23 gennaio 1799: la nascita della Repubblica Napoletana
Con la Rivoluzione Francese del 14 luglio 1789 un’ondata di caos caratterizzò l’Europa di quel tempo, poiché in gran parte del continente si accesero focolai rivoluzionari che tentavano di capovolgere il potere costituito e formare una nuova repubblica, che avesse gli ideali della Rivoluzione Francese: libertà, fratellanza, uguaglianza. Di fatto, tuttavia, la Rivoluzione Francese non riuscì a dare il potere al popolo, o meglio alla borghesia, la quale era il vero motore della rivolta, con la conseguenza che la guerra civile fu risolta da un solo uomo che poi assunse il comando su tutta la Francia il 9 novembre 1799, Napoleone Bonaparte.
Proprio Napoleone riportò importanti vittorie nell’Italia Settentrionale attraverso la campagna d’Italia, le quali portarono alla formazione nel 1797 di un certo numero Repubbliche, come ad esempio quella Piemontese, la Cisalpina che comprendeva Lombardia ed Emilia Romagna, la Ligure, la Bolognese e così via. Tali erano dette “Repubbliche sorelle” della Francia rivoluzionaria, o “Repubbliche giacobine”, che tuttavia non avevano un reale potere essendo soggette all’esercito francese, che assorbiva terre e denaro da inviare nella loro nazione per risanarne i debiti, e d’altra parte non furono mai riconosciute dalla stessa Francia che sbatté fuori i legati che lì si presentarono. Non era perciò libertà, bensì mera conquista, e se ne accorse anche Ugo Foscolo quando Napoleone cedette Venezia all’Austria, episodio che creò grande dolore nell’animo del poeta che aveva combattuto nelle forze rivoluzionarie, e lo portò a scrivere le “Ultime lettere di Jacopo Ortis”.
Nel Regno di Napoli non vi furono sommosse contro il potere regio di Ferdinando IV, fino a quando, nell’ottobre del 1798, costui con l’appoggio della marina inglese entrò nei territori dello Stato Pontificio per restaurare il potere del Papa, cacciato via dai rivoluzionari che avevano creato la Repubblica Romana, causando la reazione dei francesi guidati dal generale Championnet. Dopo la sconfitta la famiglia reale napoletana, dopo essere passata per la Reggia di Caserta da dove il Re inviò un proclama al popolo, chiedendogli di opporsi all’occupazione giacobina, si stabilì nell’altra capitale del Sud, Palermo, mentre il suo Vicario Generale Francesco Pignatelli fu costretto a firmare un armistizio coi francesi. A questa notizia i lazzari napoletani insorsero e ingaggiarono una lotta sanguinosissima con i giacobini che culminò con la vittoria di questi ultimi, i quali il 23 gennaio del 1799 proclamarono la Repubblica Napoletana. Essi riuscirono a entrare a castel Sant’Elmo, e coi cannoni ammazzarono migliaia di lazzari. Come le altre Repubbliche sorelle, anche quella Napoletana era in realtà soggetta alla Francia e non fu riconosciuta, cioè era inesistente per i francesi. Essa capitolò il giorno 8 luglio 1799, quando l’Esercito della Santa Fede guidato dal cardinale Fabrizio Ruffo, con al seguito i lazzari, partì dalla Calabria e riuscì a riprendere Napoli dopo aver riconquistato la Lucania e la Puglia.
Tra le cause del fallimento della Repubblica Napoletana vi è senza dubbio la mancanza dell’appoggio popolare, essa era infatti espressione dell’imposizione francese che tentò, in malo modo, di fornire una classe dirigente costituita da cittadini della Repubblica. Una classe che era dirigente sono formalmente, giacché come detto aveva scarsissimi poteri nei fatti, formata da intellettuali e borghesi in massima parte lontani dal popolo che disprezzava. La repressione borbonica fu efferatissima con decine di condannati a morte per tradimento, tra cui Eleonora Pimentel Fonseca, direttrice del Monitore Napoletano, sangue che si aggiunse dunque al sangue dei lazzari che si erano opposti all’entrata dei francesi a Napoli e che furono fucilati su ordine di Championnet, che si aggiunsero ai 3000 già uccisi durante i combattimenti.
Quella della Repubblica Napoletana fu insomma una parentesi di sangue, da entrambe le parti, una pagina di storia dove la libertà ha ben poco spazio, è fumo negli occhi della gente gettato da chi ha mire di potere e di conquista.
Francesco Pipitone
fonte
vesuviolive.it