CONSIDERATE NEL PARLAMENTO DI TORINO-DA’ DEPUTATI DELLE PROVINCIE MERIDIONALI (VIII)
Tornata de’ 6 Aprile (n. 59 degli atti)
Nel seguito della discussione su le interpellanze intorno alle cose di Napoli e Sicilia, il deputato Crispi allo annunzio di essersi mandato come Luogotenente in Sicilia, riunendo poteri civili e militari, il generale della Rovere, se ne mostra dispiaciuto, e dice, che ai 2 gennaio prossimo passalo poco mancò, che non si fosse venuto ad una catastrofe in Palermo… «Io non posso dimenticare, e credo, che il ministro non l’abbia dimenticato, risultar chiarissimo dalla discussione seguita in questi ultimi giorni, che in 4 mesi il ministero non ha saputo organizzare quelle provincie; non ha saputo nemmeno procacciarsi quell’amore, che è necessario si procacci un governo».
Tornata de’ 15 Aprile (n. 69 degli Atti.)
Il deputato Siciliano Musumeci, opponendosi alla proposta fatta dell’altro deputato suo compatriota Corleo per le enfiteusi perpetue redimibili de’ beni fondi ecclesiastici, e demaniali di Sicilia, fra de’ altre preposizioni, dice cosi: —«Io reputo necessario l’intervento del potere esecutivo per tutelare interessi gravissimi della nazione. Noi in ciò, o Signori, abbiamo avuta buona esperienza. In Sicilia, sotto i Borboni avevamo alla testa del governo degli uomini, che in quanto a idee politiche discordavano da noi; però nella parte pratica dell’amministrazione, nella vendita de’ beni del Demanio, e de’ Luoghi Pii ci resero, per parecchi anni grandi servizii; dapoiché i beni della pubblica Beneficenza sono stati ben venduti, caramente venduti».
Nella stessa tornata il deputato Caso nel proporre una legge per (a sospensione del decreto luogotenenziale napoletano de’ 17 febbraro, che arbitrariamente dà una nuova circoscrizione alla provincia di Benevento, si esprime cosi: — «Non è mai opportuno di spostare e di offendere gl’interessi secolari di oltre due milioni con una nuova circoscrizione territoriale, in paese, come Napoli, agitato, da tanti rancori. È massima di buon governo, di andare a rilento in siffatta materia, anche quando le popolazioni si mostrassero soddisfatte Ma vi sono reclami di moltissimi comuni, e cittadini avverso l’arbitraria circoscrizione, che ingenera massimo. malcontento in 5 antiche provincie tagliate in tutti i sensi dalla legge dei 17 febbraro per dar territorio a Benevento… Lascio di enumerare i serii inconvenienti, di cui son minacciate le provincie di Molise, Avellino, Capitanata, Salerno, nel caso, che tale legge si attui. Mi limito brevemente a quelli che possono avverarsi nel mio circondario di Piedimonte, che da 44 comuni con 108mila anime, verrebbe a perdere 20 comuni e 60 mila anime… E tatto ciò si esegue, senza tenersi presente l’elemento topografico, guida principale negli scompartimenti territoriali…; senza sentirsi i comuni interessati… ()
Appoggiando l’anzidetta mozione l’altro deputato Amicarelli (della provincie di Molise) , e censurando il decreto luogotenenziale dei 17 febbraio dice: «quando e si comincia ad operare con illegalità, non è da meravigliare che si seguiti con arbitrio.
Nello stesso senso parlano anche gli altri deputati di Terra di Lavoro, sigg. Cardente e Napolitano, accennando che numerose deputazioni delle provincie pregiudicate sono corse in Napoli dal Luogotenente a farne alti risentimenti.
