Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

COLPO D’OCCHIO SU LE CONDIZIONI DEL REAME DELLE DUE SICILIE NEL CORSO DELL’ANNO 1862 (IX)

Posted by on Nov 28, 2023

COLPO D’OCCHIO SU LE CONDIZIONI DEL REAME DELLE DUE SICILIE NEL CORSO DELL’ANNO 1862 (IX)
VI. BANDO DEL PREFETTO DELLA PROVINCIA DI AVELLINO, NICOLA DE LUCA.

Avellino Il ottobre 1862. «Nel fine di porre un termite ne al brigantaggio, ed anche nello scopo d’impedire, che riceva ulteriori alimenti di uomini, di armi, di viveri e di denaro, il sottoscritto invita i signori Sindaci ad osservare, e far osservare le seguenti disposizioni, dando ad esse la maggiore pubblicità: – 1. I sindaci, e i comandanti delle guardie nazionali sono chiamati sotto la loro più stretta risponsabilità, a designare fra 6 giorni al Prefetto della provincia tutt’ i conniventi, ed i corrispondenti de’ briganti del proprio comune.

La facoltà di designarli è anche attribuita ad ogni onesto cittadino, quando però possa irrefragabilmente provare, che essi appartengono alla classe di coloro appunto, che avrebbero il dovere di denunziarli. – 2. È richiamata in vigore la circolare di questa prefettura, con la quale si prescriveva a’ sindaci di fare l’elenco di tutti gli assenti, indicandone i luoghi di dimora ed il motivo di aste senza. Tale lista dovrà essere ora parimenti compilata fra 5 giorni, mandandosene copia al prefetto, a’ sottoprefetti, ed a’ comandi militari della provincia, e lasciando una categoria in bianco per segnarvi i nomi di que’ che si allontanassero dopo la compilazione della lista medesima; nel qual caso essi dovranno essere immediatamente denunziati alle autorità sudette. 136 Nella ripetuta lista dovranno comprendersi i nomi de’ briganti conosciuti. – 3. Le autorità locali dovranno procedere prontamente allo arresto, e perquisizione de’ briganti, e di coloro, che dopo l’assenza non giustificata li ritornassero nel proprio comune. – 4. Le stesse dovranno pure procedere indistintamente allo arresto de’ parenti dei briganti e ladri latitanti, fino al terzo grado civile; a meno che alcuno di essi non dia utili indicazioni per lo scovrimento ed arresto del congiunto latitante, e che 4 probi cittadini non ne garentissero personalmente la buona condotta. – 5. Le truppe in perlustrazione vorranno prestarsi a perquirere esattamente tutte le case di campagna ed arrestare que’ che detenessero oggetti criminosi od armi senza autorizzazione. – 6. Tutti i coloni, che andranno a lavorare in campagna dovranno munirsi di una carta firmata dal Sindaco, in cui sieno espressi in modo non dubbio i proprii connotati, la contrada dove sono posti i campi da coltivarle si, e la specie del lavoro ohe debbono eseguire; affinché i briganti colti dalla forza legittima non possano impunemente mentire dichiarandosi lavoratori. I contadini medesimi saranno tenuti risponsabili pe’ figliuoli minorenni, per le donne pe’ garzoni, che si facessero a portare viveri, e munizioni a’ malfattori. – 7. Saranno severamente puniti i lavoratori, che nel recarsi alle opere campestri, portassero secoloro viveri oltre la quantità necessaria per un solo pasto. Le stesse pene saranno applicate a’ contadini, che, prima di seminare i cereali di qualunque specie, non li unissero alla calce, onde impedire, che servissero di nutrimento a’ briganti. 8. Tutte le case di campagna dovranno chiudersi, e murarsi nel termine improrogabile di giorni 15; ed i contadini, che attualmente vi dimorassero, ridursi ne! proprio comune, dove a cura e risponsabilità della giunta municipale dovranno essere provveduti di abitazioni, qualora ne fossero privi. 137 «Anche in detto termine i contadini medesimi trasporteranno nello abitato tutti i loro effetti, i foraggi, i prodotti raccolti; non che il bestiame, che a seconda della specie e del numero dovrà essere menato w nel paese, o in luogo così prossimo a questo, da tenerlo non solo al sicuro, ma da impedire del tutto, che potesse divenire preda e cibo de’ briganti. Ogni proprietario di bestiame si uniformerà strettamente a tale prescrizione. – 9. I sindaci, gli ufficiali, e i militi della guardia nazionale saranno tenuti al ristoro de’ danni cagionati da un numerò non maggiore di dieci briganti, o quando non accorressero a tempo per impedirli, o quando tali danni avvenissero in prossimità dello abitato, o quando, avvisati, non curassero di purgare il proprio tenimento da numero così breve di malfattori. Ogni esagerazione circa detto numero, intesa a scusare la inosservanza di questa disposizione, sarà severamente punita. – 10. Si procederà immantinenti allo arresto, disarmo, e cancellazione dalla matricola della guardia nazionale, ed alla destituzione da ogni pubblicò ufficio civile ed ecclesiastico di tutti coloro, che si rifiutassero a prestare un servizio richiesto, sia dalle autorità militari, che dalle politiche e municipali. – 11. Saranno adottata misure rigorose, ed eccezionali contro le spie de’ malviventi, ed i corrispondenti de’ briganti colti in flagranza, o in possesso di oggetti furtivi. – 12. Coloro che senza pruova ineluttabile di essere corrispondenti, manutengoli, e spie de’ malviventi, fossero nondimeno reputati tali dalla concorde voce pubblica; dovranno essere attentamente invigilati. – La stessa vigilanza dovrà portarsi sul clero, spedendosi settimanalmente al Prefetto, sotto-prefetti, e comandi militari un rapporto su la di lui attitudine, e dirigendosi uffizii straordinarii in qualche grave caso che meriti pronte misure. Al tempo stesso saranno designati alla pubblica riconoscenza que’ Sacerdoti, che nello esercizio del pio ministerio persuaderanno con l’esempio, e con il consiglio la obbedienza al governo, 138 e combatteranno con la parola gli eccessi di ogni sorta che possono turbare la pubblica, e la privata tranquillità etc. etc.»

