Alta Terra di Lavoro

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COLPO D’OCCHIO SU LE CONDIZIONI DEL REAME DELLE DUE SICILIE NEL CORSO DELL’ANNO 1862 (VI)

Posted by on Nov 25, 2023

COLPO D’OCCHIO SU LE CONDIZIONI DEL REAME DELLE DUE SICILIE NEL CORSO DELL’ANNO 1862 (VI)

4.° GIUSTIZIA 

DELINQUENTE: – MANCANZA ASSOLUTA DI LIBERTÀ

E DI SICUREZZA PER LO PENZIERE,

PER LA VITA, E PER LA PROPRIETÀ. –

PRIGIONI: TRATTAMENTO E NUMERO DE’ DETENUTI. 

Non sono più un mistero per l’Europa gli artifizi, ed i mezzi adoprati per preparare il voto popolare, o plebiscito per la annessione del reame di Napoli, che le truppe piemontesi avevano già invaso, d’onde i gravissimi disordini sopraggiunti.

È nondimeno impossibile constatare ed enumerare, (perché si appiano a peno nella Europa stessa) tutti i furti, le violenze gli abusi, gli omicidii, e gli eccessi con che si è cercato distruggere le tradizioni, i costumi, le proprietà, l’ardine legittimo in una parola.

La mancanza assoluta di vera giustizia è però quella che si deplora nel reame divenuto provincia. – I voti de’ suoi abitatori sono ora ridotti e discesi al più discreto livello «che possa, cioè ognuno di essi viver sicuro di non esser fucilato anche per capriccio di un caporale, o di una guardia mobile da un momento all’altro, – rubato ed ucciso da molti delinquenti, – e dire o scrivere sommessamente il suo pensiere, confessare la sua opinione, senza essere strappato dal suo tetto, arrestata, e dimenticato in prigione» Questi voti rimarranno un vano desiderio? Lo vedremo passando a rassegna i fatti correlativi, che si sono consumati nel corso dell’anno 1862.

Innumerevoli delinquenze hanno manomesso ogni elemento di civil comunanza. Non vi è più libertà né sicurezza pel pensiero tante Sono le violenze contro la stampa imparziale, e contro le opinioni; non vi è più libertà né garentia per le persone, e pe’ beni, tanti sono i reati, che vi succedono; 54 manca infine ogni giustizia in ordine alle prigioni, ed a’ detenuti in numero enorme ivi ammassati, ed obbliati – È questo il linguaggio de’ Deputati e della stampa la più liberale.

La sola provincia di Napoli (che è una delle 23 componenti l’antico reame delle due Sicilie) nella sua statistica del precedente anno 1861 ha presentati quattromila trecento reati di sangue, fra omicidii, ferite, e risse; quintuplicando con la sua ordinaria cifra sotto il cessato governo.

Il deputato siciliano Crispi nella tornata dei parlamento di Torino de’ 28 giugno (atti ufficiali n. 690, pag. 2671) «deplorando le infelici condizioni della sventurata Sicilia, riporta la statistica de’ reali, d’onde si rileva, che dal principio di marzo alla seconda quindicina di maggio si sono commessi niente meno che 262 reati nella sola città di Palermo, e di 87 appena si sono scoverti gli autori…….. E cote me mai potrebbe altramente avvenire? L’amministrazione pubblica in Sicilia è un mostro a più teste, senza centro direttivo.»

E dal primo giugno al 15 ottobre (quattro mesi e mezzo), nel distretto di Palermo si sono commessi 6745 reati cosi distinti nel giornale di Torino la Discussione de’ 10 novembre: «crimini di sangue 743 Grassazioni e furti qualificati 1092. Crimini diversi 931 Delitti 3134. Contravvenzioni 838. Come sia poi manomessa la proprietà a danno de’ poveri abitanti delle campagne potrà rilevarsi da autentica fonte, leggendo l’ordine segreto del giorno del generale Mazè, riportato in seguito, sotto l’art, guerra civile, pagine….

Nel corso dell’ultimo ottobre 1862 (come riferisce il giornale l’Indipendente de’ 16 novembre) soltanto la città di Napoli ha offerti 160 misfatti, di quelli che segnano il grado massimo nella scala delle delinquenze! E 98 omicidi! in Napoli, in soli 20 giorni! Siegue il breve prospetto di quelle principali durante il 1862 così classificate; 1. Attentati contro il pensiere; 2. Attentati contro la vita, ed i beni. 3. Prigioni; numero, e trattamento de’ detenuti. 55 I. Non occorre riandare, che per imporne alla stampa imparziale, il nuovo governo subalpino arrossendo in tal qual modo di reiterare i sequestri si è servito delle camorre plateali per far aggredire con violenze, e vie di fatto, parte nel 1861, ed in tutto il corso del 1862, le tipografie de’ giornali l’Aurora, l’Araldo, l’Alba, la Crocerossa, il Corriere del mezzodì, il Cattolico, l’Equatore, (a Esperienza, il Flavio Gioia, la Gazzetta del mezzo giorno, la Settimana, -la Stella di Napoli, la Stampa meridionale; la Tragicommedia, la Unità Cattolica ed ultimamente il giornale di Napoli Turbe di sgherri prezzolati hanno manomessi ì lavoranti, rotti i torchi, dispersi i caratteri ed in varie delle officine de’ giornali stessi bruciati i fogli su le pubbliche strade.

è precipuamente da rammentarsi la violenza, che a’ 7 aprile vien fatta soffrire, alla stamperia del giornale la Stella del Sud, nel vicolo Limoncelii, presso l’officina dì Polizia, la quale ne è conscia dalla vigilia, per opera dell’orda Pancrazii diretta dal venditore di sedie capitano della guardia nazionale Biagio Turchi: tutto è quivi distrutto, e le guardie di sicurezza invitate da’ danneggia ti, accorrono, e tosto vanno via ad un segno d’intelligenza fatto loro da’ malfattori.

Or quale libertà può sperare la stampa incontaminata ed antagonista agli influssi rivoluzionarii, se uno de’ costoro organi, tra quali è il Tribuno di Torino, nel numero de’ 21 aprile giunge a dire: «una riunione di giovani ha deciso alla unanimità di distruggere in Napoli tutte le tipografie che stampano giornali conservatori: quando questa decisione del parlamento di piazza è stata annunziata, e la si comincia a mettere in esecuzione; se i tipografi non metteranno giudizio non avranno di che dolersi». 56

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Il giornale il Corrispondente comincia a pubblicarsi a’ 27 gennaio 1862, e nel tempo che sedici suoi numeri escono in luce, subisce sette sequestri; ed un giudizio correzionale per aver ritardato qualche ora ad inviare la copia al regio procuratore generale criminale, d’onde la condanna a 50 ducati di multa, ed alle spese: – il gerente, benché gravemente infermo, è arrestato, e tenuto in carcere per sei giorni; – il direttore del giornale è per due volte minacciato di vita; e giornalmente insultato per le vie dalla camorra.

L’altro giornale l’Osservatore napoletano, per salvarsi dalle oppressioni, che gravitano su i suoi confratelli, è costretto ricoverarsi sotto la protezione francese: – il direttore è ilì francese Du Barry, – la tipografia è del francese sig. Pèlard, – il gerente responsabile è spagnuolo.