Nella tornata stessa coglie il destro il deputato Pica, per dirsi profondamente addolorato contro il ministro dell’Interno che non ha fatto conoscere quali provvedimenti il Governo abbia preso per reprimere la reazione, che da ogni parte si manifesta nelle provincie meridionali;… e perché senz’altro indugio si sospenda la esecuzione di una di quelle tante leggi (quella della nuova circoscrizione beneventana) che sono state improvvidamente regalate alle provincie meridionali; leggi, che hanno scosso gli animi di quei paesi…, i quali chiedono un governo onesto, giusto, e che non cangi improvvisamente le buone leggi, che quelle provincie già avevano».
Tornata dei 16 Aprile (atti n. 62.)
Discutendosi su la legge della nuova intestazione di Re d’Italia, da assumere il ‘re Vittorio Emmanuele, il deputato Petruccelli si permette eccedere in proposizioni irriverenti contro la formola «per la grazia di Dio», e tali da far sospettare su la sua religione. Né della politica egli fa maggior conto, perocché dice che «la politica vive di spedienti, di perfidie, di violenze, di violazioni».
Basterebbe questo discorso del Petruccelli per far definire in Europa quale sia b spirito predominante del primo parlamento italiano.
Tornata dei 18 aprile, (n. 75, degli atti)
Il deputato Ricasoli muove interpellanza, su lo scioglimento delle masse garibaldine. Rispondendo categoricamente il ministro della guerra, ha occasione di versarsi sul disciolto esercito borbonico, e sol sistema tenuto nel. liquidare i gradi od anzianità degli uffiziali; emette giudizii erronei sul merito, dello stesso esercito, secondo le calunnie de’ partiti; ma nel suo discorso sono notevoli le seguenti cose. — «È d’uopo premettere, che Re Francesco, dal maggio al 7 settembre. 1860 fece molte promozioni, e ne risultò che la maggior parte degli uffiziali ottennero in tale: periodo fino a due gradi; — che al 7 settembre varii ufficiali rimasero in Napoli facendo adesione al governo dittatoriale; ma questi non erano che individui, la vera armata si concentrò sul Volturno, ed è quella che resisteva ai volontari davanti Capua… E dico questo per ribattere l’asserzione di certi ufficiali di quell’armata di terra rimasti in Napoli, i quali pretenderebbero esser trattati come gli ufficiali della marina napolitana, che si diedero corpo ed anima al nuovo Governo. Altri fra gli ufficiali di terra, rimasti in Napoli che si ebbero i due gradi dal Borbone, ed uno dal Dittatore, pretenderebbero conservare i tre gradi avuti in pochi mesi, ed essere cosi ammessi nell’esercito nazionale… Essi vi dicono, che hanno consegnato alla nazione (si legga rivoluzione) gli arsenali… Finalmente la vera massa degli ufficiali, quelli cioè che resistettero fino all’ultimo, vi dicono: noi pure siamo figli di questa terra… Mestando fedeli al Be, seguitando la. sola bandiera, che conoscevamo da che eravamo nati, abbiamo servito così un governo nazionale riconosciuto in tutta Europa; abbiamo intrapresa una carriera sotto l’egida delle leggi, che c’imponevano obblighi e diritti ()
Continua poi a dar conto del modo come ha creduto rifondere, e riformare l’intero esercito; e come di sessanta generali napolitani, soltanto sei abbiano preso servizio pel Piemonte, cioè, Negri, Polizzi d’artiglieria; Gonzales, e Sponzilli del genio; Pianelli, e il duca di Mignano (movimenti su varii banchi al nome di queste ultimo) che tolte le dimissioni (dice il ministro) «prima che le provincie napolitane fossero in rivolta, venne a Torino, fece ossequio di sudditanza a Vittorio Emmanuele, adempì lealmente ad una missioni che gli fu affidata, e fu in seguito riconosciuto nell’arma… per dare schiarimenti su l’organismo militare dell’esercito borbonico».
