La Corona di latta
Loreto Giovannone illustra un divertente e quasi sconosciuto retroscena fiorentino del periodo risorgimentale: la “soscrizione” nazionale per la corona italiana a Vittorio Emanuele II
L’ambizione nella vita conta tanto, a volte è il sale che condisce gli aspetti più impensati della vita. Se riusciamo a vedere la vicenda della corona di latta che la ricerca d’archivio ha fatto emergere nei documenti con uno sguardo più disincantato, l’ironia non può mancare. Un re senza corona e senza scorta bussò cent’anni ancora alla sua porta… (Fabrizio De Andrè, La canzone di Marinella).
Certo però che Vittorio Emanuele II che si presenta ad annettere forzatamente l’Italia, dopo la vendita della Savoia (accordi di Plombières luglio 1858), ha del curioso. Ancora più curioso è un re che vende il suo modesto regno (modesto a detta degli inglesi, e loro sì che di regni se ne intendono) proprio alla fine di maggio 1860, appena andata in scena la rappresentazione garibaldesca, è singolare e ancora più curioso.
Che poi i francesi di discendenza napoleonica abbiano preteso d’aggiungere anche Nizza, non così come si potrebbe fare al mercato rionale sulla bilancia del fruttivendolo aggiungendo cavoli alle rape, ma per santificare la grandeur di cui si fregiano, ci può stare.
Ma che il re dell’ex Principato di Piemonte e degli “Stati di terraferma” si presenti alla unificazione italiana senza una vera corona d’oro, tempestata di pietre preziose, da un certo punto di vista fa sorridere. Non è chiaro che fine fece l’antica corona del Regno di Sardegna: secondo alcuni venne data in pegno ad Anversa o a Rotterdam a garanzia di un finanziamento, richiesto da Casa Savoia per la guerra di difesa contro l’invasione napoleonica, e venne poi distrutta a seguito della disfatta e dell’invasione del Piemonte nel 1798; secondo altri, invece, non lasciò mai Torino e venne rubata dai soldati francesi a seguito della stessa invasione. L’oro e le sue gemme, in ogni caso, furono venduti o riutilizzati. (https://it.wikipedia.org/wiki/Corona_d%27Italia)
Fedeli al motto morto un papa se ne fa un altro, furono i nuovi sudditi dell’ex Granducato di Toscana, nel 1861, a primeggiare ricorrendo ai ripari
Ill.mo signore le spedisco il raccomando al di lei zelo patriottico alcune copie del programma di suoi soscrittori per una corona nazionale italiana da sostituirsi alla corona di ferro di tristissima rimembranza. Non dubito che per le sollecitudini della S. V. Illustrissima sarà ben presto stabilita anche costì una commissione, per avvisare al modo più facile e più spedito di promuovere una sottoscrizione sì fatta, alla quale ha voluto la commissione promotrice che sia adatto contribuire anche al popolo più minuto per l’unità della somma. L’attuazione di questo pensiero tornerà certamente ad onore dell’intera nazione che verrà con ciò come a convalidare quel voto universale con cui elesse così solennemente a re d’Italia Vittorio Emanuele, il primo soldato della nostra indipendenza. Le accludo pure una modula del registro a madre e figlia, che è stato adottato per distribuirsi ai collettori di questa città, perché qualora a lei piacesse potrei dietro sua richiesta rimettere dei registri medesimi quel numero che crederà sufficiente per i Collettori di codesto Comune. Ho intanto il pregio di confermarmi dal palazzo municipale di Firenze, li 2 aprile 1861.
I fiorentini, pieni di zelo, partono in tromba a raccogliere fondi per fornire al re del neonato regno la sacrosanta corona d’oro tempestata di pietre preziose.
Il gonfaloniere presidente della commissione promotrice, marchese Ferdinando Bartolomei, emana un Programma di soscrizioni per una corona nazionale italiana a Vittorio Emanuele.
1 – È aperta una soscrizione fra gl’Italiani ad oggetto di raccogliere una somma a formare una corona nazionale pel nuovo regno d’Italia.
2 – La soscrizione si farà per azioni di centesimi 25.
3 – I Gonfalonieri o Sindaci di ogni Comune sono invitati a costituire commissioni da loro prese, tutte le quali provvederanno nel miglior modo da raccogliere quanto più denaro e quanto più sollecitamente potranno.
4 – La cassa del Comune sarà depositaria di questo denaro tenendolo in un conto particolare.
5 – Ad agevolare la trasmissione del denaro in una cassa centrale tutti i comuni minori vorranno affrettarsi di mandare le somme raccolte ai presidenti delle commissioni nelle città principali. Queste saranno: Torino per Piemonte, Milano per la Lombardia, Genova per la Liguria, Bologna per l’Emilia, Firenze per la Toscana, Perugia per l’Umbria, Ancona per le Marche, Napoli per gli Stati meridionali di terraferma, Palermo per la Sicilia, Cagliari per la Sardegna.
6 – Nei paesi che sventuratamente non sono ancora liberi, i comitati nazionali faranno quello che altrove le commissioni, e sapranno essi il modo di spedire il denaro alle città libere più vicine.
7 – In ultimo tutte queste somme saranno trasmesse alla cassa generale della commissione promotrice in Firenze.
8 – Il tempo per questa soscrizione stabilita nel giorno della proclamazione di Vittorio Emanuele re d’Italia fino a tutto il prossimo luglio 1861.
9 – Il disegno come la esecuzione della corona sarà di artisti italiani; e del modo di avere il miglior disegno sarà dato avviso, non appena raccolta una certa somma.
10 – Questa corona veramente nazionale destinata alla coronazione dei re d’Italia, sarà conservata nella città capo del nuovo regno come patto di alleanza fra la nazione e il suo re.
Commissione promotrice in Firenze. Bartolomei marchese Ferdinando gonfaloniere Firenze, presidente. Bianchi canonico cavalier Brunone, segretario dell’Accademia della crusca. Fenzi cavalier priore Emanuele senatore del regno. Frullani cavalier avvocato Emilio. Giuliani cavalier Giovanni Battista professore di eloquenza italiana nell’istituto degli studi superiori di perfezionamento in Firenze. Puccioni avvocato Piero direttore del giornale La Nazione. Ricasoli barone Bettino deputato al parlamento nazionale. Scotti Francesco. Strozzi principe Ferdinando presidente dell’Accademia di belle arti di Firenze e senatore del regno. Ussi cavalier professore Stefano. Raggi Oreste professore di storia e di lettere italiane nel Liceo Militare di Firenze e già avvocato difensore officioso dei poveri in Roma – segretario.
Nonostante una discreta somma raccolta, il quotidiano fiorentino Lo Zenzero informò che la corona non era stata realizzata, pare «per vergognose gelosie municipali, e per incuria di coloro che tutto pospongono allo interesse e all’ambizione personale».
Del denaro allora raccolto, per ora nessuna traccia.
Loreto Giovannone
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