RICORDI E APPUNTI DI ANIELLO GIANNI MORRA (IV)
La Grecia.
Subito dopo quel periodo, avendo conosciuto Sibylle da qualche anno, con la stessa auto facemmo un bellissimo viaggio in Grecia.
C’imbarcammo a Brindisi per arrivare a Patrasso, dove iniziò il viaggio di avvicinamento ad Atene, lungo la strada facemmo una sosta in un locale per dissetarci, dove incontrammo un signore anziano, che aveva capito la nostra provenienza. Era il medico del paese, e parlava discretamente l’Italiano.
Parlammo del più e del meno e quando chiedemmo di pagare le nostre consumazioni non solo insistette per pagarle lui, ma addirittura volle offrirci uno spuntino. E non finì qui: al momento di ringraziarlo e salutarlo, chiamò un ragazzo che nel frattempo si era procurato un grosso cocomero da regalarci. Restammo entusiasticamente sorpresi e contenti per quell’accoglienza.
Ritenemmo quell’incontro, di buon auspicio per il viaggio in quel paese che ci apprestavamo a visitare.
Proseguendo nel viaggio, ci rendemmo conto che lungo la strada non vi erano pompe di benzina e la nostra auto aveva bisogno di un rabbocco di olio al motore, dello stesso tipo in uso. Quando infine ci fermammo a un distributore per fare benzina, ci controllarono anche l’olio, confermando che era necessaria un’aggiunta che non volevo fare, con un olio di marca diversa. (era la mia prima macchina ed ero molto rigoroso). L’addetto, che non parlava l’Italiano, intuendo la mia inesperienza, simpaticamente fece capire che era meglio aggiungere un olio diverso, che rimanerne senza, provocando seri danni al motore.
Prima di arrivare ad Atene, ci fermammo al sito archeologico di Epidauro, dove visitammo i resti dell’antico teatro con gradinate ancora in buono stato. Quel teatro era famoso per l’ottima acustica, infatti lasciando cadere una moneta nella zona di recitazione, si sentiva il suono anche nella parte più lontana delle gradinate. In quell’occasione, approfittando che non vi erano altri turisti, mi servii del palcoscenico per canticchiare un po’ “o sole mio”, che Sibylle ascoltò bene dagli ultimi gradini.
Ci fermammo a dormire nella cittadina Nea Epidauro, da dove partivano i battelli per l’isola di Egina che pure volevamo visitare. Quella sera nel paese c’era una festa e si vendeva molto pesce fritto (psari) che gustammo con piacere. L’indomani ci svegliammo presto, per prendere il battello per Egina. Restammo molto sorpresi di vedere gli abitanti del paese che per il gran caldo dormivano su brandine fuori dalle case. A saperlo avremmo fatto la stessa cosa e constatammo che quelli che ci avevano fittato la stanza, dormivano anche loro sul terrazzo fuori dalla casa.
Ad Atene andammo in un albergo a piazza Omonia, delusi per il gran rumore di quella piazza anche di notte, era il crocevia di tutto il traffico di Atene. Dopo la visita all’acropoli, e a tutti i resti delle antichità museo compreso, andammo anche nei panoramici boschi sulle alture ateniesi. Recentemente questi luoghi sono stati oggetto di violentissimi incendi. Di sera, andavamo a cenare in locali nel quartiere ai piedi dell’Agropoli, dove si ballava anche il sirtaki di Zorba, molto bello a vedersi e per noi una simpatica novità. Ci piaceva andare anche nei mercatini di pesce, frutta e verdura dove si ascoltavano a gran voce i venditori delle varie mercanzie. A Napoli succede la stessa cosa, confermando la provenienza greca della nostra Neapolis fondata proprio da loro dopo il primo insediamento di Ischia e Cuma.
In occasione di quel viaggio, imparai ad apprezzare lo yogurt greco e da allora ancora ne faccio uso per la prima colazione.
In un secondo viaggio ad Atene, fummo ospiti dei genitori della nostra amica Irene che col marito Ciro, abitavano nel nostro stesso condominio ed avevamo i balconi confinanti. Ci fecero conoscere molto bene la città. Fu un soggiorno comodo e piacevole: la madre di Irene insieme alla propria sorella, preparavano con amore e grande piacere pranzi squisiti e tutte le specialità greche. Per questo secondo viaggio preferimmo arrivarci con l’aereo e per gli spostamenti in città utilizzavamo i taxi poco costosi. Qualche volta utilizzammo i bus dei trasporti cittadini, constatando che non si faceva il biglietto, ma si mettevano i soldi in una ciotola nei pressi dell’autista. Trovammo che era una usanza molto civile, eravamo nella culla della civiltà e della democrazia.