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Il Prefetto

Firmato = COMMENDATONE NICOLA DE LUCA. 

VII. BANDO DEL PREFETTO DELLA PROVINCIA DI LECCE SIG. G. GEMELLI. 

Provincia di Terra d’Otranto = Editto = Lecce 23 ottobre 1862 «È urgente finirla co’ briganti. A tal fine dovranno essere osservate le seguenti disposizioni. 1. Saranno formate in ogni comune nel termine di giorni 5 e da’ Sindaci, e comandanti le guardie nazionali due elenchi, uno di tutti coloro, che facessero parte delle bande brigantesche, o ne fossero (autori, conniventi, manutengoli, e corrispondenti in qualunque modo; l’altro di tutte le persone assenti dal rispettivo comune, senza uno scopo conosciuto. – Tali elenchi saranno immediatamente trasmessi al Prefetto, a’ sotto-prefetti, al comando militare della provincia, ed al maggiore comandante i Reali-Carabinieri in Lecce. – 3. Dopo tale trasmessione saranno tosto messe in movimento tutte le guardie nazionali. Forti drappelli di esse percorreranno, senza altra formalità, il territorio di ciascun comune, alternando il servizio a metà giorno, dando la caccia a’ briganti e tenendosi in diretta comunicazione tra loro, e col colonnello Marcheti, comandante le colonne mobili di fanteria in Taranto, come è detto con la circolare de’ 21 corrente. – 4. Nelle perlustrazioni i comandanti le guardie nazionali potranno passare dal territorio d’un comune all’altro senza preventiva autorizzazione del Prefetto, e le amministrazioni municipali de’ comuni più minacciati potranno, sia con mezzi proprii, sia facendo contribuire con soscrizioni volontarie i proprietarii; sia in altro miglior modo, venire in aiuto a’ militi stanchi, o meno agiati. 139 – 5. Qualora oltre codesto servizio di perlustrazione occorresse il servizio di distaccamento, questo sarà ordinato dal Prefetto, o sottoprefetto, e rimunerato dallo stato con le solite competenze. – 6. Accadendo il caso, che più drappelli, o distaccamenti abbiano ad agire uniti, ne assumerà il comando l’uffiziale superiore di grado, ed a parità di gradi il più anziano in età. – – 7. Contemporaneamente sarà proceduto allo arresto, o perquisizione; – 1. de’ complici ricettatori, e vagabondi d’ogni genere,3. de’ refrattarii, e sbandati, – 4. de’ portatori, e detentori d’armi senza licenza, – 5. de’ parenti de briganti sino al terzo grado civile salvo che 4 probi e cittadini non ne garantissero la buona condotta; – 6. de’ propagatori di falsi allarmi, e di false notizie; – 7. di coloro, che essendosi assentati da’ comuni vi ritornassero senza giustificare il motivo dell’assenza – 8. Potranno essere anche arrestati, e perquisiti tutti coloro, che senza essere fautori, spie provate de’ briganti, fossero nondimeno reputati tali dalla concorde opinione pubblica: – o promuovessero, e consigliassero occultamente la disubbidienza agli ordini, che l’Autorità abbia emanati pel brigantaggio. In tali casi però la misura dello arresto, e della perquisizione dovrà essere, direttamente ordinata dal Prefetto, o deliberata d’accordo tra il sindaco, il comandante nazionale, ed il capo Stazione de’ carabinieri. – 9. Potrà pure essere arrestato, e perquisito il clero regolare o irregolare, che sarà diligente temente sorvegliato.10. ne’ comuni più minacciati saranno adottati i seguenti provvedimenti: 1. Vietarsi, che massari, coloni, lavoratori, domestici, e simili vadano, o si trattengano alla campagna senza essere muniti d’una carta di sicurezza rilasciata dal Sindaco, e debiti connotati; – 2. Chiudersi, e murarsi, a spese de’ proprietarii, le masserie e case di campagna vuotandole d’ogni prodotto, commestibile, e foraggio, e trasportando il bestiame in luoghi, ove sia meno esposto ad essere depredato; – 3. con mezzi amministrativi e spediti, astringere i proprietarii, che a ciò si rifiutassero. 140 – È data ampia facoltà a’ comandanti le guardie nazionali d’infliggere, indipendentemente da’ consigli di disciplina agli» uffiziali e militi, che ricusassero di obbedire alla chiamata le pene sancite dall’art,118 legge 4 maggio 1848 oltre la privazione del grado, il disarmo, e la cancellazione dalla matricola etc. I quali provvedimenti forse ripugnano alla civiltà de’ tempi, ma a mali straordinari, straordinarii rimedii».

Il Prefetto

Firmato = G. GEMELLI 

Gravi censure sono state fatte generalmente su questo editto sanguinario, notandosi dalla stampa periodica di non avere il prefetto Gemelli la facoltà di emanarlo durante lo stato d’assedio. – I suoi effetti sono stati troppo deplorabili nella provincia. Lo spionaggio, le restrizioni al libero transito, i mandati, le deportazioni, le perquisizioni, i sequestri delle lettere, gli arresti, sono stati innumerevoli, e i detenuti sottoposti a gravi rigori: basti dire, che le mogli non potevano parlare con i mariti arrestati senza l’intervento di 2 guardie, e che le vivande particolari eran pria tagliuzzate da’ custodi, e poi apprestate loro. E tutto questa pel semplice sospetto di connivenza co’ briganti, Niun altro risultamento ha prodotto l’editto, se non recrudescenza del brigantaggio, maggiori disordini, nemici, e sempre nuovi nemici al governo. Inoltre lo stesso prefetto con circolare de’ 6 novembre è stato costretto a dichiarare, che la forza militare (la quale in Provincia di Lecce somma ad oltre i 20 mila uomini) non basta a comprimere il brigantaggio, e per le spese n non possono sopperire le Casse pubbliche; per cui ordina a tutti i sindaci di raccogliere sottoscrizioni volontarie per organizzare, e mettere in piedi un corpo di 200 volontarii a cavallo».Intanto nella relazione di Lamarmora sviluppata in Torino nella tornata degli 11 dicembre è notato che i briganti della provincia dì Lecce si riducono a soli 70! 141 Per la cui repressione non basterebbero adunque i 20 mila uomini di forza pubblica, e le casse del governo; e s’impongono tasse volontario-forzose, ed una cerna di altra milizia a cavallo!….

