E’ approdato da qualche settimana nelle librerie nazionali il bel libro di Loreto Giovannone e Miriam Compagnino dal titolo “Italiani. Il Regno e la Repubblica” (Falco Editore, pp. 136, euro 14,00). Si tratta di un breve viaggio nei primi anni dell’Italia unitaria. Attraverso le carte di coloro che hanno diretto il processo unitario, gli autori, l’uno architetto con una grandissima passione per la storia, l’altra archeologa-insegnante, raccontano le vicende drammatiche che dal 1860 hanno condizionato un paese che non è mai stato realmente unificato.
Loreto Giovannone considera Pasquale Villari e
Benedetto Croce, altri protagonisti della transumanza ideologica fatta insieme
a tanti altri borghesi meridionali dopo il 1860
Pasquale Villari.Pur essendone diretto testimone, preferì non
raccontare la demolizione dello stato sociale dell’ex Regno delle Due Sicilie
operato nel 1862 dei primi ministri liberali Rattazzi, Sella, Pepoli, De
Pretis, Carlo Persano (Di Pellion).
Villari davanti al grave
pauperismo indotto nelle ex province, di fronte a venti anni di orribili
misfatti in Sicilia e in tutto il meridione, si voltò dall’altra parte
scrivendo in Lettere Meridionali “Se laggiù il contadino ed il povero
sono in così pessimo stato, se la gente colta manca al suo dovere, non reagendo
e non migliorando questo stato di cose, peggio per loro; resteranno ancora un
pezzo nello stato di semibarbari”. (Le Monnier 1878 – Lettere meridionali –
I rimedi, p. 75).
L’impiego da Senatore gli
fece dimenticare che prima del 1860 una parte della borghesia meridionale non
era né contadina, né povera, né in pessimo stato. Pur avendo scritto saggi
sulle discipline di storia, di critica, di politica, di pedagogia, Villari
oscurò l’assunto di Vico “verum” et “factum” reciprocantur,
seu”, il vero ed il fatto sono reciproci, per Vico il legame consisteva
nell’essere entrambi storicamente legati.
Villari manipolò la realtà storica presentando la
estesa rivolta del meridione come un problema di contadini e di poveri,
ancora oggi appellati terroni o cafoni, nascondendo dietro una massa
di disperati la rivolta politica, lo scontro sociale delle classi meno povere
quali ceto nobiliare, clero, magistrati, artigiani, piccoli proprietari,
possidenti, ex militari borbonici tutti contrari al nuovo regime.
Benedetto Croce,nel ‘900, usò per lo zio Silvio Spaventa il
paravento di elevati valori ideali per lo Stato, non considerando gli incarichi
vari nel ministero dell’interno, i precedenti governativi della
riorganizzazione delle Prefetture per la repressione del cosiddetto brigantaggio,
la lunga opera a capo della nazionalizzazione delle ferrovie, la più grande
commistione tra politica e banche e il più succulento affare nell’immediato
post unitario.
Croce, trascurando il piano
Spaventa nel ministero dell’interno, finì per omettere i mali perpetrati,
l’arbitrio di Stato, la tirannide attuata dal potere politico a sud con il piano
Spaventa contro gli insorgenti meridionali.
Con la immane deportazione
e concentramento di una parte delle popolazioni civili del sud furono violati
gli elementari principi costituzionali a garanzia della libertà degli
individui.
Si aggirò l’art. 71 dello
Statuto Albertino e con l’artificioso utilizzo dell’art. 70 il Parlamento,
composto da nobili e borghesi meridionali, diede in mano al potere esecutivo
del ministero dell’interno la facoltà di deportare le popolazioni civili e gli
oppositori politici. Con l’accentramento dei poteri nelle sole mani del
ministro dell’interno e del segretario Spaventa, si inasprì la repressione
politica nel meridione.
L’azione attuata causò le privazioni delle garanzie
fondamentali del diritto, fino all’arbitrio di Stato del “concentramento”
in appositi luoghi di relegazione per una immensa mole di civili.
Benedetto Croce, nipote dei
fratelli Spaventa, Senatore del Regno
d’Italia dal 26 gennaio 1910 (legislatura XXIII), Membro della Società
napoletana di Storia Patria (1886), dell’Istituto storico italiano (1912),
della Società pavese di storia patria, Fondatore e direttore dell’Istituto
italiano per gli studi storici (1947).
Croce storico, politico,
intellettuale, ignorando il piano Spaventa ignorò la verità storica
dell’azione repressiva dei governi liberali che istituirono il domicilio
coatto.
Nel dimenticare il
frenetico lavoro di Silvio da segretario dell’interno nella Divisione 1ª
Sezione 1ª, Ufficio del domicilio coatto, insieme a tutti gli altri
storici lasciò al paese una pesantissima eredità di menzogne, utili solo alla
propaganda risorgimentale e a conservare nelle masse il mito dell’unità.