Settembre 2021
La Grecia è stato il Paese che ci ha lasciato i più bei ricordi rispetto a tutti gli altri visitati: Tunisia, Egitto, Turchia, Spagna, Francia, Olanda, Danimarca, Norvegia, Cecoslovacchia, Austria, Romania, Slovenia, Croazia e Russia. Da un po’ di tempo non facciamo grandi viaggi, e stiamo scoprendo soprattutto le nostre regioni del meridione e Sicilia. Uno degli ultimi viaggi è stato a Lipari, organizzato dall’associazione seniores Enel. Fu un viaggio molto confortevole, ci imbarcammo a Napoli e arrivammo direttamente a Lipari, dove alloggiammo nel comodo hotel Bouganville, e facemmo anche alcune gite alle altre isole di quel bellissimo ed interessante arcipelago.
Nell’ anno 1964 conobbi Sibylle che, dopo piccole esperienze lavorative in Baviera, Francia e Milano, arrivò a Napoli con un’amica olandese conosciuta a Milano. Riuscì facilmente a trovare lavoro, curando la corrispondenza estera, infatti, conoscendo quattro lingue non era difficile trovare lavoro, e sceglieva le aziende più affidabili in cui lavorare. L’ultima di queste, prima di ritirarsi per accudire la famiglia (erano arrivati già due bambini) fu la Fondedile, specializzata in fondazioni particolari e “pali radice”. Fu in quell’ufficio che conobbe Augusto Raiola e Ada Oliviero che ci informò della possibilità di trovare casa al Parco D’Alessio di Ercolano dove già abitava una sorella. Infatti prima del matrimonio acquistammo un appartamento proprio in quel parco. Successivamente anche loro si sposarono e trovarono casa in un appartamento di fianco al nostro. Quel complesso con molto verde e spazi per i bambini era ubicato nella zona delle famose Ville Vesuviane.
Il nostro matrimonio.
Nel 1970 celebrammo il matrimonio civile a Berlino e dopo qualche mese quello religioso nel Duomo di Caserta Vecchia.
La preparazione al matrimonio la facemmo in una chiesa di S. Giovanni vicino casa e nell’occasione conoscemmo il parroco che era una persona simpatica e aperta e per sposarci a Caserta vecchia, occorreva il permesso della parrocchia di provenienza che ci diedero senza troppi problemi. Volevamo un matrimonio molto semplice e pochissimi invitati e quando decidemmo la data, chiedemmo al parroco che avevamo conosciuto se poteva sposarci lui. Accettò, ma anche in questo caso dovemmo avere l’autorizzazione del parroco di Caserta V.
Gli invitati furono la mia famiglia, il mio padrino, la sorella di Sibylle Daghi col figlio Tim che vennero dalla Germania.
In precedenza avevo prenotato il pranzo al ristorante che si trova nella stessa piazza del Duomo.
Dopo qualche anno nacquero anche i nostri tre figli: per far nascere Fabio, andammo alla clinica Villa Alba, specializzata per le nascite e anche molto comoda. Si poteva avere una stanza a due letti e vi restai anch’io per tutto il tempo. La stessa cosa facemmo per la nascita di Danilo, che venne al mondo con molta fretta con un parto non facile che procurò alla madre lo spostamento dell’osso del pube; fu doloroso, fastidioso e durò molto tempo. Anche per questo, Sibylle volle partorire Laura al nuovo policlinico e quando si rese necessario andare al reparto maternità, dimenticammo di portare la borsa preparata con gl’indumenti per il nascituro.
Intorno alle 23 telefonò il medico ostetrico per comunicare che era nata una femminuccia e di portare urgentemente la borsa dimenticata. Nel frattempo avrebbero lasciato la bambina nell’incubatrice. Ovviamente andai subito lasciando Fabio e Danilo da soli, ma senza preoccuparmi troppo perché dormivano profondamente.
