Un’altro lato oscuro del Risorgimento: I Carderari
Tutti abbiamo sentito parlare della Carboneria, il che per una società segreta è quantomeno strano, e si tratta forse dell’unica società segreta al mondo ad avere un commento positivo sui libri di storia, per il ruolo patriottico svolto in preparazione del Risorgimento. Ma chi erano i Carbonari? Le origini della Carboneria sono oscure, si pensa che sia nata alla fine del 700”, modellata sulla falsariga delle Compagnonnage, con una forte affiliazione massonica e illuministica.
Dapprima favorevole al messaggio della Rivoluzione Francese, diventa poi acerrima nemica dell’imperialismo francese prima, di Bonaparte poi. La Carboneria patriottica, quella celebrata dai libri di storia e dei ricordi di Mazzini, si sviluppa in Campania agli inizi dell’800” in funzione antibonapartistica, (Giuseppe Bonaparte era Re di Napoli, ed i Borbone, in esilio in Sicilia), Gioacchino Murat, il successivo re di Napoli, si dimostra un abile politico, e riesce ad ingraziarsi la società, così alla sua morte, con la Restaurazione gli amici di un tempo si dividono, e la Carboneria applica una politica antiborbonica che la rende sgradita ai vincitori dell’orco corso.
Proscritta e bandita da tutti gli stati italiani, la Carboneria si espande, e nel 1819, secondo un rapporto di polizia austriaco, conta circa 300.000 iscritti, di cui 200.000 nel regno di Napoli e 60.000 negli Stati pontifici. Tutta Europa conobbe allora forme di organizzazione e di lotta politica di questo tipo: in Russia, le due Società detta l’una del Nord e l’altra del Sud; in Francia, la Carboneria, gli Adelfi e i Filadelfi; in Grecia la Eteria; in Spagna, i Carbonari, i Massoni, i Comuneros. Queste associazioni operavano in segreto ma avevano contatti e canali di comunicazione. Potevano così organizzare moti e insurrezioni contemporaneamente in diversi stati come avvenne nel 1820.
I Carbonari avevano una organizzazione molto rigida, con strutture di comando ben definite. La loro organizzazione era diretta dal centro, da una “grande vendita” di cui facevano parte pochi membri. Gli ordini venivano trasmessi da questa a varie “baracche” o “vendite locali”, composte di venti affiliati, detti anche “cugini”. I “cugini”, all’atto della loro entrata nella Carboneria, erano detti “apprendisti” e conoscevano solo in parte la struttura e gli scopi dell’organizzazione. Dopo un periodo di prova, entravano a far parte del grado superiore, diventando “maestri” . Nella Carboneria vigeva il gradualismo, per cui il programma dell’associazione veniva rivelato solo gradualmente all’adepto via via che dai superiori era ritenuto degno di essere iniziato ai segreti. Questa gradualità non era dovuta solamente alla necessità di mantenere la segretezza ma aveva principalmente una funzione di iniziazione pedagogica. Di solito la Carboneria era divisa in tre gradi: apprendista, maestro e gran maestro. Il loro obiettivo era, in generale, la conquista di una costituzione; ma nell’Italia settentrionale – il Lombardo-Veneto – si lottava anche per la conquista dell’indipendenza dalla dominazione austriaca; nello Stato Pontificio si chiedeva, invece, un governo laico dopo tanti anni di governo ecclesiastico; i carbonari della Sicilia esigevano che l’isola diventasse uno Stato separato da quello di Napoli contrariamente a quelli di Napoli che volevano tenerla unita al regno. La Carboneria aveva due grandi difetti: la mancanza di un’organizzazione centrale, capace appunto di collegare fra loro le diverse iniziative regionali secondo criteri unitari e organici e il carattere misterioso dell’associazione i cui membri ignoravano talora persino i programmi e l’identità dei loro capi e dovevano spesso sottoporsi a riti strani ed incomprensibili. Inoltre, l’origine degli associati faceva della Carboneria un’associazione troppo chiusa e ristretta per poter formulare vasti programmi a carattere nazionale. L’assenza delle classi popolari fu infatti una delle principali cause degli insuccessi, ai quali fra il 1821 e il 1831 andarono incontro i moti carbonari in Italia.
