CENSURA E LIBERTA’ DI STAMPA DI LORETO GIOVANNONE
Nella Storia tutte le forme di dominazione conosciute, monarchie, dittature, governi di repubbliche parlamentari, ecc… hanno represso con la forza o con la persuasione il dissenso politico ed ideologico nei confronti dell’ordine costituito incluso le limitazioni alla stampa durante il periodo di guerra.
Censura nel Lombardo Veneto. Una pagina web istituzionale della Regione Lombardia (Beni Culturali) spiega in modo articolato come in epoca recente, sin dalla Restaurazione degli inizi dell’800, fu strutturata la censura. “Il regio ufficio di censura venne istituito con la sovrana risoluzione del 23 marzo 1816 ed entrò in funzione il primo maggio 1816. Organizzata come nelle altre province della monarchia, la censura del Regno Lombardo-Veneto dipendeva direttamente dal governo. Gli uffici, che risiedevano a Milano ed a Venezia, erano composti da un capo censore e da altri tre censori.” L’Ufficio censura organizzato come un dipartimento valutava tutto ciò che era stampato nel territorio del Regno, i limiti posti alla circolazione delle idee e delle notizie in Lombardia e in Veneto riguardavano “l’associazione politica, con lo scopo – evidentemente – di soffocare il dissenso politico ed ideologico nei confronti dell’ordine costituito… le leggi emanate e vigenti nel Lombardo-Veneto furono, almeno fino al 1848, più tolleranti rispetto a quelle degli altri Stati della penisola”.
Al controllo del censore sulle le opere stampate nel Lombardo Veneto o fuori le classificava secondo le stesse formule dell’Inquisizione:
“admittitur” (le opere si potevano vendere e recensire sulle gazzette);
“transeat” (si potevano vendere ma non esporre nei negozi o annunciarle sui giornali);
“erga schedam” (le opere potevano essere rilasciate solo in seguito ad un permesso speciale dell’autorità a singoli individui, poiché le “cose censurabili prevalgono alle utili”);
“damnatur” (proibizione assoluta riservata alle opere che tendevano a sovvertire lo stato, la religione e la morale).
Con formule simili venivano classificati i manoscritti e le ristampe. Oggi appare singolare la formula:
“typum non meretur”, formula usata per “quÈ miseri libercoli di niun valore, il di cui soggetto è senza interesse o ripugna alla sana ragione e per tutti quegli futili scritti che offendono il buon gusto, le regole dello stile e la purità della lingua”.
I giornali venivano naturalmente controllati dal censore prima di essere stampati. Dopo il 1849 furono introdotte la cauzione e le pene detentive per reati a mezzo stampa. “la patente imperiale del 13 marzo 1849, pur non contemplando la censura preventiva, introdusse la cauzione per i fogli politici e stabilì pene detentive per reati a mezzo stampa; l’ordinanza imperiale del 6 luglio 1851 attribuì alla luogotenenza la facoltà di sospendere la pubblicazioni di un giornale dopo due ammonizioni scritte (per un periodo non superiore ai tre mesi) e lasciò al Consiglio dei ministri la decisione sulla soppressione definitiva; infine, la materia fu regolata definitivamente con la legge 7 marzo 1852 (ed il suo regolamento esecutivo del 27 maggio) che stabilirono commissioni di censura presso i governi e delegarono al dicastero di polizia la revoca o la soppressione della concessione dei giornali.”[i]
L’Editto Albertino sulla stampa (1848)
Nel marzo 1848 con la promulgazione dello Statuto Albertino, considerata legge fondante dell’Italia unitaria conteneva un articolo sulla libertà di stampa. Ricordiamo che Carlo Alberto prima di promulgare lo Statuto aveva giurato di osservare e far osservare la Costituzione di Cadige, redatta in Spagna nel 1812 sotto forma di preambolo costituzionale da Augustin Arguelles politico Gran maestro del Grande Oriente di Spagna[ii] e da altri cospiratori tra i quali Del Riego Rafael generale e politico spagnolo di tendenza liberale, dopo il 1814 durante i sei anni di assolutismo, Del Riego si unì ai massoni liberali,[iii] ferventi sostenitori della Costituzione di Cadige, nelle ripetute cospirazioni contro il re Ferdinando VII. L’articolo 28 dello Statuto Albertino sulla stampa oscilla tra sarà libera ma ne reprime gli abusi, un “sabaudismo” nel formulare le regole praticato nella formulazione delle norme da quasi due secoli:
«Art. 28. – La Stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi. Tuttavia le bibbie, i catechismi, i libri liturgici e di preghiere non potranno essere stampati senza il preventivo permesso del Vescovo.»
Ma è due anni prima dell’invasione militare armata piemontese del Regno delle due Sicilie che venne inasprita la censura a tutta la stampa. Con il Regio decreto 28 aprile 1859 n.3351 col quale si danno alcune disposizioni relative alla stampa, da osservarsi durante la guerra (al Sud Italia),dagli art. 1 al 4 si sancì il regime totalitario sabaudo e si censurò totalmente qualsiasi voce del dissenso.
Art. 1. È vietata d’or innanzi e durante la guerra la pubblicazione, per mezzo della stampa o di qualsivoglia artificio meccanico atto a riprodurre il pensiero, di notizie, relazioni o polemiche che in qualunque modo si riferiscono agli Eserciti o all’andamento della guerra, e che non siano ufficialmente comunicate o pubblicate dal Governo.
