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L’INVENZIONE DEL RISORGIMENTO, OVVERO L’ANNIENTAMENTO DEL SUD (Parte seconda)

Posted by on Feb 1, 2020

L’INVENZIONE DEL RISORGIMENTO, OVVERO L’ANNIENTAMENTO DEL SUD (Parte seconda)

     Dal 1848 al 1859, come riportato nell’analisi dell’economista Giacomo Savarese,  analisi condotta con scrupolo e attingendo unicamente a fonti attendibili come documenti di archivio o, in loro mancanza,  leggi emanate a copertura di spese o debiti, si ricava che nel Regno delle Due Sicilie non fu introdotta nessuna nuova tassa, né si ebbe un aumento delle vecchie, che erano pochissime.

Nel Piemonte, nello stesso periodo, furono introdotte dodici nuove tasse[1] e aumentate dieci vecchie. [2]

     Ora, se il Regno delle Due Sicilie versava in condizioni tanto disastrose da muovere a pietà il sensibilissimo ministero delle finanze piemontesi, e se per saggia amministrazione si intende quella che si regge su un esoso regime fiscale, come mai il Regno delle Due Sicilie, che nella sua storia economico – finanziaria poteva vantare l’eredità di un Tanucci o di un Medici, non era ricorso ad un tale espediente? Il sistema e i ministri duosiciliani (che pure il Sacchi non aveva potuto evitare di lodare) erano o no istituzioni e persone “ di cui si sarebbe onorato ogni qualunque più illuminato governo “?

     Allora, per rimanere sempre nel solco tracciato dal Sacchi, le ipotesi sono due:<< Uno Stato che introduce sempre nuove tasse lo fa perché è ricco o perché non lo è?>>.

     Tessere le lodi del Savarese  potrebbe apparire  come una partigiana adulazione, ma non si può non riconoscere che se avessimo oggi economisti di tanto valore e di tale signorilità da trovare perfino delle scusanti ai risultati cui era pervenuto quello che a tutti gli effetti era un “avversario”, non potrebbe che giovare ad ogni e “ qualunque governo “. Ecco uno dei suoi commenti : << … Veramente noi potremmo osservare che l’Inghilterra e la Francia pagano grossi tributi perché sono paesi ricchi, ma non sono ricchi perché pagano grosse tasse; nessun uomo si arricchisce perché spende; ma spende perché è ricco. Ora l’imposta è una spesa per il contribuente>>. Il Savarese è così grande da trasformare aride cifre e dati economici quasi in poesia. Facendo parlare le sole cifre, infatti, individua la sanità di una nazione nella sanità della sua economia: << … le risorse finanziarie dello Stato non bisogna cercarle né nel debito, né nei nuovi tributi, ma esclusivamente nell’ ordine e nella economia. Perché veramente il miglior governo è quello che costa meno … la storia delle nostre finanze, è la storia del Regno di Napoli; è la nostra storia >>.

     E a proposito di finanze e situazioni economiche che fanno storia, facciamo una semplice analisi, intorno alla quale i commenti li lasciamo alle persone intellettualmente oneste, oppure – per evitare di essere tacciati di non volerci assumere la responsabilità delle nostre affermazioni – li faremo alla fine dell’esposizione, cercando il più possibile di non peccare di partigianeria.

     Dunque, sul territorio di un Regno (o un’azienda, secondo la definizione del Sacchi) che versava sull’orlo del fallimento, oltre alle attività agricole e commerciali, erano presenti:

  • Industrie siderurgiche
  • Industrie metalmeccaniche
  • Industrie tessili (della lana, del cotone, della seta)
  • Industrie della carta
  • Industrie conciarie
  • Industrie estrattive
  • Industrie alimentari ( pastifici, caseifici, industrie per la trasformazione dei prodotti agricoli)
  • Cantieri navali.    

     Dato che il paragone riguarda le condizioni economiche del Regno delle Due Sicilie e quelle del Regno sardo-piemontese, vediamo i due Stati come erano messi.

     Il Regno delle Due Sicilie occupava nell’industria 1.595.359 addetti, contro i 376.955 del Regno sardo-piemontese (345.563 in Piemonte, 31.392 in Sardegna).

     Per non ripetere cose già dette da altri si eviterà di fare un elenco particolareggiato degli addetti nei vari settori industriali; e delle varie industrie si fornirà qualche notizia più dettagliata solo per le più importanti. Noi, infatti, non siamo interessati a redigere un elenco di primati quanto dei criteri generali che valgano tanto per il Regno Sardo quanto per il Regno delle Due Sicilie.

   Se, per esempio, si stabilisce come criterio di analisi che uno Stato che vive di tasse è uno Stato ricco, lo stesso principio deve avere un valore universale. Ora, se facendo il rapporto tra popolazione e addetti nell’industria, si ha per uno Stato (che si vuole sviluppato per definizione) un’ occupazione pari al 7,06%; lo Stato (che sempre per definizione si vuole arretrato e sottosviluppato) che occupa il 19,9% come deve essere definito?[3] E se questo secondo Stato  sopravanza il primo anche nell’agricoltura (con 3.133.261 occupati contro 1.341.867) e nel commercio (con 272.069 addetti contro 110.477), come va che il primo è progredito ed il secondo arretrato?

