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Le autostrade di Sicilia made in Borbonia

Posted by on Dic 15, 2023

Le autostrade di Sicilia made in Borbonia

Oggi le nostre strade regionali rappresentano l’evoluzione territoriale delle infrastrutture viarie strategiche per le attività industriali siciliane. Attraverso questi corridoi passano i maggiori movimenti che alimentano il commercio innanzitutto, e lo sviluppo economico delle piccole e medie imprese siciliane. In effetti le strade sono il maggiore impianto economico-finanziario per il popolo siciliano.

Possiamo affermare con coscienza che siano il fiore all’occhiello di questa isola? Possiamo credere che non esistano soluziponi alternative alla loro amministrazione capace di presentare dei circuiti moderni? La Sicilia nel passato ha mai trovato degli impianti stradali così innovativi in grado di moltiplicare l’economia o la finanza in simbiosi con il territorio? Si, nel passato, quello remoto è esistito un tempo storico dove gli impianti stradali furono il biglietto da visita dei siciliani nel mondo. Quando ciò avvenne? E me lo chiedere?!? Nel passato pre unitario la Sicilia è stata innervata da circuiti stradali mai visti prima di allora così efficenti, conseguenziali allo sviluppo delle industrie, del commercio, della produzione di beni e servizi in tutti i campi manifatturieri, quando sotto i Borbone questo è accaduto. Da una insospettata fonte segnalata da un intellettuale napoletano, apprendiamo come il sovrano ebbe a reperire le ingenti risorse, per costituire il pacchetto finanziario, per la messa in opera delle strade siciliane. In un particolare specchietto esplicativo redatto nel 1835 da Paolo R, segnalava la costituzione di una somma colossale per l’epoca, messa in bilancio del valore di un milione di once (moneta di conto siciliana) equivalenti a tre milioni di ducati, reperiti attraverso le entrate doganali del porto franco di Messina e delle dogane di tutta la sua provincia non che, da ulteriori fondi costituiti da una “dote finanziaria” proveniente dalla dogana collegata di Catania; utile necessario a mettere in cantiere strade in tutta la Sicilia.

Di conseguenza un osservatore esterno potrebbe asserire, che le prime strade carrabili che mettevano in comunicazione ogni grande città siciliana con i principali e più piccoli comuni provinciali delle sette province siciliane dell’epoca, furono pagate dai Messinesi e dai Catanesi. Per tale motivo, fu emanato un decreto regio in data 17 dicembre 1838 che desse mandato, ai responsabili per la costruzione delle strade siciliane, di prevedere una ulteriore ripartizione delle stesse tratte, suddivise in provinciali e comunali con fondi territoriali (imposte fondiarie estese a tutta la Sicilia). “Gabriele Quattromani pubblica cronaca di un viaggio di Paolo R, Lettere su Messina e Palermo. Palermo 1836 p. 15 Altra sorgente di ricchezze per Messina sono le pubbliche gravezze, dappoichè non solo tutto ciò che si paga dai cittadini spendesi nella Provincia, ma Catania soccorre Messina di non lieve summa, ed eccoti il conto delle rendite di questa valle. Rendite provinciali: Fondiaria once 48 000.

Dritto sul macinato once 70,000. Altre imposte once 22,000. Somma once 140,000. Si spendono per la parte Militare once 110,000. Altre spese once 80,000. Somma once 190,000. Catania supplisce ogni anno once 50,000. V’ha dippiù. Le tariffe doganali son ribassate, per Messina soltanto del 2 per 100 affìn di bilanciare il peso, e la misura con gli altri paesi del regno unito. 20 per 100 per lo porto franco. 10 per 100 per le mercanzie che vengono su legni di bandiera privilegiata. La somma del ribasso è del 32 per 100. Le dogane danno 170,000 once circa che si spendono per l’imprestito del milione fatto per le strade di Sicilia”. A partire dal 1835 furono realizzate: 1542 miglia di strade in tutta la Sicilia, e in quell’anno, 259 miglia erano già state cantierate. Mentre, si immaginava di cantierarne altre 685 miglia. Furono costruiti ponti di diverse fogge, sventrate colline per la messa in sicurezza del territorio, realizzando tunnel e modificando letti di fiumi, in un tempo in cui, l’era del cemento armato era al di là da divenire. Procedendo nella costruzione di strade in territori ostili, si dava mandato agli ingegneri reali, di bonificare e accrescere il patrimonio ricadente in quelle contrade interessate da quegli impianti viari. Furono bonificate aree agricole e coste paludose, creati acquedotti e dighe. Furono realizzati edifici di salute, di giustizia, di studio, e di progettazione impianti. Furono impiantati nuovi indirizzi tecnologici, dotando il territorio di telegrafo, di illuminamento pubblico a gas e di stazioni geodetiche per monitorare il territorio sia terragno che marino. Oggi l’Europa gira all’Italia più di 200 miliardi di euro previste nel PNRR, gran parte delle quali nelle previsioni dell’UE, sarebbero dovute spendersi per colmare il gap infrastrutturale esistente tra il centro-nord italiano e il suo sud. Il prestito previsto è stato suddiviso nell’ammasso degli emolumenti, una parte a fondo perduto e una parte sotto forma di prestito agevolato. La stessa percentuale applicata dalla corona di Napoli alla costruzione delle strade siciliane la ritroviamo tale e quale nel progetto europeo; con una sostanziale differenza. Il governo borbonico realizzerà a partire dal 1835 per 15 anni 1542 miglia di strade. E dopo il 1850 fino al 1857 completerà i collegamenti dell’isola di Sicilia, con ulteriori arterie carrabili dai centri più interni verso la costa con altre 700 miglia stradali, per un totale in poco più di vent’anni di 2.150 miglia di arterie stradali. In nessun tempo durante l’amministrazione italiana, si è mai giunti a scommettere sulla Sicilia rendendola di fatto autonoma nella circolazione di merci e di profitto, come al tempo in cui tutta l’isola fu governata dai Borbone. Oggi l’Italia discrimina la Sicilia e tutto il Mezzogiorno. Possiamo fare questo paragone? Quando si stava meglio, la storia ricorda che si stava peggio; oggi che saremmo tutti italiani, (sulla carta costituzionale), e dovremmo stare meglio di fatto stiamo peggio. E siccome al peggio non esiste limite, l’Italia investita dall’Europa da una pioggia di miliardi, ha deciso di moltiplicare un nuovo tormento ai sui “sudditi” meridionali per un tempo infinito.

Alessandro Fumia

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