Il giornale il Cattolico è più volte sequestrato, e lo si astringe ogni giorno ad inviare al capo della polizia di Napoli la copia del foglio due ore prima di pubblicarlo.

Lo stesso liberalissimo giornale il Nomade non va immune da vessazioni: nel suo foglio de’ 16 ottobre narra essere rimasto sorpreso in quel mattino trovando in disordine tutte le carte della sua officina, scassinati i foderi de’ tavolini, e le chiusure degli scaffali, d’onde la tema d’invasione notturna di ladri; – ma gli viene annunziato «da un fattorino della annessa tipografia, che tutto quello sciopero era stato operato a per una visita di polizia».

Né la stampa è solò premuta dal potere, ma altresì dal comandante della guardia nazionale generale Topputi, che ai 2 febbraro scrive al procuratore generale del re presso la corte criminale «ingiungendogli di raddoppiare di severità verso i giornali della opposizione».

Sono passati a rassegna codesti abusi nel parlamento inglese e nella tornata de’ 17 marzo, il marchese Normanby, tra le altre cose, nota alla camera de’ lordi – «che nonostante tette queste persecuzioni, nuovi giornali ogni dì compaiono, e sono letti dal pubblico con la più grande avidità: 57 «la condotta senza fede e senza legge de’ piemontesi non si limita agli stati napolitani ed all’Italia, ma trasmoda anche altrove».

La officio Gazzetta di Napoli si lamenta «che nella capitale delle province napolitane, in tomo al casotto dei giornali presso il largo S. Ferdinando si vede sempre una folla accalcata n comprare i giornali clericali e reazionarii» – Questi lamenti del foglio italianissimo fanno onore alla popolazione di Napoli.

Mentre è tale la persecuzione governativa per la stampa della opposizione, è d’altronde troppo benigno il trattamento per quella favorevole. Sono cifre officiali quelle di 20 mila franchi annui alla Gazzetta officiale di Torino; – di 2980 franchi l’anno per spese di compilazione a quella di Modena ed altre 12 mila per sussidio annuale; – la Gazzetta di Napoli riceve pure 22 mila franchi ogni anno – e 240′ mila franchi annui al giornale de’ Debats, per averne articoli favorevoli; che nello stesso modo si comprano da altri organi detta stampa estera; – come per un altro di essi si è enunciato sotto l’articolo delle finanze. II. 1. Le enormi e frequenti delinquenze nella città di Avellino, presso Napoli, sono deplorate dal giornale di quella provincia! il Crivello (n.12) che ne’ soli 15 giorni da’ 5 a’ 19 gennaio riferisce tre audacissimi furti colà accaduti; cioè s nella notte del 5 la scassinazione del negozio di panni e seterie del sig. Pisani nella pubblica piazza, involandovisi tutti i generi del valore di oltre i due mila scudi; – a’ 18, il furto violento di tutti i vasi sacri nella Chiesa di S. Francesco Saverio; – ed a’ 19, quando il signor Orti, antico maggiore della guardia nazionale, ritirandosi a casa col domestico, 58 è fermato da due incogniti cui aggiungono altri trenta armati, che lo legano, l’obbligano menarli nell’abitazione, dove gli rubano sei mila scudi, oltre gli ori, e le gemme della moglie. Dal che inferisce il detto giornale «che la pubblica sicurezza è in mano di gente inetta, o ribalda; – ed il governo non osserva la giustizia» – Sul quale proposito riporta vari fatti di prevaricazioni della magistratura giudiziaria, che per determinate somme di danaro ha favoriti i rei. Enuncia, che «nella guardia nazionale sono compresi i facinorosi, sorvegliati già come ladri sotto il passato governo; al quale, se poteva addebitarsi di essere inerte, l’attuale venutovi dal Piemonte aggiunge alla inerzia anche il vizio della incapacità e del dispotismo».

2. Nella notte de’ 26 gennaio da mano incendiaria si appicca il fuoco all’ufficio della conservazione delle ipoteche nel palazzo delle Poste in Napoli; e se non si accorre a tempo per ismorzare le fiamme, con la distruzione di quegl’interessanti registri sarebbero rimasti annichiliti i titoli di vistose fortune.

3. Contemporaneamente si falsificano fedi di credito dei pubblici banchi, atti della pubblica autorità, congedi militari, atti de’ registri dello stato civile, bolli, tabellionati, una vera fabbrica e fucina di falsificatori esercitata da Enrico Igli, ed Eugenio Pani, già condannati sotto il passato governo alle galere, ed ora riammessi nella società dal governo subalpino, che non può fare a meno di riarrestarli.

4. A vista dell’officio della questura di polizia in Napoli è perforato il muro d’una bottega da caffè, verso la fine di marzo, ed è saccheggiato interamente un vistoso magazzino di drogheria.

5. E nella notte de’ 2 a 27 marzo nel più affollato punto di Napoli, largo fontana de’ Serpi al Pendino, i ladri aggrediscono la casa di un negoziante di vino, ed uccidono la costui moglie a colpi di stile, dopo aver tutto saccheggiato.

6. È tale e tanto il numero delle delinquenze in Napoli, ne’ primi mesi dell’anno 1862, che il giornale la Democrazia del 3 aprile cosi si esprime: 59 «Non scorre notte senza che succedano furti, aggressioni a mano armata, ferimenti, ed omicidii; – ogni mattina di altro non udiamo a raccontare, se non di porte scassinate, di muri perforati, di botteghe spogliate, di case predate, di attentati di ogni genere contro le persone, e le proprietà. – E quasi vivessimo in paese selvaggio invece di trovarci in una città civilizzata, allorquando nelle ore della notte ci ritiriamo alle nostre case, in ogni individuo, che ci viene incontro, ci segue, dobbiamo sospettare un nemico, cauti e guardinghi inoltrarci ne’ vicoli deserti, la mano su lo stocco, o sul revolver per timore di essere rubali, bastonati, ed uccisi: insomma più non esiste sicurtà per le nostre vite, e per le nostre robe…. Cosi jeri due omicidii si avverarvano, l’uno in persona d’un muratore presso il caffè dei fratelli Senno, – e l’altro ancor più barbaro in via S. Giovanni Carbonara».

7. A’ 18 luglio nel centro più popoloso della città di Napoli tre giovanette appartenenti a famiglie facoltose, in atto di recarsi alla scuola sono violentemente prese e condotte in luoghi reconditi da occulti malfattori, che spediscono al dolente genitore un viglietto in cui si legge: «O rimettete subito la somma di danaro che vi si domanda, o domani in un fazzoletto riceverete le teste delle vostre tre figlie. Pensateci!»

