quando ideava la sua “Platonopoli”.

Tramontato l’impero romano, la benedettina abbazia di Montecassino, nell’immediato retroterra, estese i suoi possedimenti fino a Suio e fece delle Acque Vescine un santuario per la cura del corpo e dell’anima.

Forse a Suio erano ubicate “chelle terre per chilli fini che li contene” a cui un contadino faceva riferimento allorchè, chiamato come testimone in un giudizio per l’attribuzione di una proprietà, nel suo dialetto (e non in latino – lingua ufficiale – evidentemente a lui sconosciuta) rese una deposizione, fedelmente trascritta: è il primo documento in volgare, la Postilla Amantina, l’inizio della nuova lingua italiana. Ma se “chelle terre” non erano proprio a Suio, sicuramente erano nelle vicinanze, perchè il Monastero di Montecassino che quelle proprietà “trenta anni li possette” estendeva il suo dominio su tutta una zona che, nei punti estremi, non dista più di 50 km da Suio.            Ai tempi di Federico II era di Suio un consigliere imperiale, tale “Tommaso da Suio”, contemporaneo dei più noti Taddeo da Sessa  (città campana a 20 km da Suio) e Pier delle Vigne. Siamo ai tempi delle crociate e dei Templari. E proprio a quest’Ordine appartiene la croce scolpita in rilievo su una pietra posta all’inizio della scalinata di accesso all’antico tempio di S. Maria in Pensulis, chiesa ai piedi di Suio.

La chiesa, ridotta oggi ad una masseria in evidente degrado ed abbandono, era una bella costruzione “in pensulis”, pensile, cioè in alto rispetto al piano di campagna. Edificata a lato della menzionata strada di Settimio Severo, ancora oggi esistente anche se non più lastricata, sorgeva su edifici preesistenti, come testimonia la sovrapposizione di stili, particolarmente evidente sul lato posteriore, dove si nota un’opera poligonale, sicuramente resto di una villa imperiale. Nelle campagne circostanti, a conferma delle origini romane, sono stati rinvenuti sarcofagi strigilati del I-II secolo d.C. La chiesa era a tre navate, senza abside e transetto, con copertura a capanna, ed era ornata da un bel rosone che ancora oggi campeggia sul portale della navata centrale. Al di sotto della chiesa, a livello del piano di campagna, vi sono  corridoi con volta a botte, che dovevano essere o re i magazzini per i prodotti agricoli o  stalle per gli animali. Una grossa macina in pietra, rinvenuta a poca distanza dalla chiesa, testimonia l’esistenza di un mulino.

E, come già detto, una croce templare in rilievo è scolpita su una pietra dalla forma a semicerchio, quasi una lunetta, oggi posta all’inizio della gradinata di accesso alla chiesa.

Che interpretazione dare? Non ci sono elementi storici per asserire la sicura presenza di templari a Suio, ma l’ipotesi non è da scartare del tutto. Vediamo perchè.

1 – Il Garigliano rappresentava  una via d’acqua importante per arrivare dal mar Tirreno all’entroterra cassinate, dove sorgeva l’abbazia di S. Benedetto. E’ documentato che questa via sia stata seguita anche da pirati saraceni che fino al X secolo imperversavano nella zona, al punto che, per assicurare il possesso della regione alla cristianità fu necessario approntare un esercito e sconfiggere i saraceni nella battaglia del Garigliano del 910 d.C. Dopo quella battaglia, la zona fu dotata di sistemi di difesa, quali torri e castelli. Costituitosi l’Ordine dei Templari, questi avrebbero potuto avere l’incarico di presidiare e difendere uno dei centri più importanti del cristianesimo.

2 – I papi avevano la loro residenza ad Anagni, non distante da Montecassino. La loro difesa era affidata ai Cavalieri del Tempio. Templari, quindi, erano presenti nella zona e potevano essere presenti anche nella terra di S. Benedetto. I Cavalieri del Tempio erano ad Anagni anche quando il Nogaret si rese autore del famoso “schiaffo”. Lo stesso Nogaret sarà il più spietato accusatore dell’Ordine, evidentemente convinto che la milizia templare poteva rappresentare un’insidia per la corona di Francia, in quanto era ubbidiente al papa e del tutto indipendente dal re di Francia, al punto da resistere al disegno di questi di affidare al proprio fratello la Gran Maestria. Sbarazzarsi dei Templari con le accuse più infamanti significava stroncare la minaccia di un possibile fronte interno sul suolo francese ed indebolire ulteriormente il papato nei confronti della corona. Al papa, senza più un esercito, non rimaneva altro che la sola forza morale di cui il Nogaret, già scomunicato per l’oltraggio di Anagni, non si curava. Ma la stessa forza morale non sarebbe stata più tanto incisiva se tutta l’organizzazione ecclesiale e clericale veniva di riflesso discreditata dalle gravi infamie di cui i Templari erano accusati.

3 – Federico II fu spinto, pena la scomunica, ad indire la crociata. Ma sappiamo quanto egli temporeggiasse, perchè non convinto della bontà dell’impresa (in Sicilia non erano forse suoi sudditi fedeli proprio quei “mori” che si intendeva andare a combattere in Terra Santa?) In questo temporeggiare è possibile immaginare che, per dimostrare le sue buone intenzioni, abbia iniziato a destinare al Tempio beni che potessero procurare i mezzi necessari per una guerra. In questa sua elargizione, magari su suggerimento proprio di Taddeo e Tommaso, suoi consiglieri originari entrambi della zona, avrebbe potuto ben inserire tra i beni destinati al Tempio anche possedimenti di Suio, la cui ricchezza agricola è ancora oggi riconosciuta.

Sono delle ipotesi di  fanta-storia: magari nessun documento verrà mai alla luce per indicare la presenza templare a S. Maria in Pensulis.

Rimane un fatto: in un pomeriggio di un giorno di ferie, quando il caldo ti spinge dal mare verso la campagna alla ricerca di un po’ di frescura tra gli alberi abbondanti di invitanti frutti della bella stagione, scoprire per caso un simbolo della nostra tradizione è un’emozione intensa. Nonostante la melodia delle cicale, l’allegro scorrere di un vicino ruscello e i profumi della campagna, ritornare ai libri a trovare lumi e conferme è una gioia immensa. Non sta forse scritto che ritrovare la dracma smarrita dà la stessa felicità che si prova nel Regno dei Cieli?

fonte

https://www.signahominis.ch/Templari_a_Suio.htm

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