La lezione di Konrad Lorenz di Fiorentino Bevilacqua
La prima volta mi capitò tanti anni fa.
Eravamo in escursione io (biologo) e due amici (uno fisico e uno ingegnere).
Specifico i campi di attività e la formazione professionale, non per inutile vanteria.
Eravamo in una profonda forra, al fondo della quale scorreva un ruscello.
Li avevo condotti lì per visitare un antico mulino ad acqua.
Una volta, quando mulini, ferriere ed opifici vari necessitavano della forza motrice dell’acqua, del suo potere di generare flussi d’aria e quello di portare via calore, lungo i nostri corsi d’acqua era un fiorire di attività; anche le strade di collegamento fra due paesi vicini, piegate dalla necessità di collegare alle realtà abitative quelle produttive, scendevano lungo il fondo della valle, al fondo della forra.
Oggi, invece, questo non avviene più. L’acqua è stata sostituita dall’energia elettrica e, dunque, sia le attività corrispondenti a quelle di una volta, sia le strade di collegamento, sono “risalite” a diverse “curve di livello” più in alto e il fondo della forra, abbandonato dalle attività produttive e inospitale per quelle agricole, è stato abbandonato ed è diventato sede di una quasi impenetrabile, fittissima vegetazione.
Durante quell’escursione, quindi, avemmo non poche difficoltà sia nella discesa verso il mulino, sia nella risalita che avvenne lungo l’altro versante.
Durante la penetrazione nella fitta vegetazione, parlammo anche di ambiente biologicamente inteso e a me scappò detto, forse in maniera troppo semplice e riduttiva, ma così, tanto per sintetizzare, che … “in fondo, tutto questo non è altro che un trasferimento di materiali ed energia”.
Ciò non toglieva nulla alla bellezza di una farfalla che suggeva il nettare da un fiore ma… ricordo lo sguardo che l’ingegnere mi rivolse in risposta: un misto di rancore e stupore.
Avevo, forse, rotto l’incantesimo della poesia che, probabilmente, lui vedeva (come me) in tutto quel brulicare di forme principalmente vegetali che ci circondava.
La realtà è la realtà (e anche su questo ci sarebbe tanto da dire).
Ci si può vedere tutta la poesia che si vuole ma ciò non ne cambia la natura, l’essenza profonda che va descritta per quello che è.
E’ anche vero, come scriveva Konrad Lorenz1, che “…è proprio insensato credere che l’oggettività della ricerca, il sapere, la conoscenza dei fenomeni naturali, possano far diminuire la gioia procurataci dalle meraviglie della natura”.
Ma è necessario, per una vera conoscenza, penetrare in profondità ogni peculiarità dei fenomeni studiati ma questo, per parafrasare Lorenz, non ne preclude l’ammirazione, anzi, ne genera di più.
Dunque, descrivere il semplice dato “materiale”, a chi percepisce di esso solo la poesia, poesia che in lui non nasce dalla conoscenza del fenomeno, ma solo dall’ammirazione estatica di esso, “spoetizza” costui che guarderà con rancore ed astio chi gli ha fatto svanire la visione incantata (tale, in alcuni casi, solo perché politically correct).
La stessa cosa può accadere (e a me è accaduta) in tanti altri ambiti. Io l’ho rivissuta con i cosiddetti cambiamenti climatici, la visione (percezione) del cosmo, il glifosato.
Il “poeta”, colui che basa le proprie conclusioni più sul sentire personale e sul “sentito dire” che sul dato scientifico (anche se parziale), e che comunque e perciò si sente, si vede come una sorta di Giordano Bruno (senza entrare, qui, nel merito della vicenda del Nolano), un innovatore, un antesignano, un difensore della verità (in realtà della propria identità), guarda come ad un eretico colui che osa anche solo citare dati in controtendenza a quanto lui … ebbene sì, CREDE.
In questi casi è “Giordano Bruno” (in realtà un Bellarmino che non sa di esserlo) che manda al rogo l’“eretico”!
Viviamo in un’epoca in cui la manipolazione delle coscienze è molto più facile che nel passato, e la provenienza di questi tentativi è molto più ricca e variegata di prima, un’epoca in cui, appunto per questo, il senso critico deve rimanere ancora più vigile e deve essere risvegliato in coloro nei quali è sopito.
Ne sappiamo qualcosa noi Neoborbonici (Neoborbonici quanto meno nel senso inteso dal Riccardo Pazzaglia2) che, della revisione storica, abbiamo fatto un tratto importante della nostra crescita culturale, umana e sociale.
Che Lorenz sia da insegnamento per tutti.
In tutto.
Fiorentino Bevilacqua
13.10.2019
…………….
- Lorenz K., L’anello di Re Salomone, Milano, gli Adelphi, 1995
- https://www.ilmattino.it/blog/controstorie/neoborbonici_tutto_cominci_20_anni_fa-1372473.html