Premesse codeste disposizioni, derivano di conseguenza queste esecuzioni:

1. In Sora è fucilato a’ 2 gennaio, come reazionario, il nominato Domenico Ferri.

2. Pubblicata appena l’anzidetta ordinanza del Fantoni, e fattala affiggere nella città dì Trani, il comandante piemontese colà, fa venire a se il capitano della guardia nazionale, e gli dice in aria minacciosa «mi bisognano tre briganti almeno, per farli fucilare, onde la proclamata ordinanza non sia presa per una vana minaccia». Il capitano si ricusa; ma vi sono quivi altri, che per mettersi in grazia del comandante gli presentano tre poveri contadini allora sorpresi col pane nella loro bisaccia pel proprio nutrimento, donde la presunzione di connivenza col brigantaggio; per cui sono fucilati all’istante. Bisognava un esempio di terrore su le popolazioni!

3. In uno de’ giorni di marzo è fucilato il contadinello Antonio Colucci, di Bajano, presso Nola (Terra di Lavoro), sol perché trovandosi sopra un castagno a reciderne i rami, preso dallo spavento al vedersi tra la truppa piemontese, che giunge, ed i briganti, che sono poco lungi da lui, fa segno a costoro di fuggire. Interrogato su questo fatto l’inesperto giovanetto risponde sempre: «perché avevo paura di un conflitto, in mezzo del quale mi sarei trovato in percolo». Ciò non ostante, è tradotto nella sua patria per esservi fucilato; ma temendosi che i militi nazionali, i quali ben conoscevano la semplicità della vittima, si rifiutassero alla tragica esecuzione, si estraggono a sorte otto fucilatoti, fra i quali esce un tale che è compare del fanciullo; ed obbligandosi i costui genitori ad esser presenti, si dà il segno; – partono gli otto colpi di fucile, che riescono tutti alti dalla mira; la pietà fa tremare le braccia nella esplosione: 142 allora per non prolungare la scena si ordina a 4 soldati della truppa di farsi innanzi, e fatto fuoco, Antonio Colucci rimane ucciso. A scherno ne vien preso il cappello, e calcato sul capo del costernato genitore, per soprassoma è condotto in carcere, dove i suoi dolori fanno tregua, perché divenuto folle, perduto l’intelletto, chiede con affettuosa ilarità alla moglie Rosa che viene a visitarlo, di aver cura della salute del diletto figliuolo, che nel delirio egli crede trovarsi a casa.

4. Nello stesso mese di marzo sono arrestate nelle Puglie 4 donne, come conniventi de’ briganti: se ne fucilano 3, per effetto del proclama di Fantoni; – la 4. essendo incinta e quasi prossima al parto, le si [usa il riguardo di attendere il puerperio, e quindi è fucilata.

5. Luigi Franco, capitano di guardia mobilizzata, di Montescaglioso, distretto di Matera (Basilicata) in uno dei giorni del cessato mese di marzo, perlustrando il bosco di Bernalda, s’ incontra con 12 pastori, che guardano i loro armenti, e chiede sapere se avessero notizie della banda brigantesca: costoro rispondono negativamente per essere stranieri di que ‘luoghi. Procede oltre; s’imbatte co’ briganti, e vi si attacca. Pochi giorni dopo, ritorna nello stesso bosco, per vendicarsi de’ pastori, da’ quali egli crede essere stato ingannato; invece de’ medesimi, vi trova 10, o 12 contadini con le loro famiglie, li cattura, li lega mani e piedi, li chiude in un pagliaio; poi fa tirare moschettate da’ suoi contro di questo e per giunta vi fa accender fuoco intorno, e così brucia vivi 10, o 12 innocenti, in presenza delle famiglie.

6. Ed anche nel cennato mese di marzo, per effetto della ordinanza di Fumel, sono fucilati quattro contadini, portatori di mezzo pane per cadauno, onde cibarsene lungo il cammino da Policastro (Calabria) fino a Cotrone loro patria: usciti appena dai primo de’ detti paesi j incontrano la guardia nazionale, 143 che perquisitili, li lascia andar via, perché nulla di criminoso vede in quel poco pane. Procedendo oltre, si imbattono in un distaccamento di truppa piemontese, che senza misericordia li uccide.

7. Più tragico è l’avvenimento de’ 3 aprile nell’anzidetto comune di Policastro. Vincenzo Minelli, figlio del fu Rosario, di anni 40, agricoltore, di colà, ammogliato, e padre onesto di 12 figli in tenera età, di eccellente riputazione morale, è denunziato con altri tre suoi vicini, di aver regalato del salame a’ briganti. Su la denunzia verbale, e nel breve spazio di ore due, Minelli è arrestato e fucilato, con gli altri tre complici, i cui nomi sono:

Domenico Scandale, agnominato Colamatteo, mulattiere, di anni 33.

Domenico Le Rose, agnominato Granpillo, calzolaio, di anni 22.

Francesco Critozzo, mercante, di anni 60.

Il luogo della esecuzione fu il colle s. Francesco in Policastro. Inutili riuscirono le intercessioni della popolazione commossa, per ottenere almeno una sospensione di 24 ore, onde dimostrare la innocenza delle vittime; – inutili le lagrime de’ parenti, delle mogli, e de’ figli delle medesime.

