ERMINIO DE BIASE RISPONDE A MASSIMO FELICE ABBATE
Mio caro amico, come quella domenica mattina dello scorso gennaio, ascoltavo in silenzio, a bocca aperta, le tue dotte annotazioni sulle mura greche davanti alle quali sostavamo, così ora, dopo aver letto le tue… “riflessioni”, resto altrettanto a bocca aperta, ma, sicuramente, non in silenzio.
Ti elenco, quindi, sintetizzando punto per punto, le mie controdeduzioni, lasciando a te il compito di collocarle nei vari punti del tuo scritto. Buona lettura!
- Quel sistema di suoni articolati distintivi e significanti, di parole e locuzioni e di forme grammaticali… era già usato nella comunità italica da molti secoli prima del 1861, Regno delle Due Sicilie compreso.
- …”chella busciarda ca ‘nce hanno ‘mparato ‘int’ê libbre ‘e scola!”
- Il termine “dialetto” non è affatto dispregiativo, denigratorio, anzi! Esso ha una sua forte ed indiscutibile personalità, in quanto denota e sottolinea differenze e analogie con la lingua madre – pronuncia in primis – che permettono una immediata identificazione dell’ambito geografico a cui appartiene chi lo parla.
- La scuola, purtroppo (o fortunatamente) deve uniformare la comunicazione ai suoi utenti. Ciò appariva molto più necessario di oggi molti anni fa, quando gli istituti di istruzione secondaria erano concentrati nei centri urbani, dove si riversavano ragazzi di varie zone della provincia con parlate del tutto diverse anche in paesi limitrofi.
- “Volgare”, all’epoca di Dante, non aveva affatto il significato che ha oggi, ma veniva così definito solo perché non era Latino.
- È più che giusto affermare che il Napoletano (‘o Napulitano) è il principale prodotto di esportazione e se, per esempio, in un ristorante di Singapore, un napoletano e un bresciano si esprimono nella loro parlata locale, è matematicamente sicuro che il primo mangerà ed il secondo resterà digiuno. Il Napoletano deve, però, la sua diffusione planetaria alla sua “duttilità” metrica (che io paragono alla plastilina) particolarmente melodico, adattissimo quindi per le canzoni e la poesia. Esso, però, nella prosa, non ha purtroppo la stessa coinvolgente ed avvolgente dinamicità e, quindi, resta al palo…
- Sehnsucht, in Tedesco, significa nostalgia, brama, desiderio struggente e non altro. Pecundrìa in Napoletano, invece, indica ipocondria, tristezza, malinconia (cfr. Antonio Altamura); depressione, addirittura (cfr. D’Ascoli).
- Arteteca viene da artrite, artritico.
- In quel testo, ‘o nnapulitano (!) non è la “caricatura del sanscrito”, è vero, è assai peggio.
- A proposito di espressioni in napolese e di idioma (ASSAI NOBILE!) dotato di precisissime regole fonetico/grammatico/sintattiche sue proprie: nella lingua napoletana non esistono le preposizioni articolate per cui, scusa se mi permetto, è estremamente inesatto dire: un corso di ‘o nnapulitano…
- Vale sempre la pena di incontrarsi e di discutere di Napoletano e/o di altro, magari davanti ad una appetitosa pizza fumante, ma non credere che una lingua si possa creare a tavolino…
Cordialmente
Erminio de Biase
Saluti e salute, amico mio, ottima l’idea del pariamiento con la pizza, magari sabato prossimo con Claudio a Isola del Liri dopo la Santa Messa!