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Il principio di nazionalità anche a tutti i popoli italici

Posted by on Set 8, 2023

Il principio di nazionalità anche a tutti i popoli italici

L’8 gennaio 1918 il presidente degli USA Woodrow Wilson, durante in una riunione nel Congresso legislativo, mise in atto i famosi “Quattordici punti” visto l’evolversi dei nazionalismi delle etnie facenti parte in precedenza negli imperi centrali, nonostante che essi dettero alle prime le numerose garanzie di autonomia e di tutela, intesi a conquistare la propria indipendenza territoriale.

Wilson, con questo programma che contribuì direttamente alla conclusione della Grande Guerra, auspicava l’autodeterminazione dei popoli liberi di scegliere il proprio sistema di governo e da ogni dominazione straniera. Purtroppo tale garanzia non ha la sua totale applicazione per determinati motivi:

– Sebbene Wilson venne ricordato sia per la sua opposizione al primo conflitto mondiale sia come miglior presidente nella vita amministrativa degli USA, in politica estera si continuerà a commettere altri crimini di ingerenza su affari interni ed esteri degli Stati con lo scopo di influenzarli;

– Quelle etnie che desideravano la completa indipendenza nazionale e, soprattutto, molti diritti e libertà diventeranno soggetti di una nuova subordinazione politica delle loro élite che, sicuramente e in seguito, porteranno allo sfacelo la loro terra divenuta Nazione;

– Inoltre, l’élite stesse iniziarono a condurre una serie di campagne di annessione forzata di altri territori spartiti secondo la Conferenza di Versailles del 1919, manovrando il revisionismo storico senza rendersi conto che saranno responsabili di nuovi contrasti interetnici che, da ieri a oggi, continuano a permanere negli stessi Stati nascenti.

