Napoli, la storia dei “Lazzari”, gli unici a difendere la città nel 1798
parliamo dei “Lazzari” (o “Lazzaroni”). Erano i ragazzi che vivevano nei quartieri poveri di Napoli, ignorando la Legge Imbriani, che imponeva ai minori studi obbligatori fino alla quarta elementare (in questo il Regno delle Due Sicilia è stato tra i primi in Europa). A loro si deve la difesa della città contro gli insorti della Repubblica napoletana del 1799 sostenuta dalla Francia rivoluzionaria
Napoli è grande, immensa ai miei occhi. Il pullular delle genti è costante, praticamente a tutte le ore del giorno ed in alcuni luoghi anche di notte. Al porto poi si sentono parlare diverse lingue ed a prevalere è l’inglese, seguito dal francese. Anche l’olandese e lo spagnolo sono importanti e ben sentite lingue
insieme con il portoghese. A San Pietroburgo, in Russia, mio padre mi ha detto che la nostra lingua, il napoletano, è addirittura insegnata all’università …ah già il russo è anche ampiamente parlato in Napoli così come il tedesco. Il maestro Riggio ci ha infatti detto che la nostra Città è una città internazionale.
Pure, a girar bene Napoli, si capita in vicoli stretti dove alcuni bambini restano obbligati per tutta la loro vita, e la scuola per loro è e resta un lontano sogno; sono i “lazzari”; a loro spesso non tocca la Legge Imbriani che imporrebbe gli studi obbligatori fino alla quarta elementare e che porta il nostro Stato tra i primi in Europa. Tale legge fu varata a ridosso del 1845. In Italia, per esempio, il Regno di Sardegna ha varato solo adesso, nel 1859, la Legge Casati che obbliga la scuola minima fino alla seconda elementare!
Questi “lazzari”, questi bambini sfuggono ad una Legge di Stato e restano analfabeti per tutta la loro vita, che tristezza; eppure a me piacerebbe conoscerne qualcuno per poter scambiar due parole.
Il nostro è un popolo strano; direi che sembra diviso a metà. Una parte colta e sapiente da un lato, ed un’altra ignorante ma altrettanto colta naturalmente, di una cultura millenaria e diversa, e storicamente dall’altra parte, quella dei “Lazzari”.
Eppure nel 1798 furono i “Lazzari” a difendere Napoli quando arrivò il generale francese Championnet…e ne morirono almeno diecimila, solo in Napoli. Non fummo noi, la parte colta, ad ergerci a difesa del nostro Stato…ad eccezione di qualche rara rappresentanza borbonica; noi restammo ben acquattati e
silenziosi in attesa degli eventi.
Anche il nostro Re Ferdinando IV, con tutta la Corte, era già riparato in Sicilia alla reggia “Ficuzza”. Egli fu costretto a rifugiarsi in una parte del Regno sotto protezione inglese, in particolare dell’ammiraglio Orazio Nelson.
Durante questa passeggiata domenicale con mio padre nel rione Sanità, egli mi spiegò bene cosa avvenne tra il 1788 ed il 1815. Il suo racconto partì dalla spiegazione delle ragioni che portarono all’isolamento del rione Sanità rispetto al resto della Città. Un isolamento che stava facendo cadere l’economia delrione, una volta floridissima, peggio di un quartiere di lontana periferia di Napoli.
Fu il re usurpatore del trono dei Borbone (di Ferdinando IV poi Ferdinando I), Gioacchino Murat che volle caparbiamente far costruire il ponte che oggi permette di non passare più attraverso il rione Sanità, il quale viene letteralmente scavalcato. La strada nuova parte infatti dalla reggia di Capodimonte che domina Napoli e permette di giungere, scavalcando appunto Sanità, fino ai quartieri reali sul mare.
