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La precipitosa unificazione – Una ferita insanabile

Posted by on Dic 23, 2023

La precipitosa unificazione – Una ferita insanabile

Il mito che diventa storia e la storia documentata che diventa mito o addirittura favola

     L’aspirazione dei “meridionali” di riappropriarci della loro memoria, viene subito letta in chiave di tendenza e istigazione alla disunione, al separatismo, al secessionismo, facendoli apparire, oltre quelli degli stereotipi più comuni di nostalgici e piagnoni, come irriducibili ed anacronistici anti-italiani.

Una tale chiave di lettura da parte di storici e/o divulgatori inseriti nel sistema sottende il non celato scopo di continuare a sostenere la vulgata  imposta dal 1861. Non è una novità che tendenze secessioniste sostenute da uno sparuto gruppo di persone ve ne siano. Infatti, come per tutte le manifestazioni che vedono l’uomo come attore, anche nelle associazioni e nei movimenti impegnati nel processo di revisionismo e di recupero della memoria, accanto a posizioni moderate (che sono la maggioranza) se ne possono trovare  alcune di più estremiste, che predicano una separazione, ma  sono voci che non raccolgono né il desiderio né l’appoggio della maggioranza moderata. Per quanto riguarda questo aspetto c’è da dire che, se tutto quello riguarda il “meridione” procedesse secondo le regole della logica e i dettami dell’etica, considerando che le associazioni e i movimenti moderati più importanti hanno da sempre dichiarato di non essere dei nostalgici, di non voler riportare sul trono del Meridione d’Italia (già Regno delle Due Sicilie) la dinastia proditoriamente scacciata, di non professare alcuna forma di separazione (e quindi di non contestare l’unificazione o unità, a seconda dei punti di vista), perché, quando si dà corso ad una polemica, si contestano solo  le tesi sostenute dalla minoranza,  e non si prendono in considerazione anche quelle sostenute dalla parte moderata, che, come detto, rappresenta la stragrande maggioranza?

     Si deve assistere continuamente ad atteggiamenti di sufficienza e ad espressioni di derisione – tra i tanti –  di un  particolare movimento revisionista – identitario, definito “mito”, solo perché portato avanti da storici o divulgatori extra sistema, arrivando a negare qualunque validità al loro operato e a sostenere che, se proprio si vuole esagerare, nella fortezza di Fenestrelle sono morti sì e no quattro soldati dell’ex Regno delle Due Sicilie, che i neoborbonici farebbero salire a quattromila e addirittura a quarantamila! Nonostante il boicottaggio incontrato nell’Archivio Storico di Torino, a smontare definitivamente questa affermazione e a contestare il modo specioso dell’operato degli storici di parte affinché il risultato delle loro ricerche collimasse con la linea imposta ci ha pensato il professor Gangemi, docente universitario, “togato” e quindi con tutte le carte in regola sia per avere accesso ai documenti d’archivio che di veder riconosciuto il frutto delle proprie ricerche. Dai documenti che ha avuto la possibilità di consultare, il professor Gangemi è riuscito a stabilire che le vittime borboniche non furono né poche né tantomeno le tre o quattro citate, ma superarono le sedicimila unità. Questa cifra non è il frutto  di astratte ed astruse elucubrazioni o di affermazioni fatte alla leggera senza un serio e doveroso approfondimento, ma il risultato di una scrupolosa ricerca effettuata nei registri e raccolta in volume, del cui rigore e della cui meticolosità ci si può rendere conto solo leggendo il libro pubblicato alla fine delle ricerche.[1] Come afferma in esso, a conclusione delle sue ricerche, l’autore  aveva offerto il frutto del proprio lavoro  all’archivio storico di Torino per consentire un aggiornamento dei dati.  Ma l’offerta veniva ricusata.