In quel periodo nel parco D’Alessio, c’erano molte famiglie giovani e alcune con figli piccoli. Per poterci procurare cibo genuino e a “buon mercato” organizzammo la “cooperativa mangia e bevi”. Augusto ed io, acquistavamo all’ingrosso ai mercati generali cassette di frutta, e alcuni assistenti della facoltà di agraria, procuravano carne di bovini che venivano allevati e macellati nella stessa facoltà. Gli esponenti di spicco degli assistenti erano Matteo Giannattasio e Giacomo Tripodi. Questo gruppo insieme a qualche altro condomino amico, si divideva gli acquisti. Tra queste persone si creò un buon affiatamento e spesso si organizzavano anche partite di calcetto sul campo al bosco superiore della facoltà, l’organizzatore era Giacomo Tripodi che provvedeva a chiedere anche i permessi necessari.
Nel condominio in quell’epoca c’era una persona molto simpatica e interessante: il sig. Pignalosa che da pensionato trascorreva molto tempo nel parco ed era l’amico dei bambini, e sempre disponibile ad aiutare gli altri in tutte le occasioni. Seppi che era un esperto di alici sotto sale, che mi ricordavano quelle che faceva mio padre. Gli chiesi se potevo farle con lui, e al momento opportuno andammo a comprarle al mercato generale del pesce per prenderne di freschissime. Mi resi conto che col suo procedimento si otteneva un prodotto di grande qualità: si andava sulla spiaggia e le alici venivano pulite e lavate con acqua di mare e una volta asciugate si mettevano in vasi di coccio smaltato sistemate a strati sui quali si versava del sale marino grosso. Sull’ultimo strato di sale, si poggiava un coperchio di legno con la forma rotonda del vaso e sopra veniva messo un grosso peso la cui pressione faceva fuoruscire tutta l’aria, migliorandone la conservazione. Dopo alcuni mesi si poteva iniziare il consumo.
Nel condominio, come già detto nei viaggi in Grecia, facemmo amicizia con Ciro Arena e Famiglia, che avevano il balcone confinante col nostro. Ciro era un grande appassionato di presepi e conosceva un ombrellaio di Torre del Greco, che dedicava al presepe la maggior parte dello spazio del suo negozio in un periodo buono per la vendita degli ombrelli (per lui veniva prima il presepe). Andavamo tutti gli anni a vedere quella meravigliosa opera d’arte presepiale.
Dopo tutto quello che avevo appreso sull’ambiente in Germania, per i diversi viaggi a Berlino dai genitori di Sibylle, mi proposi di metterlo in pratica per quanto possibile, per migliorare anche il nostro territorio.
Mi iscrissi al WWF, frequentando con assiduità lalocale sezione e, quando il responsabile si trasferì per lavoro a Milano, mi chiesero di sostituirlo. Accettai quell’incarico e profusi molte energie per organizzare convegni, passeggiate, gite, piantumazioni d’alberi. Conoscendo bene il territorio, facevamo pressanti richieste agli Enti locali per migliorarlo, ma si pensava anche a progetti utopistici che andavano ben al di là delle possibilità economiche degli enti interessati. Un esempio: la proposta d’interrare la linea ferroviaria da Portici a Torre del Greco con nuova stazione intermedia e copertura della stessa linea, realizzando peraltro una passeggiata pedonale e una pista ciclabile.
Le richieste più frequenti che facevamo ai comuni del comprensorio erano le alberature stradali, che a volte si realizzavano dopo parecchi confronti con gli uffici tecnici. Tra le alberature più importanti che facemmo realizzare furono: quella sulla strada di copertura dell’alveo Scaramuzza; si piantumarono Cersis Siliquastrum o alberi di Giuda che a primavera fioriscono con bellissimi fiorellini rosa, e l’alberatura nella scuola elementare nei pressi di via 4 orologi. Furono piantati diversi lecci e realizzata una piccola pineta nella zona ludica. Recentemente sono passato per quella zona, costatando la buona crescita degli alberi, ma ho visto anche molte altre alberature all’epoca inesistenti, che hanno apportato un miglioramento ambientale all’intera cittadina. I contatti con i tecnici del comune, furono utili per sensibilizzarli maggiormente all’ambiente, infatti, si resero conto, che le alberature delle strade migliorano il microclima e rendono più piacevole la stessa percorrenza. Oggi ne godono anche i turisti che sono sempre più numerosi.
Nel 1991 per un normale avvicendamento, lasciai la carica di responsabile a Francesco Ausiello, pur continuando a dare la mia collaborazione.
Nel 1993 entrai a far parte del Distretto Scolastico “Portici-Ercolano” in qualità di rappresentante di genitori. C’erano diverse Commissioni interessate a tante problematiche, ma nessuna era preposta alla tutela dell’ambiente. Pertanto, chiesi di formarne una che fu denominata “Commissione Distrettuale Ambiente” proponendomi di coordinarla e accettai volentieri.