Art. 2. È vietato gridare le stampe di qualsivoglia genere per le vie, per le piazze, e per qualunque luogo pubblico, ed è vietata qualunque affissione di ogni genere di scritti, senza uno speciale permesso.
Art. 3. È vietato per mezzo di stampe, scritti, o con discorsi tenuti in luoghi pubblici o aperti al pubblico eccitare le passioni o la diffidenza tra i varii ordini sociali, seminare la discordia, o turbare la pubblica tranquillità.
Art. 4. I contravventori agli articoli precedenti sono puniti col carcere da sei giorni ad un anno, e colla multa da lire 100 a 1,000, oltre il sequestro degli scritti e stampati. La pena del carcere e le multe potranno essere applicate cumulativamente secondo la gravità dei casi. La cognizione di questi reati è devoluta ai Tribunali ordinarii. L’azione penale contro i contravventori per mezzo della stampa o simili potrà esercitarsi cumulativamente contro l’autore, l’editore, lo stampatore ed il gerente. Riguardo alle pubblicazioni periodiche si potrà aggiugnere alle pene suindicate la sospensione a tempo o la soppressione definitiva. Il Ministro dell’Interno ha la facoltà di ordinare la sospensione a tempo sino a che il Tribunale abbia pronunciata la sua sentenza.
Sulla stessa linea repressiva “sabauda” si attestò il regime fascista nel ventennio. In data 31 dicembre 1925 entrò in vigore la legge n. 2307 sulla stampa che disponeva che i giornali potessero essere diretti, scritti e stampati solo se avessero avuto un responsabile riconosciuto dal prefetto, vale a dire dal governo.
Il 6 novembre 1926 fu emanato il Testo unico di Pubblica sicurezza. In materia di sequestro degli stampati, conteneva le seguenti disposizioni: l’articolo 111 stabiliva che per esercitare l’”arte tipografica” e “qualunque arte di stampa o di riproduzione meccanica o chimica in molteplici esemplari” occorreva la “licenza del questore”; all’art. 112 veniva fatto divieto di “fabbricare, introdurre nel territorio dello Stato, acquistare, detenere, esportare” e anche esporre in vetrina “scritti, disegni, immagini od altri oggetti di qualsiasi specie contrari agli ordinamenti politici, sociali od economici costituiti nello Stato o lesivi del prestigio dello Stato o dell’Autorità o offensivi del sentimento nazionale” (testo del T. U. rivisto con il regio decreto n. 773 del 18 giugno 1931). La facoltà di disporre il sequestro di una pubblicazione spettava all’autorità locale di pubblica sicurezza.
Nel 1930 venne proibita la distribuzione di libri che contenevano ideologia marxista o simili, ma questi libri potevano essere raccolti nelle biblioteche pubbliche in sezioni speciali non aperte al vasto pubblico. Lo stesso capitava per i libri che venivano sottoposti a sequestro. Tutti questi testi potevano essere letti dietro autorizzazione governativa ricevuta in seguito alla manifestazione di validi e chiari propositi scientifici o culturali.[iv]
La censura del “ventennio” combatteva ogni contenuto ideologico che non esaltava l’immagine nazionale, ed ogni altro lavoro o contenuto culturale non allineato. Dal 1934 il controllo fu accentrato nel Ministero Cultura Popolare (Minculpop) nelle mani del dicastero retto da Dino Alfieri.
Censura nella Repubblica. Nell’immediato dopoguerra venne sottoposta a vari limiti e condizioni, in parte derivate dalla legislazione che regolava la libertà di stampa nel Regno d’Italia. L’Articolo 21 della Costituzione italiana si trova nella Parte I che regola i Diritti e Doveri dei Cittadini, al Titolo I sotto la voce “Rapporti Civili”.
«Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili».
Nel 1948 fu emanata la nuova legge sulla stampa (legge 8 febbraio 1948 n. 47), che abrogava le disposizioni del passato regime. L’autorizzazione era sostituita dalla registrazione (art. 5). La legge stabiliva, tra l’altro, quali indicazioni obbligatorie devono apparire sugli stampati; definiva le prerogative del direttore responsabile e del proprietario (editore), fissava le regole per la registrazione delle pubblicazioni periodiche e conteneva norme afferenti al reato di diffamazione a mezzo stampa (responsabilità civile, riparazione pecuniaria).
La Repubblica e l’autocensura, l’Italia nell’anno 2022 figura al 58esimo posto per la libertà di stampa. In un articolo del 4 maggio 2022 il giornale l’Indipendente affermava: È uscito il nuovo World Press Freedom Index – una classifica annuale che valuta lo stato del giornalismo e il suo grado di libertà in 180 paesi del mondo – e per l’Italia non ci sono buone notizie. Il nostro paese occupa attualmente la 58esima posizione, perdendo 17 posti rispetto al 2021 e al 2020 (quando invece era stabile alla 41esima posizione). L’Italia è stata superata anche da Gambia e Suriname. Nel report, realizzato grazie a interviste rilasciate dai cronisti in forma anonima, la principale novità rispetto agli anni scorsi è legata all’autocensura, ammessa da diversi giornalisti.[v]
[i] https://www.lombardiabeniculturali.it/istituzioni/schede/8000330/
[ii] https://it.wikipedia.org/wiki/Agust%C3%ADn_Arg%C3%BCelles
[iii] https://italiawiki.com/pages/delegato-spagnolo/rafael-del-riego.html
[iv] https://it.wikipedia.org/wiki/Censura_fascista
[v] https://www.lindipendente.online/2022/05/04/liberta-di-stampa-litalia-sprofonda-al-58-posto-nella-classifica-mondiale/
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