Non c’erano solo sette organizzate per affermare nella società le idee liberali e quelle democratiche radicali. Anche coloro che volevano combattere fino in fondo le conseguenze della Rivoluzione francese e dell’Illuminismo si organizzarono in società segrete. Già in Francia, negli anni della Rivoluzione, c’erano state organizzazioni di questo genere. Anche in Italia si diffusero negli anni della Restaurazione società segrete dello stesso genere. Si conoscono vari nomi: i “Calderari”, che operavano nel Regno delle Due Sicilie, le Amicizie Cristiane, di ispirazione cattolico-rivoluzionaria, i Cavalieri della Fede attivi in Francia.
A differenza delle sette rivoluzionarie quelle reazionarie si servirono del segreto solo per combattere meglio i progressisti giacobini; esse lavoravano al servizio della polizia, del clero e dei governi e ne ottennero mezzi e protezione. I Calderari erano i più agguerriti e decisi, tra di loro si chiamavano Leviti, ed utilizzavano Parole di Passo, speciali parole da utilizzare come parole d’ordine, da inserire casualmente nelle frasi. Le parole di passo erano sempre ispirate al Credo Cattolico. Il segno di riconoscimento era un rasoio con incisi alcuni geroglifici, al contempo arma rituale, strumento magico e segno di riconoscimento. Con il rasoio ed una speciale mannaia i Leviti dovevano infatti “ Preparare la Mensa”, cioè eliminare i Carbonari, da loro definiti Apostati. I membri di tutte le altre società segrete per loro erano dei nemici che dovevano essere distrutti, ma i Carbonari erano i loro più acerrimi nemici, e li ricambiavano di un uguale odio. Cominciò così una guerra notturna di agguati, uccisioni e sparizioni, in cui la polizia e le autorità restavano da parte se ad agire erano i Calderai, intervenivano se i loro alleati non ufficiali erano in difficoltà. Figure ammantate si scontravano in luoghi isolati, cadaveri mutilati venivano ritrovati al mattino, qualcuno spariva come se non fosse mai esistito, e strani simboli si vedano scritti con il sangue sulle porte. La gente aveva paura a parlare persino con amici e familiari, poiché si sapeva che chi parlava troppo rischiava dei guai, nella migliore delle ipotesi riceveva un avvertimento sulla propria porta, nella peggiore spariva. Le squadre di assassini delle due organizzazioni colpivano anche fuori dai confini dello stato, inseguendo le personalità eminenti ed i bersagli designati anche all’estero. La loggia calderara era accresciuta anche da ex componenti della carboneria, dalla quale erano stati allontanati in epoca murattiana, ed era suddivisa in curie. Gli affiliati erano tripartiti gerarchicamente in Amico Cavaliere, Principe e Gran Principe. Tra di essi era in uso un linguaggio criptico e un ricco catalogo gestuale finalizzato al riconoscimento degli aderenti e alla loro comunicazione. Poco tempo dopo la sua formazione l’associazione crebbe in importanza e potere. Godendo del favore del governo agì spesso senza controllo. Quindi i Calderari erano i componenti di un’associazione segreta esistente nel Regno di Napoli durante la Restaurazione, ed il suo scopo era di difendere contro massoni, carbonari e giansenisti la religione cattolica e la monarchia dei Borboni. È certamente legata alle ‘unioni’ segrete borboniche del 1799 e del 1806-08. Ebbe vita breve: il principe di Canosa tentò invano di ravvivarla nel 1816 e nel 1821. La società dei Calderari, definita anche «del contrappeso», perché la loro attività era contrapposta a quella dei carbonari, è conosciuta come società reazionaria, che perseguì una politica finalizzata al controllo del territorio. Fu istituita nel 1816 per volere di Antonio Capece Minutolo, principe di Canosa e ministro di polizia del Regno delle Due Sicilie. La setta conobbe tuttavia un rapido declino: ambasciatori di Austria e Russia fecero sì che il 14 giugno del 1816 il Minutolo fosse esautorato e che riprendesse vigore la legge del 4 aprile 1814, che proibiva la creazione di società segrete.