Codesta atrocità inspira tale orrore, che la gente onesta si risolve lasciare il paese, ed emigrare altrove. Il massacro veniva eseguito d’ordine d’un signor Bigotti, capitano del 17. reggimento di linea, che volle assistere al doloroso spettacolo; e siccome le scariche di moschetteria non arrivavano ad uccidere all’intutto i quattro sventurati, ne compiva egli l’ufficio, e lo si vide avanzarsi verso Minelli con la sciabola alla mano, e fendergli il cranio d’un solo colpo. – Il Bigotti, dopo ciò, s’ installa a Policastro con una certa Maria, figliuola di Sante, soprannominata la Polisona, donna crudele, e depravata; e gli si addebitano inoltre le arbitrarie spoliazioni a danno di un d. Bernardo Bevilacqua, di Ottavio Pace, de’ figli d’un Pasquale Codetta, e di varii altri. 144

8. In uno de’ giorni di aprile, il maggiore Fumel fa arre stare nove persone a Saracena, comune del distretto dì Castrovillari (Calabria), le fa lìgare a’ pali piantati a terra, ed ordina a’ suoi soldati di tirare. I cadaveri delle vittime rimangono quivi esposti per 7 giorni privi di sepoltura, ad esempio e spavento. – In seguito, nello stesso distretto di Castrovillari, fa fucilare nove persone in Bisignano, dopo che si erano presentate spontaneamente; altre due ne fa fucilare nel comune di Acri; – una donna in Corigliano, perché non faceva presentare la figlia, la quale seguiva un brigante; – altri 4 in Longobucco; – altri 6 in Cruscolo; e così in altri paesi, incendiando, e diroccando dovunque le case rurali, le capanne, i ricoveri di animali, e moltiplicando gli arresti delle persone. – Le corrispondenze di varii giornali napolitani descrivono l’allarme dello spirito pubblico in tutti i paesi delle Calabrie percorsi dal Fumel; l’avversione, che di conseguenza si aumenta contro il governo degl’invasori, ed i vantaggi progressivi della reazione.

9. In uno de’ giorni di maggio, a Francavilla nel Leccese, è fucilato un soldato sbandato dell’antico esercito delle due Sicilie, a solo fine d’incutere timore, e ad esempio degli altri sbandati. – Codesta misura è poi adottata per sistema, e la si vede praticare pe’ susseguenti mesi nel comune dì Roccamonfina (distretto di Gaeta) dove un giovane soldato sbandato del villaggio Garofali, tenutosi celato da più tempo senza far male ad alcuno, è fucilato nella piazza, e la madre è arrestala: – nella città di s. Germano, dove altri due soldati sbandati, presentatisi sontanei, confidando su la reale amnistia sono trasportati su d’un carretto, e messi tra le file de’ soldati sono fucilati; ma uno de’ due oppone tale resistenza, da reggere a’ tanti replicati colpi di moschetto, fino a che l’uffiziale piemontese, deve finirlo con un colpo del suo revolver. 145 10. Nel cennato mese di maggio, secondo la costumanza agraria, varie donne sono occupate ad estirpare le erbe nocive da’ campi seminati a grano: sopravvengono i soldati piemontesi, e credendole esserci briganti celati fra il folto delle erbe, fanno fuoco, ed uccidono otto di quelle sventurate.: l’uffiziale del distaccamento non riceve né pure un rimprovero da’ superiori. Ciò accade a Vico, villaggio di Terra di Lavoro, nel territorio di Tricola, presso S. Maria.

11. Verso la fine dello stesso mese di maggio, in Salerno un poveruomo avanzato in età e finito di forze cade a terra presso il convento de’ Cappuccini di colà. Un soldato piemontese, ritenendolo per brigante, lo fucila.

12. Ed anche intorno a detta epoca, accade nel distretto di Matera (Basilicata), che 3 briganti imbattutisi in due maestri muratori, i quali si protestano di andare pe’ loro affari, e di sperar un riguardo per essere stati un tempo soldati nello esercito borbonico, risparmiano loro la vita, e li invitano a seguirli in una prossima cascina, dove sopraggiunta la guardia nazionale, i tre briganti, come più destri, prendono la fuga; ma i due muratori rimangono, sicuri della loro innocenza, e narrano il fatto a loro discarico. La guardia nazionale se ne persuade, e li conduce a Matera, consegnandoli a’ piemontesi, che fanno da padroni. Ma questi, ad pota delle più palpabili pruove d’innocenza, e delle testimonianze prodotte da que’ due miseri, li fucilano su la piazza dell città, non di altro rei le non di non essersi fatti ammazzare quando s’incontrarono con i briganti.

13. Corrispondentemente nella prossima città di Potenza è fucilato un povero uomo, il quale andava vendendo per que’ paesi, chiodi, ferri da cavallo, ed altro, su la semplice deposizione di un nemico, che lo denunzia come spia di briganti.

14. Nelle ore pomeridiane de’ 5 agosto, in mezzo alla piazza di Vallo (Salerno) al cospetto di tutte le autorità amministrative, e giudiziarie, che ne restano indifferenti, è fucilato l’innocente giovane, Vincenzo Gatto, guardia nazionale di s. Biase, 146 arrestato poche ore prima mentre zappava in campagna con due cartucce in tasca, rimastegli per dimenticanza dal giorno precedente che era stato di servizio; i bersaglieri piemontesi, che lo catturavano, per tutta risposta alle discolpe dell’infelice giovane, gli dicono sul luogo della esecuzione, voltati le spalle, ed otto moschettate Io rendono cadavere.

15. A’ 4 settembre sono fucilati in Monteleone (Calabria) i soldati sbandati ritenuti come briganti, Benedetto, e Raffaele Scalese, di Castagna, – Vincenzo Pontieri di Carpenzana, e Domenico Ceranda, anche di Carpenzana.

16. A’ 7 del mese stesso sono fucilati Antonio Gasparo, di Conca (distretto di Gaeta), – Nicola Martelli, di Vico (Capitanata); – ed un ignoto rinvenuto da un distaccamento di bersaglieri e creduto spia di briganti, nel bosco Vecchio di’ Rocca Rainola, presso Note (Terra di lavoro).

17. Il Giornale officiale di Napoli riporta, che a’ 23 del suddetto mese un drappello misto di carabinieri, e di soldati del 12. di linea arresta nel territorio di Campoli (Benevento) tre individui armati, e lì fucila A’ 24, un altro drappello militare arresta il brigante Michele Notarangelo, mimato, e all’istante lo passa per le armi. A’ 25, un drappello di carabinieri, e di soldati del 29. di linea arresta in una cascina, nel territorio di S. Agata de’ Goti, il disertore armato Giovanni de Martino, e lo fucila; ed arresta secolui il manutengolo Agostino Jannotta, e due donne.

