Villa dei Misteri : editi due libri su uno degli insiemi pittorici più importanti del mondo romano
Così va la vita scientifica che, ad alcuni mesi di intervallo, due grandi libri propongono due interpretazioni opposte di un monumento fra i più celebri della pittura antica e che ha già suscitato pubblicazioni in gran numero.
Nella primavera del 1998, Paul Veyne prendendo largamente il contropiede delle interpretazioni anteriori, non voleva vedere in questo sontuoso afftresco, riservato agli appartamenti privati di una ricca donna di Pompei, che l’evocazione di un matrimonio, in cui i simboli del sacro non figuravano che per quanto essi impregnano tutta la vita degli uomini dell’Antichità. Dimostrazione stupenda e che strappava largamente la convinzione.
Gilles Sauron in “Il grande affresco della Villa dei Misteri a Pompei”, dopo la stupefacente interpretazione di Paul Veyne, procedendo ad una lettura più “classica” della suddetta villa, contesta questa interpretazione e sostiene, con non meno fulgore e talento, una lettura più tradizionale, ma anche più complessa, di questo affresco “concepito come un enigma”. Si sarebbero rappresentate “in parallelo tre storie, da una parte quella di Semele (a destra) e quella di Dioniso (a sinistra), e d’altra parte quella della sacerdotessa che rivive queste due storie in certi avvenimenti apparentemente, puramente umani della sua vita ma anche per la sua partecipazione alle iniziazioni femminili (come iniziata, poi come iniziante) e maschili (solo come iniziante), ai misteri dionisiaci, e la fusione in una sola narrazione pittorica di queste tre storie parallele forma tutta la materia di questa sontuosa illustrazione della storia di una donna che ha preteso di identificarsi con gli dei”. Interpretazione che si inscrive, dunque, nel drittofilo della maggior parte degli autori che l’hanno preceduta. Ciò non significa che Sauron non apporti niente di nuovo.Lo si misura tanto meglio in quanto si prende la pena di stendere un bilancio storiografico appassionante, che mostra la varietà infinita delle identificazioni del particolare quanto delle interpretazioni di insieme.
Gilles Sauron, grazie ad una serie di raffronti iconografici spesso decisivi, ne ricusa molti e rischiara molti dei simboli oscuri o mal compresi. E il suo apporto, su certi punti, pare difficilmente contestabile, come l’identificazione di Semele (non di Ariana) al fianco di Dioniso (idea ripresa da Boyancé), o la distinzione tra i sileni si Apollo e quelli di Dioniso. In linea di massima, la concatenazione della dimostrazione seduce e, con una felicità d’espressione mai colta in fallo, Gilles Sauron conduce il lettore ad aderire alle sue conclusioni. In altri termini, egli dà dell’interpretazione classica la spiegazione meglio argomentata, entrando nei particolari , senza mai perdervici, non lasciando niente nell’ombra, non trascurando né la forma di una acconciatura né il colore di un mantello. Un’erudizione senza incrinatura, la sua, ma costantemente dominata ed esposta con una limpidezza che rende la lettura scorrevole per tutti.
ESITAZIONI
E tuttavia, impeccabile che sia la dimostrazione, si esita ad abbandonare Veyne per Sauron. Perché ? Seducente senza alcun dubbio, la tesi di Sauron poggia però su un postulato espresso presto : l’affresco si situa nel contesto “delle pratiche iniziatiche dionisiache che ne formano l’essenziale dell’ispirazione”. Certo, nessuno pensa a negare la presenza di Dioniso e di elementi che si rapportano al suo culto o ai suoi miti (Semele, il ventilabro mistico), ma a formulare, per ipotesi, che ci si trovi di fronte ad una scena di misteri, il rischio era grande di finire per dimostrare che si tratta ben di misteri ! Ciò conduce Sauron, per esempio, a ritrovare la “Domina” in parecchi personaggi dell’affresco, a momenti diversi della sua vita di donna e di iniziata, e a supporre una composizione di una grande complessità, di cui l’accomandante avrebbe ordinato ogni particolare. Malgrado l’intelligenza della dimostrazione. si esita a sottoscrivere senza riserva tante sottigliezze.
Si accorderà volentieri a Sauron che questa decorazione “esprime sotto forme velate una verità ed una sola” ed occorre dunque rinunciare all’idea che ogni lettura sia legittima.
Certo, “se gli esegeti contemporanei si sono contraddetti, è perché essi sono vittime dell’ “offuscamento” concertato, che ha presieduto alla messa in forma del messaggio plastico che esso esprime”, ma, più ancora, l’esegesi ci fa misurare qui quale abisso ci separa da una civiltà che rivendichiamo come nostra, ma i cui aspetti essenziali ci restano tanto oscuri quanto i miti dei Papuasi o quelli degli Aruachi, dell’America Centromeridionale, poiché, piuttosto che di offuscamento concertato, è di perdita di senso che occorrerebbe parlare : questa cultura ci è divenuta largamente estranea poichè, benché ci abbia lungamente nutriti della sua lingua e dei suoi miti, essa obbedisce ad altri comportamenti di fronte al sacro, ad altri codici sociali e morali, che non possiamo provare a capire dall’esterno, come quelli dei Papuasi o degli Arauchi ! La comprensione delle opere non ci è più possibile senza un formidabile apparato didattico e dotto, senza una dimostrazione scientifica necessariamente sottomessa alla valutazione, poiché non possediamo più i referenti intellettuali e spirituali che ne permetterebbero il deciframento simultaneo. Resta il potere di seduzione di una plastica di una rara perfezione, che affascina ed emoziona, a dispetto delle nostre ignoranze.
Alfredo Saccoccio