Per la tirannia elitaria, il termine “nazionalità” va assimilato ai loro interessi ideologici e personali, opponendosi alla conoscenza della realtà dei popoli arrivando a infliggergli numerosi danni alle loro condizioni di vita e sociale. La pulizia etnica, uno dei crimini internazionali e disumati, deriva non a causa di eventi storici ma dalle decisioni del potere che sottomette e istiga il suo popolo nel compiere gesti di vendetta nei confronti di un altro, trasformando la società civile in una ingiustificata e sanguinaria lotta fratricida. In altre parole possiamo ammettere che tutti i fenomeni problematici dei popoli, oltre alla pulizia etnica, hanno origine dalla tirannia delle élite che nascondono la loro colpevolezza e la loro complicità con la falsa giustificazione di impegnarsi in nome della pretesa democrazia occidentale (figuriamoci se fossero nazionali) e di libertà (ovviamente astratta). Come non hanno al cuore i problemi sorti e irrisolti dei loro popoli, non hanno pietà verso l’esistenza di altri popoli che si impegnano a riconoscere i loro diritti e la loro identità. Naturalmente sembra che l’Occidente americano stia ereditando il totalitarismo dell’Urss, in cui ovviamente uno Stato sottomesso da una determinata potenza continentale non poteva essere libero di decidere o di attuare un’alternativa utile al raggiungimento delle esigenze e dei bisogni popolari. La salvaguardia dell’indipendenza nazionale dei popoli dovrà essere un obiettivo della politica della loro classe dirigente per impedire la ripetuta ingerenza degli americani e di qualsiasi Paese continentale sui determinati affari, com’è prevista dalle norme tradizionali dei popoli e dal diritto internazionale e non dalle “leggi dei governi democratici”. La questione di nazionalità potrebbe essere risolta da tale obiettivo politico, da cui sarebbe morale e oneroso che un governo di qualsiasi forma di Stato e ideologia si prenda cura del suo popolo in modo paternalistico ma non totalitario. L’instaurazione di un possibile e graduale modello di convivenza tra le etnie che vivono in una federazione o all’interno degli Stati di appartenenza non sarebbe un cammino facile, se dovessimo dare uno sguardo alle norme tradizionali che i popoli detennero nel passato e conciliarli con la nostra politica e, naturalmente, ci vuole tempo per condividerlo e riconoscerlo come tale. Invece le élite filo-occidentali usano il solito centralismo forzato ottocentesco per impedire qualsiasi garanzia favorevole sia ai bisogni dei propri popoli sia alla tutela tra esso e l’altro di diversa etnia e tradizione, mediante la quale può portare felicità e benessere alla loro terra. Una nazionalità entra nel fondamento di un popolo che la riconosce, la pratica e la usa per dimostrare la sua totale appartenenza di una terra per secoli e per origini. Se essa fa parte nelle tradizioni, allora dovrà essere sottoposta alla tutela da parte del governo di tipo federale, limitando l’evoluzione dei vecchi e nuovi contrasti etnici al suo interno. Il federalismo impedisce ad ogni presa di potere politico da parte di una determinata élite di una qualsiasi etnia, mentre il centralismo favorisce la supremazia per dare origine i sentimenti di odio. Allora parlare di nazionalità non dovrebbe essere problematico e stancante, ma una parte integrante della politica stessa, della dottrina giuridica e, soprattutto, della storia. L’Occidente e le principali potenze europee, tra cui Francia e l’Inghilterra, si interessarono al riconoscimento dell’autodeterminazione dei popoli appartenenti precedentemente negli imperi centrali sempre con la loro politica di ingerenza, tant’è che le loro élite stesse ebbero tanti privilegi per costringere altri popoli ad essere subordinati alle loro leggi e idee estranee alle loro tradizioni, anche con l’intenzione di seppellire le loro identità per far prevalere quelle dominanti. Perché come esistono molte etnie nei due ex-Paesi multietnici (Cecoslovacchia e Jugoslavia), stessa cosa avviene nei Paesi europei ancorati alla tirannia elitaria e al sistema di duro centralismo, dove il livello di identità dei piccoli popoli sta aumentando con primi passi grazie all’esistenza dei movimenti indipendentisti e autonomisti, i quali la maggior parte sono fedeli ai valori tradizionali popolari mentre una parte diventano collaborazionisti dei governi coloniali centralisti rischiando la propria complicità. Nel passato e nel presente, i leaders, i membri e gli attivisti di quei movimenti e alcuni strati sociali dei piccoli popoli hanno condotto assieme numerose battaglie politiche e culturali tendenti al recupero dell’identità nazionale e dei diritti negati dalle leggi del centralismo elitario-monoetnico. Con o scarso successo, entrambi soggetti hanno dato un contributo nella storia dei loro popoli attraverso le proprie idee politiche e le proprie iniziative di tipo anticoloniali e antirazziste. Quindi anche in Italia ci sono stati e ci sono personaggi che, presenti o non, dettero esempio di presa di coscienza con opere e certe iniziative che hanno avuto molta efficacia nella storia dei popoli italici ed hanno un nome e cognome: Angelo Manna (Napolitania), Pietro Mascagni (Etruria), Sergio Salvi (Toscana), Gianfranco Miglio (Padania), Gaetano Cozzi (Venezia), Fabio Cusin (Trieste), Hans Egarter (Sudtirolo), Joseph Henriet (Arpitania), Salvatore Meloni (Sardegna) e Andrea Finocchiaro Aprile (Sicilia). Questi padri delle identità italiche, nonostante i pregi e difetti, hanno mostrato la vera visione del modello unitario dell’Italia confermando chiaramente che essa si basi sulla prevalenza coloniale della Grande Padania e il suo dominio politico, culturale e istituzionale su tutti altri popoli esistenti che, per fortuna, hanno scoperto tale imbroglio e si oppongono ogni atto di subordinazione sempre per iniziativa di personalità e delle élite filo-padane.  Però sia loro sia i discendenti hanno capito che recuperare l’identità e i suoi diritti e aiutare i propri popoli a riavere la loro indipendenza non era facile per l’immancabile e vergognosa repressione dello Stato coloniale condotta non solo con l’uso delle armi anche con molte campagne diffamatorie del giornalismo legato al razzismo unitario, il quale usa le immagini e pubblica gli articoli con il preciso scopo di screditare le iniziative dei movimenti autonomisti e indipendentisti per poter impedire che la verità sull’esistenza del colonialismo padano possa essere diffusa su tutto il mondo. Purtroppo ci sono riusciti ma gli attivisti identitari e i popoli stessi non rinunciarono le loro battaglie, dovendo superare molti ostacoli imposti e con la volontà di continuare a diffondere la loro storia del passato soprattutto ai loro emigranti. Quindi quei padri italici che vi ho citato prima rispolverarono l’identità dei loro popoli e sostennero i loro popoli nella speranza che essi possano pensare a sé stessi, con l’intenzione di conciliare il loro passato con il presente e mettere in atto la realtà che essi vivono. Vorrei cominciare a parlare delle prime iniziative politiche condotte da Manna, Finocchiaro Aprile, Meloni, Miglio, Egarter e Cusin.

Antonino Russo

continua………….

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