Venafro
Al momento della fine della seconda guerra punica, Venafro era inserita da più di mezzo secolo nell’organizzazione amministrativa romana, come sede di una praefectura: la sua istituzione va inquadrata nell’ambito dell’assetto definitivo che Roma dette alla zona di confine con il territorio dei Sanniti dopo la guerra contro Pirro, quando si stabilirono altre praefecturae nelle vicine Casinum ed Atina e venne dedotta la colonia latina di Æsernia del 263 a.C.1.
In un quadro complessivo, quindi, questo è il momento che si pone come principio del processo di romanizzazione, compiutosi all’epoca delle deduzioni militari, tra la fine della repubblica e l’inizio dell’impero. I dati archeologici che si riferiscono a questo periodo – ed in particolare a quello qui specificamente considerato, tra il II ed il I sec. a.C. – sono però scarsissimi e si presentano inoltre in maniera piuttosto casuale e scollegata, poiché si riferiscono a ritrovamenti occasionali ο provengono da scoperte avvenute in passato e perciò documentate in maniera limitata ed imprecisa. Scavi sistematici nel Venafrano hanno avuto inizio solo in un periodo relativamente recente ed hanno interessato per lo più monumenti di epoca imperiale; anche la maggior parte degli interventi di emergenza ha fatto conoscere situazioni di questo periodo più tardo.
- 2 A. Sambon, Les monnaies antiques de l’Italie, Paris, 1903, p. 420, nr. 1075; cfr. anche R. Cantilen (…)
- 3 D. Giampaola, Venafro, in Sannio. Pentri e Frentani dal VI al I sec. a.C. (catalogo della mostra), (…)
- 4 A. Maiuri, in NSc, 1913, pp. 405-407; D. Giampaola, in Sannio (cat. della mostra), cit., p. 368, nr (…)
2Per la metà del III secolo, i dati archeologici fanno riferimento ad una popolazione italica, partecipe in larga misura della cultura campana: si pensi all’esistenza dei due conî, con i tipi Minerva/gallo ed Apollo/toro androprosopo che vengono generalmente attribuiti a Venafro2. Al medesimo ambito culturale rimanda il ritrovamento di maggior rilievo riferibile, almeno in parte, a questo momento, cioè un gruppo di terrecotte architettoniche e votive, trovate casualmente in area urbana all’inizio del secolo; vengono datate dalla fine del IV a tutto il III secolo e sono attribuite ad una produzione locale che presenta analogie molto strette con materiale analogo di provenienza campana, in particolare di Capua3. Notevole elemento in questo senso è rappresentato da una matrice per la decorazione di vasi di tipo cosiddetto caleno, proveniente dallo stesso ritrovamento e recante il nome del ceramista4.
- 5 A. Maiuri, cit., p. 405.
3Questo materiale (oggi al Museo Nazionale di Napoli) proverrebbe, come scrive l’editore, dalla «più alta parte dell’odierno paese di Venafro (l’antica Venafrum), in prossimità di un edificio antico, del quale appariscono sino ad ora troppo scarse vestigia perché se ne possa determinare la natura»5. Nonostante la descrizione sia assai vaga, per l’indicazione topografica e le caratteristiche del materiale è possibile riconoscere con ragionevole certezza nell’edificio antico ricordato, i resti di un terrazzamento che si trovano immediatamente a monte del paese, alle spalle del palazzo dell’ex seminario (via Garibaldi), nel quale possiamo dunque riconoscere un luogo di culto. Si tratta di una struttura in opera poligonale (fig. 1) nella quale si inseriscono alcune parti in opera incerta, che ne attestano un periodo di uso piuttosto lungo, almeno per tutto il periodo repubblicano. Non conosciamo il suo rapporto con l’abitato, soprattutto nella fase iniziale, se cioè sia sorto in funzione di un insediamento già sviluppato ο se piuttosto, e con maggiore probabilità, fondato come santuario territoriale, non abbia avuto a sua volta un ruolo determinante nel favorire la crescita di un centro abitato su questo estremo pendio del monte S. Croce.
Fig. 1. Venafro, loc. Seminario: terrazzamento in opera poligonale.
