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Gioacchino Murat,retroscena di uno sbarco annunciato-1810

Posted by on Dic 11, 2023

Gioacchino Murat,retroscena di uno sbarco annunciato-1810

Bicentenario – commemorazione 17 / 18 settembre 1810. Retroscena di uno sbarco annunciato

Nelle istanze celebrative, del tentativo di sbarco di forze napoleoniche a Messina, si vanno delineando scenari imprevisti; dove gli attori di una complicata vicenda, hanno creato l’avvenimento che noi oggi ricordiamo.

L’eroica resistenza del popolo Messinese, si pensava, animato da spirito patrio condiviso dalla Nazione di Sicilia e dalla medesima Casa Regnante Borbonica, in realtà, divenne un atto politico che ebbe a provocare, uno stillicidio di azioni, dall’una e dall’altra parte delle alleanze che custodivano il destino di Trinacria. Infatti, man mano che venivano esumate, nuove carte ed altrettanti aneddoti, sui responsabili e sugli attori di quel conflitto, sempre dicevo, si andavano a svelare retroscena inimmaginabili. Le cronache del tempo e gli studi storici successivamente, gettavano nuova luce sugli accadimenti siciliani del primo ventennio del XIX secolo; dove diveniva sempre meno chiara, la posizione della Corona di Borbone in Sicilia. Se in un primo tempo si andava a glorificare, l’incredibile difesa dei contadini dei villaggi presso Messina che da soli, erano riusciti a tenere testa a una delle divisioni dell’esercito di Re Gioacchino, giustificando con molti se ed altrettanti ma, le iniquità sfortunate, e le coincidenze impreviste ricadute sull’impresa franco-napoletana andata in malora, successivamente, volendo trovare una motivazione plausibile e condivisa nella storia, si incominciò ad indagare, sulla situazione politica e sulle adesioni di molteplici fazioni, che a vario titolo, presero parte allo storico avvenimento. Nelle giornate tardo estive di quest’anno, in alcuni appuntamenti, l’Associazione Amici del Museo di Messina, fatta sua la ricorrenza e la memoria storica accaduta esattamente 200 anni or sono, ha motivato le rispettive iniziative sul territorio delle Forie di Mezzogiorno, cercando di fare attenzionare al vasto pubblico, il destino dei villaggi di questo vasto territorio e della sua gente, recentemente colpita da imprevisti lutti e da preventivati dissesti idrogeologici. Noi, abbiamo puntato il dito nella storia, indicando nel passato, una soluzione per il presente, passante attraverso: il lavoro, il sacrificio e le iniziative di questa gente incredibile. Sempre per nostra iniziativa, abbiamo immaginato un percorso didattico per favorire, quella spinta emotiva, andata smarrita per i fatti da poco cruentamente verificatosi, sopra queste comunità fraterne.

Quindi, dopo avere improvvisato un canovaccio, sul quale porre le basi di una collaborazione, fra il nostro gruppo e la gente dei villaggi, stiamo procedendo a costruire una strada di crescita storico intellettuale per mostrare cosa sia in realtà, il territorio in oggetto e come questo nella storia, abbia saputo ritagliarsi uno spazio di legittimità istituzionalizzata. I fatti, i comportamenti, l’onestà e la condivisione di valori e di un destino comune, sono alla base della cultura di questa straordinaria gente. Per essa stiamo costruendo la strada del sapere; un piccolo contributo nella nostra città, nel nostro territorio provinciale da tempo, un argomento lontano da questi camminamenti. Ricordare il passato per dare forza al presente, attraverso le glorie della memoria. E grazie a questa combinazione, favorire con l’aiuto di tutti, una crescita nella coscienza dei giovani e successivamente, di tutto il popolo oggetto di tali sventure. La ricostruzione, deve essere accompagnata dalla dignità, vilmente messa alla pubblica gogna, dall’Italia e da pseudo cittadini che si dicono italiani. Abbandonati a se stessi, profughi in casa loro, sentono il bisogno, di essere aiutati non solo materialmente, ma anche socialmente. Noi diamo il nostro contributo, attenzionando prima, nei residenti e speriamo, nella gente siciliana che cosa hanno fatto i padri di questi figli nel passato per tutta una nazione, un tempo chiamata Sicilia. Il mio ruolo nel gruppo a cui appartengo, rimane quello di ritrovare documenti; andati perduti, dimenticati, smarriti nella caotica messe di notizie che ci giungono dal passato. Il mio compito quindi, è di cercare la verità. Quella condivisa, lontana dalle iperbole costruite da testimoni, quasi sempre interessati e parti in causa degli stessi avvenimenti storici. Per tanto, dopo avere recuperato un grande quantitativo di documenti, sfaccettando le storiche giornate del 17 e del 18 settembre del 1810, dando voce a tutti quelli che avevano contribuito a formare la memoria, ho potuto farmi una idea degli accadimenti. Tutti hanno detto la loro, mi riferisco a coloro i quali, a vario titolo, hanno partecipato all’impresa dei contadini di Messina. Le fonti francesi per parte Napoleonica e Murattiana oppure, le testimonianze dei corpi militari alleati: siano essi i famigerati e temuti fucilieri Scozzesi del 21 mo reggimento di istanza a Messina; o dei relativi battaglioni di assalto Tedeschi, mercenari al servizio della Corona di sua Maestà Giorgio III.