8. Tra i molti assassinai e furti riportati dal giornale l’Indipendente de’ 23 detto mese di luglio, si narra di tre signori napolitani, cui furono mandate lettere di pagare con minaccia, il primo seimila ducati, l’altro settemila, il terzo duemila, il quale ebbe per sovrappiù da disputarsela con gli assassini venuti amichevolmente in casa a prendere le somme richieste. Lo stesso giornale parla quivi de’ moltissimi furti domestici; essendosi giunto finanche a rubare un bambino dalle braccia della nutrice, per carpirne poi il prezzo del riscatto: – nel palazzo Girella in via Toledo s’introducono quattro ladri travestiti da donne, e per quante indagini vi facesse la polizia non riesce ad arrestarli. 60

9. Contemporaneamente si commette nella strada Orefici l’inaudito furto con pubblica violenza da una masnada dì quindici ladri j che aggrediscono presso la propria casa lino de’ primarii negozianti orefici, in atto che quivi rientra coi facchini carichi di tutti gli aggetti preziosi ammontanti al valore di più migliaia di ducati, per tenerli sicuri nella propria abitazione durante, la notte; ed impossessatisi del ricco bottino, lo ripongono in una carrozza ohe li attende impudentemente su la strada, e vanno via di galoppo. Più destramente, e con minor violenza, è saccheggiato il negozio dello orologiero Kiecer sotto il porticato di S Francesco dì Paola, su la piazza della Reggia, avvista dell’alloggio del generale Lamarmora. – E l’Indipendente sopracitato nel suo numero de’ 16 ottobre riferisce:. – «i ladri, che ripullulano in Napoli in grandissime proporzioni hanno svaligiata interamente senza il menomo rispetto pel parlamento la casa! del deputato Pasquale Stanislao Mancini nel vico Freddo a Ghiaia».

10. In ragion diretta della dissoluzione sociale nello infelice reame’ di Napoli, cresce l’arrogante audacia de’ ladri. – Nel tenimento. di S. Salvatore (distretto di Caserta) tra i molti così detti ricatti, un agiato colono ha dovuto pagarne uno di tremila scudi per liberare il figliuolo catturato da’ malviventi. L’Indipendente del 10 settembre accenna ad, altri consimili attentati ne’ comuni di S. Lorenzo Maggiore, e di Caspoli (Terra di Lavoro} dove vari infelici cittadini han dovuto pagare rilevanti somme, e tra essi più sventurato il parroco Andrea di Silvestri, che sarebbe stato anche ammazzato da’ masnadieri.

11. Il giornale il Pungolo parla di varie somme, cui sarebbero stati obbligati di pagare in Brindisi nelle Puglie i varii proprietarii Perez, Castro, Bini per liberare da’ malfattori le vistose loro industrie armentizie, non garentite dalla forza pubblica per lo scioglimento della guardia nazionale, e pel disarmanento imposto dallo stato d’assedio; aggiungendovisi il timore di evasione di 600 galeotti ristretti nel bagno penale di quella città; 61 12. Più scandaloso è il misfatto a danno della opulenta famiglia Falvella, di Tramutola (Basilicata) un cui figliuolo di anni 5 è rapito da ignote mani e non si restituisce, se non dopo il pagamento di diecimila ducati. Con le indagini giudiziarie si scopre che gli autori d’un cosi grave attentato sono il capitana di guardia nazionale e ‘I sindaco del vicino comune di Buonabitacolo.

13. Il sindaco della città di Nola Filippo Sparano, in uno de’ giorni di novembre, è preso i ostaggio da’ malfattori, ed è obbligato a pagare di riscatto tremila ducati.

14. Le ville circostanti, ed annesse all’abitato di Napoli sono cosi malsicure da costringere nel decorso novembre i pacifici cittadini, che vi si deliziavano nell’autunno, ad emigrarne in: fretta e stabilirsi in città; essendo state assalite due casine in Resina nella precedente notte.

15. La tendenza a’ maleficii è cosi diffusa, ch eagli 8 agosto le due germane sorelle Nunzia, e Maria Granata: in Napoli duellano per gelosia, e l’una rimane morta, e I-altra semiviva con 18 colpi di coltello.

16. Clamorosa e cruenta rissa tra cittadini, e militari avviene in Napoli nel popoloso rione Porta Capuana a’ 24 agosto, da degenerare in vero tumulto: vi prendono parte più centinaia d’individui: dapprima i carabinieri ne hanno la peggio: sopravvenuti altri soldati inviperiti fanno uso delle armi contro i popolani,14 de’ quali son feriti, tra i gridi «fuori i piemontesi non vogliamo i piemontesi.» Nella susseguente sera de’ 26 altri tumulti accadono a Toledo nel Caffè d’Italia; la polizia accorsa lo fa rinchiudere, arrestandovi cinque persone. Contemporaneamente l’uffiziale di polizia Metitieri menando in carcere, in virtù di mandato legale, un individuo, è aggredito da una turba presso il Caffè Croci di Savoia per far fuggire lo arrestato; ed è costretto far fuoco col revolver. 62

17. Nel mattino de’ 10 ottobre trovansi giacenti nella masseria Cornola presso Manduria (Puglia) i cadaveri di Serafino Scialpi, Achilie Primiceri, e Filippo Scialpì, di colà, uccisi a colpi di fucile.

18. A’ 29 dello stesso mese nella frequentatissima strada Ghiaia in Napoli, di giorno un capitano di guardia nazionale ne ammazza un altro. – E già nella sera de’ 7 del precedente mese di settembre in Fragneto Monforte (Benevento) il tenente di guardia nazionale Francesco Jannelli al sortire dal posto della milizia è ucciso a colpi di fucile; – colpi che si reiterano contro la forza pubblica, che invano tenta raggiungere gli uccisori.

19. Nella sera de’ 29 dicembre in via S. Nicola de’ Caserti, a Napoli, l’avvocato Sebastiano de Nicolais all’improvviso è ammazzato con colpo di fucile tiratogli da un individuo abusando dell’abito di guardia nazionale: la palla di esplosione, oltre questa vittima, ne fa altre; perocché uccide pure un capraio, ed uno de’ costui animali ivi accidentalmente fermati.

20. Oltremodo malsicuri sono i pubblici cammini. Spassò le vetture corriere latrici di corrispondenze officiali vengono impedite a continuare i viaggi, talvolta i corrieri sono ammazzati, e feriti, ed ordinariamente i plichi del governo sorpresi, e distrutti. Nella notte de’ 19 febbraro (dice il giornale Campana della Gancia) la vettura corriera proveniente da Girgenti è assalita a Portella di Mare, e riceve un scarica di fucilate, che ferisce il cocchiere, il milite di scorta, e i due viandanti Antonino, e Calogero Ferrara. Nella sera de’ 13 aprile (dice il Popolo d’Italia 15 aprile) la corriera postale delle Puglie, reduce a Napoli, è aggredita al Ponte Incoronata, sette miglia prima della città di Foggia; la corrispondenza officiale è bruciata: il corriere Francesco Monetti, ed un delegato di polizia son feriti gravemente: il postiglione eccita gli aggressori a manomettere costoro. 63 – A’ 16 aprile (dice la Tribuna del 18) la vettura postale partita da Palermo, appena giunta al Ponte Altavilla, è aggredita a fucilate, e restano feriti i due militi a cavallo di scorta Francesco Azzaro e Filippo Restiva: muoiono uccisi i cavalli e tutto il carico è predato. – A’ 22 del mese stesso è depredata la terza volta la posta che va a Lecce, bruciata la corrispondenza, niun danno alle persone, son presi i cavalli.