4Si è trovata dispersa nell’interro post-classico del teatro, ubicato a poche decine di metri di distanza, una limitata quantità di materiale di età repubblicana, molto frammentario, per il quale va esclusa la possibilità di una eventuale provenienza da strutture a monte del teatro stesso e che si può invece attribuire con molta probabilità ad una dispersione da questo santuario. Non sono oggetti particolarmente significativi, presi singolarmente, ma sono tuttavia utili nel loro insieme per documentarne la continuità di vita; tranne pochissime monete campane ancora di III sec. (tutte in uno stato di conservazione pessimo, che ne impedisce il riconoscimento della zecca), si tratta infatti del materiale più comune diffuso nel medio/tardo ellenismo: ceramica a vernice nera, lucerne acrome, monete romane di bronzo. Si distacca dall’anonimato del restante materiale una testina di Gorgone in terracotta, espressione di un artigianato di gusto prettamente italico (fig. 2).
- 6 Per l’analisi tipologica e l’inquadramento cronologico del pezzo cfr. in particolare A. Di Niro, Il (…)
5Insieme ad essa, partecipa ancora pienamente alla cultura italica il bronzetto di Ercole conservato nel Museo Nazionale di Chieti6, oggetto di rilievo, inquadrabile cronologicamente tra la fine della guerra annibalica e la metà del II secolo. La dedica incisa sulla basetta rappresenta il documento più lungo in lingua osca proveniente dal Venafrano: l’impiego comune e costante di questa lingua per tutto il periodo repubblicano è documentato anche dall’uso quasi esclusivo dell’alfabeto osco (finora, con un’unica eccezione) nei graffiti su ceramica finora ritrovati.
Fig. 2. Venafro: testa di Gorgone.
6La scelta di Venafro come sede per una praefectura conferma di per sé l’esistenza di un abitato di qualche entità; il suo sviluppo nel corso dell’età repubblicana ci sfugge, però, quasi assolutamente, poiché l’evoluzione urbanistica della città, che ha sempre insistito sulla medesima area, ha via via cancellato, nei diversi momenti storici, le tracce delle epoche precedenti. Di fatto, quasi gli unici resti in area urbana sono quelli relativi al santuario ricordato, quindi piuttosto antichi, anche se poi questo luogo ha continuato ad essere in funzione per lungo tempo; l’unica altra struttura che può essere attribuita ancora ad età repubblicana è un pavimento in cocciopisto (scoperto casualmente, molto danneggiato da privati prima dell’intervento della Soprintendenza ed il cui contesto di appartenenza non è conosciuto), limitato a monte da un muro contro terra, in opera poligonale, che sembra un riferimento ad un’organizzazione urbanistica su terrazze digradanti: questa verrà poi ripresa nella pianificazione urbana della colonia e, d’altra parte, era resa quasi obbligata dalla stessa situazione del terreno. È piuttosto distante dal santuario (si trova lungo l’attuale via Collegio dei Fabri), che si doveva trovare in una posizione marginale rispetto all’abitato.
7Pur mancando resti di strutture, si ritrova occasionalmente materiale riferibile a questo periodo nei saggi di scavo effettuati in ambito urbano, anche se in situazioni stratigrafiche non affidabili. Si sono già ricordati i ritrovamenti dal teatro romano: anche negli altri casi si tratta di materiale non particolarmente significativo, per lo più frammenti di ceramica a vernice nera.
- 7 M. Andreussi, Stanziamenti agricoli e ville residenziali in alcune zone campione del Lazio, in Soci (…)
8Nel territorio invece si conservano numerosi resti di strutture funzionali all’agricoltura, inquadrabili in questo periodo; sono concentrati particolarmente nella fascia pedemontana del monte S. Croce, nell’oliveto tra Venafro e la frazione di Ceppagna, dove la loro conservazione è stata favorita dal permanere della coltivazione dell’olivo che ha interferito con le situazioni più antiche in maniera relativamente minore rispetto a quanto è invece accaduto nella pianura (fig. 3). Si tratta di cisterne (fig. 4), costruite in opera cementizia con volte a scaglie radiali di calcare, che in alcuni casi si possono facilmente porre in rapporto con terrazze in opera poligonale; sono da riferire a ville rustiche certamente molto modeste e distribuite sul territorio abbastanza densamente, in maniera simile a quanto avveniva contemporaneamente in alcune zone del Lazio7.