In questa tornata succede il clamoroso diverbio tra Garibaldi e Cavour su lo scioglimento del corpo dei volontari del primo; per cui il presidente si covre atteso il gran tumulto, e la seduta resta sospesa per un quarto d’ora ()
Tornata del 20 aprile (n. 80 degli atti)
Il deputato Conforti nella continuazione della discussione su le interpellanze pe’ volontarii garibaldini, tra le altre cose, dice: — «Il giorno, in cui partiva Garibaldi co’ mille commilitoni, tutti gli animi erano costernati pensando a’ gravi pericoli, a cui que’ prodi andavano incontro. In quel giorno stesso io mi abbattei in un ufficiale superiore molto dotto nell’arte della guerra; naturalmente il discorso cadde su la famosa spedizione. Sapete voi che cosa mi disse quell’uffiziale? Mi disse: l’impresa che ha assunta Garibaldi è una impresa impossibile. Esso, ed i suoi commilitoni, o saranno sommerai nel mare, o saranno moschettati in su la riva (sensazione) ()
Nella stessa tornata il deputato Crispi redarguisce il ministro della guerra, che nella tornata di jeri enunciò aver preso servizio pel Piemonte soli sei de’ 60 generali napolitani, e dice cosi: — «Leggendo la gazzetta io trovo che il numero è maggiore. Egli ha scordato niente meno i Sigg. Marra e Barbalonga. Forse lo fece per quella stessa delicatezza, con la quale esitava nominare il duca di Mignano col suo nome storico di Nunziante. — La storia de’ Sigg. Marra, e Barbalonga non è delle più splendide. Il 2.° fu indicato come il successore di Maniscalco in Sicilia; e il 1° fu quell’individuo; che in Calabria abbandonò al momento del pericolo le truppe che comandava, e se ne corse a Napoli: così che il ministro Pianelli dové metterlo sotto giudizio, non perché il suo subordinato avesse amata la libertà; ma perché non aveva fatto il suo dovere di soldato». Continua la censura sul duca di Mignano.
Nella stessa tornata parla Garibaldi per l’armamento della nazione, e si dichiara insoddisfatto delle risposte dategli sull’assunto del presidente Cavour, e dice io lo so da’ giornali, e da conosciuti che vengono d’oltre Po, e d’oltre Mincio, che gli Austriaci ingrossano: tutti quelli, che vengono dalle provincie meridionali non, parla no, che di reazione, di governo provvisorio a Melfi, e cose simili, e non rapisco poi come si tema tanto di spaventare coll’armamento i potenti vicini»…
Tornata de’ 24 aprile (n. 86)
Su la proposta del deputato Mamiani di votarsi una lode alle guardie nazionali di Napoli, e Sicilia per l’ardore col quale perseguitano i reazionarii, il deputato Pica osserva: «Lo stato di quelle provincie non è ora in alcun modo soddisfacente: esse hanno bisogno di un governo forte, di un governo vigile, di un governo che voglia la giustizia, e la voglia imparzialmente per tutti; di un governo, che secondi le buone intenzioni della massa del popolo, e persuada tutti che il governo di Vittorio Emmanuele è leale, o riparatore.»
Al deputato Bixio che vorrebbe far credere non essere cotanto estese le reazioni, risponde il deputato napoletano Del Drago, e dice: — «Sì, o Signori, io vorrei, che esse non fossero vere; io vorrei anche dissimularle, ma sventuratamente esse esistono, ed al di là di quello che se n’è parlato nella Camera.» —
AI proposito il deputato Brofferio osserva «che le reazioni nascono da torti del Governo, e dalle disposizioni omesse dal parlamento» — Anziché discutere di guardie nazionali, e mandare complimenti, sarebbe meglio, che il parlamento volesse pensare seriamente, francamente a scongiurare i pericoli, che ci sovrastano nello interno, e nell’estero. — La condizione in cui si trova da alcuni giorni il paese richiede tutta la nostra più attenta sollecitudine. Furono pronunziate minacce, le quali portarono il turbamento nell’animo di tutti (mormorio) — Si, il turbamento, a meno che si voglia che, come in Ispagna, comincino per rovina d’Italia gli scandali de’ pronunciamenti militari.»
(Il conte Cavour interrompe con calore facendo notare che le parole di Brofferio non sono, né di conciliazione, né di pace.)
