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PLEBISCITI: quasi nessuno, che rimpiangesse i vecchi governanti. Ecco invece la verità

Posted by on Mar 13, 2024

PLEBISCITI: quasi nessuno, che rimpiangesse i vecchi governanti. Ecco invece la verità

In alcuni collegi, questa introduzione in massa, nelle urne, degli assenti – chiamavano ciò completare la votazione – si fece con sì poco riguardo che lo spoglio dello scrutinio dette un numero maggiore di votanti che di elettori iscritti”. (Filppo Curletti, stretto collaboratore di Cavour, nel suo Memoriale, cit. in Angela Pellicciari, I panni sporchi dei mille, liberal edizioni, Roma 2003, p. 29).

A cose fatte, a conquista avvenuta, si trattava di mostrare urbi et orbi quanto felici fossero gli italiani del nuovo stato di cose. A questo scopo i padri della patria hanno fatto ricorso ai plebisciti. Hanno cioè chiamato tutta la popolazione a votare (cosa inaudita in un’epoca in cui aveva diritto di voto meno del 2% degli abitanti) perché tutti, ma proprio tutti, avessero modo di manifestare in modo democratico, e cioè col voto, il proprio entusiasmo unitario.

Indetti l’11 e 12 marzo 1860 in Emilia, Toscana, Modena e Reggio, Parma e Piacenza, il 21 ottobre in Italia meridionale, il 4 e 5 novembre nelle Marche e nell’Umbria, i plebisciti hanno dato un risultato strabiliante. Praticamente tutti erano per Vittorio Emanuele Re d’Italia. Non c’era nessuno, quasi nessuno, che rimpiangesse i vecchi governanti. Meno che mai il Papa.

Il fatto è strano, bisogna dirlo. Come strana fu la straordinaria affluenza alle urne, tenuto soprattutto conto che la maggioranza della popolazione era analfabeta e che a prassi del voto era una novità quasi assoluta. Tanta stranezza ha una facile spiegazione: il dato plebiscitario, tanto propagandato, è stato il risultato di una truffa gigantesca, confezionata ad arte.

Il capo della polizia politica Filippo Curletti, cosi ricorda nel suo Memorandum: “Ci eravamo fatti rimettere i registri delle parrocchie per formare le liste degli elettori. Preparammo tutte le schede per le elezioni del parlamenti locali, come più tardi pel voto dell’annessione. Un picciol numero di elettori si presentarono a prendervi parte: ma, al momento della chiusura delle urne, vi gittavamo le schede, naturalmente in senso piemontese, di quelli che si erano astenuti. Non è malagevole spiegare la facilità con cui tali manovre hanno potuto riuscire in paesi del tutto nuovi all’esercizio del suffragio universale, e dove l’indifferenza e l’astensione giovavano a maraviglia alla frode, facendone sparire ogni controllo”.
Curletti ci tiene a chiarire che le cose stanno proprio come le racconta e specifica: “per quel che riguarda Modena, posso parlarne con cognizione di causa, poiché tutto si fece sotto i miei occhi e sotto la mia direzione. D’altronde le case non avvennero diversamente a Parma ed a Firenze”. Per quanta riguarda la Toscana abbiamo una divertente testimonianza raccontata dalla Civiltà Cattolica. Lì una pressante campagna di stampa aveva dichiarato “nemico della patria e reo di morte chiunque votasse per altro che per l’annessione. Le tipografie toscane furono poi tutte impegnate a stampare bollettini per l’annessione: e i tipografi avvisati che un colpo di stile sarebbe stato il premio di chi osasse prestare i suoi torchi alla stampa di bollettini pel regno separato. Le campagne furono inondate da una piena di bollettini per l’annessione. Chiedevano i campagnuoli che cosa dovessero fare di quella carta: si rispondeva che quella carta dovea subito portarsi in città ad un data luogo, e chi non l’avesse portata cadeva in multa. Subito i contadini, per non cader in multa, portarono la carta, senza neanche sapere che cosa contenesse”.

Il 9 ottobre, da Ancona, Vittorio Emanuele aveva indirizzato ai Popoli dell’Italia meridionale il seguente proclama: “Le mie truppe si avanzano fra voi per raffermare l’ordine: io non vengo ad imporvi la mia volontà, ma per fare rispettare la vostra. Voi potrete liberamente manifestarla: la Provvidenza, che protegge le cause giuste, ispirava il voto che deporrete nell’urna”. Forte del favorevolissimo risultato plebiscitario, il 7 novembre il Re aveva dichiarato: “Il suffragio universale mi dà la sovrana podestà di queste nobili province. Accetto quest’alto decreto della volontà nazionale, non per ambizione di regno, ma per coscienza d’italiano”.

“Uscite, popolo mio, da Babilonia” (Ap 18,4). Bene ha fatto Pio IX a proclamare il non expedit. I cattolici, con quel tipo di Stato, non dovevano aver nulla a che fare.

Angela Pellicciari

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