- 8 L’intera zona è compresa nell’area distinta dalle particelle 140, 161, 162, 163, 250 del f. 27 del (…)
- 9 È agibile, per una lunghezza massima di m. 26 ed un’altezza di ca. 3 m., la parte terminale di un a (…)
- 10 La prima è costituita da un unico ambiente rettangolare (largh. m. 4,40, alt. m. 2,25. conservato f (…)
9Almeno in due casi, è possibile riconoscere l’esistenza di insediamenti di maggiore complessità. Il primo va localizzato nei pressi di Ceppagna, in un’area8 caratterizzata dalla presenza di diverse strutture (un criptoportico9 ed almeno due cisterne10) e da una notevole densità superficiale di ceramica di epoca imperiale unita a frammenti di lastre marmoree di rivestimento. La villa così individuata ebbe quindi una vita piuttosto lunga ed alla funzione di villa rustica unì certamente le caratteristiche di un insediamento residenziale.
Fig. 3. Venafro: distribuzione di resti relativi ad impianti rustici.
Fig. 4. Venafro, loc. Cimitero: cisterna.
- 11 A. La Regina, Venafro, cit., pp. 61 ss.
- 12 M.L. Morricone Matini, Pavimenti di signino repubblicani di Roma e dintorni, Roma, 1971, p. 24 e pa (…)
10L’altra è ubicata in località Madonna della Libera, dove si conserva un insieme piuttosto articolato di terrazzamenti (figg. 5, 6), costruiti in un’accurata opera poligonale, con una cisterna in opera cementizia nella parte più alta11. Tutta l’area interna ai muri in poligonale, non coltivata ma sottoposta a periodici dissodamenti superficiali, ha una densissima concentrazione di laterizi ma appare del tutto priva di materiale utile per un preciso inquadramento cronologico; tuttavia alcuni anni fa, un dissodamento più profondo nell’area del terrazzamento superiore ha gravemente danneggiato, portandone alla luce vari frammenti, un pavimento in cocciopisto (fig. 7) con motivo decorativo a reticolo di losanghe, della fine del II secolo12; alla stessa epoca rimandano anche i resti di muratura in opera cementizia sui quali è fondata la cappella della Libera.
- 13 In particolare di pale, funi per i torchi, tegole: Catone, de a.c., 135.
- 14 E. Gabba, Mercati e fiere nell’ltalia romana, in Studi Classici e Orientali, 1975, part. pp. 147 s.
11Sappiamo che nel corso del II secolo si era sviluppato a Venafro un artigianato specializzato nella produzione di strumenti agricoli: il mercato locale, dove i prodotti venivano smerciati – e che Catone segnala per acquisti specifici13 – aveva acquisito un’importanza che andava al di là dell’immediato circondario, gravitando nell’ambito di un’area compresa tra il Lazio meridionale e la Campania settentrionale e che si poneva quindi inevitabilmente in rapporto con la realtà economica e sociale di Roma14.
Fig. 5. Venafro, loc. Madonna della Libera: planimetria.
Fig. 6. Venafro, loc. Madonna della Libera: particolare delle strutture
Fig. 7. Venafro, loc. Madonna della Libera: frammento di pavimento.
- 15 Tale intervento è documentato dal ritrovamento di un cippo miliario (CIL, X, 6905) in loc. Ponte Re (…)
- 16 A. La Regina, Venafro, in Quaderni dell’Istituto di Topografia Antica, I, Roma, 1964, p. 56.
12È dovuto all’iniziativa di Roma il primo intervento sulla rete stradale del territorio, realizzato nell’ambito dei lavori per la sistemazione della via Latina, a cura del console L. Cornelius Cinna, nel 127 a.C.15; in questa occasione venne ripristinata la viabilità, certamente preesistente, che collegava il Venafrano rispettivamente alle zone di Cassino e Teano16.
Fig. 8. Pietrabbondante: tegola iscritta
- 17 A. La Regina, in StEtr, XLIV, 1976, pp. 284 ss.
- 18 Catone, de a.c., 135,1.
- 19 M.J. Strazzulla, Il santuario sannitico di Pietrabbondante, Roma, 19732, pp. 35-39; AA.VV., Terreco (…)
13Alcune conseguenze interessanti per la situazione di Venafro sono derivate dal ritrovamento, a Pietrabbondante, di una delle tegole di copertura del tempio Β (fig. 8), sulla quale due schiavi dell’officina, lasciandovi le impronte delle calzature, prima della cottura avevano inciso una doppia iscrizione, in latino ed osco17. Le iscrizioni recavano il nome del proprietario dell’officina, heirens sattiis; la famiglia osca dei sattiis è presente a Venafro, dove la produzione di laterizi era fiorente già dal II secolo18. Questo ha permesso di attribuire a produzione venafrana la fabbricazione delle tegole e, insieme, di tutta la decorazione architettonica fittile del tempio Β di Pietrabbondante, almeno per quanto concerne l’ultima fase, che comprende, in particolare, la serie di antefisse con potnia theron e cani, le lastre di antepagmentum con palmette e teste di satiri e menadi, oltre alle lastre minori con figure di Rankengottin19.
