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Luigi Settembrini e Silvio Spaventa (terza e ultima parte)

Posted by on Nov 30, 2022

Luigi Settembrini e Silvio Spaventa (terza e ultima parte)

Loreto Giovannone conclude la sua nuova lettura da un’altra prospettiva di un episodio del Risorgimento

La verità storica del Risorgimento è da scrivere

La propaganda menzognera dietro la costruzione del mito risorgimentale anglo-sabaudo nasconde terribili verità. Verità testimoniata negli effetti dell’agire politico dei governi liberali e dei loro esponenti. Nei documenti di Archivio di Stato, il mito si liquefa e mostra la vera faccia del Risorgimento. Nei fatti, il totalitarismo della destra liberale trovò un mostruoso connubio con l’hegelismo italiano dei fratelli Spaventa, entrambi presenti in parlamento con Silvio esecutore della politica interna dei primi governi fino alla “strage di Torino”.

Silvio Spaventa, patriota risorgimentale

Professore di filosofia del diritto all’Università di Bologna (8 marzo 1860-1861), ministro di polizia Luogotenenza Farini 1860, Segretario del ministro dell’Interno governi Farini – Minghetti 1862-1864, ministro dei lavori pubblici (10 luglio 1873 – 25 marzo 1876), 1° presidente della 4ª sezione del consiglio di Stato. Onorificenze: Cavaliere dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro; Commendatore dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro; Grande ufficiale dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 4 gennaio 1876; Commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia. L’ex professore di filosofia del diritto Spaventa, divenuto segretario degli Interni seguì i consigli di Settembrini, l’azione politica fu nell’attuare il suo piano di repressione, legalizzare i taglioni, le squadre di assassini di Stato (volontari) e la deportazione in massa di civili.

Trent’anni dopo il Senatore Marselli nella commemorazione del 23.06.1893 affermava: Si può far questione di limiti tra l’associazione statale e la libertà individuale, si può non consentire con lo Spaventa in alcune applicazioni, ma il concetto dello Stato, quale egli lo aveva, il concetto di uno Stato considerato come l’integrazione dei pubblici interessi e come la più alta espressione della morale sociale, riman quello meglio acconcio a costituire le nazioni ed a renderle politicamente e militarmente forti.

(http://notes9.senato.it).

Settembrini a Silvio Spaventa: taglione e società d’assassini

Lettera del suo ex compagno di ergastolo del 13 febbraio 63: «Caro Silvio… Le tue circolari e gli atti governativi che riguardano queste province piacciono: ci si sente dentro senno e forza d’animo. Chi non ti ama, tace: chi parlava per parlare, oggi canta le tue lodi»Settembrini si riferisce all’accentramento dei poteri operato con le nomine dirette dei prefetti, fedelissimi al regime, che agirono con la repressione spietata sui civili meridionali insorgenti «… I Borboni seguitarono le loro cospirazioni impotenti. E, finirebbero anche queste, se si spegnesse il brigantaggio, e per ispegnerlo io ti proporrei di promettere premio e impunità a chi da vivo o morto un capo brigante».

Settembrini, perfido cospiratore, sovvertitore dell’ordine costituito, per questo condannato a morte, vide l’avversario politico, i civili che si opposero alla annessione manu militari, da debellare con modi da macelleria, carne da commercio «… 10.000 £. a chi sta vivo o morto Pilone, Crocco, Ninco Nanco e un passaporto per uscire dall’Italia. In un mese o due e il brigantaggio sparisce, vi si getta dentro la diffidenza»Cinico e perfido suggerisce il mezzo del denaro, della corruttela, del comprare la vita altrui con l’odio sociale «… E, e se si spende un po’ di denaro per una via, si risparmia per l’altra. Se il governo non può e non può adoperare questo mezzo, lo faccia adoperare dai consigli provinciali, O da una società privata»Abilissimo, smaliziato, patriota, letterato, Settembrini, suggerì l’azione di governo all’hegelista patriota Silvio «… Io so poi che in tutti paesi civili anche in Inghilterra, si mette il taglione sui malfattori: sarebbe uno scrupolo puerile il nostro».

Senza scrupoli di nessun genere Settembrini ridusse un enorme movimento d’insorgenza generato dalla occupazione militare e dalla totale demolizione dello stato sociale dell’ex Regno delle due Sicilie, attuato dei governi del Regno d’Italia, a mera delinquenza da malfattori «…Insomma, io credo che brigantaggio si spegnerebbe meglio con i denari che con la forza. E bisogna, Silvio mio, affrettarsi, perché di cose di Europa si imbrogliano: mutare, l’Italia non è ancora parte per far da sé, e non dobbiamo avere questo canchero che ci rode, e che divora tanti Prodi soldati e tanto denaro».