18. Il giornale Ufficiale di Sicilia de’ 27 ottobre annunzia, che Onofrio Santoro Tommaso Sciortino, Gaetano, ed Onofrio Scardina, sorpresi armati al passo di Torremuzza, sono stati nel precedente giorno fucilati in Bagheria.

19. A’ 3. novembre, un distaccamento di bersaglieri, e guardie nazionali, presso s. Fele (Basilicata) incontratosi col brigante Cario La Rossa, lo fucila all’istante.

20. Un altro drappello di 59. guardie nazionali mobili, a’ 7. ‘ del mese stesso, fucila quattro porcajuolj, di Pedace (Calabria) nel bosco Colle della Vacca, tenimento di Cosenza, non di altro rei, che di false informazioni date, su talune interrogazioni. – E nel giorno stesso il maggiore piemontese 4yechelburg prende, e fucila nel distretto di Melfi il brigante Frecina di Bisaccia.

21. E nello stesso mese di novembre un distaccamento militare sorprende io un podere pressa Celliano (disretto di Campagna in Salerno) il vecchio settagenario Giuseppe Vecchi, mentre è addormentato, lo conduce in prigione, e nel dimani è fucilato, correo di esserci recato a visitare il figlio aggregato nelle bande.

22. A’ 3 del mese anzidetta dieci contadini, abruzzesi (di Aquila) secondo l’antica costumanza agraria si recano a lavorare sul limitrofo stato pontificio, dove entrati appena, e distesi a terra per addormentarsi, sono sorpresi da un drappello di piemontesi, che violando quel territorio, ne arrestano sette (essendone, tre riusciti a fuggire) e ricondottili al di qua della frontiera del regno, un capitano piemontese li fa fucilare, senza né pure imbarazzarsi, a liquidare se fossero reazionarii, o pur no.

23. A’ 19 del ripetuto mese il colono Antonio de Luca, capitano della guardia nazionale di s.. Anastasia presso Napoli, concerta,: mediante il prillo di 400 franchi, col contadino Saverio Sbarretella, la uccisione di tre soldati sbandati dell’antico esercito nascosti in quelle vicinanze cui il Saverio era solito recare il cibo da parte delle rispettive famiglie. Si riesce con tradimento ad ucciderne due nel loro nascondiglio, ed i cadaveri sono trascinati nel paese, e quivi esposti a ludibrio nella piazza, fino a tutto il giorno 20. Nel dimani si paga il prezzo del sangue al Saverio, che lo spende in un clamoroso banchetto con varii di que’ militi, sbevazzando su la facile vittoria. 148 24. Aggiunge il Giornale ufficiale di Napoli de’ 12 di novembre: «Annunziamo con piacere, che le operazioni del Colonnello Fumel (pochi mesi prima era mangiare, ed ora è promosso dì due gradi militari) contro il brigantaggio sono già cominciate – Noi possiamo altresì annunziare, che a S. Fele si è già cominciato a fucilare i ladri occulti ed i corrispondenti de’ briganti» – Fra le molte fucilazioni de’ cosiddetti manutengoli di briganti, se ne notano 4 nel solo 8 dicembre.

A’ 7 dicembre la guardia nazionale di Bonefro (Molise) fucila Domenicantonio Verna di S. Elia, preso nel bosco Fìcarella, con le armi alla mano.

25. A’ 14 del mese stesso i bersaglieri dì Palma (Nola) fucilano Biagio Simonetti, agnominato Capotiello, soldato sbandato – La guardia nazionale di Faeto uccide due briganti della banda di Carlo Addosio. – In Lanciano è fucilato Domenico Andreoli, arrestato e ferito da quel funzionario di polizia de Michele.

26. Nella tornata del parlamento di Torino de’ 25 novembre, il deputato Nicotera, tra le altre cose, dice:….. «A Canicati, non essendo riuscito a quel prefetto di arrestare il Sindaco, creduto garibaldino, fa arrestare il padre di 74 anni. A Noto, l’egregio giovane Mariano Salvo la Rosa, direttore del Democratio, un giorno scrisse un articolo contro il prefetto; ebbene, è reputato così grave questo fatto, che l’infelice giovane è posto in una prigione cosi orribile, che dopo qualche giorno, hanno sbocco di sangue, e muore. – A’ 2 ottobre un tal Vincenzo Caferro, di Siculiana pensa di andare a caccia, e tira la fucilata ad un uccello, indi si accorge, che si avanza la truppa, ed allora questo disgraziato temendo, che la truppa per aver inteso il colpo di fucile lo arrestasse, si rifugia nella casetta vicina d’un contadino cui narra il fatto: questi risponde: che hai a temere? se viene la truppa io mostrerà l’uccello ucciso, e si persuaderanno; lascia a me il fucile, ci penserò io. – L’altro acconsente – La truppa arriva, e fa il suo dovere. – Dal momento che v’è il bando di proibizione per le armi, arresta il contadino, 149 lo porta a Siculiana: si telegrafa al prefetto; e il prefetto ordina la fucilazione. In questo io domando la testimonianza del deputato Cognata.»

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Quest’ultimo parla, ed aggiunge: – «L’onorevole Nicotera ha chiamata a testimonianza il mio nome: io sento il dovere di dichiarare, che il fatto da lui narrato, in gran parte vero, merita rettifiche; le quali però aggravano l’orrore che deve inspirare nell’animo degli onesti la fucilazione d’un innocente, e per conseguenza aumentano la responsabilità del ministero. Parve a me, o signori, che in quel fatto, sostituito l’arbitrio alle leggi, la giustizia fosse un nome. vano per la mia Sicilia. Sotto l’incubo di questa fatale impressione, io, deputato al parlamento e rappresentante dì qual corpo elettorale, scrissi una lettera al presidente del Consiglio, che non si degnò rispondermi: da quell’altezza que’ signori stentano a vedere questi piccoli insetti, che si chiamano rappresentanti del popolo».