- 20 M.J. Strazzulla, Le terrecotte architettoniche nell’Italia centrale, in Caratteri dell’ellenismo ne (…)
- 21 M.J. Strazzulla, Le terrecotte architettoniche nell’Italia centrale, cit.; S. Tortorella, Le lastre (…)
14Tutto il gruppo si data negli anni immediatamente precedenti il 90 a.C. ed è culturalmente omogeneo alle analoghe produzioni contemporanee di ambiente romano-laziale, con le quali manifesta evidenti rapporti sia nella scelta dei soggetti, come il tipo di antefissa con la potnia theron, che rimanda direttamente a Roma20, sia anche nei motivi decorativi delle lastre dove si riconoscono elementi che confluiranno nel repertorio proprio delle lastre Campana21.
15Il testo della tegola sembra dimostrare che tra la popolazione sannitica, ad ogni livello, il latino era ormai presente come una seconda lingua; a giudicare dai nomi, lo schiavo/a detfri era un/a sannita mentre Arnica doveva essere di cultura latina ed è perciò normale che ognuno si esprima nel proprio linguaggio. Ciò non toglie che i due avevano la possibilità di intendersi tra loro fino a concordare e realizzare lo scherzo che ci è rimasto.
- 22 Appiano, BC, I, 41.
16Nel corso della guerra sociale la città non si unì agli Italici ed anzi servì di base per i Romani che vi tennero due coorti, finché, nel 90, fu presa dagli insorti che, grazie ad un tradimento, la occuparono e ne massacrarono il presidio22 per appoggiare l’attacco portato contemporaneamente contro Isernia: sfuggono gli sviluppi immediati dell’episodio, che lascia vedere, almeno da parte di alcuni gruppi di Venafrani, una solidarietà concreta con gli insorti e la volontà di appoggiarne la lotta.
- 23 U. Laffi, Sull’organizzazione amministrativa dell’Italia dopo la guerra sociale, in Vestigia 17. Ak (…)
17La situazione amministrativa tra la guerra sociale ed il momento della deduzione della colonia non è precisata e, in particolare, non è documentato il passaggio da praefectura a municipium retto da quattuorviri, per questo periodo è possibile supporre – come è stato infatti ipotizzato23 – che la città abbia continuato ad essere sottoposta alla giurisdizione di un praefectus di nomina del praetor urbanus finché la deduzione di una colonia di veterani non le ebbe dato il suo ordinamento amministrativo definitivo.
- 24 CIL, X, 4875:a vectigal/col(onorum) col(oniae) Iul(iae)/Ven(afranae).
- 25 CIL, X, 4894: [— coloni]am Iul(iam) Aug(ustam) Ve[nafr-] / [— pro parte di]midia p(ecunia) s(ua) f( (…)
18La nota deduzione augustea dovette essere preceduta da una di età triumvirale, come attestano alcuni cippi su cui la città è indicata con il solo titolo di colonia Iulia Venafrana24 anziché con l’altro, pure attestato epigraficamente (fig. 9), di colonia Iulia Augusta Venafrum25.
- 26 CIL, X, 4876 = D, 2227: C. Aclutius L.f. Ter. Gallus / duovir urbis moeniundae bis, / praefectus iu (…)
- 27 S. Demougin, Notables municipaux et ordre équestre à l’époque des dernières guerres civiles, in Les (…)
- 28 Il liber coloniarum (p. 239 L.) ricorda, a proposito di Venafro, una deduzione ad opera di Vviri ch (…)
- 29 Analoghi magistrati sono noti, ad esempio a Verona, dove un collegio di quattuorviri ebbe l’incaric (…)
19Conosciamo dalla documentazione epigrafica26 la carriera di L. Aclutius L.f. Ter. Gallus, il quale svolse un ruolo di rilievo nella prima organizzazione della colonia, ricoprendo successivamente le cariche di IIvir urbis moeniundae, praefectus iure deicundo (entrambe per due anni) e Ilvir iure deicundo; dalla carriera municipale passò quindi all’ordine equestre, avendo ottenuto il tribunato militare nella legio Prima e nella legio Secunda Sabina27; poiché quest’ultima è certamente anteriore al riordinamento dell’esercito di Augusto, la carriera militare di Aclutius si dovette svolgere prima del 30 a.C., confermando la deduzione triumvirale che può essere posta tra quelle del 40 a.C.28. Aclutius fu, praticamente, membro di un collegio duovirale straordinario istituito per provvedere alla costruzione della cinta di mura della città29 ed anche praefectus i.d., certamente in sostituzione dei magistrati ordinari, nomina giustificata dalle particolari esigenze organizzative di una nuova fondazione: è probabile che sia stato proprio uno dei magistrati eletti al momento della deduzione della colonia ed anche che abbia rivestito i due incarichi contemporaneamente. Il successivo duovirato attesta poi l’instaurazione nella città del normale assetto amministrativo.