Dopo tre giorni si ripete lo stesso assalto alla vettura corriera pressò Foggia; e le guardie di pubblica sicurezza sostengono un conflitto con la peggio per esse. – ne’ principii di giugno tre corrieri postali sono impediti a continuare il viaggio per gli Abruzzi, e per le Calabrie, tanto sono mancanti di sicurezza le strade consolari. – Contemporaneamente presso Troja viene arrestata la vettura corriera delle Puglie, e distrutta la corrispondenza. Il Monitore di Napoli del 18 luglio riferisce, che le vetture corriere delle Calabrie, e delle Puglie sono state assalite, e totalmente svaligiate lungo il cammino. – La stessa sorte incontra presso Montaguto, via di Ariano la vettura corriera di Napoli, a’ 26 agosto e viene anche derubato il corriere, ed un viaggiatore. – Nella notte del 6 al 7 settembre in tenimento di Alife (Terra di lavoro) e fermato il postiglione diretto da Piedimonte a Caprìati, e distrutta la corrispondenza. – Si tenta agli 8 del mese stesso di aggredire il corriere di Lanciano (Abruzzo) ma la forza di scorta fa prigioniero uno degli aggressori, e lo fucila a Roccaraso. Verso la metà del mese stesso è svaligiata la corriera al Ponte S. Tommaso, ed uccisi due giovani sposi in viaggio. Dopo pochi giorni è assalita la vettura postale di Foggia, spogliata, e bruciato tutto il carteggio. «Le valigie postali (dice la Gazzetta del Popolo del 2 ottobre) vengono frequentemente derubate, ed in questa settimana lo fu per due giorni consecutivi il corriere, che da Napoli era diretto a S. Severo di Puglia: è un affare serio, perché il contadino è scorato, non semina, non coltiva, non s’ industria». 64 E L’Opinione di Torino de’ 20 ottobre dice: «frequentissimi sono gli assalti alla corriera: le lettere vengono bruciate solo per recar danno, per cagionare disturbi alla autorità e per contrariare il commercio». – Nel giorno 26 novembre il deputato signor Leopoldo Gannavina muove da Campobasso per recarsi’ al parlamento i e conoscendo come sieno infestate le strade della provincia di Molise, che deve transitare, prende seco una scorta di 150 soldati; ma fatte poche miglia è costretto in unione di questa a ritornare, essendosi imbattuto in maggiori forze. (Dichiarazione del deputato Ricciardi nella tornata del Parlamento 26 novembre).

Ed a’ 28 del mese stesso trentasei carri carichi di merci che da Puglia muovevano di conserva sono fermati a mezza strada da comitiva armata, che impossessatasi di varii effetti impone loro di ritornare con l’ordine, che ogni comunicazione con Napoli deve essere interrotta. Nel dimani praticasi altrettanto con 40 carri, che da Napoli si dirigevano alle Puglie. Nella vigilia di Natale è anche cosi sequestrato il pesce diretto da Lesina nelle Puglie a Napoli su 5 carri, i cui cavalli venivano presi. A’ 2 dicembre (riferisce il Nomade degli 8) il postiglione di posta interna Carmine de Felice, addetto al giro in vari paesi della provincia (ili Avellino è aggredito ad un miglio dal comune di Zungoli, da una banda a cavallo, che gli toglie la corrispondenza de’ plichi officiali. A Sferracavallo, poche miglia fuori Palermo, presso il posto di Polizia nella notte de’ 30 novembre sono svaligiati 40 carretti di transito.

21. Non deve sorprendere codesta moltiplicità di reati quando si pone mente alla decadenza di ogni moralità governativa da parte degl’invasori del reame, i quali sconsigliatamente affidano elevati posti sopratutto nel ramo della Pubblica sicurezza in Napoli. Ricorda ognuno come fosse stato spedito da Torino con pieni poteri nella qualità di Ispettore generale, ed organizzatore della Polizia da prima in Bologna, e poscia in Napoli quel Filippo Curletti, 65 il cui compagno di misfatti Luigi Gerbasi, convinto di furto ed assassinio lasciava la vita sul patibolo in Torino a’ 14 gennaio 1862, e l’altro correo Cibolla feceva le notorie rilevanti deposizioni a carico del medesimo Curletti! Ed è questa una verità, cui rende omaggio il deputato Nicotera nella tornata del 25 novembre, avendo detto tra le altre notevoli cose: «Napoli riconosceva qualche cosa di buono nel governo borbonico. E sapete qual’era il buono che riconosceva? Erano la proprietà, e la vita garantite. – Ma la presente amministrazione (de’ piemontesi) tra i tanti mali, di cui ha gravate le province meridionali, non ha avuto né pur la forza di garantire la proprietà, né la vita!»

La sicurezza, e garentia per le pubbliche strade è tanto scomparsa che ne’ principii di novembre, volendo i reali viaggiatori Principe di Prussia, e d’Inghilterra visitare il monte Vesuvio presso Napoli, diviene indispensabile far perlustrare il breve tragitto da due battaglioni armati di soldati; – e gli augusti personaggi rimangono sgradevolmente colpiti dalla necessità in cui si trova quivi il governo per tutelare con quei vistosi mezzi un transito altre volte così pacifico. – E di tale sorpresa il primo di essi (come riferiscono i giornali) avrebbe tenuto parola in Roma, paragonando le due diverse epoche del suo viaggio a Napoli, cioè, a’ tempi del re Ferdinando, allorché con due gentiluomini di guida poté agevolmente curiosare il vulcano; ed attualmente, in cui ha veduto un cosi grande apparato di forze.

22. Né in migliori condizioni trovasi l’isola di Scilla. «Quivi (al dire del giornale il Corriere Siciliano) i galeotti che ufficialmente fanno guerra aperta alla società sono dodicimila)». È il Diritto di Torino n.93: – «In Sicilia, gli omicidii si succedono agli omicidi!, i furti, e le aggressioni a’ furti, ed alle aggressioni, in pieno giorno, nelle pubbliche piazze ed in modo da sgomentare i più animosi. Non si trovano testimoni; ed avendosene taluno, l’indomani è pugnalato. Gli agenti della pubblica sicurezza arrestano i malfattori, e dopo qualche giorno i giudici li mettono in libertà. 66 Il delitto è presso che certo della impunità, e migliaia di condannati evasi da’ luoghi di pena, o amnistiati percorrono le vie della città in gruppi numerosi, facendo pompa delle vesti di galeotto, ridendo in viso agli agenti della forza pubblica».

Ecco talune delle più significanti delinquenze riportate dalla stampa periodica. In questa città, Marsala, abbiamo veduto co’ nostri propri occhi il delegato di sicurezza pubblica, senz’altra formalità, bastonare, fuori porta Trapani un cittadino, il quale, stava salvando dalle mani del ladro un suo mantello allora derubato; fatto, pel quale il ladro poté svignarsela.» (Il Popolo di Napoli e il Tribuno di Torino de’ 2 gennaio 1862.) «La guardia civica (dice il Corriere Siciliano del 13 febbraro) è stata aggredita jeri l’altro a Porta Doganella da 22 contrabbandieri armati, risoluti d’introdurre generi in contravvenzione: una delle guardie rimane ferita da un colpo di stile».