E il Nicotera ripiglia: – «dirò solamente di. un fatto avvenuto a Fantina,, che può essere provato da un nostro collega, che sta qui nella camera. Un giorno a Fantina si presentano sette garibaldini, sette uomini vestiti con la camicia rossa. – L’ufficiale, che era a Fantina li crede disertori, ed ordina la fucilazione. Due, di questi disgraziati gridano, protestano, dicono: noi non siamo disertori. Ma non si sente ragione, sono fucilati tutti e sette: dopo la fucilazione si vetrifica, che veramente due non erano disertori… – Debbo necessariamente discorrere di un bando emanato il 31 agosto dal generate Cialdini in Sicilia. Questo bando, ignori, non ha potuto esser letto dall’Europa civile del 1862 senza rabbrividire per orrore. Né si può egli riparare sotto lo scudo delle circostanze eccezionali di guerra; poiché né meno la prepotenza militare può giustificare quel proclama, che pare dettato da Tamerlano, da Gengis-Kan; anzi si sarebbe meglio attagliato ad Attila circondato da’ suoi Unni, che invase l’Italia». 150

E nella susseguente tornata de’ 30 l’altro deputato Ferrari dice al governo di Torino: «… voi con la vostra condotta avete prodotto un grandissimo malcontento in Sicilia, ed in Napoli; avete violata la Costituzione con tanti arresti, e col modo atroce di reprimere il brigantaggio, cioè con gli incedi de’ paesi, e con le fucilazioni: questa è una giurisprudenza nuova. Quel che è peggio

, gli

arrestati in Napoli, ed in Sicilia non sono mai liberati, e le fucilazioni vengono eseguite contro chiunque è colto con le armi in mano».

27. In vari giornali napoletani sotto là data degli 8 dicembre si legge: – «Nello scorso mese elemosinava per Napoli una infelice donna, lacera delle vesti, sparuta nel volto, con sei infelici bambini figli, il più grande de’ quali non oltrepassava l’età di 7 anni. Era là vedova di Pasquale Bugito, dì Afragola (grossa borgata a poche miglia da Napoli) barbaramente fucilato senza formalità di giudizio senza e senza colto con le armi alla mano, senza aver fatto parte di alcuna comitiva. Abbiamo voluto prendere esatte informazioni della verità, ed abbiamo verificato, che il Bugito non trovando più ad esercitare il mestiere di domestico, si mise ad esercitare quello di facchino, e talvolta recavasi a Benevento a rilevare un po’ di tabacco; in una di queste fiate, al di qua di Cancello, vedendo la truppa, si tenne nascosto presso un gruppo di tavole, e catturato, non valsero le sue ragioni, e la indicazione della patria, ed invano chiese esser tradotto in giudizio. Dieci palle lo freddarono senza più, ed ei lasciava la moglie incinta, e sei miseri figliuoletti».

Ma le fucilazioni sistematiche, e sopratutto quelle degl’innocenti, non bastano a domare l’avversione, che per gli atti arbitrarii del nuovo governo si aumenta sempre più nelle popolazioni. – E come se fosse poco lo sperperamento, che si fa giornalmente delle umane vite, non si risparmia né pure all’onore, 151 come si compruova in un ultimo avvenimento del mese dì dicembre, riferito da’ giornali sotto la data de’ 6 nelle corrispondenze della provincia di Cosenza. Ivi è narrato «che un Delegato di Polizia insidiava l’onore di casta giovanetta, contadina di uno di que’ villaggi, che ferma a respingere le inoneste lusinghe del medesimo, ha però dovuto soccombere nella vita per una delle tante atrocità in corso; perocché il seduttore, col pretesto di esser colei parente d’un brigante, fattala condurre pochi passi fuori l’abitato, con un vecchio parente, che la consigliava a non cedere alle sollecitazioni, ha disposto di entrambi la fucilazione; ciò che ha destato orrore nel pubblico».

Lo sfogo adunque alle private vendette giunge all’eccesso in ogni punto del reame delle due Sicilie, dove facilissimo è stato agl’invasori il poter distruggere le buone istituzioni amministrative, giudiziarie, e finanziarie che vi erano, ma impossibile riesce loro il ricostruirne migliori.

28. A dì 8 dicembre la guardia nazionale di Bojano (Molise) arresta due briganti, e sul momento li fucila. – Il colonnello Fumel con 3 compagnie di guardie nazionali, e con 20 carabinieri, nella provincia di Cosenza (Calabria) uccide 5 briganti in varii conflitti, – prende 52 prigionieri, de’ quali fa fucilare 17.

29. E pochi giorni prima è fucilato in Lanciano (Abruzzo) un vecchio ottagenario pel sospetto di connivenza con i figli, che fanno parte delle bande reazionarie.

Ecco adunque con quali mezzi i piemontesi intendono, che dovesse rigenerarsi, ed unificarsi l’Italia; e sperano di consolidare la loro signoria nel regno di Napoli; dove vorrebbero far credere in Europa esser contenti i popoli, ed i costoro disperati sforzi per sottrarsi al loro giogo si dovessero interpetrare come voti, suffragi di amore, e conservazione. Se ne’ tempi andati serpeggiò qualche elemento di malumore e di astio in que’ paesi (fomentato da occulte istigazioni settarie, ora confessate palesemente), 152 il governo legittimò, come ognuno sa, provvide con giustizia, e moderazione. E pure, lo scalpore, le lamentazioni, e finanche le straniere intercessioni accorsero a favore de’ colpevoli in allora; ma al presente, che in realtà quivi è flagrante l’atrocità degli eccidii, la indifferenza, ed il silenzio regna dovunque!