O addirittura le milizie civiche di Messina e il popolo minuto che ricordava e ricorda ancora quei fatti non che, le fonti di Ferdinando re di Napoli oppure, quelle della regina sua consorte; tutti preciso, hanno avuto modo di dire la loro. Fino a poco tempo fa, si pensava che un semplice avvenimento come questo, fosse stato registrato da qualche avventuriero o da qualche affaccendato burocrate. In realtà, anche se limitato temporalmente, proprio per la sua eccezionalità, venne ricordato con forza da numerosi testimoni. E le ricostruzioni aprioristiche, venute avanti nei decenni successivi, danno una idea, come i fatti su esposti, vennero a vario titolo enfatizzati. Specificatamente a quello a cui si attiene, il sotto titolo di questo carteggio, vediamo come si mossero i vari attori, prima durante e dopo, i fatti registrati nel tentativo di sbarco filo napoleonico a Messina. Concentro questa ricostruzione temporale, su precisi documenti, legati alla ricostruzione di Niccolò Palmieri: il quale riuscì a recuperare molte testimonianze, ma non ebbe modo di pubblicarle personalmente per l’avvenuta morte. Furono pubblicate alcuni anni dopo e lasciarono con quella edizione, un nugolo di polemiche che perdurarono, e furono partecipate, nei caffè accademici per molti decenni successivi. Come per esempio, i fascicoli di un giornale Napoletano, che dava voce a verità ancora scomode perfino decenni dopo, quando Alessandro Dumas, venuto in possesso, di numerosi numeri, li ebbe commentati: in questi documenti, registrati nel periodico dal titolo “l’indipendente” vennero segnalati a suo tempo, molte lettere autografe di Re Ferdinando e dello Stuart, Comandante supremo, delle forze militari Britanniche stanziate nel Regno di Sicilia. Ma anche altri saggi ed altrettante aneddotiche, formate dal Balsamo, da Francesco Paternò Castello, da Alessandro Dumas come su detto e da numerosi altri ancora. Insomma, in questi carteggi, appare palese, il mutare della politica, delle convenienze degli attori in causa. Per tanto, nell’ottica dei rivoltosi, degli insorti, dei partigiani, del governo legittimo e dei difensori, ognuno aveva tenuto forme, stato d’animo e comportamenti discutibili. In tutto ciò, si ergevano due figure pittoresche e nel contempo storiche; sua Maestà, la Regina Maria Carolina e Giovanni Stuart.