Per quanto privata del suo fondatore e delegittimata, l’organizzazione calderara proseguì la propria attività clandestina fino alla dissoluzione definitiva. I suoi membri confluirono in altre associazioni, alcune anche vicine alla carboneria.
Alla fine i Carbonari, più numerosi e meglio organizzati prevalsero, eliminando fisicamente quasi tutti i Calderai, tranne i capi di spicco, che decisero che era più salubre occuparsi d’altro, lasciando l’organizzazione. Nel frattempo Garibaldi si preparava a Quarto, e le armate piemontesi mostravano i segni di un appetito da sorvegliare. Ma per circa un ventennio, il Risorgimento aveva mostrato un volto cupo e sanguinario, con figure più simili ad incubi seriali che a inamidati signori in tuba, impegnati a discutere di ideali filosofici ed insurrezioni romantiche stile Pisacane. Il Risorgimento aveva mostrato le zanne, e le zanne grondavano sangue, un calcolo esatto sui caduti di questa guerra segreta non è mai stato fatto, ma si parla di diverse migliaia di morti, un tributo taciuto dai libri di storia, che hanno stilizzato in pochi gesti e pochi fatti un periodo in cui la vita umana valeva tanto quanto oggi, e con la stessa noncuranza veniva spenta.
Quella dei Calderari fu un’associazione segreta reazionaria, legittimista e filo-borbonica, costituita agli inizi del XIX secolo in opposizione alle sette antimonarchiche e filo-francesi della Carboneria e affini, queste ultime di matrice illuminista e liberale.Il movimento si mosse in difesa del cattolicesimo e del monarchismo napoletano, delle realtà locali contro l’azione livellatrice esercitata dal bonapartismo.
L’organizzazione avrebbe, secondo fonti del Ministro Donato Tommasi, garantito l’ordine nel momento del passaggio da Murat a Ferdinando I e poi sarebbe finita in sonno fino al 1816 quando il Principe di Canosa l’avrebbe riorganizzata ponendosene a capo per guidarla nella lotta contro la Carboneria.
Il Principe di Canosa, Antonio Luigi Raffaele Capece Minutolo, probabilmente a capo della setta dei Calderari. Politico, scrittore e nobile italiano. Definito spregiativamente da Benedetto Croce «il Don Chisciotte della Reazione italiana», fu il più importante pensatore controrivoluzionario e legittimista delle Due Sicilie. Definito spregiativamente da Benedetto Croce «il Don Chisciotte della Reazione italiana». La fede ed il blasone lo portarono presto ad essere ascritto quale fratello del Real Monte e Arciconfraternita di San Giuseppe dell’Opera di Vestire i Nudi, istituzione benefica e gentilizia di Napoli, portandolo alla carica di Sopraintendente nel 1797. All’arrivo dei francesi nel regno di Napoli Canosa si unì, finanziando la leva e l’armamento di truppe, alla resistenza attuata dai Lazzari; propugnò anche l’antico diritto della città (ovvero alle assemblee aristocratiche dette sedili) di rappresentare il re. Arrestato dai francesi, scampò tuttavia alla condanna a morte solo per la brevissima durata della Repubblica Napoletana. Al momento della seconda discesa francese, rimase al fianco del re, trasferendosi in Sicilia. Venne incaricato della difesa degli ultimi lembi del territorio ancora in suo possesso, le isole di Ponza, Ventotene e Capri; nonostante la perdita di Capri, conquistata da Gioacchino Murat, riuscì a mantenere le altre isole. Alla fine del decennio francese, nel 1816, quando Ferdinando ritornò sul trono di Napoli, venne nominato ministro della polizia. Canosa cercò di opporsi alle correnti sovversive, non tanto attraverso la repressione, che pure attuò, quanto con un’opera di propaganda di stampo reazionario, culminata con la costituzione della società segreta dei Calderari. Ma le sue iniziative ebbero scarso successo, e lo resero diffusamente inviso, tanto che fu alla fine sollevato dall’incarico ministeriale.
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