Ora, mentre chi è inserito nel sistema  può permettersi di sostenere  tesi non suffragate da ricerche documentali (continuando, cioè, sempre con la stessa vulgata per quanto attiene la storia nazionale), ai ricercatori non allineati, pur se accademici e titolati, non viene offerta  la possibilità di diffondere  il risultato delle loro lunghe, laboriose e meticolose ricerche d’archivio,e, considerando che i mass-medi sono occupati sempre degli stessi personaggi, che non consentono  un civilissimo dibattito con la parte avversa, sono costretti a diffondere i risultati delle loro ricerche  ricorrendo a strumenti più limitati.  Per lo specifico caso dei soldati borbonici morti nel lager di Fenestrelle, tutti gli storici ed i divulgatori “allineati” hanno fatto e fanno di tutto  per dimostrare che, dei 40.000 soldati borbonici deportati nelle carceri sabaude, nessuno o, al massimo, tre o quattro di essi vi hanno trovato la  morte.[2]      L’affermazione su questo che, alla luce del lavoro del professor Gangemi, risulta essere un vero e proprio falso storico ha avuto la sua risonanza su uno dei più autorevoli quotidiani nazionali,  così a un gran numero di lettori è stata veicolata la falsa notizia che a Fenestrelle, forse, trovarono la morte tre o quattro soldati borbonici; che le tesi sostenute dai revisionisti non sono altro che un “mito” e che la storia che essi vorrebbero proporre non è altro che una “  favola consolatoria“. La risposta documentata, invece, non ha potuto avere la stessa diffusione, ma  si è dovuta accontentare di essere ospitata sul Notiziario Telematico di uno dei tanti movimenti identitari-revisionisti. Quello  che ha motivato la replica non è stato tanto il numero dei morti (“ quattro morti “), ma il ricorso al verbo “trovare” , ritenuto offensivo perché, o quattro, o quattromila o quarantamila, quei soldati che proprio da uno Stato militarista e guerrafondaio avrebbero dovuto essere rispettati per il loro senso dell’onore, erano morti e almeno come tali avrebbero meritato rispetto e non essere considerati come degli stracci. Altri termini usati nella polemica con intenti derisori ed offensivi sono stati quelli che definiscono il movimento di revisionismo  “mito borbonico” e  “ favola consolatoria dei neoborbonici “ .

      Relativamente alla parola “mito”, essa può essere usata in diverse accezioni, ma, dal tono che impregna le affermazioni, quando esso si riferisce al movimento di revisione storica che fa capo ai neoborbonici si evince senza sforzare la fantasia  che esso non viene usato con intenti elogiativi, anche perché  iterato a più riprese, per approdare, alla fine, addirittura a “favola consolatoria”. E questa conclusione, se ce ne fosse bisogno, chiarisce inequivocabilmente il significato che si è voluto attribuire al termine. Sappiamo che “mito”, per definizione è : racconto favoloso;leggenda; mito; fola; favola; storiella” (L. Rocci l Vocabolario Greco-Italiano:“Mύθος) e che la  “favola “ è : “narrazione fantastica, mito o leggenda. Notizia invano spacciata per vera; fandonia” ( Devoto – Oli  – Vocabolario Illustrato della Lingua Italiana)  ”. Per cui, le tesi sostenute dai divulgatori inseriti nel sistema e le affermazioni carenti o prive di riscontri documentali costituirebbero la verità e le prove documentali presentate dai ricercatori intellettualmente liberi sarebbero  “storielle”, “fandonie”.

     Per quanto riguarda poi i “quattro cadaveri trovati a Fenestrelle, oltre alla contestazione apparsa sul Notiziario Telematico, si rimanda al citato lavoro del professor Gangemi, dal quale ognuno potrà rendersi conto di come si fanno veramente le ricerche per scrivere e presentare la storia. Anche a questo proposito viene spontaneo ripetere: << Perché alcuni possono dire tutto quello che gli passa per la testa e quando  accademici del calibro del professor Gangemi portano le prove documentali che si tratta di notizie inesatte o addirittura false non si dà credito a queste autorevoli voci  e si parla addirittura di “mito”? A questo punto chi sono i veri mitografi?

     Io sono convinto che proprio coloro che persistono in queste posizioni di unici detentori della verità sono quelli che contribuiscono  a tenere divisi gli italiani  e mi assale il dubbio che, forse, è proprio questa divisione che, per interessi personali e di casta, si vuole mantenere ad oltranza.  Forse non sarà mai possibile raggiungere un punto d’incontro, nel senso di far accettare anche parzialmente le verità svelate dagli storici revisionisti perché, almeno da quello che risulta dai documenti d’archivio portati alla luce, di cose di cui vergognarsi e quindi da tacere ce ne sono in abbondanza. Per questo motivo,  si cerca di non allentare le briglie e di tenere le posizioni raggiunte finché è possibile.

Castrese Lucio Schiano
06 dicembre 2023


[1] [1] Giuseppe Gangemi “In punta di baionetta. 1860 – 1870: le vittime militari della Guerra Meridionale nascoste nell’Archivio di Stato di Torino” Ed. Rubettino 2021, pagg. 20 – 22 e segg.

[2] Si veda a questo punto la descrizione che fa la Civiltà Cattolica circa il numero di militari buttati come stracci sul piazzale del porto di Genova

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