Fig. 9. Venafro, via Redenzione: iscrizione latina (CIL, X, 4894).
Fig. 10. Venafro, loc. Muro Rotto: le mura (tratto occidentale).
- 30 Simile soluzione è adottata, ad esempio, nel caso di Brescia le cui mura includono una parte del co (…)
20Vanno attribuiti a questa cinta diversi tratti di mura visibili sul monte S. Croce, ad est e ad ovest dell’abitato (figg. 10, 11); trovandosi Venafro addossata al pendio piuttosto ripido della montagna, si ritenne evidentemente opportuno inglobare all’interno delle mura anche il tratto di monte immediatamente alle spalle della città, senza chiudere la cinta ma collegando le due estremità a due banchi di roccia30.
Fig. 11. Venafro, monte S. Croce: le mura (tratto orientale).
- 31 A. La Regina, Venafro, cit., pp. 57-62. Confronti e bibliografia specifica su singoli centri ristru (…)
- 32 Sui rapporti e le interferenze della natura del terreno con le diverse pianificazioni urbanistiche, (…)
21Anche in considerazione della logica ipotesi di una sua realizzazione contemporanea alla costruzione delle mura, sembra preferibile anticipare a questo momento anche il nuovo impianto urbanistico, in gran parte conservato nella moderna viabilità urbana (fig. 12) e ordinariamente messo in rapporto con la deduzione augustea: è stata ricostruita una pianta di sei isolati per otto, quadrati, di circa 2 actus di lato31, secondo uno schema che si ritrova frequentemente negli impianti di nuova fondazione del I sec. a.C.; l’incrocio degli assi principali non è esattamente centrale, ma spostato di un isolato verso NE, come imponeva la situazione topografica caratterizzata dalla presenza di due alture disuguali alle due estremità dell’area urbana32.
- 33 I resti delle strutture murarie rimessi in luce sembrano orientati sulla viabilità urbana e questo (…)
22I saggi di scavo eseguiti all’interno del perimetro della città romana, sembrano indicare tra le strutture più antiche della colonia alcuni frammenti di pavimenti in tessellato nero con scaglie di marmi policromi (fig. 13), inquadrabili nella seconda metà del I sec. a.C.33; rimasero in uso per molto tempo, come dimostrano i diversi interventi di restauro riconoscibili nelle parti conservate. Provengono da uno scavo di emergenza effettuato in un orto nella parte occidentale della città; il contesto di appartenenza dimostra di aver subito, anche in tempi recenti, pesanti manomissioni e disturbi i quali, uniti alla generale scadente conservazione delle strutture ed al fatto che lo scavo si è finora limitato ad un’area ristretta, non autorizzano per il momento considerazioni precise sull’edificio nel suo complesso. È tuttavia interessante notare che, subito dopo la definizione del piano urbano, anche isolati alquanto marginali erano già occupati da strutture residenziali.
- 34 CIL, X, 6903, 6904.
- 35 F. Frediani, L’Acquedotto Augusteo di Venafro, in Campania romana, I, 1938, pp. 169-185.
- 36 CIL, X, 4842.