Il primo lavoro fu dedicato alla promozione di un concorso letterario con premi, nelle scuole medie del Distretto, che riguardava il tema dei rifiuti: “Rifiuti nella tua città: riflessioni e proposte”. Contestualmente fu preparato l’opuscoletto dal titolo “Meno rifiuti si può, si deve” distribuito agli alunni delle scuole medie; per i vincitori fu organizzato un viaggio premio in alcuni Paesi europei, grazie agli aiuti economici che arrivarono dai numerosi sponsor pubblicizzati sull’opuscoletto. Recentemente ho fatto stampare un po’ di copie per qualche richiesta pervenuta. È stato scritto circa 20 anni orsono, ma quei consigli sono sempre validi e attuali.
La città di Portici in quegli anni era tra le più efficienti nel praticare la differenziata e nella raccolta dei rifiuti.
Nel 1999 decidemmo di trasferirci a Napoli, dove trovammo casa nel Parco della Madonnina, al quale si accede per l’omonimo viale, che inizia dal Corso V. Emanuele all’altezza del civico 377.
Dopo quel trasferimento, decisi di rivedere le mie relazioni e gli hobby. Non cercai neppure una sezione WWF nei pressi della nuova casa, gli anni nei quali ero stato responsabile di sezione erano stati molto impegnativi e temevo un nuovo e forte coinvolgimento.
Dopo qualche anno di assoluto riposo, che mi aveva consentito di occuparmi più da vicino della casa di Marzano Appio, e dopo aver conosciuto nuovi amici della zona, in occasione di proteste per la lungaggine dei lavori di ristrutturazione ventennale della funicolare di Montesanto (2004/2005), insieme a Mariapia Laino organizzammo il comitato di quartiere “Mi Riguarda”, (il lupo perde il pelo non il vizio) che è stato attivo per una dozzina di anni, producendo diversi miglioramenti nella zona.
Il mio cruccio è stato di non essere riuscito a far alberare il corso V. Emanuele da piazza Mazzini fino a Cariati.
Dopo un paio d’anni dall’arrivo al Parco delle Madonnina, alcuni condomini e precisamente la sig.ra Barone di pal. Tortorella e il Maresciallo Mennea, insistettero molto affinché accettassi di fare l’amministratore della scala e ascensore c.le. che, versava in una precaria situazione, come sarà più avanti raccontato.
Quanto segue è preso dal mio opuscoletto “Un minimo di storia del Viale della Madonnina” del 2021.
Il costruttore Scalese, che diede il nome al suo palazzo costruito nei pressi della Pedamentina, dopo, o durante la costruzione, realizzò anche il Viale, per accedervi più agevolmente con un calesse. La Pedamentina è una strada gradinata e i materiali si sarebbero potuto trasportare solo a spalla o con animali da soma, come avvenne molti anni prima per la costruzione della Certosa di S. Martino.
Successivamente gli Isaia, proprietari di terreni nella zona, vendettero ad una cooperativa il terreno dove furono costruiti i fabb. A e B che costituiscono il P.co della Madonnina.
Contemporaneamente alla costruzione del pal. Tortorella nel 1954, fu costruita anche la scala, unico accesso al fabbricato. Durante la costruzione, si attivò anche un montacarichi per la movimentazione dei materiali occorrenti.
La stessa cosa fu fatta dai costruttori del 3° piano, della cooperativa “CNADEP”.
Subito dopo gli Isaia, con proprietà in un’area raggiungibile solo dal corso V. E. per mezzo di una ripida scala chiamata Salita Gradini, si accollarono la spesa per collegarsi alla scala e montacarichi al secondo livello, che oggi coincide col secondo piano dell’attuale scala ascensore. Era quello il livello più vicino alle loro proprietà.
Si dice che i costruttori del Tortorella, inizialmente concessero il permesso di sopraelevare scala e montacarichi per il tempo necessario alla costruzione. Dopo, si sarebbe dovuto rimuovere tutto, lasciando solo la scala per l’accesso al palazzo Tortorella. Non sappiamo come andarono le cose ma fatto è che la scala e il montacarichi fino al 3° piano non furono smantellati. Durante il periodo dei i lavori ci si rese conto dell’utilità di un elevatore per materiali o persone, terminate le costruzioni, le parti interessate si accordarono per modificare il montacarichi in ascensore, per sole persone. Doveva essere autonomo, rispetto a tutte le altre proprietà e perciò nella cabina fu montata una gettoniera, per sostenerne le spese: manutenzione del solo fabbricato scala e ascensore, riparazioni tecniche necessarie, elettricità.