Quella Domenica imparai tantissime cose nuove e mio padre sembrava non volersi mai fermare nel suo racconto. Mi parlò anche della nascita ed effimera Repubblica Partenopea che durò meno di sei mesi, da gennaio a giugno del 1800 e della riconquista del Regno, per conto dei Borbone, operata dal nostro Cardinale Fabrizio Ruffo che partì da Bagnara Calabra con soli quattro uomini, per giungere a formare durante la risalita da Sud, l’armata Sanfedista che superò le trentamila persone quando entrò vittoriosa in Napoli.
Poi nel 1801 si ristabilì la corte Borbonica in Napoli, fino al 1806 quando il Generale francese Massena in capo e Reynier in ausilio, invasero ancora il nostro Stato. Mi ricordo che Gioacchino Murat diventò re di Napoli nel 1808. Poi finalmente, dopo lunghe guerre, nel 1814/1815, con il congresso di Vienna,
Napoli ritornò definitivamente ai Borbone.
Mio padre sapeva ben raccontare i fatti storici ed il tempo passava velocemente senza che ce ne accorgessimo. Finimmo, non chiedetemi come, verso il rione Santa Lucia ed allora mio padre mi propose di passare davanti al Palazzo Reale che è appunto in Largo di Palazzo. Le guardie erano meravigliose a vedersi. A turno, con passi ritmici di marcia, cambiavano le loro posizioni fino a ricoverarsi nelle garitte per darsi il cambio, e tanta gente stava lì ad aspettare questo momento simbolico.
Mio padre ed io stemmo fermi ad aspettare il cambio e ne fummo contenti.
Poi mi disse:
– Francesco, ma abbiamo fatto almeno dieci miglia a
piedi, non hai fame?-
– Beh, papà…sinceramente il ragù di mamma che oggi le è venuto speciale ed i paccheri di Torre Annunziata che erano sublimi, sono già sotto i miei calcagni…certo che ho fame!- Risposi.
– Bene allora torniamo a casa da Via Toledo, è un po’ più lunga ma ci fermeremo a prendere un
pasticciotto… oppure deciderai tu.- Disse stringendomi la mano ed iniziando a camminare.
Mio padre mi voleva molto bene ed ogni mattina veniva a baciarmi prima di uscire per recarsi a lavoro; io ne ero felice ed orgoglioso al contempo.
Giunti che fummo in via Toledo egli cercò un Caffè forse di sua conoscenza ed individuatolo mi ci portò subito.-
– Bene Francesco accomodiamoci qui. Di fronte a questo sole ottombrino, su questo tavolo che ha un piccolo parasole di riparo.-
Ci sedemmo contenti ambedue del bel giro turistico che avevamo fatto e proprio mentre ci stavamo scaldando un pochino al sole del tardo pomeriggio, arrivò il cameriere a chiederci cosa desiderassimo.
– Mio padre prontamente ordinò un buon caffè bollente e poi, rivolgendosi a me disse:
– Tu Francesco desideri una pastarella, dì pure, ordina!.
– Cameriere avete un roccocò…di quelli morbidi, intendo?- Certamente signorino, rispose
immediatamente!.
– Bene io prendo un Roccocò.ed un bicchiere d’acqua
fresca.- Risposi.
– Il roccocò era meravigliosamente buono e ne diedi un pezzetto a mio padre che lo assaggiasse. Poi, dopo la consumazione, mio padre pagò e disse al cameriere:
– Mi raccomando, nel conto prendete in considerazione un
“caffè sospeso”, lo pago io.
– Va bene rispose subito il cameriere.- Io restai esterefatto ed allontanandoci dal Caffè chiesi a mio padre le ragioni di quel caffè sospeso.
– Caro Francesco, niente di particolare, ho lasciato un caffè già pagato per chiunque, magari a corto di denaro, avesse il desiderio di berne una tazza…tutto qui. Ma è per noi una tradizione, un modo d’essere.- Mi rispose tenendomi stretta la mano.- Capii in quel frangente l’importanza dell’altruismo a Napoli.
Domenico Iannantuoni
Grazie del racconto…anche per noi lettori lontani una bella passeggiata per Napoli, caterina