- 37 Summa montium iure templi Ideae ab Augusto sunt concessa (lib. cot., cit. a nota 29). Cfr. anche CI (…)
23Augusto curò poi altri stanziamenti di veterani, probabilmente nel 14 a.C., dando impulso, nello stesso tempo alla realizzazione di varie opere pubbliche: sono interventi noti e documentati da tempo, come i restauri alla rete stradale, nel tratto in direzione del Lazio34 ο la costruzione di un acquedotto dalle sorgenti del Volturno a Venafro, l’opera di maggior impegno realizzata nel territorio35: l’editto che reca le norme circa la costruzione, l’uso e la manutenzione dell’impianto36, specifica che la sua realizzazione avvenne iussu imperatoris Caesaris Augusti e si data tra il 17 e l’11 a.C., confermando così un suo possibile rapporto con la deduzione del 14. Sappiamo anche che Augusto fece particolari concessioni di terre ad un tempio della Magna Mater: l’esistenza di un luogo di culto della dea nel venafrano è attestata, per l’età imperiale, anche dalla documentazione epigrafica, ma non è stata individuata la zona in cui doveva trovarsi il santuario, la cui origine va posta in un momento imprecisato tra il II ed il I secolo37.
Fig. 12. Venafro: impianto urbanistico.
Fig. 13. Venafro: dettaglio di pavimento.
- 38 Una presentazione del complesso in S. Capini, Il teatro romano di Venafro, in Bollettino di Archeol (…)
24Lo scavo del teatro, in corso da vari anni38, ha rappresentato un elemento di non scarso rilievo per una migliore conoscenza della situazione urbana di età augustea, quando venne realizzata la prima fase dell’impianto. Venne costruito a monte dell’abitato, immediatamente all’esterno del reticolo viario urbano al quale è strettamente collegato dal punto di vista planimetrico, poiché ne rispetta l’orientamento, aprendosi sull’asse stradale più a monte. Il suo spostamento verso il margine occidentale dell’area urbana, appare giustificato dalla presenza, più ad est, dell’antico terrazzamento. In questo modo, tutta la parte alta della città veniva ad essere inquadrata da una serie di edifici monumentali, con un effetto scenografico che risultava amplificato dall’andamento a terrazze che il pendìo su cui era costruita la città rendeva obbligato.
25Successivamente il monumento fu interessato da ampliamenti e modifiche: l’intervento di maggior interesse è sicuramente la costruzione di un’esedra in laterizi, collegata alle strutture del teatro senza soluzione di continuità, da collocare nel II secolo, probabilmente in età antonina; in epoca tardo-antica si costruirono impianti per la realizzazione di giochi d’acqua, quindi, dopo l’abbandono, si operarono nuovi adattamenti per riutilizzare le strutture a fini privati. Ma si tratta di sviluppi molto al di là dei limiti cronologici in cui ci muoviamo.
NOTE
1 E.T. Salmon, Samnium and the Samnites, Cambridge, 1967, p. 278.
2 A. Sambon, Les monnaies antiques de l’Italie, Paris, 1903, p. 420, nr. 1075; cfr. anche R. Cantilena, Problemi di emissione e di circolazione monetale, in Sannio. Pentri e Frentani dal VI al I sec. a.C.. Atti del Convegno, Campobasso, 1984, partic. p. 93.
3 D. Giampaola, Venafro, in Sannio. Pentri e Frentani dal VI al I sec. a.C. (catalogo della mostra), Roma, 1980, pp. 360 ss.
4 A. Maiuri, in NSc, 1913, pp. 405-407; D. Giampaola, in Sannio (cat. della mostra), cit., p. 368, nr. 16.
5 A. Maiuri, cit., p. 405.
6 Per l’analisi tipologica e l’inquadramento cronologico del pezzo cfr. in particolare A. Di Niro, Il culto di Ercole tra i Sanniti Pentri e Frentani. Nuove testimonianze (Documenti di Antichità Italiche e Romane, IX), Salerno, 1977, pp. 16 e 46-47. La lettura corretta dell’iscrizione è data da A. La Regina in V. Cianfarani, L. Franchi Dell’Orto, A. La Regina, Culture Adriatiche Antiche d’Abruzzo e di Molise, Roma, 1978, pp. 370-371; cfr. anche Id., in Sannio (cat. della mostra), cit., p. 368, nr. 17.
7 M. Andreussi, Stanziamenti agricoli e ville residenziali in alcune zone campione del Lazio, in Società romana e produzione schiavistica, Bari, 1981, vol. II, pp. 349 ss.
8 L’intera zona è compresa nell’area distinta dalle particelle 140, 161, 162, 163, 250 del f. 27 del comune di Venafro. Secondo le notizie raccolte sul posto, i lavori agricoli sconvolsero in passato un pavimento in cocciopisto (localizzato nell’ambito della particella 163); al di sotto del piano del pavimento si sarebbero riconosciuti i resti di suspensurae costituite da pilastrini in laterizi.