E lo stesso giornale riferisce, che nella sera de’ 25 in Palermo vien pugnalato un uomo da ignota mano avanti al palazzo Finanze, ed un altro nel dimani a Porta Macqueda.

«Nella scorsa notte (dice la Mola di Palermo del 1 aprile) un uomo, reduce dal teatro, è stato assassinato in Bagheria. Fuori porta Garibaldi un altro è stato ucciso con una fucilata. – La vettura corriera, reduce da Girgenti scortata da due militi a cavallo, ha dovuto fermarsi a Fondachelle di Vicari, per non imbattersi in una masnada di 18 malfattori, che a pochi passi rubavano; e mossasi a giorno chiaro ha trovato molto sangue sul sito, dove erasi consumato il furto».

«Nella sera del 15 aprile (riferisce il Precursore) a Casa Professa, piano de’ santi Quaranta, proprio a pochi a passi dal posto di pubblica sicurezza, dopo lunga lotta, è assassinato un cappellaio; a’ costui agonizzanti gridi corrono inutilmente talune guardie nazionali, ma quelle di pubblica sicurezza restano a dormire». 67

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Nello stesso mese di aprile la Campana della Gancia riferisce l’orribile misfatto di taluni carrettieri uccisi su la via di Girgenti da militi a cavallo, che loro rubano 69 once d’oro, e poi simulano denunziare l’avvenimento all’autorità del prossimo paese, a carico d’ignoto autore; – ma viene a scoprirsi la loro reità da un testimonio oculare, che meno avrebbesì potuto attendere; il disertore, cioè, ricercalo dai medesimi quattro militi nascostosi in una delle botti vuote trasportate dalle disgraziate vittime.

Sono tali gli scandali nelle pubbliche scuole de’ Licei di Sicilia, che si rende necessario espellere alcuni sbrigliati giovanetti col braccio de’ carabinieri. (L’Ordine, giornale di Caltagirone, de’ 2 maggio).

Il Precursore del 28 aprile dice: «Ladri di terra, e di mare! Fra capo S. Gallo, e capo S. Vito abbiamo i pirati: tuttodì sono assalite e depredate le barche, ed i malfattori scendendo poi a terra a scialacquare il maltolto, sono in amicizia co’ militi a cavallo.

Il Corriere Siciliano de’ 30 accenna, che due giorni prima è stato lapidato da vari caprai alla croce S. Maria di Gesù un uffiziale di guardia nazionale. – Ed a Badami un cacciatore è rubato delle armi, e delle vesti.

Lo stesso giornale 13 maggio riferisce: a’ 10 è ucciso barbaramente in Palermo un giovine di’ Partitico di civile condizione: – agli 11 giorno di domenica è ferito nella strada del corso Vittorio Emmanuele a colpì di stile il patrocinatore Dias: – nella sera de! 13 il signor Pietro Musacchia riporta una pugnalata, ed un colpo di pistola: nella stessa sera altro barbaro omicidio è commesso dentro il convento Benedettini alla Fieravecehia: parimenti un cameriere ebbe segata la gola, e fu pure pugnalato.

Il Precursore del 15 dice, che agli 11 sì è trovato uccisa un Giuseppe Ferro nel feudo Turrisi. 68 Nella sera de’ 20 dello stesso mese di maggio viene ucciso presso la parrocchia de’ Tarsari a Palermo un povero operaio, che lascia 5 figli, – ed è ferito anche un artefice, condotto poi all’ospedale: – sarebbero ascesi a cinque gli omicidii di detta sera. (Il Precursore di Palermo de’ 21 maggio).

A’ 16 giugno una banda di ladri si batte nella contrada Camera tra Niscemi, e Terranova contro i carabinieri, che rimangono sopraffatti dal numero: grandissimo è lo scoramento delle popolazioni Ed è tale l’anarchia governativa, che il deputato Bruno nella tornata del parlamento de’ 5 agosto declama contro Io spaventevole incremento de’ delitti nella Sicilia, e dà lettura alla camera di un dispaccio pervenutogli di colà, d’onde emerge «e che i furti, le aggressioni, gli omicidii quivi si commettono giorno e notte; che il commercio è intercettato; che scorrazzano comitive armate, e regna l’agitazione nelle campagne etc.

Ed a’ 24 settembre da Palermo scrivono al giornale il Diritto di Torino: – «Lo stato nostro non può durare: la sicurezza pubblica, cui si pretese provvedere, è in peggiori condizioni di prima; – risse, omicidii, furti, e bande e armate, quali non si videro mai pel pacato: in villeggiatura niuno va pel timore…. Si teme più delle vendette de’ privati, che del governo con le sue leggi eccezionali, e le sue baionette. Il commercio è in rovina etc.»

Nella tornata parlamentare in Torino a’ 29 novembre il deputato siciliano Ferrari accenna nel suo circostanziato discorso allo stato deplorabile della Sicilia, da lui testé visitata, e dice, tra l’altro dominar quivi il pugnalatore, l’assassino misterioso che nessun vale a scoprire, il traditore, per cui la giustizia è per cosi dire sospesa: quindi le repressioni militari, quindi proclamate le leggi terribili, quindi le fucilazioni in Sicilia, senza processo. – Di questo stato (sono troppo malcontente le popolazioni; – ed egli in Palermo non ci ha visto né pure un solo ritratto del re». 69 L’anzidetto deputato intende accennare a’ tanti reati di 69 sangue avvenuti tra la fine dì settembre, ed i principi di ottobre. – Difatti gli ulteriori ragguagli fanno salire a 13 le persone, che nel 1 ottobre, di pieno giorno, sono trafitte in Palermo dalla setta de’ pugnalatori. – E il giornale torinese la Discussione de’ 5 dello Stesso mese tra le vittime de’ precedenti giorni riporta un Francesco Vassallo, e le pubbliche minacce di sterminio contro tutti i MODERATI, sotto il cui titolo sì intendono gli amici del Piemonte.

Negli ultimi giorni del dicembre Onofrio Napoli tornava in Palermo con la vecchia madre, la quale è uccisa con 4 fucilate, e l’Onofrio è gravemente ferito, transitando la piana de’ Colli, dove in poche settimane si deplorano 120 omicidii.

Per vendette politiche contro l’Onofrio erano già stati uccisi due figli; recisi gli alberi del podere, incendiata la casa, sterminati gli armenti. III. ne’ diarii è riferito, che fin dal 1861 si trovassero incarcerati in tutte le prigioni del regno di Napoli 47,700 individui; – e che in tate periodo annuale ne fossero stati fucilati.15665. – Molto maggiore ne sarà il doloroso elenco nel 1862. Certo è, che dovendosi procedere allo appalto per la fornitura delle prigioni nelle tre sole province di Terra di Lavoro, di Salerno, e di Napoli si è conosciuto officialmente trovarvisi rinchiusi ventiduemila e settecento detenuti; con questa proporzione si vede, che in 16 province de’ dominii continentali di Napoli, il numero deve oltrepassare i settantamila.