Dai comportamenti di entrambi, si inscena una romanzo storico a puntate. Fatti e personaggi purtroppo, tutti realmente vissuti, e realmente vittime degli intrighi di palazzo, dell’una e dell’altro attore principale, da me raffigurati in questa mio improbabile accenno di commedia. Dopo che, i cittadini dei villaggi di Mili marina, Galati, Briga sottana e Briga soprana, di Santo Stufano, di Molino, di Itala, di Scaletta e di Giampilieri presero le armi, imbracciando ogni sorta di attrezzo improvvisato in offesa, dopo che le donne i vecchi, i giovinetti, infoltirono le file dei custodi, delle vedette e dei profughi, dopo tutto questo, un esercito armato e comandato di tutto punto, venne sbaragliato, cacciandolo dalle sue posizioni: ferito, spaventato, morto, stordito, accerchiato, venne a perdere quello che essi, avevano cercato in una notte senza Luna, l’effetto della sorpresa. Le campane dei Villaggi posti a meridione di Messina, sembravano impazzite, scosse da mani irriverenti che suonando le campane a stormo, accompagnavano il movimento del popolo, invasato in atteggiamenti che non furono ritrovati negli aggressori. Proprio questo tipo di risposta, era l’effetto manco immaginato, dalla polizia segreta che collaborò con gli agenti di Murat fin dal mese di maggio dello stesso anno. Quando decine e decine, di sbiaditi figuri si andavano aggirando, per i vicoli e per i sentieri del territorio offeso, chiedendo per il loro bene, di abbandonare la causa regia, e tradire i comuni nemici Inglesi, appoggiando la venuta di Re Gioacchino che li avrebbe liberati dalla schiavitù. Si chiedeva a un popolo civile di incivilizzarsi. Ai braccianti e al territorio, di abbandonare il certo per l’incerto. Ai credenti di non credere ora che i Francesi e i suoi sudditi, rinnegavano la chiesa e i suoi uffici. Insomma si chiedeva l’impossibile pensando di essere assecondati. A dispetto del territorio del Regno di Napoli, la Sicilia era Nazione. E la sua gente cittadini nazionalizzati. Quegli stessi Siciliani che da quando si crearono i fatti politici, della cacciata di Re Ferdinando da Napoli, si ritrovarono a convivere con gli esuli Partenopei, giunti in massa, come cavallette nel loro territorio a dettare regolamenti e leggi. Il popolo Siciliano quindi, doveva appoggiare chi, già da tempo, si comportava da padrone e non da ospite, favorendo la penetrazione e l’insediamento, di gente ancora più autoritaria di quella che dimorava nel proprio seno patrio. La reazione fu esplicita e niente affatto confutabile. La Sicilia aveva scelto il Re Ferdinando, come sovrano e fautore del proseguimento, delle attribuzioni nazionali. Il popolo come la nobiltà Siciliana parteggiava per S.M., fino a che, il diritto di Nazione veniva riconosciuto e rispettato. Gli Inglesi erano presenti per questo.

