Alta Terra di Lavoro

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Un’ora nel cratere dello Stromboli di Alfredo Saccoccio

Posted by on Ago 6, 2019

Un’ora nel cratere dello  Stromboli di Alfredo Saccoccio

Partita da Napoli nella notte, la “Laurana” giunge in vista di Stromboli nell’ora in cui, come diceva Omero, “l’aurora dalla dita rosate” appariva nella sua culla di bruma. Il grosso ferry-boat bianco contorna lo scoglio di Strombolicchio, guglia rocciosa , su cui è stato costruito un faro, e fa un semigiro per incollare il suo culo piatto ad un piccolo molo di calcestruzzo. Le eliche sollevano una bolla bianca che spicca sulla sabbia nera della spiaggia. Flash del sublime bianconero dello “Stromboli” (1950) di Roberto Rossellini. Un canapo color arancio vola verso la banchina. Una dozzina di pedoni scappano, nessuna vettura discende. A Stromboli, solo i tricicli Piaggio con le loro ruote all’interno si intrufolano nelle stradine selciate di pietra vulcanica, scorticando i muri imbiancati di bianco di questa splendida isola delle Lipari. In un rumore d’esplosione molto attutito, un pennacchio rosso si invola al di sopra della cima, 926 metri più in alto. Iddu (“lui” in siciliano) fa così da più di centinaia di secoli. E’ il solo vulcano d’Europa in attività continua. In questi ultimi tempi, è trecento volte al giorno. Gli isolani mal svegliati che attendono sulla banchina non hanno battuto ciglio. Essi vivono su di un cono pieno di magma, la cui base riposa a 2000 metri sotto la superficie delle acque. L’isola vulcanica rende zen, è così. Giorgio Napolitano vi si riposava dalla politica, quindici giorni all’anno. Contrariamente a Dolce o Gabbana che giungevano in yacht, il Presidente della II Repubblica italiana sbarcava dalla “Laurana” all’alba, agghindato dietro i suoi Ray Ban Stromboli. L’isola offriva all’ottantottenne “un distacco e un abbandono profondi”. Di fronte all’imbarcadero, c’è un piccolo tamarindo e, sotto la sua ombra dolce, sei poltrone di plastica rossa. Tra due sorsate di espresso-liquerizia, il giorno risveglia il profumo dei fiori di limone. Le targhe d’immatricolazione dei triclicli dicono : Palermo, Sicilia. Il cratere, là in alto, fuma giorno e notte. E’ là che gli eroi di Jules Verne sono emersi discretamente, dopo il loro viaggio al centro della Terra (a causa dello “spirito superstizioso degli Italiani”, essi avevano paura a passare per “demoni vomitati dal seno degli inferi”). Ogni fine pomeriggio, salvo quando la meteorologia tiene troppo il broncio, un segmento umano lascia la piazza della chiesa : un centinaio di escursionisti sono autorizzati a salire fino al cratere e a soggiornarvi un’ora. I gruppi sono disposti per lingua, ognuno con la propria guida. Mario è inglese. Regolarmente Mario interrompe il sentiero ripido per un discorsetto, il tempo di lasciare asciugare il sudore sui volti. Se lo scirocco non vela l’orizzonte di giallo, si vedrebbero tutte le coste meridionali dell’Italia, dalla Calabria alla Sicilia : come un immenso anfiteatro di cui Stromboli, il “faro del Mediterraneo”, sarebbe il centro, da cui 7000 anni di civiltà ci guardano. Ci si è battuto qui prima dell’età del bronzo per l’ossidiana, la pietra di vetro. Da cui si costruivano i coltelli. Mario giura che il sentiero sabbioso in cui le suola imprimono ora il logo Quechua è stato tracciato dai Greci. Ne “L’Odissea”, Ulisse giunge a Stromboli, dopo essere sfuggito alla collera del ciclope Polifemo e si fa ricevere da Eolo, che gli fa dono dell’otre dei venti. Alcuni secoli più tardi, Plinio il Vecchio decriptava già le favole di Omero : “Si assicura che, dall’ispezione del fumo del vulcano, gli abitanti predicevano, tre giorni in anticipo, i venti che vanno a soffiare ; da qui l’opinione che i venti obbedissero a Eolo.” Plinio, il primo enciclopedista , si interessa talmente ai vulcani che scompare nel 79, andando a studiare, da troppo vicino, l’esplosione del Vesuvio. A metà percorso, la macchia di ciste lascia il posto alla pietra nuda, alle scorie. Solo alcuni ciuffi di graminacee ruvide resistono alle bombe incendiarie del vulcano. Un pannello in cinque lingue proibisce poi di proseguire senza guida. La versione francese indica : “Attenzione ! Non superare questo limite soggetto a franamento e ad elevato rischio vulcanico ! “ L’accento è grave, la sanzione di 500 euro. Con il suo bastone, Mario traccia degli schemi sulla sabbia nera. Il vulcano è “like one bottle of Dom Perignon” : i gas disciolti nel magma formano delle bolle che esplodono risalendo alla superficie. Il vulcano ha tre bocche attive, al di sopra del suo versante nord-est, da cui la lava scorre talvolta fino al mare : è “la Sciara del Fuoco”, la strada del fuoco in siciliano. Mario tenta un parallelo con la charia, che si pronuncia quasi in maniera identica, ma nessuno comprende. Egli conclude che il vulcano è imprevedibile, come una persona : “Tutti hanno i propri cattivi momemti .” Durante le riprese di “Stromboli”, nel 1949, Ingrid Bergman diceva di Roberto Rossellini, il suo amante clandestino : “La sua violenza forse paragonata a quelle del vulcano che noi abbiamo nella schiena.” Si arriva sulla vetta emisferica poco prima che il sole scompaia. Il cratere è di un nero di fuliggine. Piccole fontane di lava sgorgano a fiotti quasi