DUE PAROLE DI ENRICO FAGNANO
Carissima Ass.Id.Alta Terra di Lavoro e Claudio Saltarelli,
innanzi tutto voglio ringraziarti. Mi state consenteno di conoscere personalità con una preparazione straordinaria, dalle quali c’è molto da imparare. Ma con la considerazione che mi stai (generosamente) dando, mi stai consentendo anche di inserirmi in questo mondo (per me nuovo) dei veri studiosi della nostra Cultura.
Per quanto riguarda il pil (del quale avete parlato nella puntata dedicata a Civitella del Tronto con il Dr. Di Giovine), Daniele e Malanima dicono che nel 1861 quello del Piemonte era di 337 lire pro-capite e quello delle Due Sicilie era di 335 lire. Praticamente erano pari. Le cifre, però, come hai detto giustamente anche tu, vanno interpretate. Il pil del Piemonte, infatti, era fortemente influenzato dai lavori per l’apliamento della reta ferroviaria (come ricorda anche Guido Dorso in Dittatura Classe politica e Classe dirigente). E non dobbiamo dimenticare che i lavori ferroviari all’epoca erano costosissimi e valevano più di tutti gli altri lavori pubblici messi insieme. Il Piemonte aveva cominciato queste opere ferroviarie nel 1853 e le aveva terminate proporio nel 1860. I lavori, però, erano stati interamente realizzati a debito e quindi la contabilità dello Stato era andata fuori controllo. Tant’è vero che il Regno Sardo dal 1853 in poi non fu più in grado di redigere il suo bilancio ufficiale (incredibile, ma vero; tra gli altri lo ricorda anche Nitii in Nord e Sud) e dovette procedere ogni anno con un conto provvissorio. Un bilancio ufficiale, però, non venne mai più redatto, perché a furia di conti provvisori si arrivò al primo bilancio dell’Italia unita, redatto nell’ottobre del 1862. Fu quindi nel documento contabile del nuovo Stato che confluì l’inverosimile debito piemontese, in quel momento pari a un 1 miliardo e 300 milioni circa (contro i 600 milioni delle Due Sicilie, che però avevano più del doppio della popolazione). Il pil sardo del 1861, quindi, risente delle produzioni relative a questi lavori ferroviari, ma (come giustamente osservavi tu) era un pil fittizio, prodotto ricorrendo a debiti, che ora andavano onorati (l’alternativa era il default, come si dice oggi). Discorso opposto va fatto per il pil del regno maridionale. Il Sud Italia, infatti, dal 1860 era attraversato da una guerra che bene o male interessava tutti i suoi territori, e quindi le sue produzioni (sia agricole, sia industriali) ne avevano risentito. Non esistono dati precedenti al 1860, ma va da sè che senza i danni causati da questa guerra, il pil del regno borbonico sarebbe stato del 20/30 per cento maggiore. Allo stesso tempo il pil piemontese, senza il doping finanziario del lavori ferroviari, sarebbe stato addirittura del 50 per cento inferiore. A questo punto basta fare pochi, semplicissimi, conti per arrivare ai pil effettivi dei due Stati. Dopodiché risulterà evidente qual era la reale situazione dell’epoca.
un caro saluto
Enrico Fagnano
mi vien da pensare che per saldare i debiti per ferrovie e altro il Piemonte avesse gia’ guardato con avidita’ al Banco di Napoli… famelici questi piemontesi! Non quelli mandati a combattere ma quelli che se ne stavano al riparo pensando al bottino! caterina ossi