    Il Risorgimento non è stato altro che un “delitto premeditato” perché non aveva nelle sue premesse l’unità dei vari Stati della penisola, ma unicamente la distruzione e l’annientamento dell’ economia e della popolazione del suo meridione. Basta guardare nelle pieghe della storia per trovare riscontro a questa affermazione. Dei vari Stati che componevano il tessuto politico del futuro regno solo all’ex Regno delle Due Sicilie (leggasi attualmente “Meridione”) fu riservato un trattamento peggiore di quello di una colonia; sorte non riservata a nessun altro degli Stati annessi al Regno sardo. Che poi il “Meridione” non fosse quello Stato arretrato consegnato alla storia, lo si può desumere anche dalle parole del Bombrini, promotore e ideologo dello smantellamento delle industrie meridionali: << I meridionali non dovranno mai più intraprendere! >>.

     Ora, se io dico che qualcuno non dovrà mai più fare alcunché, vuol dire che questo qualcuno ha dovuto fare qualcosa almeno una volta! E allora trovano spiegazione sia gli addetti nell’ industria (1.595.359), sia quelli nell’agricoltura (3.133.261 ) e sia quelli nel commercio (272.069).

     A questo punto si potrà obiettare: <<Ma, oltre le minacciose parole del Bombrini, in che modo e in quali azioni si sarebbe concretizzato l’annientamento del Sud da parte del Piemonte?>>

    E’ presto detto.

     Si sa che l’istruzione rappresenta l’indice sia del benessere che del livello di sviluppo di una nazione. Di conseguenza, se si riesce a dimostrare che il popolo di questa nazione è poco istruito e poco acculturato, si può facilmente sostenerne il sottosviluppo. E allora, per raggiungere questo obiettivo, il conquistatore che ti fa? Ti chiude immediatamente le scuole di ogni ordine e grado per quindici anni in modo da creare una frattura tra quelli che sono riusciti a raggiungere un certo grado di istruzione prima dell’invasione e una moltitudine di altri individui che saranno costretti ad una forzata e probabilmente definitiva condizione di analfabetismo.

     Relativamente a questo aspetto, a cosa assistiamo ancora oggi? Che lo Stato, per il quale a livello di tasse siamo tutti uguali, destina la quasi totalità degli investimenti riservati all’istruzione alle scuole e alle università del Nord. Come logica conseguenza, le scuole e le università del Sud, destinatarie di scarsissimi fondi, non potranno essere al livello di quelle del Nord … e così per le ferrovie, così per le necessarie infrastrutture, così per la sanità.  

C. L. Schiano                                                                                                          (continua)


[1] Nuova tassa per pesi e misure (Legge 26 marzo 1850) – Tassa sul diritto di esportazione su paglia, fieno ed avena (Legge 5 giugno 1850)  – Tassa sulle fabbriche (Legge 31 marzo 1851) – Tassa sulla manomorta (Legge 23 maggio 1851) – Tassa sulle successioni (Legge 17 giugno 1851) – Tassa sull’ industria (Legge 16 luglio 1851) – Tassa sulle pensioni (Legge 28 maggio 1852) – Tassa graduale sulle donazioni, mutui e doti che i genitori assegnano alle loro figliuole. Tassa fissa sull’emancipazione e adozione (Legge 18 giugno 1852) – Tassa sulle vetture (Legge 1 maggio 1853) – Tassa per la caccia (Legge 26 giugno 1853) – Tassa sulle società industriali (Legge 30 giugno 1853) – Tassa sanitaria (Legge 13 aprile 1854)

[2] Aumento del prezzo dei tabacchi (Legge 1° febbraio 1850) – Aumento del prezzo della polvere da sparo, piombo e pallini da caccia (Legge 19 febbraio 1850) – Aumento del 33% sul prezzo della carta bollata (Legge 22 giugno 1850) – Aumento del quinto sui diritti di insinuazione (Legge 22 giugno 1850) – Aumento dell’imposta sul consumo delle carni, corame e pelli, acquavite e birra (Legge 1° gennaio 1853) – Aumento d’imposta personale (Legge 28 aprile 1853) – Aumento di tassa sull’industria (Legge 7 luglio 1853) – Aumento della tassa sulle successioni (Legge 9 settembre 1854) – Aumento del prezzo della carta bollata /Legge 9 settembre 1854) – Aumento della tassa sull’industria (Legge 13 febbraio 1856).

[3] Si è partito dai seguenti dati relativi al 1859: Regno Sardo, superficie 73810 Kmq – popolazione 4.916.000 – Addetti nell’industria 376.955; Regno delle Due Sicilie, superficie 111.557 Kmq – Popolazione 8.000.000 – Addetti nell’ industria 1.595.359.

Lucio Castrese Schiano

1 Comment

  1. Sempre chiarissimo l’argomentare dell’Autore! l’Unità d’Italia? una disgrazia per tutti!..il trionfo dell’ingordigia, dell’inganno, dell’incapacità amministrativa…una disgrazia per tutti! caterina

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