La storia nascosta dietro
proclami eroici e patriottici, mistificata, negata, è un grave problema morale,
di civiltà giuridica e civile che incombe da 156 anni sull’unità nazionale che
non si è mai concretizzata.
L’unità amministrativa non
coincide con l’unificazione delle popolazioni.
La complicità degli storici
e delle classi dirigenti con il potere, la mancanza di verità inquina da quasi
160 anni l’etica della morale di governo nella società civile italiana
contemporanea.
In pratica un problema di
democrazia, un problema enorme ed irrisolto alle fondamenta dello Stato
unitario, un problema di etica politica, di cultura giuridica, di progresso
civile in Italia, includendo nell’Italia il sud.
Loreto Giovannone considera Francesco De Sanctis,
uno dei protagonisti della transumanza ideologica fatta insieme a tanti altri
borghesi meridionali dopo il 1860
La mistificazione. Un esempio di propaganda risorgimentale, un
classico del darwinismo socialeche pervade, non solo tutta la
società settentrionale ma tutti gli storici che discriminano il meridione
preunitario ed esaltano il preteso “progresso” post unitario, è facilmente
leggibile nella voce De Sanctis del dizionario biografico degli italiani Treccani
messo in rete.
Sin dalle prime righe, l’estensore della nota
s’affanna a spiegarci quanto la provincia di Avellino ai tempi di De Sanctis
fosse «al centro di una zona tutta feudale e di cui gli antichi feudatari
ancora sfruttavano la scarsa ricchezza boschiva, mentre il potere era gestito
direttamente dal clero e dai piccoli o medi proprietari terrieri, anch’essi
strettamente legati alla Chiesa sul piano economico -, sociale e Politico… In
questo ambiente il D. trascorse solo i primi nove anni, ma esso costituì sempre
per lui un punto di riferimento, perché sempre egli lo ebbe presente come “polo
reale” e, insieme, come “polo negativo” della storia».
Tutto questo dalla nascita e a soli nove anni?
Dal risorgimento il potereha
imposto accademici e storici allineati alla ideologia del nuovo regime nominati
con decreti regi, con il sud sempre e solo “polo negativo”.Attraverso
la narrazione faziosa si pretende di raccontare, malamente, la complessità
della società meridionale prima dell’annessione del meridione. Si inventa il “polo
negativo” rafforzato nella espressione dalla preposizione e
sostantivo “della storia”.
Ma non basta, continua l’estensore della nota «la realtà
da cui partire e rispetto alla quale operare per tutte le conquiste del
“progresso” (morale, culturale, civile)». Si passa dalla realtà
alla demagogia usando con disinvoltura parole che, se proiettate nei veri fatti
storici post unitari fino all’attualità, hanno un significante ma non un
significato. È da 157 anni il linguaggio della propaganda semplicistica dei
settari già nel mentre cospiravano clandestini prima dell’annessione del
meridione.
Il luogo comune vuole che prima del risorgimento al
sud era tutto negativo, dopo l’annessione portato il progresso tutto positivo,
in questo caso la propaganda è nell’uso distorto delle parole “progresso”
(morale, culturale, civile), oggi in piena decadenza sono
parole divenute vuote eprive del loro reale significato.
La nota si accende di darwinismo sociale
quando l’estensore scrive «del Sud che produceva i preti, gli avvocati e i
pochi medici».
In un colpo solo Marinari
(avellinese) cancellala secolare Scuola Medica Salernitana,
poco distante dal suo paese di nascita, Montella.
Cancellata in un colpo solo la più antica e celebre
istituzione medica del mondo occidentale, dove le famiglie si tramandavano la
professione medica, anche le donne professavano la medicina officinale ed è
stata la manifestazione culturale e scientifica più rilevante dell’intero
Medioevofino al XIX secolo. La stessa Treccani dedica una voce
alla istituzione medica.
Francesco De Sanctis. Ministro già nel Regno delle Due Sicilie, uno dei
protagonisti nel cambiamento politico nella transumanza ideologica fatta
insieme a tanti altri borghesi meridionali dopo il 1860. La
deriva ideologica di pensatori, storici, accademici è un male profondo che
pervade quasi tutta la cultura storica italiana, non è intellettualmente onesto
compiacere al potere, non c’è dignità morale, credibilità, in chi si presta.
Discorso dell’on. De Sanctis alla Camera, il 22
novembre 1862.
«L’ onorevole deputato Boggio ha terminato il suo
discorso facendo un appello alla conciliazione. Non
avrei però voluto ch’egli avesse incominciato dall’accrescere le difficoltà
della conciliazione accusando,
per salvare il ministero presente, il generale Lamarmora ed il ministero
precedente. Non difenderò il barone Ricasoli perché egli ha chiesto la parola e
saprà difendersi da sé. Tuttavia siccome io faceva parte del gabinetto da lui
presieduto, sento la necessità di chiarire le intenzioni dalle quali eravamo
animati». (Da Cronaca della guerra
d’Italia del 1859 …: 1862-1863-1864. Rieti 1865, pagina 97).
