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Nota informativa n. 2maggio 1996

Posted by on Mar 5, 2022

Nota informativa n. 2maggio 1996

APPUNTI DI STORIA DELLE INSORGENZE / 1

Uno degli aspetti dell’Insorgenza meno noti è quello dei protagonisti, in particolare delle figure dei leader delle diverse rivolte popolari.

A questo proposito, vorrei rievocare, in alcuni rapidi tratti, uno di questi personaggi, uno dei più contraddittori ed enigmatici, il milanese Branda Lucioni (o de’ Lucioni), che vediamo alla testa della sollevazione antifrancese nel Piemonte del 1799. Allo scopo mi servo di un’ottima ricerca – una delle pochissime in materia – condotta dallo specialista di storia delle insorgenze Gustavo Buratti, pubblicata sul n. 2 del novembre 1992 (vol. XXI) della rivista Studi Piemontesi con il titolo Due figure leggendarie delle insorgenze piemontesi: Contin e Brandaluccione.

Branda Lucioni, maggiore dell’esercito imperiale austriaco, esordisce nei primi mesi del 1799 allorché si trova alla testa delle colonne che penetrano in Piemonte durante l’avanzata austro-russa che segnerà la temporanea eclissi della dominazione francese rivoluzionaria in Italia. La liberazione avviene tra numerose violenze, sia da parte dei francesi in ritirata che delle truppe imperiali. Queste ultime sono quasi ovunque precedute o affiancate dalle popolazioni insorte “a massa” – come si diceva allora – contro i giacobini e i partigiani dei francesi illustratisi nel triennio 1796-1799. A un certo punto Lucioni sembra prendere un’iniziativa che esorbita i suoi doveri militari, allorché si autoinsignisce del titolo di “comandante dell’ordinata massa cristiana”, iniziando a lanciare proclami alle popolazioni (ad esempio da Biella) e proponendosi come restauratore del governo legittimo e dell’ordine antico. “Le sue fila ingrossano sempre più, arruolando contadini, disertori, ex-soldati dell’esercito regio [sabaudo], avventurieri” (p. 373).

I suoi seguaci cominciano a essere definiti i brandalucioni o, più semplicemente, i branda, termine che in Piemonte diverrà addirittura sinonimo di insorgente. La Massa Cristiana è presente a Novara, a Biella, a Ivrea, a Santhià, a Chivasso e, a metà maggio, assedia Alessandria, la piazzaforte dove i francesi in ritirata verso la madrepatria si sono trincerati in attesa dell’esercito del generale Jacques-Étienne Mac Donald che risaliva, tra mille difficoltà e combattimenti con gli insorgenti, la Penisola. L’armata degli insorgenti piemontesi, ormai composta da diverse migliaia di uomini, batte ripetutamente le truppe francesi nel loro tentativo di attraversare il Po e il 25 maggio arriva ad affrontare il presidio, composto da truppe francesi e italiche, di Torino, sconfiggendolo, e dopo avere aperto la strada agli austro-russi occupa la capitale. “Il Lucioni non rimane a lungo a Torino; il 29 maggio è nell’Albese da dove invita le comunità di Rodello, Serravalle, Bossolasco e Murazzano a scatenare la guerriglia contro l’armata francese in ritirata; il 30 maggio ordina alle popolazioni di Ceva e di Murazzano di inseguire il nemico in ripiegamento su Cuneo” (p. 374). Preoccupati per le dimensioni prese dalla Massa Cristiana gli austro-russi, approfittando dell’assenza di Lucioni, il 16 giugno 1799 – come registra il diario Custodi conservato presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano citato dallo storico di Milano nel Settecento Carlo Antonio Vianello -, disarmano e sciolgono le masse, che si sottomettono in massima parte. Branda Lucioni, invece, restìo ad abbandonare il campo, sembra sia stato arrestato e abbia fatto tre mesi di carcere a Milano. Poi, scompare nel nulla.

Brigante o condottiero militare? Le scarse fonti – e per lo più tutt’altro che attendibili – lo dipingono di volta in volta come un mostro, come un bigotto psicopatico che come giungeva in una terra, sradicava l’albero [della libertà], piantava una croce, buttavasi ginocchioni, pregava; poi chiamato il parroco, confessavasi e comunicavasi, indi mangiava e beveva copiosamente” (p. 375). Per altro verso, osserva Gustavo Buratti, “le sue imprese sul Ticino e all’assedio di Torino […] lo dimostrano tutt’altro che digiuno di arte militare; inoltre la guerriglia da lui guidata è condotta abilmente, i contadini attaccano con imboscate le retroguardie, poi si disperdono sulle colline, per riunirsi in un altro attacco improvviso, mentre i movimenti dei Francesi sono segnalati dai campanili” (ibid.). Comunque sia, Lucioni “diviene un personaggio dell’epica popolare, protagonista con i suoi branda di canzoni e satire giacobine, ma anche controrivoluzionarie” (ibid.). Le fonti sulla sua vita sono, ripeto, scarse e approssimative. Si sono occupati di lui storici di valore, come Nicomede Bianchi, Carlo Antonio Vianello, Cesare Cantù. Per alcuni sarebbe nato a Varese, avrebbe partecipato all’insurrezione pavese del 1796 e sarebbe stato graziato dai francesi; secondo altre fonti sarebbe nato in Friuli o, secondo Vianello, che nel 1937 ha rintracciato una corrispondenza di una parente, Rosa Lucioni, dalla quale si può evincere una nascita di Branda – il nome insolito Branda era comune in quei luoghi come memoria del cardinale del XV secolo Branda Castiglioni di Castiglione Olona, grande mecenate della zona – ad Abbiate Guazzone (Varese) dove sicuramente ebbe dimora con la famiglia. L’autore dello studio che sto sunteggiando, Gustavo Buratti, afferma però che da notizie sulla vita di uno dei figli di Branda Lucioni, Francesco, nato in Galizia nel 1789, seminarista a Milano nei primi anni del secolo successivo sotto Napoleone (Francesco sarà parroco di Pessano, in Brianza, dal 1831 al 1849), in particolare dall’atto di matrimonio dei suoi genitori avvenuto a Gallarate nel 1773, risulta la nascita di Branda a Milano. La moglie, Maria Teresa Landriani di Trezzo, era anch’ella milanese: di lei è riportata una supplica del 1774 per la liberazione del marito — allora tenente e di “natura molto ardente” — detenuto nel Castello di Milano, pare, in conseguenza di un violento alterco con lo zio Antonio Lucioni. L’incidente non interrompe comunque la carriera di Branda che nel 1794 figura primo capitano nel reggimento del generale austriaco Dagobert-Siegmund Wurmser, che combatterà contro la Francia repubblicana sul Reno e poi in Italia nel 1797. Sarà tra i primi a entrare con i suoi ùssari a Milano nell’aprile del 1799 e quegli ùssari “lo seguiranno sino a Torino” (p. 376). Nel 1802, da una lettera di un congiunto, risulta in servizio a Vicenza, nel Veneto assorbito dopo il trattato di Campoformio nell’Impero (fino al 1805). Sempre da documenti relativi al figlio Francesco si evince che Branda Lucioni sia scomparso prima del 1810, non si sa se in battaglia o per altre cause.

Figura ancora avvolta in gran parte nel mistero, Branda Lucioni, capo di un esercito che arriverà a contare diecimila uomini, ha compiuto gesta ancora tutte da narrare ma sicuramente non indegne di figurare in una storia della resistenza italiana alla Rivoluzione franco-giacobina.

Oscar Sanguinetti

fonte

http://www.identitanazionale.it/boll_m002.php

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