Il Deputato Ricciardi, nella tornata parlamentate de’ 27 giugno, enumera i torti de’ ministri, «che seguendo il re Vittorio Emmanuele in Napoli nell’aprile 1862 in 25 giorni di dimora ricevono 70 mila suppliche, che misero in tante casse, ed inviarono a Torino» e dice «che nelle sole prigioni della città di Napoli languiscono sedicimila cittadini». 70 Ed a’ segni di negativa datiglisi, ripiglia «il numero de’ sospettati di borbonismo è di circa 16 mila e non si dica di no, perché io non sono uomo leggiero, e quando dico una cosa, la dico, perché ne son certo – ho, «lo specchio de’ detenuti politici nelle varie province. Nella sola Basilicata ammontano, a 1200. Moltissimi furono arrestati illegalmente alcuni sopra lievissimi indizii».

Dalle quali autentiche dichiarazioni trae argomento il marchese Normanby nel Parlamento inglese, tornata della Camera de’ lordi 7 luglio, di chiamare la costei attenzione «sul trattamento inflitto a tanti infelici detenuti» – ; e soggiunge; «si sa che su la popolazione di otto milioni che contiene il reame di Napoli, non furono, che un 25 mila quelli che presero parte al voto per le annessioni: quindi 16 mila persone sono gettate in prigione, perché resistono alla volontà del popolo rappresentato da que’ 25 mila.» E già nella precedente tornata de’ 17 marzo il medesimo marchese Normanby aveva accennato alle arbitrarie restrizioni introdotte dagli invasori piemontesi nelle prigioni di Napoli, vietandosi a’ detenuti di ricevere visite da’ parenti, e conferire anche co’ loro difensori, per cui fu pubblicata la solenne protesta segnata da sessanta de’ primari avvocati del foro penale contro gli abusi, e le illegalità governative nel trattamento dì carcerati.

In settembre 1862 nelle prigioni di Palermo si trovano duemila carcerati per solo sospetto di essere borbonici; e quel prefetto proponendosi farne arrestare altri, chiede l’autorizzazione di convertire in carcere, i conventi de’ francescani e de’ cappuccini, non essendo più sufficienti le antiche località. – Ed in quello affollamento è ucciso nella notte de’ 2 a’ 3 marzo un detenuto, ed il fratello è gravemente ferito; e questi è astretto da camorristi autori dell’omicidio, a confessarsene reo nel dimani; innanzi all’Autorità, ciò che esegue per timore di peggio; ma si scovre la verità… Nello stesso modo è ucciso nel carcere della Vicaria di Napoli il famigerato camorrista Antonio Lubrano dagli stessi suoi correi, 71 sul conto del quale non è da omettersi quanto dice la Gazzetta di Torino de’ 10 ottobre: – «quando il re venne per la prima volta in Napoli, Lubrano fu uno di quelli che afferrarono la carrozza reale per accompagnarla alla reggia: forte di questo servizio reso alla causa, come egli vantava, si presentò alla polizia, e disse, non potersi più imprigionare pe’ suoi antecedenti (consistenti in vari omicidii e nell’accanito esercizio della camorra) avendo avuto l’onore di stare a’ fianchi di S. M., e toccarne la vettura».

Il giornalismo siciliano dèflamè contro le pessime qualità del pane fornito a’ detenuti di Palermo, i quali non potendo mangiarne per la pasta cretosa ne han formato delle pipe ohe mostrano alla curiosità de’ visitanti. E notasi parimenti, che nelle carceri stesse trovanti oltre 400 individui ivi ristretti nel corso dell’anno dalla Questura, la quale ne ignora finanche i nomi, e per saperli si è diretto al Regio Procuratore, ed al Capo delle prigioni.

E la stessa Gazzetta di Napoli degli ultimi giorni dì dicembre, dice: «continuano le giuste lagnanze de’ detenuti da 8 o 10 mesi, senza processo, senza speranza, senza decisione su la loro sorte. Maltrattamenti a piene mani…….. Un infelice giovane, già soldato di Garibaldi: si afforca ad una sciarpa attaccata a’ ferri del cancello, e pria di suicidarsi lascia iscritto: «Mi sono battuto contro gli abusi, e per non vederne di maggiori mi appicco».

Per la totale mancanza di. interiore disciplina, e per la niuna forza morale de’ custodi, frequenti sono i tumulti e le insubordinazioni, nelle carceri. Il Pungolo de’ 28 novembre accenna ad un gravissimo disordine in quelle di Castelcapuano a Napoli, dove la sentinella, avendo scaricato il fucile contro un detenuto per contravvenzioni commesse si ribellano tutti: invano s’interpongono i secondini, che sono feriti, ed uno è ucciso.

Su i positivi reclami pervenuti Torino in ordine al pessimo andamento nelle prigioni, non tacciono gli stessi giornali di colà, in vari de’ quali si deplorano «le laidezze enormi, 72 che vi si commettono da’ forti a danno de’ deboli; e forse tra questi sonovi innocenti inesperti, che la prigionia perverte. La freddezza, ed indolenza governativa sin’oggi non ha rivolto uno sguardo a questi infelici, che, se innocenti, sono il bersaglio dello abbrutimento e del vizio».

E il generale Mazè nel confidenziale ordine del giorno alle truppe di suo comando nelle Puglie (riportato sotto lo articolo Guerra civile, data del 1 ottobre, pagina… di questo COLPO D’OCCHIO) confessa apertamente come le prigioni sieno ripiene di carcerati innocenti».

Il nuovo ministro guardasigilli Pisanelli nella tornata de’ 12 dicembre confessa nel parlamento «di avere il debito di coscienza di opporsi a qualunque differimento per l’approvazione d’una legge; bastandogli accennare un solo tra molti fatti: – nelle carceri di Napoli giacciono da 2 anni quattro marinari; né ancora si sa da qual tribunale debbano essere giudicati».

Nelle prigioni di Napoli si può morire inoltre, anche per fame, per incuria della polizia che volendo sradicare la piaga del pauperismo, si risolve ad incarcerare i mendicanti e tra questi l’infelice Luigi Creola a’ 15 gennaio con altri 19, è ristretto e dimenticato per più giorni, in modo che trapassa d’inedia. – Il Popolo d’Italia de’ 21 gennaio stesso, nel riferire questo fatto dolorosissimo che registra a carico del questore Santaniello, aggiunge esser maggiore lo scandalo «da che il governo ha messo a disposizione del questore 50 mila lire per provvedere economicamente su l’accattonaggio!!» Le analoghe interpellanze fattesene nel parlamento, confermano il fatto stesso.

Che il servizio della custodia alle prigioni lasci molto a desiderare, si manifesta non solo per la fuga violenta di 44 galeotti dal bagno del Granatello nella notte 11 e 12 luglio; 73 ma anche dall’altra Alfa di altri 30 detenuti nella sera de’ 3 settembre dal carcere di Castelcapuano in Napoli e da quelle di Aquila nella notte de’ 17 e 18 del mese stesso di tre condannati di alto criminale.