9 È agibile, per una lunghezza massima di m. 26 ed un’altezza di ca. 3 m., la parte terminale di un ambiente largo m. 4,50, coperto da volta a botte; in uno dei lati lunghi, alla base della volta si aprono tre grandi aperture semicircolari, fortemente strombate (largh. m. 1,50, alt. m. 0,80). La struttura visibile conserva completamente l’intonaco.
10 La prima è costituita da un unico ambiente rettangolare (largh. m. 4,40, alt. m. 2,25. conservato fino ad una lunghezza di m. 7,80 ca.) in opera cementizia con volta ribassata formata da scaglie di pietra radiali; il rivestimento interno è caduto quasi completamente, lasciando a vista il paramento in opera incerta a scapoli di dimensioni irregolari. Nella volta, nel lato settentrionale, sbocca un condotto in forte pendenza, probabilmente la derivazione di un acquedotto; sul lato opposto, all’altezza dell’imposta della volta, è riconoscibile l’alloggiamento di una fistula, che doveva avere la funzione di scarico per mantenere costante il livello dell’acqua.
L’altra, conservata integralmente ma quasi del tutto interrata, è lunga ca. 30 m. ed è divisa in due navate da una serie di dieci archi sorretti da pilastri; le navate (ciascuna larga ca. 3 m.) sono coperte da volte ribassate. È costruita in opera cementizia, a piccole scaglie di pietra legate da malta poco compatta; non rimane traccia del rivestimento.
11 A. La Regina, Venafro, cit., pp. 61 ss.
12 M.L. Morricone Matini, Pavimenti di signino repubblicani di Roma e dintorni, Roma, 1971, p. 24 e passim.
13 In particolare di pale, funi per i torchi, tegole: Catone, de a.c., 135.
14 E. Gabba, Mercati e fiere nell’ltalia romana, in Studi Classici e Orientali, 1975, part. pp. 147 s.
15 Tale intervento è documentato dal ritrovamento di un cippo miliario (CIL, X, 6905) in loc. Ponte Reale, pochi chilometri a sud di Venafro in direzione di Napoli.
16 A. La Regina, Venafro, in Quaderni dell’Istituto di Topografia Antica, I, Roma, 1964, p. 56.
17 A. La Regina, in StEtr, XLIV, 1976, pp. 284 ss.
18 Catone, de a.c., 135,1.
19 M.J. Strazzulla, Il santuario sannitico di Pietrabbondante, Roma, 19732, pp. 35-39; AA.VV., Terrecotte architettoniche del Tempio Β, in Sannio (cat. della mostra), cit., pp. 167-169.
20 M.J. Strazzulla, Le terrecotte architettoniche nell’Italia centrale, in Caratteri dell’ellenismo nelle urne etrusche, Firenze, 1977, p. 47.
21 M.J. Strazzulla, Le terrecotte architettoniche nell’Italia centrale, cit.; S. Tortorella, Le lastre Campana, in Società romana e produzione schiavistica, II, p. 223.
22 Appiano, BC, I, 41.
23 U. Laffi, Sull’organizzazione amministrativa dell’Italia dopo la guerra sociale, in Vestigia 17. Akten des VI Internationalen Kongresses fur Griechische und Lateinische Epigraphik (München 1972), München, 1973, p. 46.
24 CIL, X, 4875:a vectigal/col(onorum) col(oniae) Iul(iae)/Ven(afranae).
25 CIL, X, 4894: [— coloni]am Iul(iam) Aug(ustam) Ve[nafr-] / [— pro parte di]midia p(ecunia) s(ua) f(aciendum) c(uravit) id[emque probavit —] / [— pecunia publ]ica factum e[st —].
Erroneamente, il CIL legge, nella prima linea: [—]am Aug( ) Iul( ) Ve[—].
26 CIL, X, 4876 = D, 2227: C. Aclutius L.f. Ter. Gallus / duovir urbis moeniundae bis, / praefectus iure deicundo bis, / duovir iure deicundo, tr(ibunus) mil(itum) / legionis Primae, tr(ibunus) militum legionis Secundae Sabinae.
27 S. Demougin, Notables municipaux et ordre équestre à l’époque des dernières guerres civiles, in Les ‘bourgeoisies’ municipales italiennes aux IIe et Ier siècles av. J.-C., Paris-Naples, 1983, pp. 289 s.