Sono cose, che appena sì crederebbero possibili, se non le avessimo sotto degli occhi! E purè hanno la Idro spiegazione naturalissima dal solo fatto dell’essere il potere sovrano divenuto eredità di que’ medesimi cospiratori, i cui supposti strazii si compiangevano da potenti confratelli stranieri, i quali miravano ad ottenere, che tutta la nazione diventasse preda indifesa delle sette. Ottenuto questo, essi non conoscono altri mezzi di governo, che imprigionamenti in massa, e niun altra legge, fuorché quella del terrore, a danno ili onesti cittadini, cui si ascrive a grave misfatto solo lamentarsi, protestare. – Così è dimostrato, che una finta ed immaginaria tirannide sopra de’ pochi, è stato il mezzo più efficace per arrivare ad esercitare una verissima tirannide sopra i molti; e non è da fare lemeraviglie, che quei pochi, afferrato il potere, lo adoprino senza misericordia per reprimere le reazioni, le quali sono una maniera convenientissima, secondo le idee in voga, da esprimere la unanimità del suffragio troppo sfavorevole alla fazione che ha afferrato il potete. Intanto è officialmente constatato essere settemila i fucilati nel regno di Napoli, cioè i soli fucilati per arbitrio del potere militare, non compresi quelli uccisi combattendo, ed altri molti sagrificatr nel folto delle boscaglie, e ne’ lontani paeselli. – Il primo risultamento delle indagini della Commissione d’inchiesta parlamentare è stato di conoscere questa ecatombe umana di settemila fucilati; numero che là stampa imparziale ripete con raccapriccio, e ne incolpa la setta, che si vanta rigeneratrice d’Italia! 153 V. GUERRA CIVILE. Volgendo lo sguardo sul civile consorzio del reame delle due Sicilie, si vede una situazione, che non può essere più trista. Partiti frementi, ed inesorabili, che si imputano a vicenda i mali della patria; i vinti ed i traditi rialzano il capo e minacciano i prepotenti, ed i traditori; da queste ire è generata quella reazione, che come l’idra favolosa riproduce le sue teste, che credevansi troncate; reazione oramai divenuta guerra civile per le sue proporzioni, e pel suo innegabile carattere politico: perché i sempre carattere politico quello che muove molti uomini a combattere disperatamente un principio governativo, col quale flagello vanno di conserva le uccisioni, le devastazioni, i depredamenti, che mettono in continuo repentaglio la pubblica, è la privata fortuna. Come conseguenza di questo stato si aggiunge il ristagno delle operazioni commerciali interne; ciò che fa infierire la miseria dovunque, perché da un lato toglie i mezzi di guadagno ad una moltitudine infinita di persone, e dall’altro fa aumentare il prezzo delle materie alimentizie, come tuttodì si verifica. – A’ tristi data balia di governarsi a lor talento; a’ pacifici cittadini è tolta ogni sicurtà di vita, e di averi. Né basta alfe funzione prevalente opprimere i suoi avversarli politici; essa pretende, che in generale si abbia ad esultare della oppressione, soffocare il crepacuore, accendere luminarie, denunziare da spia per non cadere in sospetto. – Egli è perciò, che quando ne’ molti luoghi delle province meridionali, venutosi alle armi, hanno trionfato i cosi detti borbonici sì è voluto dire di essere scoppiata la reazione, mentre dove pel soverchiante numero, e per la gran copia d’armi hanno avuta la meglio i piemontesi, con il partito loro aderente, si è versato molto sangue, si sono riempiute le prigioni, allora si è detto che l’unità d’Italia si consolidava, e l’ordine era mirabilmente conservato; ma i vinti od i non pochi perseguitati per sottrarsi alle implacabili ire de’ nemici si son dati a battere la campagna. 154 Il governo subalpino, che sa di aver nemico il mazzinismo, ma lo tollerai per paura, ha inventato perciò nel suo linguaggio officiale, ed ha fatto adottare il vocabolo di BRIGANTI, per indicare il sentimento a lui ostile delle popolazioni che si sollevano per riacquistare la loro indipendenza; – siccome dal 1849 al 1860 aveva inventato, ed avea fatto adottare, anche nel Congresso del 1856, a suo esclusivo profitto, che i principi italiani erano invisi perché tiranni, e che i loro governi erano condannabili sotto ogni aspetto; mentre macchinava per detronizzarli, ed usurpare i dominii. – Inventa ora così, e vorrebbe far credere, che sia divenuto felice il reame delle due Sicilie da lui rigeneralo con l’annessione; per dar luogo ad interpretazioni diverse su le, resistenze popolari che sperimenta.

Ma in un paese ridotto a tali condizioni, non vi è bisogno di molto esame per conoscere la vera pausa delle reazioni. Quando tutti i sentimenti di giustizia sono offesi da chi dovrebbe difenderli; – tutti i più gravi interessi abbandonati al latrocinio de’ potenti; – quando le promesse guarentigie di legge rimangono una lettera morta; la libertà individuale non più rispettata; l’arbitrio, il volere d’un uffiziale, ed anche di un caporale divenire il regolatore del borgo, del villaggio, della città; ed intorno alla sciabola; dell’uffiziale ed alla baionetta del caporale stringersi spesso i più malvagi del paese per soddisfare le loro privata passioni, – allora il popolo ridotto agli estremi si ricorda, che fu incitato, dal 1848 al 1860 pel segreto lavorio delle sette, a ribellarsi contro i governi paterni che lo reggevano con moderazione, e non saprebbe rassegnarsi a padroni illegittimi, che lo trattano da schiavo: si ricorda, che non sono abbrutiti e corrotti, (come vorrebbero dargli a credere taluni) i discendenti de’ Siculi, e degl’Itali, forti razze primitive, d’onde ebbe nome tutta la nazione; i discendenti di que’ Sanniti, dì que’ Marsi di quegli Appuli, che seppero resistere, e talvolta vincere le invitte aquile romane; 155

i distendenti de’ più perdurati fra i longobardi, de’ più arditi fra i normanni; – il popolo si ricorda che anche le sue moderne generazioni han saputo risplendere accanto a’ lombardi ed a’ piemontesi negli eserciti napoleonici; – e che non ha perduta la vigoria con la quale seppe protestare col sangue contro la decennale occupazione di straniero dominatore, – il popolo infine col suo contegno smentisce le calunnie di colono, che vorrebbero attribuire alla corruzione del governo antico, o a subdole influenze lontane, lo stato presente del reame; e dimostra col fatto, che un governo corruttore non avrebbe potuto lasciare tanto affetto e desiderio di sé; che un popolo corrotto non versa il suo sangue per un principio; che se il fuoco non fosse stato per se stesso acceso, sarebbe riuscito inutile il soffiarvi dentro; è che da ultimo la cessazione della reazione non è possibile, se prima non cessa la invasione straniera da cui si ripete l’attuale desolazione. Il movimento popolare adunque, che la fazione al potere chiama per dispregio il brigantaggio, è nella pubblica opinione il movimento rigeneratore d’Italia.