Attualmente, le bollette ENEL per l’ascensore arrivano ancora a nome della CNADEP, che evidentemente a suo tempo fece la richiesta di fornitura di energia elettrica per l’ascensore. I montacarichi evidentemente funzionavano con la corrente di cantiere.
Sempre in quell’epoca, pare che nel viale esistesse una piccola cappella votiva, che fu migliorata e ingrandita durante la costruzione del pal. Tortorella. È quella che ancora oggi è presente, successivamente quando fu fatta la manutenzione della scala, fu montata una cupoletta di protezione in plexiglass, simile all’altra montata all’ingrasso della scala stessa.
La Madonnina della cappella votiva è quella che ha dato il nome al viale.
Per sommi capi quella sopra descritta è la storia del viale, che ancora adesso è privo di un’amministrazione.
In quell’epoca era invaso da rifiuti, stratificati da anni d’incuria. Nell’aiuola posta all’ingresso, vi erano solo rifiuti ed erbacce e quando nei primi anni 2000, organizzammo alcune domeniche dedicate alla pulizia dello stesso viale, vi fu una buona partecipazione. Evidentemente, tutti sentivano l’esigenza di avere un viale pulito, ma mancava qualcuno che prendesse l’iniziativa.
La scala centrale.
Anche la scala centrale era molto degradata; vi era la presenza fissa di un tossicodipendente, che lasciava molta sporcizia. Per cui molte persone evitavano le scale, utilizzando l’ascensore.
Venne però il momento, che non sopportando più quella situazione, un gruppo di persone decise di affrontare il giovane convincendolo ad abbandonare la scala. Vi erano scritte colorate che fu difficile eliminare perché la vernice, in molti casi era penetrata nei pori del marmo, che costituiva il rivestimento delle pareti.
Anche l’intonaco con i terrapieni alle spalle era intriso di umidità a eccezione del torrino, anch’esso privo d’ intonaco.
A distanza di anni dai lavori di manutenzione straordinaria alla scala, non vi sono segni di umidità alle pareti ciò lo si deve alla particolare tipologia dell’intervento di risanamento. Infatti le pareti, ripulite dagli strati di umidità, furono rivestite con speciali pannelli di cartongesso, fissati su distanziatori per realizzare una camera d’aria, con prese d’aria opportunamente posizionate. Ciò consente una circolazione d’aria alle spalle dei pannelli, evitando ristagni di umidità. Mia fu l’idea della camera d’aria e tuttora sono orgoglioso di quella soluzione. Al piano terra, che era il più umido, fu appesa alla parete una copia della “tavola strozzi” di dimensioni uguali a all’originale che si può ammirare al museo di S. Martino. Ancora oggi non presenta problemi dovuti all’umidità.
Dopo la manutenzione straordinaria fino al primo piano, occorreva farla anche per gli altri due piani la cui scala era ubicata nel torrino. Oltre alle solite scritte, mancava l’intonaco e il rivestimento di marmo alle pareti. Inoltre alla sommità del torrino, era ubicato un locale pulegge per il rinvio delle funi ascensore, con accesso dalla parete esterna, mediante una precaria scaletta di ferro in una ingabbiatura metallica. Tutto questo rendeva l’accesso al locale pulegge complicato e pericoloso. Vedi foto allegate dello studio Pica. Eliminata la scaletta esterna, se ne fece più semplicemente una retraibile posta sotto il tetto.
Purtroppo, erano terminati i fondi disponibili e, per proseguire i lavori occorrevano altri soldi che dovevano arrivare dagli introiti dell’ascensore. Ciò avrebbe comportato una lunga sospensione dei lavori.
Si pensò così di chiedere un prestito a tutti i condomini, che avevano mostrato gradimento per quanto si stava facendo. Vi fu una larghissima partecipazione per contribuire con quote da 250 €, che servirono a terminare i lavori. La restituzione sarebbe avvenuta gradualmente con gl’incassi dell’ascensore.
Questa operazione molto gratificante era la dimostrazione della fiducia che si aveva nell’amministrazione e stimolava a fare sempre meglio.
ANIELLO GIANNI MORRA