Programma Conciliazione. De Sanctis prosegue parlando degli atti che hanno
preceduto il combattimento di Aspromonte.La
Conciliazioneera possibile
sovra un solo terreno. Essa consiste in ciò che il governo rispetti la legge
riguardo alla sinistra ed al partito avanzato e che questo dal suo canto
rinunzi alle dimostrazioni di piazza ed alle agitazioni e si serva solamente dei
mezzi legali che le istituzioni del paese gli danno.
Dimostra che il ministero ha condotto le cose al
punto da rendere inevitabile la lotta.Quindi soggiunge: Ad
Aspromonte ha represso, Mellana interrompendo. Ha fatto
il suo dovere. De Sanctis ribatte Siamo d’ accordo, ma non doveva spingere le cose
sino al punto da dare all’esercito un perpetuo ricordo di quella fatale
giornata. Il ministero ha pure oltrepassato i suoi diritti, riguardo alle
associazioni. Poteva frenarle, sospenderle, ma non scioglierle senza violare la
legge (si riferisce allo scioglimento dei volontari garibaldini). E
riguardo allo stato d’assedio chiederò perché lo si sia decretato anche in
quelle provincie dell’Italia meridionale, dove non esisteva alcun pericolo. Chiederò
ancora se non bastasse a combattere il brigantaggio e la camorra senza
prolungare Io stato d’assedio dopo il fatto d’Aspromonte. Coll’arresto poi dei
deputati il ministero ha violato la legge [si riferisce all’arresto
trasporto e detenzione, a Genova, di Garibaldi dopo averlo ferito in
Aspromonte, arresto e detenzione fatta da Cialdini, n.d.a.]. Io
considero sempre il deputato come inviolabile. Il ministero che deve essere
vigile custode delle leggi, che deve curarne l’osservanza per parte di tutti i
cittadini, non ha alcuna scusa quando le calpesta.
Passando alla politica estera e dopo aver biasimato
il viaggio del commendatore Rattazzi a Parigi, cosi s’esprime riguardo alla
circolare e sulla nota del generale Durando. A che adoperare un simile linguaggio?
Si intendeva forse di spaventare l’Imperatore dei Francesi? O si credeva che
questi fosse disposto a ritirare le sue truppe da Roma? Questa fiducia non
poteva avere il ministero, quindi ha fatto atto di cattiva politica. Non poteva
esprimere una fiducia colla certezza di essere smentito dai fatti, non poteva
fare una minaccia se non aveva la volontà, né i mezzi di mandarla ad effetto, e
subirne tutte le sue conseguenze. Da altra parte io credo che l’imperatore
Napoleone sia troppo avveduto politico per non vedere che disfare l’Italia
sarebbe un disfare la Francia, poiché il legittimismo europeo, dopo d’ essere
passato sul petto di quella attraverserebbe questa, e giugnerebbe sino a lui…
Frattanto per noi l’unità é una fede. Come i soldati del primo Napoleone
cadevano gridando viva l’Imperatore, cadono i nostri eroi sotto il ferro dei
briganti col grido; viva l’unità italiana.(Da Cronaca della Guerra d’Italia dal 1859, p. 99).
Questo il discorso alla Camera del 22 novembre 1862
dell’on. De Sanctis, cioè dell’avellinese espulso dal Regno dalle autorità
borboniche nel 1853, esiliato per l’America, dirottato a Malta possedimento
inglese, da lì inviato a Torino. (Da Cronaca della guerra d’Italia del 1859,
pagina 99).
La notizia. I “deportati” civili dell’ex Regno delle due Sicilie riconosciuti ufficialmente 2017. Il Comune di Finale Ligure e l’associazione Baba Jaga venerdì 29 settembre, hanno presentato una importante iniziativa nella Sala delle Udienze. Maria Grazia Pavanello, presidente dell’Associazione Baba Jaga organizzatore, ha dato il via alla presentazione del percorso museale del “Palazzo del Tribunale, 700 anni di arte, storia e vicende umane”, inserito nel progetto “dalla giustizia è uguale per tutti alla cultura è un bene di tutti” sostenuto dal Comune di Finale Ligure e Compagnia di S. Paolo, organizzato dall’Associazione Baba Jaga Dott. Giovanni Borrello, curatore del percorso museale.
Si conclude l’analisi di Loreto Giovannone sulle “malefatte” di Silvio Spaventa come Segretario del ministero dell’interno, retto da Ubaldino Peruzzi, nel settembre 1864 a Torino (m.j.).
L’architetto Loreto Giovannone, ricercatore indipendente, dilettante, non legato al mondo neoborbonico, con Miriam Compagnino è autore dei libri “Italiani” (2013) e “Deportati” (2014) dove, con l’ausilio dei documenti d’archivio, è ricostruita la prima deportazione in massa di civili della storia d’Europa moderna e contemporanea. In questo suo articolo illustra le “malefatte” di Silvio Spaventa come Segretario del ministero dell’interno, retto da Ubaldino Peruzzi, nel settembre 1864 a Torino (m.j.).