La gente di Messina non fu per essi un problema e pur se diffidente non fu cospirativa. In realtà presso la Città dello Stretto, si concentravano i dissidenti Napoletani filo Borbonici. I quali non tardarono ad accettare il volere politico, dalla loro amata Regina, Maria Carolina. La nobildonna, sorella di Maria Antonietta e figlia di sangue imperiale della potente madre Austria, continuava a pensare in grande, malgrado i gli occorsi della guerra nelle alterne fortune. La presenza delle milizie francesi a Napoli, causa di un intrigo, combinato da Ferdinando con gli Inglesi, e dalle azioni di Bonaparte, irriverente contro i grandi Stati e i relativi regnanti, ebbe a portare la guerra in casa dei Borbone delle due Sicilie. Furono proprio questi balletti politici, le scelte relative alla politica estera del re Ferdinando, ad attirare l’ira di Bonaparte. Perduto il regno, adesso assoggettato al Dittatore Murat, fuggì riparandosi in Sicilia. E con l’aiuto degli Inglesi, vi tenne testa alle truppe di Bonaparte che già invadevano l’Europa continentale ed erano pronte alla conquista dell’Europa insulare. Maria Carolina che in un primo tempo, aveva appoggiato il profilo politico financo europeo di tutti i regni, di coalizzarsi contro il temuto imperatore di Francia, dopo le nozze di questo Generalissimo con la nipote di lei, divenne accondiscendente verso Napoleone, cercando con le lusinghe, di portarlo al suo partito. Per lungo tempo si è creduto, che alcune voci, si accentravano sul complotto della moglie contro il Re Ferdinando, fossero pure illazioni, difficilmente assecondate e provabili, si moltiplicarono. Ma la necessità di mostrare realmente, che l’avventura politica della Regina di Napoli, fosse quella proferita dai nemici della stessa corona, furono circoscritte in lontani e minuti atelier intellettuali. Fino a poco tempo fa, pur sospettando la congiura della nobildonna di sangue Austriaco, in pochi erano riusciti a smascherare il suo piano. Fino a che però, tutto venne a galla per opera di un alto ufficiale Inglese; il quale, al vertice di un ramo dell’esercito e della milizia militare ad esso riconosciuta, riuscì con breve lasso di tempo, a creare una sua fitta rete di informatori, che svelarono un pericoloso gioco di potere. Il Colonnello Coffin, Maestro Generale del Quartier dell’Armata Inglese, seppe recuperare un fitto schieramento di traditori, provenienti dalle fila della Regina, che custodiva l’insano progetto, tramando alle spalle del marito e degli stessi Inglesi, per rovesciare il governo dell’isola favorendo in ogni modo, l’impresa dei Francesi. La discesa del Murat, per certi versi, fu un tocca sana per questa nobildonna. La reazione del popolo9 Siciliano, che con gran sorpresa, praticamente da solo, era riuscito a far naufragare siffatto progetto, ne provocò il lei contro questi ignari sudditi, un odio furente che non ebbe termine successivamente. Ella fu, un nemico per la Nazione Siciliana e una abile e nuova Penelope, la tessitrice. Ma più i giochi si fecero estremi e più facile fu per gli Inglesi prima, e per i Siciliani successivamente a smascherarla. Avvenne che, per la cupidigia di questa signora, suscitando l’ira del Parlamento di Sicilia, scavalcato nelle attribuzioni governative, promulgò l’emanazione di un decreto legge, aumentando dell’un% gli aggravi commerciali dei traffici degli isolani. Favorita dal partito degli esuli Napoletani, che erano una minaccia per la stessa corte, schiva di atteggiamenti che potessero mettere in discussione i patti con re Giorgio III, spinse questi ultimi, ad infoltire il partito della regina e quindi, quello di Napoleone, per addivenire, a una nuova dimensione politica.

I Napoletani puntavano a ritornare nel loro Regno non da esuli, ma da governanti. E per ottenere tutto ciò, vedevano negli intrighi di Maria Carolina con Bonaparte, l’unica soluzione possibile. Lui soltanto poteva scacciare il Murat dal trono senza che questi potesse opporsi. Ma il piani di costoro fallirono e il Capitano delle forze marine di polizia, Andrea Rossarol pagò per tutti. In realtà furono scoperti a decine; tutti nobili dei casati Napoletani esuli in Sicilia e dimoranti a Messina. I quali rivestivano tutti le insegne di Maria Carolina. Tanti dicevo vennero scoperti. Ma per volontà Britannica accondiscesa a mesta soluzione, cercata dal Principe di Belmonte Giuseppe Ventimiglia, ambasciatore di Sicilia a Londra, venne risparmiata la Regina e molti cospiratori a danno del Rossarol. Ma non per questo, la scaltra Carolina abbassò le sue pretese, così che, anche in barba agli accordi e ai nuovi patti, fra il suo consorte Ferdinando e gli Inglesi, furono di nuovo minati dal comportamento disperato di Maria Carolina.

A tutta questa ricostruzione storica, si aggiungono una serie di missive, scambiate fra lo Stuart, il marchese Cirello ministro degli affari esteri di Ferdinando e il Re stesso con le forze Britanniche non che, altre lettere, ritrovate dal controspionaggio Siciliano e Britannico, nelle mani di molti traditori. Ma soprattutto, sono riuscito a recuperare, la prova provata, dello scambio epistolare, nel passato solo ipotizzato e mai provato, fra Bonaparte e la regina Maria Carolina. In particolare ho scoperto una lettera di Napoleone e due lettere della scaltra regina del regno delle due Sicilie.

Alessandro Fumia

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