Nella sera de’ 9 dicembre evadono dalle anzidette prigioni di Napoli otto carcerati in alto criminale, in modo scandaloso segando massicci cancelli di ferro; tra esso è il famoso Raffaele Pipoli antico galeotto, reo di 13 omicidi». Sul proposito osserva il Pungolo del susseguente giorno: – «il nostro povero paese è destinato ad avere un triste primato, non vi è esempio storico di un così persistente infortunio nel custodire delinquerti»

A’ 27 detto stesso mese di dicembre, sono evasi 137 galeotti dalle prigioni di Girgenti (Sicilia) con tutto il loro agio. Notano i giornali di Palermo essere ciò avvenuto nel giorno stesso in cui han preso possesso i nuovi carcerieri piemontesi, essendo stati tramutati sul continente gli antichi custodi. siciliani a’ quali non si aveva fiducia; e che di questa evasione si compiaccia qualche alto impiegato di Torino, richiamato dal suo officio di Sicilia, pr un grave imbarazzo che lascia al successore.

La filantropia Gladstonica, che per lo addietro si appassionò sul trattamento de’ detenuti ne’ tempi normali del passato governo cui per ispirito di parte chiamava detta negazione di Dio, sente ora con indifferenza le crudeltà del Governo rigeneratore e galantuomo.

Eccone le testimonianze al certo inscusabili.

1.° Il Monimento di Genova pubblica la lettera di une de’ condannati nell’isola di S. Stefano presso Gaeta: è questo un brano: «…la catena, che ci stringe le reni e che ci tiene legati al piede è attaccata alle pareti delle stanze, le quali rammentano le nicchie dello Inferno di Dante. Trattati come i più abbietti malfattori…. sai che cosa ci conforta e non poco? La speranza che i cuori generosi sentiranno pietà de’ nostri dolori… in questi ultimi giorni dell’anno» 74 2.° Il Precursore dì Palermo rende di pubblica ragione al pari di altri giornali della Sicilia la protesta di Michelangelo Cammineci incaricato officialmonte della fornitura di vettovaglie in quelle prigioni: costui, dopo la trista biografia de’ custodi, tra i quali un Luigi Prìulia ha rapita la moglie del carcerato Camillo Ganci con 2500 lire di proprietà dì costui, – dice aver veduto nella visita del carcere: «in un pianterreno 22 giovani quasi ignudi condannati come disertori dall’esercitò, coperti di piaghe e d’insetti giacenti sul nudo selciato… mentre 600 mante di lana dì proprietà del governo sono in pasto ai topi in un magazzino dello stabilimento!! In altra camera serrata gemono molti infelici senza uscirne da quattro mesi chi seminudo, chi ignudo affatto. – Si vanta il sistema cellulare, di cui si adoperano i soli rigori; e non si danno le 2 ore al giorno di passeggio per i cortili, né il permesso di fumare; si vendono: bensì da alcune guardie i sigari pel triplo del loro prezzo a’ detenuti; l’erba cresce ne ‘cortili o vi si fanno giardinetti per gl’impiegati. Il resto dello stato di 1300 prigionieri è quasi eguale a quello soprascritto. Giorni fa al primo cancello esterno eravi una quantità di donne, che accompagnagte da figli, domandavano conto’ de’ mariti, de’ fratelli, de’ padri, dei figli, che non sanno se esistano, e che non vedon da più mesi: il sottodirettore diceva ad una sentinella: fate allontanare quelle donne ed usate il calcio del fucile; allora io vidi il soldato dare l’arma al compagno dicendo: – non so adoprare il fucile. Contro donne infelici e lattanti creature; io abbracciai piangendo quel bravo, che pure piangeva. – Il respiro de’ detenuti è punito a pane ed acqua. Son pronto a dare conto di quanto ho detto a chicchessia».

3. Il cennato giornale aggiunge, «che questa dichiarazione del Cammineci ha commosso il paese; il deputato Crispi ha visitate le prigioni, e ne è sortito raccapricciato: il medesimo Cammineci ha denunziato al regio procuratore i maltrattamenti inflitti al signor Pietro Bruno ex-ufficiale condannato a morte, 75 e per grazia. al carcere perpetuo. – Si censura generalmente il prefetto De Monale, che da quattro mesi venuto da Torino a Palermo né pure uno sguardo ha rivolto alle prigioni di Palermo, dove gemono circa 2 mila carcerati gettati a terra, e pieno d’insetti la più parte per misure di prevenzione: uno di essi da 2 anni non vede luce e non ha potuto vedere la faccia del giudice per cui nella visita delle carceri esplose in invettive contro, il re contro il parlamento, contro la nazione, non potendo conoscere la causa del suo arresto. De Monale non ha tempo di pensare a tanti sventurati; – ignora che nello stabilimento de’ proietti la mortalità oltrepassa in taluni giorni il centinaio di bambini; ed intanto passa le ore in lieti pranzi, non a funzionari pubblici, non a diplomatici, non a stranieri illustri, non a cittadini di merito, ma e cantanti del teatro Bellini!».

Cresce intanto la smania di arrestare con veemenza, definita dalla stampa di ogni colore la legge del terrore nelle provincie di Napoli. – Il Calabrese, giornale di Cosenza dei 23 ottobre, riferisce: «ne’ giorni scorsi abbiamo veduto condurre in queste centrali moltissime famiglie, e corrispondenti di briganti, buon per essi che Fumel non li abbia tutti fucilati!».

L’Italia (giornale di Torino) de’ 25 del mese stesso dice: «la razzia su i camorristi, ed arrolatori e complici, ed amici de’ briganti continua sopra una grande scala: nelle sole provincie il numero oltrepassa i quattro mila; in un solo giorno se ne sono arrestati 46 nel piccolissimo comune di Alfano, sottoprefettura di Vallo.»

La stessa Patrie di Parigi in uno de’ suoi numeri del mese anzidetto, si esprime così: «La repressione in Italia si estende dalla punta delle Alpi alla estrema Sicilia, le carceri riboccano ; il di più lo tace il pudore.»

Mentre da per tutto, languono innocenti nelle prigioni, e cadono sotto le palle de’ fucili piemontesi, l’accecamento dello spirito di parte, 76

che fa considerare tali eccessi come lodevole giustizia, mena poi gran rumore ed esclama, per l’organo de’ giornali, per lo arresto di un Alfonso Origlia, imprigionato in Salerno da’ carabinieri, a’ 18 dicembre, in atto che faceva l’apoteosi di Garibaldi. – Lo incarceramento dello Origlia impegna varii uffìziali della guardia nazionale ad accedere dal prefetto Bardisono; – i partegiani se ne addolorano come d’una straordinaria calamità; ma pel sangue che scorre a fiumi, e per le tante migliaia ingiustamente rigurgitanti in carcere, non vi è che indifferenza!

La Stampa giornale del 4 dicembre, riferisce, elle nella città di Vasto (Abruzzo) durante Io stato d’assedio, sono state incarcerate 60 persone, su la cui sorte ha capricciosamente deciso il potere militare, senta curarsi per niente dell’autorità giudiziaria.

Nelle prigioni di Chieti (secondo l’Indipendente 3 settembre) sono ammassati 500 reazionarii co’ loro capi Colatella, e Mecola; e temendosi di evasione si pensa mandarli da ora ne’ bagni penali di Pescara, anche prima del giudizio, che procede lentamente.