L’inadeguatezza estrema degli elementi a cui fu affidata la politica interna fa ben vedere il regime che s’era instaurato dopo il 1860. Settembrini e Spaventa pensarono di sbarazzarsi di una consistente parte della società «non dobbiamo avere questo canchero che ci rode» alla spicciativa, comprando i consensi con il denaro, con la corruzione diffusa e generalizzata. «Tu li conosci gli uomini nostri e sai che il mezzo che io ti ricordo è stato sempre efficacissimo. Panizzi è qui: ha visto molti anche l’indispettiti come Spinelli e de Martino e Crisci e dei nemici come Savares e Torella» (Silvio Spaventa, Lettere politiche, Laterza, Bari 1926, pag. 48)

Il marchese Pasquale Atenolfi

Deputato e poi senatore del regno, scriveva nel maggio 1863: «… mio caro amico ti scrivo da Castelnuovo vicino Vallo dove sono in compagnia del prefetto Bordisani ciò dimostra che gli ora non dorme la sua venuta qui son certo riuscirà molto utile al circondario, le di cui condizioni circa il brigantaggio comincia a migliorare alquanto in seguito alle disposizioni date e particolarmente quella dei taglione» (Silvio Spaventa, Lettere politiche, Laterza, Bari 1926, p.49).

Male politico-sociale non delinquenti comuni e malfattori

Camera dei deputati. Tornata del 31 luglio 1863 – Seduta del mattino Presidenza Restelli. Discussione della legge sul Brigantaggio. Il deputato Carlo Varese fa un discorso nel quale dimostra come il Brigantaggio sia un male cronico, una inclinazione naturale in alcune provincie: «I mezzi per curare questo male politico-sociale sono vari. Il primo sarebbe la divisione dei beni demaniali in tanti lotti per fare delle povere famiglie di campagna tante famiglie massarie, che lavorassero la terra, avendone i frutti, e pagando un censo al governo: non converrebbe dar loro le terre in proprietà, perché le venderebbero tosto a basso prezzo. Ma questo ed altri mezzi economico morali sono di effetto lontano. Conviene provvedere al presente, e presto. La legge presentata ha due parti, l’una di sorveglianza, l’altra di repressione. Egli accetta la seconda, respinge la prima. Se finora i mezzi di repressione fallirono, si ha ad incolparne il poco o niun accordo fra le diverse autorità, la Militare, l’Amministrativa e quella di Sicurezza pubblica. Vera polizia non c’è colà, fuori che a Napoli; negli altri luoghi la polizia la fanno i borbonici – Un taglione posto sui briganti, per quanto possa parere immorale, sarebbe effettivo; i rapporti del Prefetto Deferrari e del generale Sirtori dimostrano che i premi dati ai cacciatori di briganti fruttarono assai. L’Inghilterra , paese libero e civile, non usa forse il taglione contro gli assassini? – La deportazione sarebbe anche un ottimo mezzo; essa è temuta più della morte, e farebbe più effetto delle fucilazioni, che fanno ammirare il coraggio con cui i briganti affrontano la morte. Questi mezzi dovrebbero essere dati ad usare all’autorità militare unicamente, perchè i Tribunali ordinari e le Assisie vanno troppo lentamente, e il castigo vuol essere pronto» (Gazzetta del Popolo, 1 agosto 1863).

L’anno successivo 1864 si cercano cacciatori di taglie del luogo

Deputato Mazziotti: «Il rimedio al male consisterebbe nell’adottare un sistema opposto a quello che venne seguito finora. Bisognerebbe che i militari non dessero affatto tempo e luogo ai briganti, che intercettassero le loro corrispondenze in tutti i comuni, perseguitassero giorno e notte i malfattori, che bivaccassero dove sono colti dalle ombre notturne, e non rientrassero sempre nei loro quartieri. Bisognerebbe che ad essi si associassero dei volontari, come viene proposto in questa legge, i quali conoscendo i luoghi, sono atti a snidarli fino dalle loro più recondite tane» (Camera dei deputati. Tornata del 28 aprile 1864).

La deportazione interna

Senato del Regno. Tornata del 6 agosto 1863. Presidenza del vice-presidente Ferrigni, sull’articolo secondoé in approvazione la legge Pica sulla repressione del brigantaggio poi pubblicata il 15: «il senatore [Paolo] Farina eccita il ministero a vedere se la pena della deportazione non sia quella che incuta maggior spavento ai briganti. Il ministro dell’interno [Peruzzi con Silvio Spaventa saldamente alla funzione di segretario generale] osserva che la difficoltà maggiore si fu e si è di trovare una località; del resto crede esso che la pena di morte sia quella che produca uno spavento maggiore che non quella della deportazione. Sono poscia approvati gli articoli 2 al 4. All’art. 5 [deportazione interna al “domicilio coatto”], il senatore Pareto esprime il timore che la disposizione contenuta nel medesimo, non essendovi nel progetto parola che la restringa alle provincie meridionali, possa estendersi alle altre; ma viene in ciò rassicurato dal ministro dell’interno il quale osserva che la genesi del progetto [il piano Spaventa] basta a dimostrare come non possa applicarsi che nelle provincie meridionali» (Gazzetta del Popolo, 6 agosto 1863).

Il Senato del Regno approvò la deportazione con l’art. 5 della legge 15 agosto 1863, n. 1409La monarchia anglo-sabauda con l’attuazione della repressione sui civili del Sud, attuata con fucilazione, deportazione, taglione assunse la forma della tirannia, la vera faccia del Risorgimento e del parlamento del Regno che l’approvò e di Silvio Spaventa che la ideò e l’attuò per primo.

(Fine della terza e ultima parte)

Loreto Giovannone

fonte
https://www.civico20news.it/sito/articolo.php?id=26277

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