Il deputato Brofferio continua: — «Signori, mi sembra che voler cuoprire sotto le ceneri il fuoco che vuol divampare non sia la miglior maniera di prevenire l’incendio. Per ispegnere i carboni ardenti, bisogna scoprirli, e conoscerne la intensità per affrettarne i provvedimenti. Volete voi attendere a combattere l’incendio quando sia in fiamme la casa? — Io non accuso il Governo se egli sia complice di ciò che accade; né posso affermare, né contendere: si saprà in breve il vero — Io invito il governo a provvedere, che non nascano inconvenienti maggiori, ed invito il Parlamento a non sonnacchiare, perché non fu mai necessiti di vigilar tanto».
Nella stessa tornata il deputato Pica (abruzzese) interpella il ministro dell’interno su gli ultimi fatti dell’ex regno di Napoli, e dice, tra l’altro «che gli uomini quivi preposti al governo sono assolutamente degli enti invisibili; poiché non si può giungere fino ad essi, e non è permesso né pure di accostarsi a’ locali destinati al segretariato. generale, essendone chiusi i cancelli, e questi custoditi da carabinieri, di modo che, né il ministro segretario di Luogotenenza, né i segretarii generali, né gl’impiegati possono vedersi, ed ogni comunicazione è rotta tra quelle popolazioni, e gli uomini che debbono governare. Non vi è quindi altro mezzo per sapere alcuna cosa, che rivolgersi qui al ministro, e chiedere que’ schiarimenti, che colà non si possono ottenere () Chiederei conoscere quali provvedimenti il Governo abbia adotta per assicurare la imparziale punizione di tutti i colpevoli, ed amerei conoscere se i tribunali criminali adempiano a’ loro doveri con quell’alacrità e fermezza, che le circostanze impongono; — e quali disposizioni si proponga adottare per eliminare le cagioni che hanno sostenuto il malcontento delle provincie meridionali, e provocati i tristi fatti recentemente avvenuti, e che di tristissime nubi coprono quel cielo… Si ricordi il ministro che quelle provincie sono da oltre otto mesi in uno stato deplorabile, che que popoli appartengono all’Italia meridionale, dove le passioni sono vive.»
Tornata de’ 26 aprile (n. 92 degli atti)
Sa la proposta dei deputato Musolino (di Calabria) per l’abolizione del privilegio delle tonnaie nelle provincie meridionali, il deputato Siciliano D’Ondes Reggio si oppone qualificandola d’ingiusta, e dice: — «Per giustizia, e civile prudenza chieggo, che la proposta venga rigettata assolutamente. — Fa d’uopo che apertamente noi dichiariamo di voler porre un termine a proposte, che mirano a manomettere ora una specie di proprietà, ed ora un’altra, ora sotto un aspetto, ed ora sotto un altro. Sì, assai sovente si fanno proposte contro la proprietà, la cui sicurezza ed inviolabilità è fulcro primario della civiltà d’un popolo.»
Il deputato Musolino () indispettito nel vedere che la sua proposta và ad essere reietta, dice — «se avevate timore di toccare la proprietà, non dovevate spogliare de’ loro beni tanti ordini religiosi; non dovevate abolire gli ultimi residui de’ vincoli feudali in Lombardia… Ora siete in contraddizione con voi stessi: giacché erano quelli gli articoli, che potevano avere l’aria d’una spoliazione, non la soppressione d’un diritto abusivo di pesca.»