Della laconica definizione data dall’Hobbes alla guerra civile bellum omnium in omnes, si esamini ora come nel parlamento di Torino ne vien fatta una maestrevole applicazione alle attuali province meridionali: «In che consiste il brigantaggio? (si fa a ragionare il deputato Ferrari nella tornata 29 novembre) Consisterebbe nel fatto (come vorrebbe far credere il ministero), che 1500 uomini, capitanati da 2 o 3 malandrini, tengono testa ad un regno, e ad un esercito di centoventimila soldati? – Ma quei 1500 sono semidei, dunque, sono eroi! Intanto, mi si risponde, sono esseri illegali, eminentemente incostituzionali, e quindi conviene opporre la violenza alla violenza. Quindi, se per se stesso il brigantaggio si riducesse ad una sciagura, di cui potreste rendervi irrisponsabili, la repressione del brigantaggio diventa un vero caos di guerra interra civile, e causa di nuove repressioni eccezionali. 156

– Io mi ricordo, che appena voleste credermi quando vi dissi di aver visitate le provincie meridionali, e di aver veduta una città di cinquemila abitanti distrutta.. e da chi? – Forse dai briganti? No! Adesso, o, signori sappiamo, che si fucila, che le famiglie sono arrestate, che sono detenuti in massa; che vi sono in quelle provincie degli uomini liberati da’ giudici, e ritenuti in carcere in virtù dello stato d’assedio, che era stato proclamate, e che si dice cessato; ma essi sono ancora detenuti! (Voci di conferma a sinistra)… Poi si è introdotto il nuovo diritto, sul quale le dichiarazioni del ministero non hanno lasciato alcun dubbio; il DIRITTO, dico, DI FUCILARE UN UOMO PRESO CON ARMI ALLA MANO. QUESTA si chiama GUERRA DI BARBARI, GUERRA SENZA QUARTIERE. Ed all’interno come si chiama? Dateci. voi un nome.., io non so darlo. E se il vostro senso morale non vi dice, che camminate nel sangue, io non so come spiegarmi. Molti sindaci ad Gargano sono stati messi a pane ed acqua; e da chi? Non da’ briganti, perché non ne avevano tempo. Il sindaco di Serracapriola è stato battuto, da chi? – Io non lo so. In somma è aperta una inchiesta, io non voglio pregiudicarla. Ma vi debito ripetere le parole con le quali finiva un mio discorso, dicendovi, che se noi perseveriamo nella via, in cui ci siamo impegnati, noi entriamo nell’era degli antichi tiranni italiani… Io ho visto Pontelandolfo incendiato; a Pontelandolfo si oppone adesso Aspromonte. Dove siamo noi? – Quello che dico del regno di Napoli deve ripetersi per la Sicilia, se non che ivi il clima è diverso, e, gli uomini di opposta natura. Quindi altre scene… quindi le repressioni militari; quindi proclamate leggi terribili: quindi le fucilazioni hanno luogo anche in Sicilia SENZA PROCESSO…».

Nelle provincie meridionali adunque (secondo la espressione del Popolo d’Italia, 21 novembre) «il governo di Torino sparge in copia il sangue, e spessa sangue innocente, ed è finito per porre que’ paesi nella terribile condizione dì dover tremare, 157 ed avere m orrore più gli Agenti del nuovo Potere, che briganti ! Arbitrio, ed impotenza sono le sole armi dei governo, e così non potrà mai distruggere il brigantaggio, ma perdere invece, (come gli è accaduto), l’affetto delle popolazioni.» – Ed arduo sarebbe il voler tutte enunciare le sanguinose lotte della guerra civile quivi fervente nel corso del 1862, maggiore, e più fiera che non sia stata da due anni.

Del numero di stragi, incendii, depredazioni, fucilazioni e ruine che essa arreca sarebbe ben ingenuo chi volesse farsene un concetto dalle sole quotidiane relazioni ufficiali, che sono stampate sul Giornale di Napoli, o da altri cenni, che ne pubblicano i diarii colà. – Delle relazioni militari, e di polizia, che giungono in Torino al comando generale, ed al ministero, solo centro da cui si potrebbero trarre più esatte notizie, una parte rimane infatti naturalmente secreta, come materia di alta polizia militare e da un altra parte la stampa va ad attingere quello che può e che crede, e cosi sì ha sempre una scarsissima parte del vero. Si è pubblicato che durante il 1861 fossero ammontati a 574 gli scontri tra truppe piemontesi e reazionarii; cifra, che dovrebbe essere di gran lunga maggiore pel 1862: ma chi può assicurarlo con certezza? Basti dire, che nel corso dell’anno stesso sono giunti ogni di, su tale materia al comando generale militare, da un 60 a 100 fra telegrammi, e relazioni, delle quali ì giornali non possono, o non voglio pubblicare più di quelle quattro, o sei, o dieci, che così sole si diffondono poi per la stampa. Inoltre si sa anche per prova, che non mai vengono riferiti in quelle relazioni tutti i fatti che accadono. Parte rimangono ignoti a’ carabinieri stessi o a’ militari; – parte per molti motivi non vengono riferiti, o per riserbo delle autorità che scrivono,, vengono attenuati. 158 Non presumiamo perciò di esporre in questo colpo d’occhio una cronaca, esatta e completa della guerra civile e delle fucilazioni nel periodo annale del 1862; – ma fornire nell’insieme tutti gli elementi che si son potuti raccogliere in un Sommario cronologico; certi, che in esso non sarà il minore inconveniente l’aver dovuto empire molte pagine di nomenclature corografiche e topografiche, rattristante da una monotonia di tragici eventi, poco tra loro diversi per la maggiore, o minor violenza del risalto, e della rispondente compressione. 

continua

fonte

https://www.eleaml.org/sud/stampa2s/02_Colpo_d_occhio_su_le_condizioni_del_reame_delle_due_Sicilie_nel_corso_del_1862.html

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