Appaiono meno convincenti le riflessioni di Lawrence Keppie per cui Aclutius avrebbe rivestito il tribunato militare nella legio Prima e nella legio II Sabina, nell’ordine, ed il suo secondo tribunato sarebbe stato contemporaneo alla deduzione della colonia, che andrebbe posta dopo Azio: di conseguenza andrebbe spostata a questo momento anche la carriera municipale di Aclutius, e ne verrebbe alterato arbitrariamente anche l’ordine del cursus: L. Keppie, Colonisation and Veteran Settlement in Italy, 47-14 B.C., London, 1983, partic. p. 139.
28 Il liber coloniarum (p. 239 L.) ricorda, a proposito di Venafro, una deduzione ad opera di Vviri che andrebbero identificati con i Vviri agris dandis adsignandis iudicandis della lex Iulia agraria del 59 a.C. (probabilmente una sottocommissione dei XXviri previsti dalla legge per la distribuzione delle terre). È un riferimento che non trova conferme nello svolgersi dei fatti, come lo conosciamo; il Brunt propone, in alternativa alla deduzione cesariana, di riferire il passo ad una assegnazione triumvirale: P.A. Brunt, Italian Manpower, 225 B.C.-A.D. 14, Oxford, 1971, p. 319.
29 Analoghi magistrati sono noti, ad esempio a Verona, dove un collegio di quattuorviri ebbe l’incarico di curare la costruzione delle mura e delle porte della città, nonché di provvedere alla creazione del nuovo impianto urbanistico, all’atto della costituzione del municipio di Verona, nel terzo venticinquennio del I sec. a.C.: B. Forlati Tamaro, in NSc, 1965, suppl., pp. 12-34.
30 Simile soluzione è adottata, ad esempio, nel caso di Brescia le cui mura includono una parte del colle Cidneo, alle spalle della città (EAA, II, 1959, s.v. Brescia, p. 167).
31 A. La Regina, Venafro, cit., pp. 57-62. Confronti e bibliografia specifica su singoli centri ristrutturati urbanisticamente tra l’età triumvirale ed augustea in P. Sommella, C.F. Giuliani, La pianta di Lucca Romana (Quaderni dell’Istituto di Topografia Antica, VII), Roma, 1974, partic. pp. 97 s.
32 Sui rapporti e le interferenze della natura del terreno con le diverse pianificazioni urbanistiche, si ricordano le osservazioni di G.A. Mansuelli, Urbanistica e architettura della Cisalpina romana, Bruxelles, 1971, pp. 64 ss.
33 I resti delle strutture murarie rimessi in luce sembrano orientati sulla viabilità urbana e questo porrebbe la costruzione dell’edificio in rapporto preciso con il piano urbanistico; in questi frammenti le scaglie allungate si alternano a quelli poligonali ο rettangolari di diverse dimensioni, in maniera regolare ed equilibrata pur senza un preciso ordine geometrico, rispettando sempre la direzione dell’ordito seguita dalle tessere del fondo: si veda, ad esempio, il pavimento da una villa sulla via Valeria, presso Tivoli, con scaglie meno fitte ma dalle caratteristiche analoghe (M.L. Morricone, Scutulata pavimenta, Roma, 1980, p. 57).
34 CIL, X, 6903, 6904.
35 F. Frediani, L’Acquedotto Augusteo di Venafro, in Campania romana, I, 1938, pp. 169-185.
36 CIL, X, 4842.
37 Summa montium iure templi Ideae ab Augusto sunt concessa (lib. cot., cit. a nota 29). Cfr. anche CIL, X, 4829, 4844.
38 Una presentazione del complesso in S. Capini, Il teatro romano di Venafro, in Bollettino di Archeologia, 1-2, 1990, pp. 229-232.
AUTORE
Soprintendenza Archeologica e per i BAAAS del Molise
Dello stesso autore
- Campochiaro, Civitella, loc., herekleis (gen.)/ Hercules in Fana, templa, delubra. Corpus dei luoghi di culto dell’Italia antica (FTD) – 3, Collège de France, 2015
- Fana, templa, delubra. Corpus dei luoghi di culto dell’Italia antica (FTD) – 3, Collège de France, 2015
© Publications du Centre Jean Bérard, 1991
Questa pubblicazione digitale è stata realizzata tramite il riconoscimento ottico dei caratteri automatico (OCR).
fonte