Tornata de’ 29 aprile (n. 97 degli atti)
Su la petizione del sindaco del comune di Teano in Terra di Lavoro, e di altri due sindaci di Vairano, e Calvi (che compongono il circondario) che rifiutano il percettore di fondiaria inviatogli dal nuovo governo luogotenenziale, e persistono a ritenere i rispettivi esattori comunali di loro scelta, parla in appoggio il loro compatriota Deputato Felice Cardente, e tra l’altro dice: — «Da tempo remoto nello intero circondario di Teano esigevasi il tributo fondiario dai rispettivi esattori comunali, siccome avviene in moltissimi altri luoghi dell’ex regno di Napoli — Or tutt’ad un tratto senza esserne per nulla interpellati, siccome era legge ed antica consuetudine rispettata sempre dai Borboni, i rispettivi Municipii, si vide inopinatamente nominato ivi un Regio Percettore… Ma il nome di questo non suona egualmente, che l’altro di Esattore all’orecchio di quelle popolazioni… Fo da ultimo osservare che nel cessato Governo in quelle provincie non osavasi da un ministro, che faceva pur l’assoluto nel suo ramo, nominare un novello percettore in un mandamento (o circondario) , senza riscuoterne il debito antecedente avviso dalle rispettive rappresentanze de’ Comuni; non sa concepirsi poi come sotto un governo luogotenenziale di Napoli, che rappresentava pur le franchigie costituzionali, si abbia potuto oltrepassare cosi i limiti stessi dello arbitrario.»
Nella stessa tornata si propone la petizione n. 6889, di 29 cittadini di Caserta, che chiedono essere indennizzati de’ rilevanti danni loro, cagionati dalle truppe Garibaldine nelle città, e villaggi, 1.° per alloggi militari; 2.° per taglio d’alberi; 3.° per requisizione di commestibili, e combustibili; 4.° per altri danni cagionati. — La Commissione propone, e la camera approva, che questa petizione sia rinviata agli archivi. ()
Tornata de’ 30 aprile (n. 98 atti)
Il deputato Mayr interpellando il ministro di giustizia su nuovi codici da elaborarsi, dice: «Nelle provincie annesse, dove fu pubblicato il Codice Sardo, non ha trovato buona accoglienza, né per parte delle curie, né per parte delle popolazioni: se ne trovano i metodi lunghissimi, intralciati, dispendiosissimi non sempre conformi a’ principiò d’una pronta e spedita amministrazione della giustizia… Nelle provincie annesse, le leggi Sarde sono state innestate alle leggi ivi preesistenti; e da questo innesto non si ebbero buoni frutti. Le popolazioni sopportano con impazienza questo stato anormale ed ibrido) , di legislazione, ma lo sopportano, perché lo credono provvisorio, desiderano al più presto sortirne.»
Nella stessa tornata il presidente del Consiglio Cavour, osserva che su tante vaghe discussioni si è perduto il tempo: — il Parlamento (egli dice) si è aperto il 18 febbraro; — domani siamo al 1.° maggio, e non si è ancor votata una legge di qualche importanza! È nello interesse del paese e del parlamento che finalmente si metta mano a’ lavori serii. ()
Il deputato Mirabelli parlando sul nuovo organico giudiziario, dice: — «la magistratura napoletana, tranne pochissime eccezioni, è una magistratura, la quale per moralità e per capacità non è. inferiore ad alcuna delle magistrature di Europa… La legge organica giudiziaria pubblicata ora nelle provincie meridionali, mentre stabilisce le stesse autorità, non fa che immutare i nomi, rispettando le identiche attribuzioni che aveano precedentemente.»
Anche il deputato Pica sul proposito osserva:— «sta nella mia mente, che nelle provincie meridionali nuove leggi per ora non debbano introdursi, ma invece quelle che vi stanno debbano essere saldamente eseguite.»
Parimenti il deputato Conforti fa gli elogi dell’antica legislazione penale napolitana, e dice, che nello stesso codice penale sardo si sono introdotti molti miglioramenti, che sono stati tolti dal Còdice napolitano, il quale era stato l’opera di sommi giureconsulti: — né questo dee far meraviglia: dapoiché Napoli è la patria di Vico, di Pagano, e di Filangieri… L’antico codice criminale del Piemonte conteneva 150 casi di pena capitale, e soltanto ultimamente (nel tempo de’ pieni poteri) egli è stato riveduto, e tale pena è stata ridotta per soli 20 casi.».
fonte
E’ il racconto della cosiddetta unita’ leggendo il quale tutti oggi ci dovremmo vergognare!! caterina