continui. Ogni dieci, quindici minuti, un’esplosione, molto fragorosa, proietta una grande massa di lava a parecchie decine di metri di altezza. Il calore irradia per un istante, facendo dimenticare il vento fresco. Una colata di lava molto brillante discende verso il mare. La bellezza aumenta nella misura che si fa la oscurità. Però è trascorso il tempo. “Esso ci ha detto bay-bye”, dice Mario, dopo una bella esplosione. E’ tempo di accendere le le lampade frontali e di discendere, a grandi passi, nella sabbia fluida come una neve di primavera. Alcuni giorni più tardi, la “Laurana” lascia Stromboli sul far della notte. Cullato dal rollìo, ci si lascia ipnotizzare, gli occhi fissi sul vulcano, il cui profilo si fonde nell’oscurità. Si resiste al sonno immaginando questo cono gigantesco, alto tremila metri, di cui solo il terzo superiore è emerso. Un fascio sanguigno balena in silenzio. Ricadendo, le bombe incandescenti tracciano un cono luminoso, appollaiato in pieno cielo. Un vero vulcano-laboratorio Lo Stromboli pare ronfare con i suoi pennacchi di fumo che scandiscono la giornata come i getti di vapore di una locomotiva. Il vulcano, però, ha altre armi più violente, di cui certe sono fatali. Senza prevenire, esso può sputare lava a parecchi chilometri di altezza, espellere grandi quantità di lapilli, pietra pomice o cenere, lanciare “bombe” incandescenti che incendiano i cespugli e distruggono talvolta delle case. Le esplosioni possono accompagnarsi ad onde di urto violente. Nel 1930 un’esplosione molto potente distrusse dei vigneti e delle case e ucciso quattro persone, accelerando l’emigrazione degli isolani verso l’Australia e gli Stati Uniti. Il 30 dicembre 2002, uno smottamento di parecchi milioni di metri cubici ha scatenato un minitsunami che ha distrutto parecchie case del villaggio di Stromboli. Dopo l’esplosione parossistica del maggio 2003, l’interdizione di ascendere il vulcano senza guida al di sopra di 400 metri d’altutudine e di passare la notte sulla vetta è strettamente applicata. Il vulcano è più strettamente sorvegliato e la conoscenza dei suoi “umori” ha molto progredito. Il vulcanologo Patrick Allard, che ha molto studiato i vulcani siciliani, spiega come. “Stromboli è un vulcano mitico per la sua attività eruttiva permanente, da circa mlllequattrocento anni, con esplosioni periodiche ogni dieci-quindici minuti e delle colate di lava occasionali. Esso produce ogni tanto delle esplosioni molto più violente, di intensità “maggiore” (due o tre ogni anno), che sono potenzialmente mortali per ogni vulcanologo o turista presente nella zona sommitale.” Strumenti nuovi E’ analizzando la pietra pomice, ricca di gas, prodotta al momento delle esplosioni. Che gli scienziati sono riusciti a prevedere l’attività del vulcano. “Studiando la pietra pomice, si è potuto dimostrare che le esplosioni sono generate da un’accumulazione di magma molto fluido e di CO2 sotto pressione, a grande profondità (fino a 10 km.), che risalgono rapidamente e liberano brutalmente grosse sacche di gas. La sorveglianza automatica dei gas sommitali dal 2007 ha permesso di scoprire degli aumenti anormali di CO2 alcuni giorni prima di queste esplosioni parossistiche, mentre le registrazioni sismiche non palesano segnali “anormali” che alcune ore appena innanzi.” Dall’eruzione del 2002-2003, Stromboli è sorvegliato con strumenti nuovi, di cui alcuni sono testati qui : rete di sismografi, sorveglianza automatica delle emissioni gassose. I dati sono trasmessi in tempo reale al centro di sorveglianza locale e agli osservatorii di Catania, di Napoli e di Palermo. Stromboli è un vero vulcano-laboratorio che può insegnarci mucchi di cose nuove sul funzionamento dei vulcani. Esso beneficia di un accesso relativamente agevole e di condizioni climatiche favorevoli alle misure per una buona parte dell’anno. Due limiti vi sono tuttavia : in primo luogo, è un’isola stretta – la cima emersa di un vulcano sottomarino alta circa 3000 metri dalla piattaforma oceanica, ciò che non permette di avere reti sufficientemente larghe per poter sondare le sue viscere a più grande profondità e. secondariamente, le sue esplosioni parossistiche inattese, difficili da prevedere ancora oggi, costituiscono un rischio enorme per gli strumenti e per le persone nella zona sommitale ! Taccuino di viaggio Collegamento bisettimanale con Stromboli, utilizzando ferries-boat Siremar, in partenza da Napoli, il martedì e il venerdì, alle 20,00. Dei traghetti o degli aliscafi, più rapidi, partono, ogni giorno, da Milazzo (accessibile in bus da Palermo o da Catania). La stagione è tra la metà di aprile e la metà di novembre. I mesi di maggio e di ottobre, più calmi (e meno cari), sono molto apprezzati dai conoscitori. Il vulcano. E’ obbligatoria la guida (25 euro a persona). Parecchie agenzie propongono la sua ascensione. Esse si trovano sul piazzale della chiesa, come pure un noleggiatore di materiale da escursione. Prenotazione consigliata in stagione. Se non salite sul vulcano, il più bel punto di vista è il ristorante “L’Osservatorio”, ad un ora di marcia circa dal imbarcadero (sublime veduta sulle esplosioni della notte). Dei giri in barca verso la Sciara del Fuoco sono anche proposti sul far della notte.

Alfredo Saccoccio

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