Il Diritto degli 8 aprile annunzia «scriverglisi da Catanzaro (Calabria) di esser quivi le prigioni rigurgitanti di detenuti, senza letti, senza paglia, senza coverte, tanto a che 280 di essi sonosi ammalati di tifo; molti ne muoiono giornalmente; e le autorità non pensano a sollevare la e condizione di tanti infelici».

In Brindisi (Puglia) il forte di mare è ripieno delle più ragguardevoli persone della provincia, e sopratutto di preti, arrestati per ordine del prefetto Gemelli, e della truppa.

In Foggia è grave motivo di preoccupazione nella città il gran numero di carcerati ristretti, elle i è dovuto per la insufficienza della località collocarli in anditi chiudi da tavole, nel cui interno l’aria penetra appena, e rende pessime le condizioni igieniche da far temere lo sviluppo del tifo. 77 «In Avellino (grida la Democrazia de’ 15 dicembre) è con raccapriccio, che sì veggono affollati nelle prigioni centinaia di vecchi, di donne, di giovanetti, tre generazioni di congiunti de’ briganti, pel solo ed unico delitto di esser costoro parenti ».

Le. vessazioni e le angarie, cui sono soggetti i detenuti nelle prigioni di Palermo, all’arbitrio degli aguzzini di camorra (come il giornale Aspromonte de’ 18 dicembre chiama i custodi) sono inesprimibili «carta da scrivere, libri, calamai, un poco di zuccaro, di caffè, di vino, di tabacco, tutto è negato, o concesso secondocchè si patteggia con i carcerieri».

I giornali di Napoli richiamano pure l’attenzione governativa sul modo di trasportare i detenuti, e riportano il seguente fatto: «ne’ principii di novembre nella strada Montoliveto il pubblico fu spettatore di un barbaro spettacolo. Un soldato, a cavallo trascinava dietro di se un individuo con le mani legate, ed un altro legame avea tra le mani il milite che faceva capo ad un collare di ferro al collo del detenuto. Pochi giorni dopo transitavano anche per colà de’ disertori, ed altri prigionieri, tra i quali su d’un carro scoverto due religiosi de’ Sacri Cuori».

Negli stessi giornali si legge:…. «crescono i rigori di perquisizioni domiciliari, arresti, senza riguardi a luoghi, e persone, sopratutto nelle Calabrie: lo sfogo delle private vendette è giunto agli eccessi: le carceri tutte, anche le mandamentali, rigurgitano di arrestati d’ambo i sessi, che pe’ stenti, e per l’aria miasmatica ne muoiono.

Sino i moribondi sono stati portati in prigione, e pria di giungervi sono spirati su le strade: non si è avuto pietà degli agonizzanti nel perquisire le case. In Cosenza gli uomini più rispettabili sono stati menati in carcere trascinati da un paese all’altro; e tra questi i religiosi dei Minori Osservanti: non vi è più sicurezza o guarentigia di legge: non basta esser onesto, ed aver la coscienza pura, per salvarsi dalle false denunzie». 78 La lentezza delle corti dì assise nel giudicare i detenuti è anche una delle deplorabili cagioni di affollamento nelle carceri. In quelle di Salerno mentre nel corso dell’anno doveano esserne giudicali 1800, appena 100 lo sono stati.

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Le trattative per aver ceduta dal governo portoghese una lontana isola nell’oceano onde deportarvi in massa que detenuti, che crederà il Piemonte, sono già divulgate con sinistro effetto nel pubblico Le tornate parlamentari da’ 20 novembre a’ 15 dicembre offrono interessanti manifestazioni sul deplorabile sistema del governo in materia di arresti, e trattamento carcerario. Il deputato Ricciardi protesta di voler esser sicuro «che uscendo dall’aula del parlamento non avesse ad essere ghermito da un carabiniere e tradotto abusivamente in carcere».

E nell’altra tornata de’ 15 dicembre soggiunge: «l’ultima volta che io qui parlai, a’ 27 giugno, su le misere condizioni delle provincie meridionali, l’onorevole ministro Conforti disse esser esagerata la cifra di 15 mila carcerati da me affermata. Ebbene, o signori, io ho acquistata la convinzione, che invece di esagerare io rimasi di qua del vero. Le nostre prigioni sono gremite, e spesso gremite di innocenti» E conchiude: «infine la sostanza è questa, che la libertà e la vita de cittadini sono in balia di un capitano, di un tenente di un sergente di un caporale, – Necessita di rimuovere da Napoli il proconsole militare Lamarmora, insulto alla civiltà, insulto alla prima città d’Italia».

Il deputato De Cesare esclama: «Giacciono nelle carceri infiniti detenuti, senza alcuna specifica imputazione, vittime di denunzie vaghe, imputati come partigiani del brigantaggio; senza che, autorità abbia alcun dato per provare la loro colpabilità».

Il deputalo Massari è spaventato per lo abuso nello arrestare anche su mere denunzie anonime, ed accenna al pericolo da lui corso in Bari di essere imprigionato come attendibile contro l’ordine. 79 Il deputato Ferrari censura l’arbitrio del governo nello arresto de’ deputati Mordini, ed altri, e dimostra l’erronea definizione data da’ ministri, e dal prefetto Lamarmora alla così detta flagranza e dice: – «Fin qui la flagranza, doveva essere nel colpevole, ora posando nel delitto, può colpire il cittadino a duecento leghe, il cittadino non solo assente, ma inconsapevole del reato. Di più, la flagranza, che prima doveva risiedere nel fatto esterno, adesso penetra nelle intenzioni, ed il ministero italiano avendo acquistato il diritto di scandagliare il cuore e le reni de’ cittadini, non so chi si troverà al sicuro! – Un’altra cosa mi addolora profondamente, i quattro arrestati dichiarano essere stati isolati nelle prigioni; non aver potuto vedere né amici e conoscenti, né avvocati, di aver passati due mesi nell’assoluta solitudine…. Io non posso comprendere come si possa ciò fare… Questo non si fa in alcuno stato incivilito».

Lo stesso deputato accenna nella tornata de’ 29 novembre, alla cosi detta empara di polizia, cioè «cittadini arrestati, che comunque liberati da’ giudici come innocenti, pure vengono ritenuti in carcere in virtù dello stato d’assedio militare, che dura sempre, benché cessato in carta».

Difatti, una ministeriale del guardasigilli, firmata dal direttore di grazia e giustizia signor Robecchi, è diramata da Torino a tutti i collegi giudiziari delle provincie meridionali, con la quale «s’ingiunge a’ procuratori generali, che per molti reati, e principalmente per quelli politici prima di mettere in libertà i prevenuti e gli accusati, debbasi consultare la polizia, alla quale si dà perciò la supremazia sul potere giudiziario, e l’ampia facoltà di EMPARA».

I giornali, tanto di Napoli, che di Sicilia gridano contro codesta misura, con la quale l’autorità giudiziaria viene a subordinarsi al politico amministrativo.

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fonte

https://www.eleaml.org/sud/stampa2s/01_Colpo_d_occhio_su_le_condizioni_del_reame_delle_due_Sicilie_nel_corso_del_1862.html

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